Per dare una speranza di vita ai Castelli Romani ed ai suoi cittadini dobbiamo vincere la battaglia contro l’inceneritore di Cerroni, Marrazzo e Polverini. Per farlo abbiamo bisogno del tuo aiuto, informati e non delegare, partecipa attivamente.
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L’immondizia diventa oro. Non per i cittadini, come accade in Svezia, ma per chi, in politica come fra i camorristi, lucra da anni sulla salute dei cittadini. Questo il pensiero che Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’ospedale Pascale, affida alle pagine di AgoraVox: “Si smaltiscono illegalmente gli scarti industriali del Nord mentre Napoli affoga nella spazzatura”
L’inceneritore di Napoli Est come prova generale di un genocidio.
Rifiuti tossici smaltiti come quelli che ognuno di noi produce ogni giorno in casa.
Il balletto di cifre attorno al termovalorizzatore di Acerra, che non si capisce bene cosa bruci.
Sono solo alcuni degli spunti emersi dal colloquio che AgoraVox ha intrattenuto col professor Antonio Marfella, tossicologo e oncologo del Pascale di Napoli, impegnato da anni nel denunciare lo sterminio del territorio campano. Esistono, nella nostra regione, impianti capaci di smaltire in sicurezza i rifiuti industriali?
Le discariche ci sono e sono tantissime, distribuite in tutta la Campania. Il problema è che sono tutte abusive, non censite e non dichiarate.
Si è così liberi di lavorare come meglio si crede: legalmente e, soprattutto, illegalmente. Ognuno di noi paga una quota non indifferente dei costi legati al corretto smaltimento dei rifiuti industriali. Prendiamo, come esempio, gli scarti dell’edilizia.
La Campania produce, secondo i dati dell’Ispra, non meno di 280.000 tonnellate all’anno di scarti derivati dalla lavorazione edile. Nonostante ciò non è mai stata censita una sola discarica a norma sull’intero territorio regionale per rifiuti inerti e non pericolosi come, appunto, quelli dell’edilizia. Ci spiega perché l’inceneritore non è la scelta più adatta per risolvere la crisi rifiuti? Gli inceneritori sono industrie tossiche insalubri, e si costruiscono solo se indispensabili e in zone non densamente popolate. Napoli è già dotata dell’inceneritore di Acerra, tra i più grandi d’Europa, con la capacità di accogliere, secondo i dati ufficiali, 1.700 tonnellate al giorno di rifiuti. La realtà è un’altra: non sappiamo cosa e da dove provenga quello che si brucia.
Mentre Napoli, per l’ennesima volta, veniva ricoperta dai rifiuti, nessuno ci ha spiegato perché l’immondizia non fosse portata lì. Una cosa tragica e ridicola: avere la terza capacità di incenerimento in Italia, subire comunque le tossine sprigionate dal termovalorizzatore, far guadagnare la ditta A2A di Brescia e Milano, senza neanche bruciare un solo chilo di spazzatura napoletana. C’è infatti parecchia confusione riguardo Acerra. È possibile che non si riesca a capire la quantità effettiva di rifiuti che questo termovalorizzatore brucia ogni giorno? I dati ufficiali del gestore A2A sono quelli che ho elencato prima. La questione è legata alla provenienza. Ripeto: si tratta, molto probabilmente, di immondizia non specificata e non napoletana. È interessante rilevare come un consulente della Regione, il professor Bidello dell’Università Parthenope, dichiari che Acerra brucia non più di 700 tonnellate al giorno. Per questo motivo, sempre secondo Bidello, sarebbe necessario costruire un altro inceneritore, quello di Napoli Est, da 1.000 tonnellate al giorno. Ma non sarebbe più logico spingere la Regione a raggiungere quelle 1.700 tonnellate proclamate nei dati ufficiali? Nessuno si è stupito di questo balletto di cifre e delle evidenti contraddizioni. In fondo ne va solo della salute di circa un milione di cittadini napoletani. Senza contare che il risparmio per lo stato italiano sarebbe di 4,5 miliardi, e sottolineo miliardi, di euro. Lei afferma che l’inceneritore previsto a Napoli Est corrisponde a “una esplicita volontà di genocidio” nei riguardi della popolazione napoletana. Per quale motivo? Quali rischi comporta la presenza di un termovalorizzatore nei pressi di un centro urbano? L’inceneritore a Napoli Est è una follia e una vergogna. Quando, in quella zona, ancora esistevano le centraline per il monitoraggio dell’aria, si registrarono oltre 228 sforamenti di polveri sottili nel solo anno 2008. Aggiungere anche l’incenerimento di mille tonnellate di monnezza indifferenziata, urbana e industriale, sarebbe effettivamente un genocidio concentrato nella zona con la maggior densità di abitanti per chilometro quadrato.
In che modo, dunque, poter smaltire senza rischi per la salute quei rifiuti che non sono avviabili alla raccolta differenziata? Gli impianti come quello di Vedelago, in Veneto.
O, se si vuole perseguire la strada di discariche e inceneritori, bisogna stare attenti alla quantità di rifiuti immessa.
Le discariche urbane venete, ad esempio, accolgono in media 40mila tonnellate all’anno. La sola Chiaiano, nei pressi di un centro abitato, deve sopportarne oltre 300mila. La media europea degli inceneritori non supera le 120mila tonnellate all’anno.
A Napoli non si pensa neanche a costruire un impianto che non superi le mille tonnellate al giorno. Così è più facile bruciare immondizia indifferenziata, assimilando anche rifiuti industriali per risparmiare sullo smaltimento legale, caricando tutto sulle spalle dei cittadini attraverso continui aumenti della Tarsu.
A lucrare sono sia le nostre industrie che quelle del Nord Italia, soprattutto quelle conciarie, che hanno trasformato il fiume Sarno in una discarica abusiva. Penso alle industrie di Solofra, in provincia di Avellino, dove i governanti fanno i farisei per poche tonnellate di immondizia urbana napoletana. Una vergogna. Secondo una sua nota pubblicata su Facebook, il Veneto dispone di circa 68 discariche per rifiuti speciali. Eppure, come Lei stesso sottolinea, la regione di Luca Zaia continua a sversare in Campania i propri scarti industriali. C’è una spiegazione razionale a questo paradosso? Sono dati dell’Istituto Superiore Prevenzione Ambiente. In Veneto è presente questo numero di discariche per rifiuti inerti non pericolosi, mentre in Campania zero assoluto. A dichiarare come il Veneto smaltisca fuori regione i propri rifiuti industriali sono i dati dell’Arpa.
I rifiuti industriali sono materia privata, ma le responsabilità sono anche dei funzionati pubblici campani, che non hanno mai controllato i flussi di questi pericolosissimi rifiuti tossici che da decenni convergono verso le nostre discariche urbane.
I dati epidemiologici ci sono, nessuno può negare la correlazione tra determinate patologie e i rifiuti tossici sversati in regione. Tutto per colpa di quegli stupidi camorristi che hanno avvelenato se stessi e le proprie famiglie. Ignoranza e malgoverno: un’accoppiata micidiale e mortale per la Campania. I dati sulla differenziata a Napoli non fanno ben sperare. L’Asia comunica che il riciclo, nel capoluogo, è fermo al 16 percento. Esistono responsabilità anche da parte dei semplici cittadini? Esistono, ma fa comodo a troppe persone che la situazione resti tale. Abbiamo il dovere di migliorare, a qualunque costo, la raccolta differenziata. Non solo per recuperare un’immagine di dignità, ma per smascherare questi delinquenti che lucrano sulla nostra salute. A fine giugno, Lei scrisse che una testata importante come il “Corriere del Mezzogiorno” si è schierata “in modo palesemente fondamentalista e talebano in una campagna stampa a favore dell’inceneritore a Napoli Est”. Per quale motivo? Lo chieda a loro e a chi detiene la maggioranza dei pacchetti azionari nel giornale. O crede che anche ottimi giornalisti come quelli del Corriere possano andare contro i propri padroni?
L’associazione Differenziati augura a tutti i lettori del proprio sito buone feste ed un 2012 ricco di Lotte e Vittorie popolari
leggevo su: http://www.ilcambiamento.it/ i risultati del proramma "..Monitor .." interessanti come Tutte le valutazioni degli uomini di scienza in riguardo ai danni che subisce sia l'Uomo che l'Ambiente .. in conseguente rapporto. Voglio riproporvi ub articolo di di Sara Del Bello - 19 Dicembre 2011 dal Titolo: Quali sono i problemi di carattere tossicologico ed ambientale connessi alla produzione ed allo smaltimento dei rifiuti? Venerdì 2 dicembre si è tenuto a Bologna un importante convegno nel quale sono stati resi noti i risultati del progetto Moniter, relativo ad un'attività di monitoraggio condotta, a partire dal 2007, sugli inceneritori attivi nel territorio dell'Emilia Romagna.
RispondiEliminaVenerdì 2 dicembre si è tenuto a Bologna un importante convegno nel quale sono stati resi noti i risultati del progetto Moniter, relativo ad un'attività di monitoraggio condotta, a partire dal 2007, sugli otto inceneritori attivi nel territorio dell'Emilia Romagna. L'iniziativa ha tra i suoi promotori gli assessorati Ambiente e riqualificazione urbana e Politiche per la salute della regione in questione, in collaborazione con l'ARPA (l'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente dell'Emilia-Romagna).
Lo studio nasce dall'obiettivo di esaminare e di riuscire a far fronte ai problemi di carattere tossicologico ed ambientale connessi alla produzione ed allo smaltimento dei rifiuti che negli ultimi anni si è posta come questione d'importanza centrale, alla luce di un consumismo sempre più sfrenato che inevitabilmente ne ha determinato un incremento sempre maggiore.
Moniter è dunque finalizzato ad analizzare la qualità ed il livello quantitativo di sostanze prodotte dagli inceneritori, allo scopo di valutarne i relativi effetti sull'ambiente e sulla popolazione circostanti. In particolare quest'ultima, individuata in un'area di 4 km di raggio, è stata così suddivisa: i neonati nel 2003-2006 e i residenti al 1995. Grazie ad un'attività di ricerca e di sviluppo di nuovi metodi procedurali, esso mira principalmente ad un controllo delle emissioni derivanti dall'incenerimento dei rifiuti, con particolare attenzione agli inquinanti quali “metalli pesanti, IPA, ossidi di azoto e di zolfo, ossido di carbonio, acido cloridrico, diossine e furani, idrocarburi aromatici”, nell'obiettivo di verificarne l'impatto sulla qualità dell'aria.
A tal fine risultano necessarie rilevazioni mirate e specifiche che tengano conto del livello di esposizione da parte della popolazione, oggetto d'indagine, all'inquinamento prodotto dagli inceneritori, partendo in primo luogo dall'analisi dei cosiddetti indicatori di effetto a breve termine - come i ricoveri in ospedale - e di quelli a lungo termine, quali ad esempio la mortalità e l'incidenza tumorale. Nelle conclusioni, lo studio ha evidenziato la necessità di fornire un'interpretazione cauta dei risultati raggiunti dal momento che “gli end point considerati”, ovvero mortalità per causa ed incidenza tumorale “escludono malattie meno letali... la cui epidemiologia”, nelle popolazioni prese in considerazione, non è stata oggetto di studi altrettanto approfonditi.
Inoltre, poiché gli effetti di carattere sanitario degli inceneritori analizzati risultano essere contenuti ma non nulli, si raccomanda soprattutto di ridurre il più possibile il quantitativo di rifiuti da destinare all'incenerimento e si invita all'attuazione di misure di ammodernamento degli impianti attualmente esistenti, in linea con quelli al giorno d'oggi più avanzati. Si chiede, infine, di adottare un atteggiamento di cautela e precauzione circa la possibilità di dar vita ad ulteriori impianti dato che “la mancata dimostrazione di effetti a lungo termine non significa dimostrazione di rischio zero”.
RispondiEliminaA fronte di tali risultati, le sezioni di Bologna, Ferrara, Forlì, Parma e Piacenza dell'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (ISDE Italia) hanno sottolineato alcuni aspetti di fondamentale importanza. In particolare, si è posto l'accento sull'aumento dei tumori - al polmone negli uomini, al colon, ovaio ed endometrio nelle donne e dei linfomi non Hodgkin in ambedue i sessi - rilevato nella coorte di Modena maggiormente analizzata. È stato inoltre messo in luce il crescente andamento “della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione”, nonché dei rischi di “piccoli per età gestazionale” e “di nascite pretermine”.
L'équipe dell'ISDE ha peraltro evidenziato come lo studio Moniter si sia limitato ad analizzare la presenza di diossine presenti nel particolato aereo e non anche in altre matrici viventi dove esse tendono ad accumularsi.
Secondo quanto afferma lo stesso ISDE Italia, facendo riferimento ad importanti studi condotti tanto in Europa quanto negli stati Uniti, esiste una diretta connessione tra l'immissione di sostanze inquinanti nell'atmosfera ed il cancro al polmone. Dal momento che le sostanze prodotte dagli inceneritori costituiscono alcuni tra i più importanti fattori che determinano la qualità dell'aria che respiriamo, intervenire su questo aspetto appare oggi una necessità fondamentale. Ridurre il livello di rifiuti prodotti, favorirne la raccolta differenziata e dunque il riciclo, laddove possibile, rappresentano un obiettivo irrinunciabile se si vuole realmente tutelare la salute di ognuno di noi.
Sempre l'ISDE sottolinea un altro aspetto da non sottovalutare evidenziando come “i decessi che si misurano o si stimano come effetto dell’inquinamento atmosferico” rappresentino “un effetto netto di una mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli di inquinamento fossero stati inferiori”. Ignorare tutto questo significherebbe chiudere gli occhi di fronte ad una realtà che ci riguarda tutti, ogni giorno sempre più da vicino.
Sempre su www.ilcambiamento.it/ si legge:
RispondiEliminaEsercito ed inceneritori, la 'ricetta Clini' per i rifiuti di Napoli
Un nuovo inceneritore e l'intervento dell'esercito. È questa la ricetta di Corrado Clini per risolvere l'eterna emergenza rifiuti di Napoli, in barba alla strategia rifiuti zero da poco varata dalla giunta De Magistris. Il nuovo ministro dell'Ambiente sembra divertirsi nel far oscillare i giudizi sul proprio conto, con sortite spesso antitetiche. Nei giorni della nomina si era fatto dare addosso per le sue posizioni sul nucleare; giusto due giorni fa si era fatto apprezzare per le misure su dissesti idrogeologici e trasporto sostenibile; oggi, di nuovo, una sua sortita torna a far discutere.
Ma andiamo più nel dettaglio, partendo dalla questione inceneritori. Giorni addietro Clini aveva ventilato l'ipotesi di un nuovo inceneritore nella città partenopea per risolvere definitivamente, a suo dire, l'annosa questione dei rifiuti. Si tratterebbe, secondo il ministro, di “soluzioni già adottate in altre regioni senza effetti negativi per la salute – così ha dichiarato - quindi non si vede perché si possano attuare, ad esempio, in Emilia Romagna e non in Campania”.
De Magistris, che il 3 ottobre scorso, alla presenza di Paul Connett, ha aderito alla strategia Zero Waste (rifiuti zero), si è fin da subito opposto. “È possibile risolvere il problema dei rifiuti senza dovere realizzare mega discariche o inceneritori, invito il neo ministro a venire a Napoli e vedere come facciamo noi”. Nei giorni scorsi, sempre il sindaco aveva commentato l'attuale situazione di Napoli parlando di “miracolo laico”: “siamo passati dalle 2500 tonnellate di rifiuti in strada a giugno alle zero tonnellate di oggi, anche se non siamo entusiasti perché c'è ancora tanto da fare”.
Poi, in una coincidenza sospetta - complice anche uno sciopero nazionale - i rifiuti sono ricomparsi per le strade. Assieme a tafferugli e rivolte, con i cassonetti dei quartieri spagnoli che sono stati rovesciati per protesta. E Clini ha colto la palla al balzo ber controbattere al sindaco e ribadire che l'inceneritore è quantomai necessario. “Dobbiamo lavorare in modo tale da affrontare senza pregiudizi e visioni ideologiche, questioni che sono molto pratiche” ha dichiarato a Uno Mattina. “Spero che con il buonsenso e con un approccio sereno alla tecnologia si possa lavorare bene”.
Ma l'offensiva del ministro sui rifiuti non è finita qui. Oltre all'inceneritore, Clini ha parlato persino di far intervenire l'esercito. “Non escludo il contributo delle forze dell'ordine e dell'esercito qualora si verifichino situazioni eccezionali e non negoziabili come a Napoli”, ha detto sempre a Uno Mattina.
Insomma, il metodo Clini per risolvere la questione rifiuti a Napoli sembra essere il solito vecchio metodo adottato anche dal precedente esecutivo. Le istanze di cambiamento proposte dalla giunta De Magistris, che mira a raggiungere la raccolta differenziata totale ed i rifiuti zero entro il 2020, rischiano così di naufragare a causa delle iniziative del governo nazionale. L'ultima parola, ad ogni modo è stata del primo cittadino, che ci ha tenuto a precisare “sarà difficile fare l'inceneritore senza il consenso del sindaco”.
A.D.
ed è addirittura di settembre la richiesta di "Federambiente .. pubblicata sul medesimo sito .. che riporta:
RispondiEliminal’associazione che riunisce le aziende del settore rifiuti, chiede che il Parlamento preveda nuovi aiuti pubblici all’incenerimento di rifiuti. A denunciare la “clamorosa mossa anti-europea” è il Movimento 5 Stelle entrato in possesso del documento che sta girando tra gli esperti del settore per la sua redazione finale.
Federambiente sottolinea che senza incentivi pubblici agli inceneritori, “la situazione degli investimenti è in stagnazione, pochi termovalorizzatori sono stati costruiti negli ultimi cinque anni e praticamente nessun nuovo impianto è stato programmato”.
La richiesta dell'associazione potrebbe comportare in sostanza un ritorno a quell'anomalia tutta italiana dei CIP6. Dal 2001 infatti i cittadini di tutta Italia hanno destinato una parte delle loro bollette elettriche ai cosiddetti Cip6, inventati per finanziare energie verdi ma poi destinati al finanziamento occulto degli inceneritori
Tra il 2007 e il 2008 la normativa sugli incentivi all’incenerimento dei rifiuti attraverso i cosiddetti “Cip6” e i “Cerificati verdi” è stata rivista in considerazione delle indicazioni dell’Unione Europea che già aveva aperto procedimenti d’infrazione contro l’Italia. Nel rispetto delle norme Ue del Trattato di costituzione dell’Ue in tema di libera concorrenza, erano stati dunque banditi gli aiuti economici alla combustione della parte non biodegradabile dei rifiuti.
Da qui dunque la richiesta di Federambiente che parla di “investimenti di cui il paese ha drammaticamente bisogno” riferendosi agli inceneritori. L'associazione propone inoltre di vanificare, di fatto, la contrarietà di Comuni e Province alla realizzazione di nuovi impianti per l'incenerimento. Nel documento si legge infatti: “Non esiste ad oggi alcuna credibile ‘sanzione’ per le amministrazioni che, pure a fronte della legittimità delle richieste di autorizzazione e della bontà dei progetti, rallentano o bloccano il processo autorizzativo per un malinteso e spesso ingiustificato senso del diniego precostituito a qualunque iniziativa che possa suscitare opposizione sul territorio”.
Questa dunque la proposta dell'associazione: “Se una Provincia non rilascia l’autorizzazione o non fornisce un diniego motivato entro i tempi stabiliti, le subentra la Regione; se entro tempi prestabiliti il processo non è ancora concluso, i poteri degli enti locali sono surrogati dall’amministrazione centrale dello Stato”.
Ciò che appare intollerabile è il fatto che Federambiente sostenga l'assoluta necessarietà degli inceneritori piuttosto che incentivare modelli sostenibili di gestione dei rifiuti (i centri di riciclo sul 'modello Vedelago' e la strategia Rifiuti zero rappresentano validi esempi in questo senso) che potrebbero rendere inutile l'esistenza di impianti costosi e altamente inquinanti.
A.P.