Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

giovedì 4 marzo 2010

LA BEFFA DEI CIP 6

LA BEFFA DEI CIP 6

LA BEFFA DEI CIP 6 bigimage Pochi sanno che in Italia gli inceneritori sono finanziati dallo Stato. I moderni inceneritori, che con un maquillage mediatico vengono definiti dai loro costruttori e dai politici che danno le autorizzazioni “termovalorizzatori” (1), producono energia che dal 1992 è stata assimilata a quella delle fonti rinnovabili e quindi incentivata con finanziamenti pubblici.
Il perverso meccanismo dell’incentivo alle fonti rinnovabili che finisce agli inceneritori
Cosa c’entrino gli inceneritori di rifiuti con le fonti rinnovabili di energia non è dato saperlo, però con la circolare del Comitato interministeriale prezzi n. 6/1992 (da qui il nome di Cip 6) il governo di quel tempo parificò l’elettricità prodotta da fonti “rinnovabili” (eolica, solare, geotermica, maree e idraulica) a quella prodotta con biomasse e rifiuti, aggiungendo poi una serie di fonti “assimilate” cioè centrali elettriche a ciclo combinato alimentate con il metano oppure con il gas ottenuto dalla gassificazione dei residui di raffineria. Insomma in nome dell’incentivazione alle fonti rinnovabili, cioè dell’energia pulita, tutti i governi che si sono succeduti in questi sedici anni hanno finanziato la produzione di energia elettrica con l’incenerimento dei rifiuti urbani e industriali, oltre che con il gas (ciclo combinato), fonti non rinnovabili e inquinanti! (2)
Col Cip 6 il proprietario di un inceneritore può vendere al GSE, Gestore dei Servizi Elettrici la società pubblica che gestisce la fornitura di energia elettrica, la propria produzione elettrica ad un costo triplo di quello di mercato, cioè di quello praticato alle centrali convenzionali. L’importo di questo incentivo è stabilito dal GSE trimestralmente (3) e il suo costo ricade sulle bollette degli utenti che prevedono una quota per il sostegno… alle fonti rinnovabili (4). Lo scandalo del Cip 6 è che il 90% dei fondi vengono rastrellati da inceneritori di rifiuti urbani o industriali e da centrali a gas (5).
Il meccanismo escogitato nel 1992 ha permesso allo Stato di finanziare i grandi gruppi energetici che si sono tuffati nel business delle turbogas aziendali (la ENI, per esempio, ha creato la EniPower per gestire gli impianti di incenerimento dei rifiuti delle proprie raffinerie che però producono anche elettricità incentivata col Cip6) ma ha soprattutto creato il business dell’incenerimento di rifiuti con produzione di energia elettrica. Negli ultimi anni sono stati presentati decine e decine di nuovi progetti mentre un gran numero di proprietari degli impianti esistenti si sono affrettati a chiederne il raddoppio. Grazie al Cip 6 il guadagno per i proprietari di inceneritori è doppio: in una prima fase si guadagna perché le pubbliche amministrazioni pagano per liberarsi dei rifiuti prodotti in grande quantità nelle nostre città e paesi, nella seconda fase si guadagna vendendo a prezzo maggiorato l’energia elettrica prodotta (6).
L’offensiva dei comitati popolari
Gli inceneritori sono degli altiforni che trasformano la spazzatura in gas, concentrando su un dato territorio il potenziale danno ambientale prodotto da un’area ben maggiore. Come ha ben sintetizzato Stefano Montanari, direttore del laboratorio “Nanodiagnostics” di Modena, “se noi bruciamo l’immondizia, altro non facciamo che trasformarla in particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista e la trasformazione produce particelle ancora più minute e, quindi, tossiche”. Gli inceneritori producono, oltre a ceneri tossiche e scorie di lavorazione pari a circa il 25% della massa di rifiuti bruciata che devono essere conferite in discariche speciali, anche diossine, furani, metalli pesanti che solo in parte sono intercettati dai sofisticati e costosissimi filtri. Gli inceneritori producono anche le cosiddette “polveri sottili” PM10 e PM2,5, talmente piccole da non poter essere “acchiappate” da nessun filtro. Disperdendosi nell’ambiente circostante queste polveri hanno effetti devastanti sulla salute generando le cosiddette nanopatologie, causa di malformazioni fetali, tumori infantili, malattie allergiche, infiammatorie e neurologiche.
Visti questi presupposti ovunque si progetta un nuovo inceneritore la popolazione si è mobilitata creando centinaia di comitati popolari, animati da singoli cittadini che si sono trasformati in attivisti ecologisti (7) in grado di mettere in difficoltà le ex-municipalizzate e i gruppi industriali che vorrebbero far fiorire nuovi inceneritori su tutto il già provato territorio italiano.
Negli ultimi anni una delle parole d’ordine del movimento di opposizione alla velenosa politica governativa è stato quello lanciato dalla “Rete rifiuti zero”: basta con la truffa del Cip 6! Gli ecologisti hanno capito benissimo che togliendo i finanziamenti statali si colpirebbe a morte la scelta di costruire inceneritori. Con il sostegno di Greenpeace, l’unica grande organizzazione che ha appoggiato la campagna, è stata lanciata la mobilitazione contro lo scandalo del Cip 6. Fin dall’estate 2006 alcuni parlamentari di Verdi e Rifondazione comunista avevano assicurato il loro sostegno e il ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio si era detto convinto che finalmente gli inceneritori avrebbero smesso di avere finanziamenti statali.
La poltiglia parlamentare entra in azione
Insomma molti si erano illusi che fosse fatta: già la finanziaria 2007 avrebbe dovuto contenere la modifica visto che il governo, pressato dalla Comunità europea che nel luglio 2005 aveva avviato una procedura di infrazione contro l’Italia, si era impegnato ad eliminare ogni tipo di finanziamento a fonti di energia non rinnovabile. Ma la lobby inceneritorista aveva reagito violentemente … “convincendo” il governo che non si potevano disdire i contratti operativi da anni. Rapida marcia indietro, dunque, ma rimaneva l’impegno governativo di non concedere l’incentivo ai nuovi inceneritori, quelli non ancora realizzati. Non sarebbe stata una grande vittoria ma almeno un punto di partenza. Invece, neppure quello si è riusciti ad ottenere perché nella poltiglia parlamentare il testo ufficialmente concordato venne stravolto da una ignota (!?!) “manina” che sostituì la parola “realizzati” con quella “autorizzati”. Quindi incentivi non solo agli impianti che funzionavano ma anche a quelli non operativi che però avessero ricevuto una autorizzazione, di qualsiasi tipo visto che il testo approvato non faceva alcuna specificazione in tal senso.
Grandi polemiche in seno alla maggioranza e figuraccia dei parlamentari verdi e rifondati, ancora una volta uccellati (si fa per dire perché nessuno pensa che gente avvezza alla fanghiglia parlamentare sia così scema da farsi fregare in modo tanto clamoroso). A fine dicembre il consiglio dei ministri decide però di riparare all’errore (si, perché qualcuno aveva avuto la faccia tosta di dire che si era trattato “solo” di un errore di battitura) promettendo di rimettere le cose al loro posto entro la fine di febbraio. Non se n’è mai fatto di nulla, né a febbraio né dopo. Non era stato un “errore di battitura”.
La forza della lobby petrolifera
Intanto, lontano dai clamori della finanziaria, nel novembre 2006 l’Autorità per l’energia elettrica e il gas aveva rivisto i criteri con cui calcolare il contributo Cip 6 ridimensionando la voce relativa al “costo evitato di combustibile”, fin’ora sovrastimato da un vecchio accordo SNAM-Confindustria. Nulla di eccezionale ma un risparmio per l’erario di qualche centinaio di milioni di euro. Meglio che niente. Le reazioni dei gruppi energetici non si fanno attendere: Edison, Erg e Moratti ricorrono al TAR che il 9 maggio 2007 annulla la delibera dell’Autorità. Così a cantare vittoria non sono solo gli inceneritoristi ma anche i petrolieri (8).
Finanziaria 2008: gli inceneritori escono dalla porta ma rientrano dalla finestra!
Con la discussione della nuova finanziaria il movimento contro gli inceneritori torna all’attacco. Scende in campo senza intermediari anche il ministro Bersani, naturalmente dalla parte dei suoi amici petrolieri e inceneritoristi. Questo personaggio era stato più volte accusato di essere la “manina” che aveva cambiato il testo concordato nel 2006 (9).
Il risultato del lavorio parlamentare è un testo, approvato prima dal Senato e poi rivisto dalla Camera, estremamente complesso e confuso. Da una parte si sancisce che i finanziamenti e gli incentivi detti “cip 6/92” sono concessi ai soli impianti “realizzati ed operativi” ma però si prevede che una procedura di deroga sia completata dal Ministero dello sviluppo economico (Bersani) “inderogabilmente” entro tre mesi dall’entrata in vigore della finanziaria. Ma non è finita qui: la finanziaria 2008 prevede che sia incentivata la quota di produzione di energia elettrica ricavata da energie rinnovabili anche se realizzata in impianti che impiegano fonti energetiche non rinnovabili. In pratica: verrà incentivata la quota di energia riferibile ai rifiuti biodegradabili e alle biomasse prodotta dagli inceneritori. Tale quota riguarderà, tutti gli inceneritori che verranno costruiti, anche quelli a tutt’oggi non “operativi e realizzati”. Le modalità di calcolo della parte biodegradabile dei rifiuti saranno definite dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con quello dell’ambiente, ancora una volta entro novanta giorni dall’entrata in vigore della finanziaria.
Insomma: alla fine del giro si scopre che alcuni inceneritori, quelli “realizzati ed operativi” ma anche altri che in “deroga” verranno individuati da Bersani e quindi dalla lobby degli inceneritori che tanto sta a cuore a questo personaggio, godranno pienamente degli incentivi Cip 6 (10). Gli altri inceneritori, quelli che vedranno la luce nel futuro e che non saranno inseriti nella “deroga” redatta da Bersani, potranno comunque godere di una fetta di incentivi e finanziamenti, quella relativa alla quota di rifiuti inceneriti biodegradabile e da biomasse. Anche qui il ruolo di Bersani è centrale visto che sarà il ministro dello sviluppo a decidere il peso di tale quota, sia pure di concerto col ministro dell’ambiente (11).
Fare un “salto di qualità”
La battaglia contro lo scandalo dei CIP 6 è giusta. Averla fatta partire dalla mobilitazione popolare è stata indiscutibilmente una mossa altrettanto giusta. L’errore è stato però quello di non aver fatto crescere la mobilitazione dal basso, finendo con il delegare il successo della battaglia a pochi parlamentari “amici” che però non sono disposti a mettere in gioco una cosa: il loro strapuntino politico. A costo di fare figuracce. L’illusione del parlamentarismo ha portato alla sconfitta.
Occorre invece fare un “salto di qualità” nella lotta ecologista. Dire chiaramente che lo Stato non fa altro che evitare sistematicamente di contrastare le nocività sanitarie quando queste siano conseguenti o collegate alla sfera produttiva, perseguendo una politica sempre favorevole agli interessi padronali. Si depotenziano i sistemi di controllo, si elevano i valori limite, si fanno provvedimenti truffa, come quello della finta “riforma” di cip 6 e certificati verdi, sempre al fine di non disturbare il sistema economico. Questa politica, che non è un’esclusiva italiana ma attraversa più o meno tutto il “villaggio globale”, si concretizza nel sostegno ad impianti inquinanti, come gli inceneritori, i rigassificatori, le centrali a gas o a carbone ma fra qualche anno, se non sapremo invertire la rotta, anche le centrali nucleari.
Occorre fare un “salto di qualità”, dicevamo, per contrastare la retorica ambientalista di tanti governanti o aspiranti tali e delle organizzazioni a loro collaterali, ponendo al centro dell’attenzione il principio della difesa dell’uomo e dell’ambiente dalle nocività provocate dalle attività umane.
Maurizio Zicanu
(1) Questi impianti, in realtà, valorizzano soprattutto le malattie, i cancri e l’inquinamento dell’ambiente circostante. Andrebbero quindi chiamati “cancrovolarizzatori” o “tossicovalorizzatori”.
(2) La storia dei Cip 6 meriterebbe un articolo a parte. In questa sede ci limitiamo a ricordare come la scandalosa delibera sia stata il frutto di una complicità fra la classe politica di quegli anni (governo Amato) e alcuni fra i più grandi gruppi industriali del nord (gruppo Montedison, gruppo Falk, l’ENI, petrolieri come Moratti e Garrone) che “inventarono” un modo per trasformare un costo – lo smaltimento degli scarti di raffineria – in un enorme utile.
(3) Per esempio: il prezzo di assegnazione è stato fissato a 54 euro/MWh nel terzo trimestre 2007 passato a 62,60 euro/MWh nel quarto (fonte: GSE).
(4) Secondo varie stime questa tassa incentivante alle fonti rinnovabili pesa dal 6 al 10% degli importi pagati dagli italiani con le loro bollette.
(5) Nel 2006 gli inceneritori hanno ricevuto dal GSE 1.135,9 milioni di euro contro i 223,8 del geotermico, i 202,6 dell’idroelettrico, i 195,8 dell’eolico, e gli 0,04 del solare. La vergogna è completata dagli incentivi forniti alle fonti “assimilate”: 2179,8 milioni ai rifiuti dei cicli industriali e 2181,7 ai combustibili fossili. In totale su 6119,8 milioni di euro versati dallo Stato come “contributo alle fonti rinnovabili di energia”, solo 622 milioni sono andati a solare, eolico, geotermico e idroelettrico. Poco più del 10%! Fonte GSE FISE Assoambiente, 31/3/2007. E’ interessante notare che il GSE ha come unico azionista il ministero dell’economia che lo gestisce di concerto col ministero dello sviluppo economico. Secondo quanto riferito nel rapporto annuale dell’Autorità per energia elettrica e gas (5 luglio 2007) la quota delle fonti “assimilate” è in continuo aumento. I maggiori beneficiari sono stati l’ENEL, l’Edison, l’ENI, l’ASM di Brescia (ora A2A dopo la fusione con la AEM), l’ACEA Electrabel, l’EGL Italia, la Sorgenia e la Modula.
(6) Nel 1999 con il “Decreto Bersani” il sistema del Cip 6 è stato sostituito da quello dei certificati verdi, ma la gran parte dei vecchi contratti è rimasta attiva. Il sistema dei certificati verdi prevede che se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di un impianto tradizionale il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere ad industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente. Questa novità non migliora la situazione. Infatti sia il sistema Cip 6 che quello dei certificati verdi di fatto hanno esteso i benefici economici anche alle fonti assimilate più inquinanti, finendo per indirizzare gran parte dei fondi verso fonti, come i rifiuti, che rinnovabili non sono. Il prezzo dei certificati verdi nel 2007 era di circa 137 euro al MWh. (fonte, GSE)
(7) Meglio parlare di ecologisti poiché il termine “ambientalisti” è stato ormai completamente sputtanato dalle associazioni filoistituzionali che in nome di un “capitalismo sostenibile” si sono vendute ai grandi gruppi industriali che le finanziano e ai partiti del centro-sinistra di cui fanno parte i loro dirigenti sia di livello nazionale che locale. Le poche eccezioni, specie a livello locale, non fanno che confermare la regola.
(8) Della vicenda parla Altraeconomia del maggio 2007 e la si può trovare a http://www.altreconomia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=270, assieme ad altre utili informazioni sull’argomento. Poco prima di chiudere questo articolo abbiamo letto sul “Corriere della Sera” che il governo Prodi aveva previsto di inserire nella finanziaria 2008 il provvedimento che delega l’Autorità per l’energia a determinare il valore medio dei prezzi del metano, superando il vecchio accordo del 1992. L’articolo, pubblicato il 19 gennaio, riferisce però di un blitz di due deputati PD che avrebbero cercato, per ora senza successo, di rinviare tutto di un anno facendo risparmiare alla “Edison 200-250 milioni di aiuti, a Moratti 60-75, a Garrone idem, a British gas e Endesa 40, a Brachetti 30 a Enipower 20 e così via”.
(9) Lo scorso ottobre questo avvilente personaggio, con un atto talmente intimidatorio da far impallidire quelli compiuti dal governo Berlusconi, aveva chiesto provvedimenti disciplinari contro l’Ordine dei medici dell’Emilia Romagna che aveva “osato” sostenere che gli inceneritori costituiscono una fonte di rischio per la salute.
(10) In che cosa consisteranno le “deroghe” lo si sta comprendendo benissimo in questi giorni di “emergenza rifiuti” in Campania: “Anche a nome del Ministro Pecoraro Scanio vi posso assicurare che il problema degli stanziamenti per gli inceneritori in Sicilia si sbloccherà” (Prodi rivolto al presidente della Regione Sicilia, Cuffaro, 9 gennaio 2008).
(11) La Federambiente, associazione che riunisce le società che gestiscono i rifiuti, ha già fatto sapere che la parte biodegradabile dei rifiuti è pari al 50% del totale. Se dovesse passare quest’interpretazione la rimessa per i gestori di inceneritori rimasti fuori da ogni “deroga” sarebbe pari a circa il 15/20%.

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