Le relazioni tra GAS e produttori
dai patti territoriali all'avvio di Distretti di economia solidale
4^Festa dei GAS Marchigiani, domenica 7 giugno ‘09
I Patti territoriali (due esempi):
Tra passata e futuro avviato nel 2005 dalla rete di economia solidale Trentino Arcobaleno.
Partendo dalla semplice considerazione che ogni anno molte famiglie trentine fanno la passata di pomodoro in casa, quasi sempre acquistando il prodotto da fuori regione - nonostante in Trentino si producano pomodori da passata, biologici e di ottima qualità - nasce questa proposta di acquisto collettivo in rete.
Gli ingredienti principali sono la conoscenza del territorio e la conoscenza dei bisogni dei
consumatori consapevoli; i primi passaggi di questa attivazione sono:
- l’individuazione di produttori interessati a produrre pomodori biologici in base ad un accordo in cui si stima in inverno la quantità di prodotto che si acquisterà in estate, pianificando di conseguenza la produzione;
- il coinvolgimento di consumatori interessati e disponibili ad effettuare un pre-ordine della quantità di pomodori che useranno, “costringendoli” a ragionare in anticipo sui bisogni.
Si è cominciato dalla raccolta degli ordini tra i consumatori facendo riferimento ad un prezzo predefinito e richiedendo il versamento di un anticipo del 20%. A marzo i produttori hanno la garanzia di avere il loro prodotto venduto e, di contro, i consumatori prenotano i pomodori con un prezzo pattuito e svincolato dalle influenze e oscillazioni del mercato. Pomodori rigorosamente certificati da un ente esterno come prodotti biologici e quindi più rispettosi per l’ambiente e per la salute; senza produzione di rifiuti perché si usano imballaggi riutilizzabili.
Il progetto nel 2006 ha coinvolto 4 aziende agricole biologiche e vari gruppi d’acquisto solidale, per un coinvolgimento totale di 349 persone che hanno acquistato 22 tonnellate di pomodori.
Nell’evoluzione del progetto oltre all’attenzione a preservarne lo spirito si è cercato di migliorarne gli aspetti organizzativi e a rendere i costi sostenibili, principalmente prevedendo un piccolo ricarico dedicato a pagare una persona. Si è passati quindi da una gestione basata su volontariato ad una strutturazione che permetta la sostenibilità complessiva della filiera, che poi è stata allargata anche ad altri prodotti offerti dal territorio.
Spiga & Madia promosso dal DES Brianza per sperimentare una filiera corta, locale, solidale, trasparente.
L'idea di fondo è stata quella di ricostruire una filiera del pane, dal frumento alla molitura alla cottura, di qualità biologica, nel raggio di pochi chilometri. Questa proposta ha incrociato interessi e motivazioni di vari attori:
- una famiglia proprietaria di terreni che non vuole perseguire la conversione delle terre da agricole ad edificabili ed anzi vuole convertirle alla coltivazione biologica;
- una cooperativa sociale agricola che da anni coltiva biologico, dando lavoro a soggetti svantaggiati;
- le famiglie della locale rete di GAS, che esprimono una domanda di pane e di farina;
- un mulino ed un forno a conduzione familiare disponibili a collaborare.
E’ stato quindi steso un progetto, con tanto di piano finanziario, e un “Patto di collaborazione ed economia solidale” con cui consumatori, produttori, distributori e proprietari dei terreni, si sono reciprocamente impegnati ad "accordarsi fiducia" per realizzare filiere corte di produzione, coltivazioni e produzioni a basso impatto ambientale, sviluppo di occupazione per soggetti svantaggiati e parziale condivisione sia dei rischi d'impresa (caparra sull'acquisto) che sugli utili (Fondo di Solidarietà).
Nel 2006, mentre il grano veniva seminato, le famiglie dei 15 GAS coinvolti compilavano il loro ordine, anticipando una quota con la quale sostenere la produzione. Nell’estate 2007 sono stati raccolti 240 quintali di granella, e oggi ogni settimana le 140 famiglie aderenti ricevono a casa la loro pagnotta co-prodotta, ad un costo molto inferiore di quello di mercato.
Sul piano del consumo, in prospettiva, vi è l’esplicita ricerca del superamento della figura del “consumatore” in quanto utente passivo, per approdare a quella di “co-produttore”, di soggetto cioè che, da un bisogno concreto, fa nascere progetti e ne condivide con il produttore la realizzazione.
Proprietà salienti dei patti territoriali:
- progettazione partecipata, a partire dalla “domanda” qualificata dei consumatori responsabili collaborando per soddisfare insieme le esigenze gli uni degli altri;
- corresponsabilità, condividendo gli investimenti e il rischio d'impresa (prefinanziamento e impegno all'acquisto), cercando un equilibrio tra servizi erogati e mutuo volontariato;
- importanza delle relazioni, per cui i progetti hanno potuto funzionare grazie alla fiducia reciproca piuttosto che alle garanzie economiche.
- riappropriazione della capacità di decidere, o almeno di incidere, su tutte queste caratteristiche: cosa produrre, a che costo, con quali mezzi e criteri, a vantaggio di chi.
- trasparenza del prezzo, che rispecchia il costo di produzione e non è dovuto alle logiche del mercato della domanda e dell’offerta;
- destinazione, quando è possibile, di una piccola quota di questo prezzo a un fondo da utilizzare per convertire o creare altre produzioni che servano per soddisfare le esigenze dei consumatori della zona;
- inserimento lavorativo, quando possibile, di soggetti deboli e svantaggiati.
Criticità dei patti territoriali:
- il trasporto e la distribuzione della merce richiedono un certo livello organizzativo;
- la capacità di pianificazione va affinata con la sperimentazione e richiede una flessibilità nel processo;
- il livello di motivazione dei produttori e la loro capacità di rispondere alla pianificazione richiede un monitoraggio accurato;
- i bisogni diversificati dei consumatori, anche sullo stesso prodotto, richiedono un processo di rieducazione al consumo per ricalibrare la falsa “libertà di scelta” prodotta dal modello del supermercato;
- la condivisione del rischio, in particolare con l’anticipo sulla produzione, richiede un affinamento e una maggiore responsabilizzazione dei consumatori.
Esistono poi diversi esempi in cui si sta sperimentando questo approccio in filiere più complesse - vestiario, energia, telefonia – in cui servono grandi numeri e maggiori investimento in termini di conoscenza e relazione per costruire risposte significative.
Un riferimento importante a cui ispirarsi è sicuramente quello dell'open source maturato in campo informatico, che dimostra come la cooperazione e la condivisione possano essere più efficienti e desiderabili della competizione e della piena concorrenza.
I Distretti d’Economia Solidale
"Strategia delle reti" come pista di lavoro, cioè rafforzare e sviluppare le realtà di economia solidale attraverso la creazione di circuiti economici (ma anche sociali e culturali), in cui le diverse realtà si sostengono a vicenda creando insieme spazi di mercato (e di socialità e informazione) finalizzato al benessere di tutti.
Lo sviluppo dei distretti avviene con la prospettiva di valorizzare le risorse del luogo, creare occupazione e difendere le fasce deboli della popolazione.
Parte dalle diverse realtà che già operano nei territori, come ad esempio gruppi di acquisto solidali, botteghe del mondo, realtà della finanza etica e del turismo responsabile, piccoli produttori biologici, cooperative sociali e cooperative che offrono servizi e beni di consumo, artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, associazioni e gruppi informali che condividono le regole dell’economia solidale.
La creazione di questo circuito tra le diverse realtà dell’economia solidale rafforza chi vi partecipa perché le risorse immesse nel circuito rimangono al suo interno; in questa prospettiva, quindi, almeno una parte degli utili realizzati all’interno del circuito vengono impiegati per rafforzare le realtà esistenti, o per creare o convertire altre realtà, e realizzare così in modo solidale i prodotti ed i servizi cui i consumatori hanno bisogno.
Si prevede anche che i prodotti ed i servizi non disponibili all’interno di un distretto vengano scambiati, a livello paritario, con gli altri distretti o con altre realtà di economia solidale presenti nel territorio.
Quello dei DES è quindi un esperimento in corso e non esistono ricette, o procedure definite, su come si possano nel concreto costruire i distretti e come questi debbano funzionare.
Iniziative tipiche: fiere, mercati, empori, convegni, seminari, scuole, incontri e manifestazioni varie, pubblicazione di guide, mailing list, sportelli informativi
Criteri condivisi:
- adesione ai principi dell’economia solidale,
- definire autonomamente l'estensione territoriale,
- essere presenti con una sede operativa all’interno del territorio,
- utilizzo degli utili per lo sviluppo del distretto, quindi una parte dei profitti o delle risorse delle realtà aderenti deve essere utilizzata per lo sviluppo del distretto stesso,
- trasparenza informativa su attività, bilancio e meccanismi di formazione del prezzo.
Criteri “a tendere”, importanti ma non vincolanti da subito:
- contratti di lavoro che siano stabili e qualificati,
- partecipazione dei lavoratori nelle decisioni,
- rispettare la legislazione in vigore
Come si finanzia un DES:
- Quota annuale di adesione, differenziata per tipologia di soggetti e destinata a sostenere la gestione delle strutture, gli organi ed i servizi del distretto.
- Quota per l’acquisto di valuta complementare (monete locali), in modo da avviare il volano virtuoso degli acquisti interni al distretto.
- Fondo di promozione e solidarietà, costituito da eventuali contributi e donazioni esterne verso i DES più una percentuale minima stabilita sugli utili di bilancio dei produttori e sulle quote di risparmio negli acquisti dei consumatori; rappresenta un patto ed un legame forte di reciprocità tra i consumatori e i soggetti economici. per interventi di solidarietà e mutuo aiuto tra i soggetti del Distretto in caso di emergenze, per interventi di start-up per nuove realtà produttive volte a soddisfare una domanda di consumo espressa ed inevasa, per interventi di supporto al rilevamento di aziende in crisi ad opera dei lavoratori (es. start-up, ricostituzione/aumento di quote di capitale, parziale o totale riconversione produttiva, formazione dei lavoratori, ecc.), per azioni di solidarietà con le fasce deboli della cittadinanza (es. reddito minimo vitale, reddito di cittadinanza, prestito d’onore, ecc.).
- Raccolta di risparmio etico dei partecipanti al distretto che dovrebbe finanziare a condizioni agevolate gli investimenti produttivi all’interno del distretto.
- Finanziamenti di enti pubblici, o privati, a progetti specifici elaborati e proposti dal DES e da esso gestiti e cogestiti.
Punti di forza:
- accresciuta sensibilità da parte dell’opinione pubblica nei confronti del consumo critico e dell’economia solidale,
- la positività del progetto dei distretti permette di coagulare molte energie,
- buona gestione delle dinamiche relazionali grazie all’orizzontalità della rete e alle limitate dimensioni territoriali.
Punti di debolezza:
- tempo e risorse che le persone, spesso su base volontaria, riescono a mettere a disposizione per lo sviluppo del distretto,
- risorse economiche disponibili nella fase di implementazione limitate rispetto agli obiettivi ed ai compiti che si prefiggono i distretti,
- livelli diversi di coinvolgimento delle realtà,
- tenere insieme la partecipazione e la conduzione di progetti operativi,
- tenere insieme realtà di diverso livello come singoli, realtà produttive e associazioni di produttori o di consumatori;
- mancanza di una strategia di fondo di ampio respiro,
- difficoltà ad instaurare nuove relazioni economiche e a rafforzare in modo strutturale le relazioni esistenti tra i soggetti del distretto,
- non esiste un modello di rete condiviso, ma proposte diversificate, manca la capacità di collaborare, integrare le proprie proposte e imparare a rinunciare ad una parte di sé,
- manca un bilancio delle preesistenti reti di economia alternativa,
- mancano “figure” con competenze specifiche (ad esempio facilitatori per la gestione delle reti).
- mancano attività di studio, ricerca e autoformazione a supporto delle attività dei DES,
- difficoltà ad arrivare ad un governo consensuale e alla distribuzione degli incarichi
Siti di riferimento:
Rete di Lilliput: www.retelilliput.org
Rete dei GAS italiani: www.retegas.org
Rete italiana di economia solidale: www.retecosol.org
Trentino Arcobaleno – DES Trento: www.trentinoarcobaleno.it
DES Brianza: www.retecosol.org (sezione Documenti / Distretti / Brianza)
L’isola che c’è – DES Como: www.lisolachece.org
Progetto “Cambieresti”: www.cambieresti.net
Progetto Equal “Nuovi Stili di Vita”: nsv.biclafucina.it
Bibliografia:
Andrea Saroldi, “Costruire economie solidali”, EMI 2003
Euclides A. Mance, “La rivoluzione delle reti. L`economia solidale per un`altra globalizzazione”, EMI 2003
Davide Biolghini, “Il popolo dell`economia solidale. Alla ricerca di un`altra economia”, EMI 2007
Marco Servettini, “Dai consumatori responsabili ai co-produttori”, Marco Servettini, DES Como
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