Le analisi dell’Arpa rivelano la contaminazione delle acque limitrofe al sito di smaltimento alle porte di Roma. Ammoniaca, arsenico e cloroformio: un mix micidiale. La protesta dei cittadini.
I segni della contaminazione sono lampanti. La discarica di Albano inquina le acque limitrofe e sottostanti. Nel 1999 erano fuori limite ammonica e nitriti, nel 2004 ferro e zinco, nel 2010 cloroformio e arsenico. È quanto emerge dai prelievi dell’Arpa Lazio che, ad un attenta analisi dicono molto di più: nelle acque dei pozzi spia è stata rinvenuta una miriade di composti organici, un mix di sostanze tossiche che non essendo presente nelle falde per natura conferma l’ipotesi che la contaminazione sia riconducibile alla discarica. Il percolato, un liquido altamente tossico prodotto dalla decomposizione dei rifiuti, è fuoriuscito dagli invasi e ha contaminato le acque. «Nel 2005 ci sono stati due picchi di concentrazione organica inquinante, superiore ad altri anni, che non possono essere attribuiti a cause naturali ma molto realisticamente a un abbondante penetrazione di percolato proveniente dalla discarica» spiega Aldo Garofalo, chimico del Coordinamento cittadino per la chiusura del sito di smaltimento rifiuti, in un resoconto dettagliato.
I dati dei prelievi effettuati dall’Arpa non danno adito a dubbi: «la discarica inquina in modo discontinuo ma significativo le vicine falde acquifere, specialmente quelle più prossime agli invasi compromessi». La tenuta dei teli isolanti non è eterna: dopo circa vent’anni gli invasi cedono e il percolato penetra nel terreno contaminando le acque. Le istituzioni competenti ne sono al corrente ma fanno finta di niente. «Gli sforamenti registrati non hanno avuto alcuna conseguenza sull’attività della discarica e sono stati archiviati da tutti come accidenti occasionali, compreso l’ultimo del 2010, quando è stata trovata una quantità di cloroformio sei volte sopra il limite in uno dei pozzi e percentuali di arsenico superiori a quella consentite in tutte le fonti» denuncia il chimico. Nonostante la concentrazione delle sostanze tossiche ecceda frequentemente il limite stabilito dalla legge, il fenomeno viene inquadrato come un insieme disordinato di casi fortuiti.
«La stessa Arpa, forse timorosa per aver osato troppo, si è affrettata a dichiarare che un dato da solo non dice niente, che c’è una variabilità statistica e via dicendo». La discarica di Albano è satura e malandata. Da trent’anni ormai è la pattumiera dell’intero bacino dei Castelli romani e di gran parte dei Comuni del litorale. E invaso dopo invaso continua a crescere e a mangiare squisite porzioni di territorio, destinato per tradizione alla produzione di vini doc e cibi biologici. Il proprietario del sito è lo stesso della discarica di Malagrotta, dell’invaso di Monti dell’ortaccio e dell’area di Testa di Cane. È il monopolista della gestione dei rifiuti nel Lazio Manlio Cerroni che ha fatto in modo di acquistare in zona quanti più appezzamenti di terreno fosse possibile.
All’ennesima richiesta di ampliamento la Asl-Rm H ha bocciato il progetto ribadendo l’urgenza di bonificare l’intera area, la Conferenza dei servizi ha ribadito il no ma dal dipartimento territorio della Regione Lazio è inspiegabilmente arrivato il placet. I comitati hanno fatto ricorso al Tar denunciando errori progettuali e rischi ambientali. Ora arrivano i prelievi dell’Arpa, analisi che dopo l’emergenza arsenico avrebbero dovuto essere più frequenti e che invece si sono diradate nel tempo passando da una cadenza trimestrale a quella annuale. «Ma il tempo che la verità venga a galla è arrivato - ripetono dal comitato di Albano - la salute dei cittadini non deve essere subordinata al business dei privati».
scritto da Rossella Anitori per Terra news
venerdì 19 agosto 2011
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Roncigliano. Un incubo dentro un incubo
RispondiEliminaSabato 30 luglio tutti in discarica a Roncigliano nel comune di Albano per protestare contro l'illecita costruzione e messa in opera del settimo invaso, un bucone enorme di cinquecentomila tonnellate in cui la società Pontina Ambiente andrà a scaricare i suoi rifiuti per i prossimi dieci anni, se "qualcosa" non interviene per mandare a monte il demenziale progetto. La gente era lì, come l'anno scorso ad agosto, quando si fece camping in discarica temendo un atto di forza nei tempi rallentati delle ferie. Parlava poco, la gente, e poco ascoltava i vari interventi, nemmeno si curava tanto della ventilata visita di Beppe Grillo che alla fine è comparso all'ora di pranzo, toccata e fuga con rinverdimento del Movimento 5 Stelle. Qui da noi chi si muove da anni è il Coordinamento NoInc che continua ad autofinanziarsi per portare avanti una battaglia di civiltà contro un sistema corrotto che fa ribrezzo e paura.
Chi sta tirando le fila, dietro le quinte, di questa sporca farsa che di atto in atto diventa sempre più oscena? I sindaci, dove sono i sindaci, gli amministratori di dieci comuni (due si sono defilati, Nemi e Lanuvio) che si schierano secondo come tira il vento e non si espongono se non nella misura in cui sono ricattabili o influenzabili? Dove sono i bei discorsi di solidarietà che infiocchettano le aule consiliari e i raduni di piazza, se la gente che in agosto si va a gustare l'aria puzzolente della discarica è sempre e solo la gente, sempre più nauseata e convinta che così non si può andare avanti e prima o poi qualcosa cambierà e i Cerroni e i Guidobaldi e le Regioni che non sanno "reggere" col popolo ci dovranno fare i conti e se i conti sono giusti dovranno anche pagare i danni.
Sembra un teatrino dell'assurdo che riporta alla mente quel film di Pasolini "Che cosa sono le nuvole" dalla trama semplice e infernale. In un teatro di marionette viene messo in scena l'Otello di Shakespeare, ma la tragedia non piace al pubblico che non accetta il finale e lo vuole cambiare; così sale inferocito sul palco e fa fuori il perfido Jago (Totò) e il possessivo e malfidato Otello (Ninetto Davoli) e porta in trionfo Desdemona e Cassio, i presunti traditori. Poi il netturbino (Modugno) carica sul camion della spazzatura le marionette sconciate dal popolo e le rovescia in discarica. Affogati nei rifiuti, con la faccia che scola il giallo e il nero del trucco di scena, gli attori principali guardano il cielo passare sopra le loro teste di legno e Otello fa: "Iiiiih, che so' quelle?". "Sono le nuvole", gli risponde Jago. "E che so' le nuvole? Quanto so' belle!" replica Otello. E Jago, col suo ultimo scatto di marionetta usurata, fatta a pezzi e pronta per l'inceneritore, sospira: "Straziante, meravigliosa bellezza del Creato...".
E come nel film di Pasolini, una rappresentazione nella rappresentazione, ci troviamo anche noi non "in un sogno dentro un sogno", ma in un incubo dentro un incubo, se il pubblico pagante non dà uno scatto di reni e non si ribella a un finale programmato dai signori che non hanno mai alzato lo sguardo dai loro miserabili conteggi e forse nemmeno si rendono conto del crimine che stanno commettendo – e non per soli trenta denari! – uccidendo la bellezza e la vita. E questo non può essere permesso: che lo sappiano, questi signori del male che si vendono per montagne stratosferiche di monnezza che ricadranno in cenere sulle teste di chi non c'entra, che sono colpevoli e ingiustificabili. E che se anche non vivono a Roncigliano anche loro faranno le spese di questa dissennata corsa alla rovina, che non risparmia siti.
Articolo scritto su http://www.controluce.it/albano-laziale-cronache/roncigliano-un-incubo-dentro-un-incubo da Maria Lanciotti