www.dirittiglobali.it - NEWS (Ambiente, territorio e beni comuni) 06 - 03 – 2010
Fonte: il manifesto
LAZIO Il problema dei rifiuti tossici diffusi in tutta la regione:
verso il disastro ambientale
Dall'acqua all'arsenico dei Castelli al lindano ciociaro nel latte materno
di Andrea Palladino
ROMA
Ci sono parole che sono divenute insopportabili. Ad esempio emergenza. O quelle che arrivano subito dopo: commissario straordinario. E sempre più spesso, quando l'emergenza è ambientale, ne scatta un'altra, deroga. Parole per nascondere, per rimandare le soluzioni, per mantenere quella sorta di licenza d'uccidere che in Italia distrugge ambiente e popolazioni.
Ieri la sentenza della Corte di giustizia europea ha fatto chiarezza. Ha usato i nomi veri delle cose, ha chiamato inceneritori gli inceneritori, e rifiuti la monnezza. Ha spiegato come di veleni si può morire e quanto valgono le «emergenze» e le «deroghe» italiane di fronte all'acquis communautaire, ovvero la civiltà giuridica europea: meno di zero. E se la sentenza riguardava
L'acqua dei veleni
A sud di Roma c'è un'emergenza idrica che coinvolge mezzo milione di persone: tanto arsenico e poca acqua. Il Bertolaso di turno di chiama Massimo Sessa, ex assessore della giunta di centrodestra della provincia di Roma guidata da Silvano Moffa fino al 2004: ingegnere, membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici. E' oggi il commissario straordinario, nominato da Berlusconi nel 2004, per far fronte all'emergenza idrica dei Castelli romani.
Non esiste un sito dell'ufficio commissariale ed è difficile capire cosa abbia fatto, quanto speso, quali i risultati raggiunti. In realtà il suo compito è semplice: velocizzare gli appalti, saltando a pie' pari buona parte delle normative. Si chiama deroga, ovvero l'arma nucleare utilizzata in Italia per affrontare le emergenze. Serve costruire un nuovo pozzo in un parco naturale - quello dei Castelli romani - in una zona dove si stanno abbassando le falde acquifere? Basta una firma e Acea può scavare.
La deroga, a volte, possiede anche poteri magici. Ad esempio può trasformare l'acqua non potabile in un liquido quasi oligominerale. Secondo le norme dell'organizzazione mondiale della sanità, dell'Unione europea e del nostro paese l'acqua per uso umano non può contenere più di dieci microgrammi per litro di arsenico. Nella zona dei Castelli romani - come in gran parte del Lazio - da anni questo limite è superato di slancio. Ed ecco che scatta la soluzione magica:
A pieni polmoni
L'ormai ex governatore del Lazio ha messo anche qualche altra firma silenziosa. E' il caso dell'inceneritore di Albano Laziale, alle porte di Roma, che con le due linee progettate dal consorzio Coema - Manlio Cerroni, Acea e Ama - autorizzato dal presidente della giunta regionale del Lazio nottetempo, in pieno agosto. C'era una valutazione d'impatto ambientale negativa, proprio a causa dell'emergenza idrica della zona. C'era una popolazione contraria all'idea di vivere sotto l'incubo delle diossine e delle polveri sottili. E c'erano tanti, tantissimi dati e studi che dimostrano come quell'impianto è inutile. O meglio, utile solo a chi lo costruisce e a chi lo gestirà, grazie a centinaia di milioni di euro pubblici che verranno dalla norma del Cip 6.
Oggi contro la costruzione degli inceneritori ad Albano sono stati presentati diversi ricorsi al Tar, basati proprio sulla procedura di autorizzazione decisamente bizzarra. La decisione verrà dopo le elezioni, ma è già chiaro che la questione è politica. Ricordate l'amabile conversazione di Mario Di Carlo - l'assessore che prese la delega dei rifiuti dopo la fine del commissariamento gestito da Piero Marrazzo - eterni amico dell'avvocato Manlio Cerroni, il re del business dei rifiuti nel Lazio? «A tutti e due ci piace andare a mangiare la coda alla vaccinara, capito? Nel mondo che vive lui, co chi c...o ce va, co' Caltagirone a mangiare la coda alla vaccinara?», raccontava Di Carlo in un fuori onda su Report, ricordando le sue cene con Manlio Cerroni. E di certo - tra una coda alla vaccinara e una trippa - avrà avuto il tempo di parlare delle tonnellate di combustibile da rifiuti da mandare nei forni ad Albano. Si chiama Cdr tecnicamente, e a volte può essere una grande truffa.
«Butta dentro, brucia tutto»
Il 5 marzo dello scorso anno a Colleferro i carabinieri del Noe - su delega della Procura di Velletri - hanno scoperto un'enorme truffa, legata al Cdr. Nella città della provincia di Roma, al confine con il territorio di Frosinone, gli inceneritori sono in funzione da diversi anni. Dovrebbero bruciare il combustibile da rifiuti, producendo energia che una legge tutta italiana definisce «pulita», degna quindi di ricevere incentivi, equivalenti al 7% delle bollette. Secondo i Noe, però, negli inceneritori di Colleferro finiva di tutto. Il Cdr - fornito in buona parte dai due impianti romani dell'Ama - sarebbe stato alterato. Nell'inchiesta, appena conclusa dai magistrati di Velletri, appaiono chiare anche le conseguenze dell'attività dei due inceneritori: il sistema di controllo delle emissioni - secondo i Noe - non funzionavano, o meglio, i dati venivano aggiustati dai tecnici informatici quando qualche valore superava i limiti di legge. Deroghe fatte in casa, con qualche clic.
Le donne non allattano più
Da Colleferro parte il fiume Sacco, il corso d'acqua che poi confluisce nel Liri, in piena Ciociaria. L'intera valle, da una ventina d'anni, è contaminata dai resti del Ddt. Si chiama Beta esaclorocicloesano, industrialmente conosciuto come lindano. Era prodotto a meno di un chilometro dai due inceneritori e i resti sono stati per anni sotterrati in fusti, che alla fine hanno ceduto, riversandosi nella fognatura e nel fiume Sacco.
Sulle sponde del fiume c'era una delle zone di allevamento più ricche del Lazio. Vacche da latte, bufale, pecore per la produzione di caciotte e pecorini, formaggi tipici della Ciociaria. Migliaia di animali contaminati dai resti del Ddt, sono stati abbattuti. E quando
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