L'allarme dei carabinieri "Sui rifiuti un oligopolio"
Rapporto alla commissione bicamerale presieduta da Pecorella
«Non c'è concorrenza, i cittadini pagano un prezzo salato»Corriere della Sera Roma di sabato 5 giugno 2010
di Fulloni Alessandro
Una discarica, quella di Malagrotta - «la più grande d'Europa» - che ha raggiunto «livelli di avanzata saturazione. «Analogo disagio» si registra negli altri 5 bacini della provincia di Roma, anche questi «prossimi» al riempimento definitivo.
E ancora: una raccolta rifiuti che nel Lazio è dominata da «un oligopolio che non favorisce la concorrenza» e che «incide sui prezzi».
La strategia di impiegare i termovalorizzatori, inoltre, «non rappresenta lo soluzione migliore».
Questo perché, in sintesi, tra raccolta e smaltimento occorre più energia di quella prodotta dalla trattazione della spazzatura.
Non bastasse: «il 30 per cento di quanto viene bruciato resta cenere, con evidenti ricadute negative sia sul piano igienico che sanitario».
Nero su bianco, è quello che scrivono i carabinieri del comando proinciale di Roma in un rapporto inviato il 18 maggio alla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti presieduta dal deputato Gaetano Pecorella.
Il dossier, arrivato assieme a quelli della Guardia di Finanza e della Questura, finirà nella relazione sul Lazio che entro luglio sarà ultimata da Candido De Angelis e Antonio Rugghia, rispettivamente senatori del Pdl e del Pd.
Dalle audizioni di prefetti, questori e magistrati sta emergendo uno scenario sconcertante di truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. E adesso c'è anche questa relazione dei carabinieri che lancia l'allarme sulle discariche romane prossime alla saturazione. Con il rischio che presto l'immondizia resti a marcire per strada come a Napoli.
La disamina tracciata dagli esperti ambientali dell'Arma è impietosa.
Nel Lazio la gestione dell'immondizia è «commissariata a fasi alterne dal 1999». Però non è «mai stata data concreta attuazione alla direttiva Ue» che prevede la riduzione e il recupero dei rifiuti quale scelta prioritaria rispetto allo smaltimento in discarica e all'incenerimento». Cioè i sistemi che restano indigesti al verde e all'atmosfera.
In sostanza non si fa la differenziata e per questo «nella Capitale e nella Regione l'86 per cento del monte rifiuti» finisce nei bacini di raccolta a cielo aperto. Spazzatura «tal quale» - cioè quella buttata nei secchioni - che non diventa cdr, il combustibile da rifiuto «ridotto e trattato» che dovrebbe alimentare in modo esclusivo i termovalorizzatori su cui ha scommesso la Regione.
Sono i due impianti a Colleferro, quello di San Vittore, il gassificatore inaugurato a Malagrotta un anno fa e il quinto impianto in «predicato di realizzazione - scrivono i carabinieri - a Cecchina», vicino Albano.
Ma proprio a Colleferro le indagini del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno rivelato come nell'inceneritore siano stati bruciati copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche senza alcun controllo sulle esalazioni finite nell'aria.
Non solo. In altre audizioni gli investigatori hanno riferito di «sistematica» trasformazione, avvenuta con certificazioni false, di normale spazzatura nell'ecocombustibile destinato ai termovalorizzatori il cui costosissimo trattamento è premiato con soldi pubblici.
Proprio il business privilegiato dall’oligopolio.
Se nel Lazio sparisce il cdr, presunto o reale, «viene meno il meccanismo» dietro al quale si celano «cartelli, intermediari, guadagni», ha chiarito un ufficiale del Noe alla commissione.
«Ma il tutto comporta un costo enorme per i cittadini».
«Non c'è concorrenza, i cittadini pagano un prezzo salato»Corriere della Sera Roma di sabato 5 giugno 2010
di Fulloni Alessandro
Una discarica, quella di Malagrotta - «la più grande d'Europa» - che ha raggiunto «livelli di avanzata saturazione. «Analogo disagio» si registra negli altri 5 bacini della provincia di Roma, anche questi «prossimi» al riempimento definitivo.
E ancora: una raccolta rifiuti che nel Lazio è dominata da «un oligopolio che non favorisce la concorrenza» e che «incide sui prezzi».
La strategia di impiegare i termovalorizzatori, inoltre, «non rappresenta lo soluzione migliore».
Questo perché, in sintesi, tra raccolta e smaltimento occorre più energia di quella prodotta dalla trattazione della spazzatura.
Non bastasse: «il 30 per cento di quanto viene bruciato resta cenere, con evidenti ricadute negative sia sul piano igienico che sanitario».
Nero su bianco, è quello che scrivono i carabinieri del comando proinciale di Roma in un rapporto inviato il 18 maggio alla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti presieduta dal deputato Gaetano Pecorella.
Il dossier, arrivato assieme a quelli della Guardia di Finanza e della Questura, finirà nella relazione sul Lazio che entro luglio sarà ultimata da Candido De Angelis e Antonio Rugghia, rispettivamente senatori del Pdl e del Pd.
Dalle audizioni di prefetti, questori e magistrati sta emergendo uno scenario sconcertante di truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. E adesso c'è anche questa relazione dei carabinieri che lancia l'allarme sulle discariche romane prossime alla saturazione. Con il rischio che presto l'immondizia resti a marcire per strada come a Napoli.
La disamina tracciata dagli esperti ambientali dell'Arma è impietosa.
Nel Lazio la gestione dell'immondizia è «commissariata a fasi alterne dal 1999». Però non è «mai stata data concreta attuazione alla direttiva Ue» che prevede la riduzione e il recupero dei rifiuti quale scelta prioritaria rispetto allo smaltimento in discarica e all'incenerimento». Cioè i sistemi che restano indigesti al verde e all'atmosfera.
In sostanza non si fa la differenziata e per questo «nella Capitale e nella Regione l'86 per cento del monte rifiuti» finisce nei bacini di raccolta a cielo aperto. Spazzatura «tal quale» - cioè quella buttata nei secchioni - che non diventa cdr, il combustibile da rifiuto «ridotto e trattato» che dovrebbe alimentare in modo esclusivo i termovalorizzatori su cui ha scommesso la Regione.
Sono i due impianti a Colleferro, quello di San Vittore, il gassificatore inaugurato a Malagrotta un anno fa e il quinto impianto in «predicato di realizzazione - scrivono i carabinieri - a Cecchina», vicino Albano.
Ma proprio a Colleferro le indagini del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno rivelato come nell'inceneritore siano stati bruciati copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche senza alcun controllo sulle esalazioni finite nell'aria.
Non solo. In altre audizioni gli investigatori hanno riferito di «sistematica» trasformazione, avvenuta con certificazioni false, di normale spazzatura nell'ecocombustibile destinato ai termovalorizzatori il cui costosissimo trattamento è premiato con soldi pubblici.
Proprio il business privilegiato dall’oligopolio.
Se nel Lazio sparisce il cdr, presunto o reale, «viene meno il meccanismo» dietro al quale si celano «cartelli, intermediari, guadagni», ha chiarito un ufficiale del Noe alla commissione.
«Ma il tutto comporta un costo enorme per i cittadini».
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