E' il Venerdì dei Martiri in Egitto e al Cairo tra lacrimogeni, proiettili, barricate, pietre e molotov lo scontro va avanti. Un poliziotto ucciso e 5 manifestanti caduti a terra tra il Cairo e Suez è il bilancio provvisorio.
Secondo il Ministero della Sanità i manifestanti feriti nella sola capitale nei 3 giorni di battaglia sarebbero più di 1400 ma vanno aggiunte le centinaia che hanno utilizzato le sole cure offerte dagli ospedali da campo allestiti dal movimento. Lo scenario che si ripete in queste ore sembra immutato: con la polizia che difende con tutti i mezzi a disposizione i pochi metri che separano il movimento rivoluzionario dal Ministero degli Interni e i manifestanti che sulle barricate non cedono di un millimetro godendo di continui rinforzi che arrivano dalla vicina Piazza Tahrir. Eppure diversi testimoni intervistati in questi minuti parlano di un livello dello scontro altissimo raramente raggiunto durante le manifestazioni dell'ultimo anno.
Ad alzare ancora di più i toni politici della giornata arriva la notizia che tutti attendevano: 11 febbraio sarà sciopero generale.
Come il 25 gennaio anche il primo anniversario della caduta di Mubarak non sarà una festa o una ricorrenza istituzionale ma una decisiva giornata di lotta rivoluzionaria. A rendere chiaro il carattere apertamente conflittuale dello sciopero generale convocato dai sindacati arrivano anche ben 6 università egiziane che hanno proclamato per lo stesso giorno una giornata di disobbedienza civile a cui stanno aderendo molti altri atenei del paese.
In questi tre giorni di dura battaglia sembra che la tendenza sia quella della convergenza e della ancora più salda composizione politica dei soggetti sociali proletari protagonisti delle insurrezioni dello scorso anno.
Operai, studenti e proletariato giovanile che dalle fabbriche, dalle università, dalle curve e dai quartieri stanno riuscendo a fare di una provocazione omicida come quella di Port Said da parte dello Scaf l'occasione per approfondire lo scontro e dare continuità alle lotte di liberazione dal regime che persiste.
E su questo terreno è probabile che ormai si stia giocando una partita decisiva. Va ricordato che lo Scaf (giunta militare) e quindi l'esercito, in Egitto è un soggetto politico, è una formazione politica storica e determinata che da mezzo secolo domina sul grande paese africano. La possibilità del suo isolamento e la capacità di stanarlo della piazza rivoluzionaria facendolo ergere contro di sé nella maniera più violenta e solitaria possibile potrebbe essere la ragione che spiega la tenacia dei manifestanti in queste ore sulle barricate.
Come ha dichiarato un giovanissimo manifestante con la felpa ultras su Via Mohamed Mahmoud: “è lo Scaf il responsabile di Port Said, sono loro i contro-rivoluzionari e l'Egitto lo deve sapere!”. Da questa prospettiva nella piazza egiziana in queste ore si sta tentando di costruire una verità, la verità della rivoluzione che vuole andare avanti contro la transizione democratica che fino ad oggi è stata la traduzione esplicita della continuità del regime e della reazione.
Dalla sua parte anche lo Scaf sembra intenzionato a giocare tutte le carte e forse quella più pericolosa per il movimento inizia a farsi sentire nella scena pubblica egiziana quando alcuni esponenti delle istituzioni fanno riferimento al pericolo di una guerra civile o addirittura ad un non meglio precisato intervento straniero nella vita politica del paese. Tutti discorsi che nell'immediato servono al premier Ganzoury per legittimare le misure di sicurezza e non mollare lo stato di emergenza ma che in futuro potrebbe essere le basi per lanciare un attacco a 360gradi contro la piazza. I Fratelli Musulmani stanno tentando di mediare tra le autorità e la piazza facendo appello per una tregua degli scontri, ma entrambe le parti non sembrano disposte a legittimare la mediazione del movimento islamista moderato.
A questo livello dello scontro sociale e politico la data dello sciopero generale per l'11 febbraio acquista un forte valore per il processo rivoluzionario. Ma con quale forza politica, con quale agenda di lotta e con quali altri soggetti sociali si arriverà a quella data?
Mancano solo 7 giorni per rispondere a queste domande e la furia ultras scatenatasi per vendicare il sacrificio dei ragazzi di Port Said, nuovi martiri della rivoluzione egiziana, ormai è divenuta la collera di una piazza intera... Solo un anno fa Mubarak era caduto sotto i suoi colpi ed oggi un nemico ugualmente temibile potrebbe iniziare ad avere i primi brividi quando in decine di migliaia gridano come un tuono:
“il popolo vuole giustiziare il federmaresciallo!”.
Abbiamo tradotto l'appello pubblicato dal movimento ultras di Piazza Tahrir poche ore dopo la carneficina dello stadio di Port Said.
Parole di odio e amore rivoluzionario, di rabbia, di coraggio e tenacia di una delle componenti sociali essenziali del movimento rivoluzionario che oltre a difendere i cortei e le manifestazioni dalle aggressioni della polizia è protagonista anche delle innovazioni e delle straordinarie trasformazioni culturali e politiche del proletariato giovanile egiziano.
Si! Sono martiri, sono diventati martiri i compagni insieme ai quali, per 5 anni, abbiamo condiviso gioia e dolore. Oggi il maresciallo e i suoi complici hanno voluto mandare un chiaro messaggio, vogliono punirci e condannarci a morte perché ci uniamo alla rivoluzione, perché lottiamo contro l’oppressione e i crimini, come quelli di oggi.
Signori, questa è una nuova serie delle tante serie di crimini della repressione del regime, repressione che vuole uccidere la rivoluzione dei giovani egiziani e aumentare il numero dei martiri.
E non sapevi che ogni goccia di sangue versata, avrebbe riacceso la nostra rivoluzione, e avrebbe riacceso le nostre urla che chiederanno la tua testa, caro maresciallo traditore?
E avete creduto che l’Egitto e il suo popolo potessero fare un passo indietro?
Non si sono presentati né il governatore, né il capo della sicurezza, non trovammo né la polizia militare né la sicurezza centrale. Per la prima volta nella storia degli incontri di entrambe le squadre, la polizia s’è ritirata.
Sì, il vostro piano è chiaro. D’ora in poi inizieremo una nuova guerra per difendere la nostra rivoluzione e i diritti dei nostri martiri, e ci prepareremo a ricordare il 28 gennaio. Vi faremo riassaporare i momenti in cui, chi come voi appoggiava il precedete governo si dovette fermare e si dovette arrendere mentre osservava i rivoluzionari egiziani, di cui noi facciamo parte, seminare la propria libertà.
Sapete benissimo cosa significa affrontarci e sapete pure che noi fummo la rivoluzione, ancora prima che essa avvenisse. La vostra repressione non ci spaventa e non ci è nuova. Numerose sono state le iniziative per risolvere le divergenze tre Ultras delle squadre egiziane; questo non vi è bastato e avete iniziato a mettere in atto la vostra strategia.
Per questo vi comunichiamo che anche noi abbiamo una nostra "strategia", ed è quella di tagliare le vostre teste con le nostre mani, e non con mani straniere.
Non aspetteremo che ci opprimiate volta per volta: difenderemo la nostra rivoluzione, difenderemo e ricorderemo i nostri martiri con tutti i mezzi possibili.
Si, il vostro messaggio ci è arrivato. La nostra risposta arriverà presto.
Memoria e gloria per i nostri martiri.
Ultras Tahrir Squares
#UltrasTahrirSquares
#Ultras
#UA07
#UA
#UWK07
#UWK
#Egypt
#Tahrir
#NoScaf
#IkhwanKazebon
#6Apil
#Jan25
Secondo il Ministero della Sanità i manifestanti feriti nella sola capitale nei 3 giorni di battaglia sarebbero più di 1400 ma vanno aggiunte le centinaia che hanno utilizzato le sole cure offerte dagli ospedali da campo allestiti dal movimento. Lo scenario che si ripete in queste ore sembra immutato: con la polizia che difende con tutti i mezzi a disposizione i pochi metri che separano il movimento rivoluzionario dal Ministero degli Interni e i manifestanti che sulle barricate non cedono di un millimetro godendo di continui rinforzi che arrivano dalla vicina Piazza Tahrir. Eppure diversi testimoni intervistati in questi minuti parlano di un livello dello scontro altissimo raramente raggiunto durante le manifestazioni dell'ultimo anno.
Ad alzare ancora di più i toni politici della giornata arriva la notizia che tutti attendevano: 11 febbraio sarà sciopero generale.
Come il 25 gennaio anche il primo anniversario della caduta di Mubarak non sarà una festa o una ricorrenza istituzionale ma una decisiva giornata di lotta rivoluzionaria. A rendere chiaro il carattere apertamente conflittuale dello sciopero generale convocato dai sindacati arrivano anche ben 6 università egiziane che hanno proclamato per lo stesso giorno una giornata di disobbedienza civile a cui stanno aderendo molti altri atenei del paese.
In questi tre giorni di dura battaglia sembra che la tendenza sia quella della convergenza e della ancora più salda composizione politica dei soggetti sociali proletari protagonisti delle insurrezioni dello scorso anno.
Operai, studenti e proletariato giovanile che dalle fabbriche, dalle università, dalle curve e dai quartieri stanno riuscendo a fare di una provocazione omicida come quella di Port Said da parte dello Scaf l'occasione per approfondire lo scontro e dare continuità alle lotte di liberazione dal regime che persiste.
E su questo terreno è probabile che ormai si stia giocando una partita decisiva. Va ricordato che lo Scaf (giunta militare) e quindi l'esercito, in Egitto è un soggetto politico, è una formazione politica storica e determinata che da mezzo secolo domina sul grande paese africano. La possibilità del suo isolamento e la capacità di stanarlo della piazza rivoluzionaria facendolo ergere contro di sé nella maniera più violenta e solitaria possibile potrebbe essere la ragione che spiega la tenacia dei manifestanti in queste ore sulle barricate.
Come ha dichiarato un giovanissimo manifestante con la felpa ultras su Via Mohamed Mahmoud: “è lo Scaf il responsabile di Port Said, sono loro i contro-rivoluzionari e l'Egitto lo deve sapere!”. Da questa prospettiva nella piazza egiziana in queste ore si sta tentando di costruire una verità, la verità della rivoluzione che vuole andare avanti contro la transizione democratica che fino ad oggi è stata la traduzione esplicita della continuità del regime e della reazione.
Dalla sua parte anche lo Scaf sembra intenzionato a giocare tutte le carte e forse quella più pericolosa per il movimento inizia a farsi sentire nella scena pubblica egiziana quando alcuni esponenti delle istituzioni fanno riferimento al pericolo di una guerra civile o addirittura ad un non meglio precisato intervento straniero nella vita politica del paese. Tutti discorsi che nell'immediato servono al premier Ganzoury per legittimare le misure di sicurezza e non mollare lo stato di emergenza ma che in futuro potrebbe essere le basi per lanciare un attacco a 360gradi contro la piazza. I Fratelli Musulmani stanno tentando di mediare tra le autorità e la piazza facendo appello per una tregua degli scontri, ma entrambe le parti non sembrano disposte a legittimare la mediazione del movimento islamista moderato.
A questo livello dello scontro sociale e politico la data dello sciopero generale per l'11 febbraio acquista un forte valore per il processo rivoluzionario. Ma con quale forza politica, con quale agenda di lotta e con quali altri soggetti sociali si arriverà a quella data?
Mancano solo 7 giorni per rispondere a queste domande e la furia ultras scatenatasi per vendicare il sacrificio dei ragazzi di Port Said, nuovi martiri della rivoluzione egiziana, ormai è divenuta la collera di una piazza intera... Solo un anno fa Mubarak era caduto sotto i suoi colpi ed oggi un nemico ugualmente temibile potrebbe iniziare ad avere i primi brividi quando in decine di migliaia gridano come un tuono:
“il popolo vuole giustiziare il federmaresciallo!”.
Abbiamo tradotto l'appello pubblicato dal movimento ultras di Piazza Tahrir poche ore dopo la carneficina dello stadio di Port Said.
Parole di odio e amore rivoluzionario, di rabbia, di coraggio e tenacia di una delle componenti sociali essenziali del movimento rivoluzionario che oltre a difendere i cortei e le manifestazioni dalle aggressioni della polizia è protagonista anche delle innovazioni e delle straordinarie trasformazioni culturali e politiche del proletariato giovanile egiziano.
Si! Sono martiri, sono diventati martiri i compagni insieme ai quali, per 5 anni, abbiamo condiviso gioia e dolore. Oggi il maresciallo e i suoi complici hanno voluto mandare un chiaro messaggio, vogliono punirci e condannarci a morte perché ci uniamo alla rivoluzione, perché lottiamo contro l’oppressione e i crimini, come quelli di oggi.
Signori, questa è una nuova serie delle tante serie di crimini della repressione del regime, repressione che vuole uccidere la rivoluzione dei giovani egiziani e aumentare il numero dei martiri.
E non sapevi che ogni goccia di sangue versata, avrebbe riacceso la nostra rivoluzione, e avrebbe riacceso le nostre urla che chiederanno la tua testa, caro maresciallo traditore?
E avete creduto che l’Egitto e il suo popolo potessero fare un passo indietro?
Non si sono presentati né il governatore, né il capo della sicurezza, non trovammo né la polizia militare né la sicurezza centrale. Per la prima volta nella storia degli incontri di entrambe le squadre, la polizia s’è ritirata.
Sì, il vostro piano è chiaro. D’ora in poi inizieremo una nuova guerra per difendere la nostra rivoluzione e i diritti dei nostri martiri, e ci prepareremo a ricordare il 28 gennaio. Vi faremo riassaporare i momenti in cui, chi come voi appoggiava il precedete governo si dovette fermare e si dovette arrendere mentre osservava i rivoluzionari egiziani, di cui noi facciamo parte, seminare la propria libertà.
Sapete benissimo cosa significa affrontarci e sapete pure che noi fummo la rivoluzione, ancora prima che essa avvenisse. La vostra repressione non ci spaventa e non ci è nuova. Numerose sono state le iniziative per risolvere le divergenze tre Ultras delle squadre egiziane; questo non vi è bastato e avete iniziato a mettere in atto la vostra strategia.
Per questo vi comunichiamo che anche noi abbiamo una nostra "strategia", ed è quella di tagliare le vostre teste con le nostre mani, e non con mani straniere.
Non aspetteremo che ci opprimiate volta per volta: difenderemo la nostra rivoluzione, difenderemo e ricorderemo i nostri martiri con tutti i mezzi possibili.
Si, il vostro messaggio ci è arrivato. La nostra risposta arriverà presto.
Memoria e gloria per i nostri martiri.
Ultras Tahrir Squares
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