Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

domenica 30 maggio 2010

Sicilia, i tentacoli della mafia sugli inceneritori

Sicilia, i tentacoli della mafia sugli inceneritori

DIFFERENZIA-TI | 30 maggio 2010 at 14:40 | Tag: Manlio Cerroni | Categories: Rassegna Stampa | URL: http://wp.me/pDrrx-oV

_Sicilia. Quattro inceneritori che si dovevano fare e poi non si sono più fatti. Un giro di affari da quattro miliardi di euro. L'emergenza rifiuti che esplode. Una fitta trama, complessa, si intreccia attorno a queste vicende, fatta di appalti e tangenti, mafia, politica e imprenditoria.
Niente di nuovo. Una maglia in più nella rete di malaffare che emerge dalle indagini delle magistrature italiane. Chi credeva di aver afferrato qualche filo si è ritrovato in mano una enorme matassa difficilissima da districare. Praticamente impossibile da circoscrivere. Una rete che avvinghia il nostro paese in tutto il suo territorio e probabilmente oltre i confini nazionali.
Ma torniamo al caso siciliano. Tutto ha inizio nel 2002 con una gara di appalti per la costruzione di quattro inceneritori a Bellolampo (Palermo), Casteltermini (Agrigento), Paternò (Catania) e Augusta (Siracusa). La gara è indetta da Salvatore Cuffaro, detto Totò, che ai tempi rivestiva il triplice incarico di Presidente della regione Sicilia, commissario straordinario per l'emergenza idrica e di commissario delegato per l'emergenza rifiuti. È proprio in quest'ultima veste che Cuffaro si occupa della costruzione degli inceneritori.
Ad aggiudicarsi gli appalti sono quattro raggruppamenti di imprese: la Pea, la Platani Energia Ambiente, la Tifeo e la Sicil Power. Tre Ati sono capeggiate dal gruppo Falck e uno da Waste Italia. Ma i lavori fanno appena in tempo ad iniziare – siamo nel 2007 – che una sentenza della Corte di Giustizia Europea blocca la costruzione degli impianti, annullando la gara per il mancato rispetto della procedura di evidenza pubblica imposta dalle direttive europee.
Accade poi che Cuffaro si dimette dalla presidenza della Regione dopo essere stato condannato in primo grado a 5 anni – diventati 7 in corte d'appello con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra – e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per favoreggiamento e rivelazione di segreto d'ufficio.
Accade, ancora, che la questione degli inceneritori inizi a saltare fuori in troppe inchieste. Si inizia ad intuire che quello che inizialmente sembrava un vizio di forma nasconde ben altro. Alcuni dirigenti della Safab - società facente parte della appaltatrice Pea – sono condannati per corruzione. La Altecoen, una delle ditte partecipanti alla gara d'appalti, risulta priva della certificazione antimafia e viene indicata come vicina al boss Nitto Santapaola.
Vengono indette altre due gare d'appalto pubbliche, che vanno misteriosamente deserte, mentre in tutta la regione esplode l'emergenza rifiuti. Il quadro investigativo che si delinea agli occhi dei pm è quello di un accordo tra le quattro Ati aggiudicatarie che, con la compiacenza di funzionari pubblici a cui sarebbero andate tangenti, si sarebbero spartite a tavolino i lavori e poi, dopo la bocciatura europea, avrebbero fatto andare deserte le gare successive per indurre la Regione ad abbandonare la strada del bando pubblico.
Un quadro che le recenti dichiarazioni dell'attuale governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, delineano ancora più chiaramente. “Quello dei termovalorizzatori è l'affare del secolo – ha affermato Lombardo che compariva davanti ai pm come persona informata sui fatti – le sue dimensioni superano i 5 miliardi di euro; su di esso certa politica e la mafia si sono incontrati e alleati".
E i rifiuti? Pare che c'entrino anche quelli. Infatti a detta del capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, “Gridando all’emergenza si vogliono far rientrare dalla finestra i termovalorizzatori”. Piuttosto che risolvere la situazione, incentivando la raccolta differenziata e la cultura del riuso e del riciclo, si cerca piuttosto di strumentalizzarla, facendo credere che la costruzione degli inceneritori sia l'unica soluzione possibile.
In questa direzione vanno le dichiarazioni del presidente della commissione Ecomafie, Gaetano Pecorella, che pochi giorni fa ha affermato che per risolvere la questione rifiuti al sud “non basta solo la repressione: [...] mancano i termovalorizzatori”. Stessa linea per il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che neanche una settimana fa ha promesso l'immediata costruzione di un inceneritore a Bellolampo.
Insomma, questi inceneritori s'hanno da fare. Magari, data la situazione d'emergenza, si salterà persino la gara di appalti pubblica. E le imprese mafiose continueranno a prosperare, nel campo che a loro più piace e si addice, quello dei rifiuti.

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