Secondo alcune indiscrezioni l’idea sarebbe quella di spedire l’immondizia tritata dagli Stir negli inceneritori della Romania. Ma non c’è certezza sul contenuto di quelle scorie, che potrebbero essere contaminate
Da giorni se ne parla in riunioni di vertice riservate, vero motore del mondo che gira attorno ai rifiuti. Sul tavolo delle trattative c’è – ancora una volta – l’eterna emergenza campana, complessa e delicata. Il tema è chiaro per tutti i soggetti, dalle imprese private in grado di portare i contatti giusti, ai politici regionali che devono fare i conti con un sistema imploso, farraginoso, che appare senza speranza. Il cuore della filiera, gli Stir (Stabilimenti di tritovagliatura) che devono trattare la monnezza che arriva da Napoli, sono saturi. E aspettano con urgenza una soluzione. C’è da far sparire quella robaccia che chiamano sottovagliatura che dal 2007 tutti cercano di piazzare, ma che nessuno vuole. Ci hanno provato in tanti, chiedendo in tutta Europa un aiuto che non è mai arrivato. «Perché non portiamo tutto in Romania?», qualcuno ha azzardato. Un’idea che piace tanto al centrodestra, che sembra avere i contatti giusti per avviare questa nuova rotta, partendo dal porto di Napoli, per sbarcare nella città che si affaccia sul Mar Nero. Un sistema che già in passato ha dato non pochi problemi.
Nel 2002 per circa un mese una nave rimase ferma davanti al porto campano, in attesa di permessi e di accordi tra autorità portuale, comune e aziende. La Romania – Paese comunitario che gode di un regime particolare per il traffico transfrontaliero di rifiuti – potrebbe accettare legalmente lo scarto della produzione delle ecoballe proveniente dalla Campania. Ma solo per avviarlo al recupero energetico. Gran parte degli inceneritori romeni può infatti bruciare esclusivamente un materiale che rientri pienamente nel codice Cer 191212. In pratica, rifiuto speciale assolutamente inerte, senza nessun grado di pericolosità, come spiega la normativa ambientale.
Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Terra, parte del materiale che intasa gli Stir non sarebbe però classificabile come inerte. Molti impianti sono oggi militarizzati, blindati e inaccessibili per i giornalisti. Le aziende che hanno avuto a che fare con gli Stir – costruiti tra il 2001 e il 2003 dalla Fibe – evitano accuratamente di mostrare i numeri, soprattutto quelli relativi agli idrocarburi. Qualche indizio però conferma l’indiscrezione. Come già raccontato nei giorni scorsi, la Junta de Andalucia, ad esempio, ha contestato lo scorso marzo l’assenza del parametro Toc nelle analisi dei rifiuti di Caivano, inviate in Spagna dalla Partenope Ambiente per ottenere l’autorizzazione al trasporto transfrontaliero, poi negato.
Quel parametro serve, tra l’altro, per capire se la presenza di idrocarburi superi o meno i livelli massimi tollerabili. Quella parte dei rifiuti degli Stir, forse contaminati da idrocarburi, non potrebbe – legalmente – finire negli inceneritori romeni, ma dovrebbe essere trattato negli impianti specializzati in rifiuti pericolosi in Germania. La differenza sostanziale, dal punto di vista imprenditoriale, è nei costi: per smaltire una tonnellata in Romania bastano circa 60-70 euro, mentre per la stessa operazione realizzata negli impianti tedeschi servono almeno 300 euro a tonnellata. Una cifra molto più alta, assolutamente giustificata, vista la complessità del trattamento dei rifiuti pericolosi. Sull’operazione c’è un riserbo assoluto. L’assessorato all’Ambiente della Regione Campania smentisce, al momento, la possibile destinazione romena, spiegando che nessuna richiesta è giunta negli uffici fino ad oggi.
È però ormai noto che la Romania da diverso tempo è divenuta la metà preferita per i rifiuti campani. Secondo un’inchiesta de L’Espresso dello scorso anno, in Romania da tempo starebbero proliferando società specializzate nel trattamento dei rifiuti, con capitale di origine campana. Un’informazione che ha già allarmato l’Interpol, preoccupata per la possibile infiltrazione nella zona del porto di Costanza dei capitali della camorra. Già tre anni fa vi era stato un tentativo da parte di società di origine mafiosa di entrare nel principale inceneritore del Paese, a Ploiesti, città facilmente raggiungibile proprio dal porto di Costanza, il principale scalo che si affaccia sul Mar Nero. L’allarme sul traffico dei rifiuti via mare dall’Italia in realtà in Romania è già scattato lo scorso anno. Il trasporto è coperto dalla discrezione che regna nei porti, dove arrivano i container dall’Italia, che superano molto spesso i controlli doganali senza grandi problemi.
Come nel resto d’Europa la sola idea dell’arrivo della monnezza napoletana spaventa la popolazione, che bene conosce quella fitta rete di capitali mafiosi in grado di invadere l’economia romena. Il business dei rifiuti, d’altra parte, sotto i Carpazi sta diventando fiorente, soprattutto dopo l’ingresso nell’Unione Europea. Se fino al 2006 gli inceneritori in tutto il Paese erano solo due, diversi impianti sono stati avviati negli anni scorsi. Nella città di Costanza, porto strategico, nel 2007 è stata chiusa una gara europea per realizzare un impianto in grado di bruciare diverse tonnellate di rifiuti, includendo le scorie tossiche. E sempre Costanza può vantare la presenza di impianti per l’incenerimento dei rifiuti ospedalieri, vero incubo per chi tratta i residui.
http://www.terranews.it/
mercoledì 10 agosto 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento