La
conferenza dei Sindaci dell’Ato (provincia di Roma) ha approvato
martedì scorso la delibera sulla modifica della tariffa dopo il
referendum del 12 e 13 giugno. Paradossalmente, di fronte ad un impegno
solo formale di eliminare la remunerazione del capitale investito, l’Ato ha riconosciuto alla multinazionale Acea più di un miliardo di euro di profitti
per i prossimi anni di gestione ed uno scandaloso aumento delle
bollette per tutti i cittadini della provincia di Roma. Non solo. Il
voto è avvenuto quando nella sala erano presenti meno di una ventina di
rappresentanti dei 112 comuni della provincia, violando, almeno
politicamente, il principio del numero legale. Subito dopo il voto i
rappresentanti di alcuni comuni - tra i quali Genzano e Velletri -
hanno chiesto all’assessore Michele Civita di verificare il numero
legale. La risposta fornita è stata sorprendente: basta che sia presente Roma perché il voto sia valido. Occorre ricordare che il rappresentante del Comune di Roma è titolare del 51% delle azioni di Acea, trovandosi, così, nell’imbarazzante posizione di controllore e controllato.
Dietro
l’annuncio della Provincia - che aveva comunicato di voler recepire il
risultato del referendum - si cela in realtà una sorta di bluff, che
garantirà ad Acea non solo la salvaguardia degli utili milionari, ma
anche un aumento della tariffa dell’acqua.
Secondo
la delibera votata l’azzeramento della “remunerazione del capitale
investito” riguarderà solo gli investimenti decisi dopo il referendum di
giugno. In teoria sembra una decisione di buon senso, ma, come è noto,
il diavolo si nasconde nei dettagli. Nel pacchetto degli “investimenti”
già fatti c’è poco meno di un miliardo di euro di capitalizzazione
iniziale di Acea. Un valore che venne stabilito prima della firma della
convenzione, avvenuta nel 2002, che comprende un teorico valore di
mercato del settore acqua della multinazionale romana. Ebbene quella
cifra verrà integralmente riportata anno dopo anno, sommandosi agli
investimenti deliberati prima del giugno 2011, generando un sette per
cento di utile - ovvero proprio quella remunerazione del capitale che il
referendum ha abrogato - altissimo, che corrisponde a circa il 18%
della bolletta dell’acqua. Questa cifra non viene neanche sfiorata dalla
proposta di delibera, che sostanzialmente non cambia nulla rispetto
alla tariffa del sistema idrico integrato. Altro che accoglimento del
risultato dei referendum… Questa manovra garantirà ad Acea circa 1,32
miliardi di euro di remunerazione del capitale fino al 2024.
Si
tratta, dunque, di un’operazione di marketing, una sorta di cipria che
si vuole spacciare ai sindaci come una decisione rivoluzionaria.
Dobbiamo
in ogni caso accogliere positivamente l’avvio del coordinamento
politico tra i sindaci dell’Ato 2, promosso dal sindaco di Genzano, che
sta cercando di rompere quello strano triumvirato, composto da Acea, la
provincia e il comune di Roma. In un momento delicato come questo,
quando la giunta Alemanno si prepara all’ulteriore cessione di quote di
Acea, l’opposizione dei comitati e delle amministrazioni comunali più
sensibili è un presidio democratico essenziale per la difesa dei beni
comuni.
A
riguardo riteniamo che la richiesta d'incontro con il Sindaco Alemanno
avanzata dal Presidente Zingaretti congiuntamente a tutti i sindaci
dell'ATO2 Lazio centrale debba avere come obiettivo quello di far
revocare all'amministrazione capitolina la scelta scellerata di vendita
del 21% delle proprie quote in discussione nei prossimi giorni in
consiglio comunale.
Vogliamo
infine esprimere la nostra solidarietà all’assessore ai beni comuni di
Velletri Sergio Andreozzi, pesantemente insultato - alla fine della
conferenza - da un dirigente di Acea. Il rappresentante del comune di
Velletri era stato probabilmente ritenuto “colpevole” di “lesa maestà”
per aver chiesto la verifica del numero legale. Anche per questo si
scrive acqua e si legge democrazia.
Coordinamento comitati acqua pubblica Castelli romani
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