Le cariche contro i manifestanti ad Albano, in piazza contro l'inceneritore e la discarica, mostrano il volto di un sistema che blinda la partecipazione democratica e criminalizza la richiesta di democrazia che viene dal basso
La crisi e le politiche di austerity oltre a impoverire e ad abbassare la qualità della vita, stanno assumendo un altro risvolto: il commissariamento di ogni istanza democratica, oltretutto se basata sulla partecipazione diretta. Per cui rientra nella normalità far commissariare alcuni stati, vedi la Grecia, oppure militarizzare territori come la Val Susa.
La crisi di un'economia basata solo sul profitto svuota ogni strumento democratico disponibile a singoli, organizzazioni, associazioni per far valere le proprie ragioni. Le vertenze ambientali ne sono un esempio. Dal 21 Luglio 2011, data in cui si è ufficializzata la vittoria referendaria contro la gestione privatistica dell’acqua e per la ripubblicizzazione dei servizi locali, i consigli di amministrazione delle varie Spa violano continuamente quella che è ormai legge dello Stato. Sulle vertenze riguardanti impianti devastanti come discariche, inceneritori, turbogas ogni volta che il Tar ne blocca la realizzazione, scatta la macchina perversa del Consiglio di Stato, che ribalta sentenze, addensando sempre di più il dubbio di essere strumento in mano ai poteri forti e non invece un organismo super partes a garanzia dei diritti di tutti.
Anche nella Regione Lazio per la vicenda del piano regionale dei rifiuti sta emergendo il solito copione. Il forte immobilismo delle amministrazioni locali su differenziata, isole ecologiche, servizio porta a porta, ci sta portando a una nuova emergenza. Eppure l’abbiamo imparato, con gli stati di emergenza si riescono a imporre scelte scellerate. L’abbiamo visto a L’Aquila dopo il terremoto, l’abbiamo visto in Campania, sempre per la questione rifiuti.
Sabato 14 Aprile, ad Albano, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha di fatto sbloccato il cantiere per l’inceneritore, c’è stata, nonostante tutto, una grande partecipazione popolare. Uno schieramento fatto di comitati locali - Malagrotta, Fiumicino, Cerveteri, Valle del Sacco - reti sociali, movimenti di lotta per la casa, collettivi studenteschi. Un fronte ampio in grado di esprimere con chiarezza la propria contrarietà al piano regionale dei rifiuti, oggi in mano al Ministro Clini su cui pende la scelta della nuova discarica di Roma. Tutto questo ha dato tremendamente fastidio. Così, puntuale, è scattata la repressione e la criminalizzazione. Un ingiustificato spiegamento di Polizia e Carabinieri ha provocato, come esito finale del corteo, cariche a freddo e rastrellamenti gratuiti. Il bilancio finale è stato di oltre trenta persone identificate e uno studente minorenne in stato di arresto. Solo il senso di responsabilità dei manifestanti ha evitato conseguenze ben peggiori. Il tutto si è concluso comunque con una grande assemblea popolare dei partecipanti al corteo per rilanciare le prossime mobilitazioni e per ragionare su un piano regionale dei rifiuti alternativo, partecipato e in grado di evitare lo sperpero di denaro pubblico. L’impianto di Albano infatti costerebbe 400 milioni di euro. Con gli stessi soldi quanti posti di lavoro si potrebbero creare? Forse oggi sta diventando una colpa il solo porsi le domande giuste.
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