lunedì 10 ottobre 2011
Disastri provocati dai partiti nella Gestione Rifiuti nel Lazio
(Fonte Articolo: http://notizie.radicali.it/sites/default/files/imagecache/300px/rifiuti_0.jpg) .. .. .. Ho più volte descritto i problemi strutturali che attanagliano la gestione dei rifiuti in Regione Lazio. In questi mesi la situazione si è aggravata, infatti: il piano della Polverini è fermo in commissione regionale nonostante l’Europa abbia inviato all’Italia una seconda lettera di messa in mora; Bruxelles ha riaperto una procedura di infrazione contro la discarica di Malagrotta per violazione della direttiva-quadro 1999/31/CE; il Governo ha nominato il prefetto di Roma Pecoraro per chiudere la discarica più grande d’Europa e per individuare il sito alternativo; i magistrati della Capitale hanno aperto un fascicolo per stabilire se Malagrotta abbia provocato la morte di 4 persone per neoplasie; i comitati dei cittadini si stanno mobilitando per scongiurare l’apertura di un nuovo enorme invaso e propongono come alternativa la strategia “rifiuti zero”. Le critiche del Gruppo della Lista Bonino Pannella al piano rifiuti della Polverini sono ormai note, quello che è quasi completamente ignorato, purtroppo, è del perché siamo arrivati a questa situazione così drammatica. I partiti di centro, di destra e di sinistra, ad eccezione dei Radicali, che hanno governato la Regione Lazio ed il Comune di Roma, non hanno avuto la forza e la capacità di imporre politiche virtuose. In questo articolo si vuole ripercorrere la storia degli ultimi undici anni che è fatta di promesse mancate e di una politica “capace” esclusivamente ad autorizzare volumetrie straordinarie di discariche, per l’appunto: i disastri della partitocrazia! Voglio sperare che questo articolo/resoconto possa servire – come strumento di lotta e come forma di riflessione- a quei cittadini che ogni giorno combattono contro il sistema discariche ed a favore di un ciclo dei rifiuti conforme alle direttive europee. A loro dedico la famosa frase di Leonardo Sciascia: “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”.
2000-2005 i cinque anni del centro-destra di Storace
La Giunta di centro-destra va ricordata negativamente almeno per tre motivi: l’estensione della gestione commissariale da Roma a tutto il Lazio; l’autorizzazione fuori tempo massimo per la costruzione dell’impianto di gassificazione a Malagrotta; il piano regionale dei rifiuti, che il 14/06/07 la Corte di Giustizia Europea definirà inadeguato. I decreti firmati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 19 febbraio 1999 e 15 dicembre 2000, avevano dichiarato lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella città di Roma e Provincia. Tale atto fu giustificato per l’avvio del Giubileo. Nel 2002 Storace chiese, ed ottenne, lo stato di emergenza per tutta la Regione Lazio. Durante la seduta del 9 e 10 giungo 2002 del Consiglio regionale del Lazio, alcuni consiglieri regionali dell’opposizione denunciarono proprio questo. Renzo Carella, oggi Pd, dichiarava:
[…] Partiamo da questo fatto: la Giunta Storace, la Giunta di centrodestra ha chiesto al governo lo stato di emergenza per tutta la regione Lazio, cioè, dopo 26 mesi voi avete determinato l’emergenza e chiedete poteri straordinari per affrontarla. Vedremo come affronterete l’emergenza […]
Lo stesso fece Giovanni Hermanin:
[…] Sull’emergenza rifiuti la Giunta regionale ha avanzato una richiesta che ha portato il Consiglio dei Ministri ad approvare una deliberazione sullo stato di emergenza nelle Province del Lazio, che si sono andate ad aggiungere alla Provincia di Roma. Nel Piano si fa riferimento esplicito ad una gestione emergenziale. Noi non siamo d’accordo. […]
Peccato che quando il centro-sinistra nel 2005 vinse le elezioni, usufruì del commissariamento per altri tre anni… I poteri speciali sono serviti quasi esclusivamente per la costruzione di nuovi gassificatori e per l’autorizzazione di altre volumetrie per le discariche. Questo strumento straordinario non ha prodotto un piano regionale dei rifiuti conforme alle direttive europee e non ha portato nessun salto consistente in percentuale di raccolta differenziata. Vanessa Ranieri, Presidente del WWF Lazio, il 22/06/2010 davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, dichiarava:
[…] Tale meccanismo è stato favorito dal sistema del commissariamento, nato per l’avvio del Giubileo nella nostra regione, perché si aveva la sensibilità che un avvento talmente elevato di pellegrini potesse portare la nostra regione in una fase emergenziale. Purtroppo, però, in questi nove anni non si è attuata una politica che, parallelamente allo stato emergenziale, portasse una regola certa nella gestione dei rifiuti e soprattutto un ciclo virtuoso verso rifiuti zero. Si è, pertanto, lasciata in emergenza e in una situazione di monopolio la maggior parte delle regioni. […]
Anche il presidente della Provincia di Latina, sentito dalla Commissione bicamerale, ha espresso forti critiche al commissariamento:
[…] Segnalo che tutti gli atti assunti dai commissari, compreso l’ultimo, non hanno alcun rispetto delle direttive comunitarie, nel senso che si sarebbero potuti attivare alcuni impianti magari bandendo alcune gare. Essere commissariati non significa non rispettare le procedure, come è noto; anche un commissario deve comunque tenere gare per realizzare gli impianti di compostaggio o altro. Vengono, invece, rilasciate alcune autorizzazioni agli stessi soggetti titolari delle discariche, evidentemente violando il principio della concorrenza, il che potrebbe essere solo un fatto di natura tecnico giuridica, ma anche, limitando la concorrenza, monopolizzando il mercato. […]
Nelle sedute del 9 e 10 giugno 2002, Marco Verzaschi, sub-commissario per l’emergenza
rifiuti nel Lazio, in consiglio regionale espone agli eletti il Piano del centro-destra.:
[…] I principi sono i seguenti: la previsione di interventi tesi a favorire la riduzione a monte della produzione dei rifiuti, l’attivazione di un sistema efficace di raccolta differenziata da avviare all’effettivo recupero, la minimizzazione dei costi e degli impianti connessi con le soluzioni tecnologiche di recupero, smaltimento e localizzazione individuate dal Piano, la massima valorizzazione del sistema impiantistico esistente a livello regionale, l’autosufficienza del bacino regionale, la massimizzazione dei recuperi, compreso quello energetico, l’uso residuale della discarica nel sistema integrato regionale di smaltimento ed il coinvolgimento dei cittadini attraverso una campagna di sensibilizzazione. […]
Riduzione degli imballaggi:
[…] Per ottenere una riduzione della quantità dei rifiuti prodotti bisogna puntare, innanzitutto, sulla riduzione degli imballaggi, a partire da una globale assunzione di responsabilità da parte del sistema industriale, che deve impegnarsi per promuovere il riutilizzo e favorire il riciclo dei materiali da imballaggio e anche sulla adozione di meccanismi fiscali e tariffari, come la cauzione, che incentivino il riutilizzo degli imballaggi. […]
Obbligo di prodotti riciclati in uffici pubblici:
[…]Tra le misure che prevediamo di adottare vi è l’obbligo di impiego di prodotti riciclati all’interno degli uffici pubblici, come è specificato nel Piano, la dismissione di prodotti usa e getta nelle mense, l’obbligo di raccolta differenziata nelle mense e negli uffici pubblici – in merito a questo, giovedì, il collega Celori presenterà in Commissione[…]
Divieto di conferire in discarica tali materiali:
[…] e divieti specifici di conferimento in discarica di particolari tipologie di rifiuti – anche questo è previsto nel Piano – e questi rifiuti sono: rifiuto verde che, come sappiamo, può produrre compost, quindi, può essere utilizzato nell’agricoltura ed in altri campi; materiali riciclabili omogenei; gli imballi secondari e terziari non differenziati; il divieto di conferimento indifferenziato al servizio di raccolta di beni durevoli di specifici rifiuti; il divieto di utilizzo nel trasporto di prodotti di cassette in legno o in plastica a perdere; la promozione di politica di auto compostaggio e di valorizzazione del compost. […]
Obiettivo minimo 35% di raccolta differenziata entro il 2003:
[…] La raccolta differenziata, che è uno degli obiettivi principali che si deve avviare, dovrà garantire degli obiettivi immediati: il primo è recuperare una buona parte dei materiali riciclabili; il secondo è organizzare in modo più adeguato tutta la raccolta di rifiuti, pensando ad una tipologia di raccolta integrata; il terzo è raggiungere con rapidità gli obiettivi di intercettazione prefissati, ossia il 35 per cento alla data del 2003, come stabilito dal Decreto Ronchi come obiettivo minimo. […]
Gli obiettivi in percentuali di raccolta differenziata di questo piano:
[…] In relazione a questi scenari, la raccolta differenziata dovrà essere, a consuntivo del 2002, pari al 20 per cento, a consuntivo del 2003 pari al 35 per cento, nella fase di regime 2006 arrivare a superare la cifra del 35 per cento. […]
Sportello ecologico per gli impianti di termovalorizzazione:
[…] Abbiamo anche considerato la possibilità fondamentale di un confronto e di un confronto con i cittadini e, quindi, la necessità di attivare in maniera obbligatoria uno sportello ecologico per ogni impianto di trattamento termico, che sarà gestito da un calcolatore in grado di supportare l’aggiornamento dei dati di analisi, nonché di una serie di pagine grafiche per la visualizzazione, in tempo reale, dei parametri sotto osservazione. […]
Video terminali nelle istituzioni per controllare emissioni:
[…] I videoterminali del predetto sistema saranno installati presso la sede del comune territorialmente competente, la sede della provincia competente e la sede dell’autorità preposta al controllo che stiamo verificando essere – anche attraverso gli emendamenti presentati dall’opposizione – l’Agenzia regionale della protezione ambientale, ma soprattutto presso la Regione Lazio, perché vogliamo, anche copiando in maniera positiva alcune esperienze che abbiamo visto all’estero, realizzare una centrale operativa regionale, dove si possa controllare il funzionamento di tutti gli impianti, ventiquattro ore su ventiquattro e si possa immediatamente ed automaticamente intervenire in caso di superamento dei limiti e di certe situazioni che non sono in linea con la legge. […]
Lo smaltimento in discarica sarà residuale:
[…] Quindi, il Piano di gestione assume lo smaltimento in discarica come un sistema residuale rispetto alle altre forme di recupero e valorizzazione dei rifiuti. […]
Superamento delle discariche:
[…] Il superamento della discarica quale forma di smaltimento dei rifiuti è un obiettivo strategico di questo Piano e, soprattutto, è un atto – credo non ci sia motivo di discussione – di difesa e salvaguardia del territorio stesso. […]
Le percentuali di trattamento e smaltimento:
[…] La gestione dei flussi di rifiuti urbani, prefigurata dal Piano, risulta estremamente equilibrata. Infatti, considerata 100 la produzione dei rifiuti si ottengono comunque le seguenti motilità di trattamento/smaltimento: raccolta differenziata 35 per cento; frazione organica agli impieghi alternativi 26 per cento; recupero dei metalli 2 per cento; discarica 5 per cento e recupero energetico – attraverso i famosi termo valorizzatori – il 32 per cento, quindi un terzo dei rifiuti prodotti dalla nostra Regione. […]
Un bel discorso quello del sub-commissario Verzaschi, ma purtroppo tutto quello che disse quel giorno rimase miseramente sulla carta. Dal 2000 al 2005 nel Lazio non si sono ridotti gli imballaggi, non si è introdotto l’obbligo di prodotti riciclati per gli uffici pubblici, si è continuato a conferire in discarica anche il compost, non si è raggiunta la quota minima del 35% di raccolta differenziata, non si sono visti gli sportelli ecologici per gli impianti di termovalorizzazione, non esistono i video terminali pubblici che controllano le emissioni degli impianti e, cosa più grave, si è continuato a buttare più dell’85% dell’RSU in discarica. Non una cosa promessa è stata realizzata, un vero e proprio disastro! A completare questo bilancio già ampiamente negativo, la Corte di Giustizia Europea il 14/06/07 boccia senza appello il piano dei rifiuti della giunta Storace. La sentenza ha condannato l’Italia per violazione della direttiva 75/442/CEE, art.7 n.1 quarto trattino, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. È stata, infatti, ritenuta fondata la censura della Commissione in merito alla mancata elaborazione del piano di gestione dei rifiuti della Regione Lazio, essendosi ritenuto che il piano approvato – quello del centro-destra – “non ha un grado di precisione sufficiente per assicurare la piena efficacia della direttiva 75/442” e non consente di “individuare i luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, in particolare per quanto riguarda i rifiuti pericolosi”. Alla fine del 2005 la raccolta differenziata nel Lazio si ferma ad un misero 10.4% (dati ISPRA 2008), contro il 42.5% della Lombardia ed il 47.7% del Veneto. Questi dati da soli confermano il fallimento delle politiche sui rifiuti del centro-destra di Francesco Storace, lo stesso Presidente della Regione che durante la campagna elettorale del 2000 promise agli elettori di San Vittore di non voler costruire lì un termovalorizzatore, mentre a quelli di Guidonia prometteva di chiudere la discarica dell’Inviolata. Promesse che, naturalmente, non furono mai mantenute. Il sub-commissario Verzaschi, durante il discorso del 9 giugno 2002, provò a dare una sua personale giustificazione al commissariamento citando Malagrotta:
[…] Qui ho un lungo elenco di quello che abbiamo fatto, però una cosa vorrei citare, una cosa: noi siamo riusciti a sistemare e ad autorizzare definitivamente la discarica di Malagrotta, solo questo giustifica l’elemento commissariale. Malagrotta esisteva da 25 anni e sappiamo tutti bene in quale situazione amministrativa era e, soprattutto, sappiamo che attenzione da parte della Procura della Repubblica c’era su quella vicenda […]
Peccato che a smentirlo ci pensò la stessa Procura della Repubblica che continuò ad occuparsi della discarica più grande d’Europa. Ancora oggi non si comprende perché un’autorizzazione debba essere rilasciata in regime speciale e non possa invece essere firmata in regime ordinario…forse qualcuno ha paura del confronto, o ha la convinzione che certi permessi sia possibile sottoscriverli solo in una situazione di presunta emergenza? Agitando la paura dei rifiuti per strada, del cosiddetto rischio Napoli, si possono “giustificare” parecchie deroghe e proroghe a leggi nazionali, regionali e direttive europee. Tutto questo mentre la politica dei partiti è ferma e pensa solo ai propri tornaconti personali. In questa storia le promesse non mantenute sono all’ordine del giorno. Come abbiamo già visto, ancora oggi – maggio 2011 – i rifiuti conferiti a Malagrotta sono per la stragrande maggioranza non trattati e la discarica è ancora lì, nonostante l’Avv. Cerroni il 28/09/2004 davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti dichiarasse:
[…]Per quanto riguarda la chiusura di Malagrotta nel 2005, non so se questa data si riferisca al fatto che nel 2005 non potranno più essere collocati in discarica i rifiuti tal quali ed è in funzione di questa prospettiva che la regione Lazio, già tra la fine del 1998 e il 1999, ha autorizzato la realizzazione di quattro impianti, due a Malagrotta, il terzo a Rocca Cengia e il quarto al Salario, due realizzati e gestiti dal COLARI e due dall’AMA. In cosa consiste questo appuntamento? Nel lavorare i rifiuti e trasferire in discarica solo i residui di lavorazione. È quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo. Io credo che nel 2005 Roma sarà pronta a trattare con i suoi impianti i rifiuti indifferenziati che la città produce; […]
[…]Per quanto riguarda Malagrotta, io credo che attraverso la procedura di adeguamento che si sta realizzando – tenendo comunque presente che gli impianti dovranno entrare in esercizio per cui, se non si trova altra strada, il CDR che si produce dovrà essere smaltito in quel di Malagrotta – possono esserci ancora circa tre anni di capacità […]
In questa storia, oltre alle promesse non mantenute, va sottolineato come negli ultimi dieci anni ci sia stato uno scambio di ruoli tra il centro-destra ed il centro-sinistra: la giunta Storace fu accusata dall’allora opposizione di centro-sinistra di prevedere percentuali di raccolta differenziata raggiungibili solo attraverso miracoli, mentre vedremo successivamente che le stesse accuse verranno mosse, in modo equipollente, dal centro-destra quando a governare salirà Piero Marrazzo. Salvatore Bonadonna, consigliere regionale di Rifondazione comunista, nella seduta del 10 giugno 2002 diceva
[…] Nel Piano, precisamente nelle tabelle che seguono, sono riportati i dati di dettaglio relativi agli scenari previsti come obiettivi minimi da conseguire nei periodi indicati. Nel periodo 2001–2002, a consuntivo del 2002, quindi a consuntivo di quest’anno, ossia tra cinque mesi, la raccolta differenziata nel Lazio dovrebbe attestarsi al 20 per cento. Tutti noi sappiamo che la raccolta differenziata è calcolata attualmente al 4,7 per cento in tutta la Regione. Io capisco che il centrodestra sa fare miracoli, se poi chiama in ausilio il Presidente Berlusconi i miracoli li moltiplica, visto che è unto dal Signore, però mi pare davvero difficile poter compiere un salto di quota che dal 4,7 per cento di raccolta differenziata, data da un 7,6 per cento registrato nel Comune di Roma e da percentuali da prefisso telefonico nelle altre Province, si possa passare in cinque mesi al 20 per cento. Se lo fate, sono pronto a riconoscere che siete capaci di compiere miracoli meglio e più di Padre Pio. Purtroppo penso che questo non sia possibile, quindi io ritengo che questo dato inserito nel Piano sia un falso. […]
Anche il consigliere Enrico Luciani sottolineò le stesse perplessità:
[…] Nel Piano si dice che bisogna incentivare la raccolta differenza, tant’è che si dice che entro il 2002, quasi con una bacchetta magica, si passi al 25 per cento ed entro il 2003 al 35 per cento. Siamo di fronte ad una operazione di magia, visto che i livelli di raccolta differenziata ad oggi sono estremamente bassi, quasi da prefisso telefonico. Allora, non comprendiamo bene quali azioni saranno attuate, affinché questi obiettivi vengano raggiunti. […]
La giunta Storace viene ricordata dai tanti cittadini che auspicano un ciclo dei rifiuti virtuoso per due ordinanze firmate a ridosso delle elezioni regionali del 2005 dall’allora sub-commissario Verzaschi. I Radicali hanno sempre denunciato il fatto che le peggiori “porcate” la partitocrazia le fa di notte, sotto le elezioni o in estate. E’ una tecnica ormai collaudata da vero e proprio regime antidemocratico. La stessa tattica è stata usata dal centro-destra laziale il 3 e 4 aprile del 2005, in occasione delle elezioni per il Presidente della Regione Lazio. Qualche giorno prima del voto, precisamente il 25 marzo, il sub-commissario Verzaschi firmò due documenti importantissimi che, come vedremo, non saranno annullati dal neoeletto Marrazzo e che permetteranno all’avvocato Cerroni di continuare a imperversare nella palude partitocratica dei rifiuti. Le ordinanze firmate da Verzaschi sono: la n.14 per l’allargamento di fatto dell’immensa discarica in direzione dell’abitato di Massimina (che con un po’ di sarcasmo venne chiamata “Piano per il ripristino ambientale dell’area denominata Testa di Cane”) e la n.16 per la costruzione del gassificatore per la produzione di energia elettrica da CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti).
La questione delle scorie del gassificatore è ancora oggi avvolta da un mistero, su questo argomento nel 2011 è stata presentata una interrogazione dei consiglieri regionali della Lista Bonino Pannella, Rossodivita e Berardo, a cui non è stata data ancora una risposta. L’ordinanza n.14 prevede che tali scorie siano conferite all’interno della zona “Testa di Cane”, al di fuori del polder e a ridosso dell’abitato. Il testo originale prevedeva che in direzione di Massimina, a due passi da un parco pubblico, dovessero essere scaricate le scorie di tutti gli inceneritori del Lazio, fortunatamente almeno questo provvedimento è stato successivamente soppresso. Ma quello che ha fatto più discutere è sicuramente l’ordinanza n.16: ossia la costruzione del gassificatore. La zona di Malagrotta è un “sito classificato a rischio d’incidente rilevante soggetto ai vincoli del D.L. 334/99 (Seveso II)” e per ogni nuovo impianto di qualsiasi tipo, che s’intendesse costruire nell’area, la popolazione deve essere consultata (Art. 23). Purtroppo nessun amministratore ha mai pensato di coinvolgere la cittadinanza. Su questa questione l’Avv. Cerroni, in un’intervista del 13 novembre 2008 di Cecilia Gentile su Repubblica, ha chiamato in causa Storace:
Avvocato, non c´è solo la mancata applicazione delle norme antincendio. C´è, soprattutto, la violazione della normativa Seveso 2, che vieta di concentrare nella stessa area impianti industriali ad alto rischio.
«E che c’entro io con Seveso 2? Erano l’allora presidente della Regione Lazio Francesco Storace e l’assessore Marco Verzaschi che dovevano valutare, che dovevano controllare. Loro mi hanno dato l’autorizzazione: che c’entro io? E poi, guardi. Questa questione di Seveso è una stupidata grossa come una casa: si tratta solo di un serbatoio che era troppo grande e che mi hanno fatto sostituire». Dunque, Seveso 2 non la riguarda.
«No, riguarda Storace e Verzaschi. Qualcuno pagherà per questo scherzetto».
In un documento della società COLARI del 25 ottobre del 2003, avente per titolo “Progetto di intervento per la produzione di energia elettrica dal CDR prodotto negli impianti di Malagrotta 1 e 2 mediante centrale di massificazione”, sono contenute tutte le informazioni sul cosiddetto “polo energetico” di Malagrotta. Le linee produttive previste sono tre: due per il trattamento di 182.500 tonnellate annue di CDR, la terza di riserva. Ad oggi ne è stata costruita solo una, proprio grazie all’ordinanza n.16 firmata da Verzaschi, ma i problemi non sono di certo finiti qui, anzi, nei cinque anni successivi la storia del gassificatore è continuata come al solito, tra luci ed ombre, nella migliore tradizione della partitocrazia di centro, di destra e di sinistra.
Roma, 5 luglio 2002: il rapporto dei “saggi” di Veltroni
Nel 2002 una commissione formata dai più importanti esperti italiani di smaltimento dei rifiuti, nominati dall’allora sindaco della capitale, Walter Veltroni, scriveva che a Roma l’obiettivo del 45% di raccolta differenziata e riciclaggio poteva essere raggiunto entro il 2005, ma solo superando il modello dei “grandi contenitori in sede stradale” a favore del sistema “domiciliarizzato o di prossimità”. Quindi no al cassonetto multi materiale e si alla raccolta porta a porta. Il documento, rimasto sconosciuto ed inapplicato, si intitola: “Relazione di sintesi contenente la valutazione delle iniziative in grado di realizzare gli obiettivi di riduzione dello smaltimento finale e il superamento del sistema di conferimento in discarica in rapporto a soluzioni ottimali sul piano della compatibilità ambientale.” (estratto dall’ordinanza del sindaco di Roma n.81 del 19/03/02).
I componenti di quella commissione erano: prof. Walter Ganapini, prof. Renato Gavasci, Dr. Massimo Guerra, Ing. Andrea Masullo, Prof. Giorgio Nebbia, Prof. Adolfo Parmaliana, Dr.ssa Lucia Venturi e il Prof. Giuseppe Viviano. La relazione proponeva di programmare per il 2005: un recupero di energia pari al 26.4%, un recupero di materia (raccolta differenziata) del 44.8% e un conferimento in discarica del 24.3% del totale di RSU. A differenza di tanti documenti politici che sono stati presentati negli anni, questo spiegava chiaramente come raggiungere gli obiettivi prefissati.
In merito alla prevenzione e riduzione dei rifiuti il testo suggeriva iniziative all’interno dell’Amministrazione: l’acquisto di beni e servizi con marchio “Green public procurement” e di aziende esterne, stipulando accordi di programma con le distribuzioni grandi, piccole e associate, fino al coinvolgimento delle Università romane e del mondo imprenditoriale, con l’obiettivo della possibile certificazione di qualità ambientale del territorio capitolino. I “saggi” si soffermarono molto sul metodo di raccolta, ben consapevoli che questo poteva fare la differenza, infatti suggerirono di riorganizzare celermente la raccolta del differenziato verso modalità “domiciliarizzate” o di “prossimità”, superando il prevalente conferimento in grandi contenitori ubicati in sede stradale che favoriscono lo sversamento massiccio di flussi impropri di rifiuto. A testimoniare la professionalità dello studio c’è un intero paragrafo dedicato ai mezzi e alle risorse umane dell’Ama, che viene definito sufficiente a fronteggiare l’eventuale cambio di tipo di raccolta, suggerendo di affrontare l’eventuale carenza di risorse finanziarie attraverso formule di leasing integrato al global servicing, largamente sperimentate con successo nelle metropoli europee. Secondo i professori questo doveva essere accompagnato anche dal coinvolgimento del volontariato e del privato qualificato che, a loro avviso, avrebbero dovuto avere anche la funzione di informatori: un piano così ambizioso doveva essere promosso al meglio per poter trovare la cittadinanza informata e pronta a fare la propria parte. Nel testo consegnato all’allora sindaco Veltroni si faceva menzione anche al passaggio da “tassa” a “tariffa”.
Il concetto era così semplice da sembrare quasi scontato: chi più differenzia meno paga. Per sensibilizzare le persone a fare la raccolta differenziata bisogna far capire loro che questo metodo di raccolta conviene anche economicamente, solo così molti si impegneranno a farla. Uno degli ultimi passaggi del testo era dedicato alla rivisitazione dell’allocazione dei mezzi di raccolta, infatti il testo denunciava l’assoluta sproporzione tra i mezzi e i contenitori di raccolta indifferenziata e quelli che invece dovevano servire alla separazione dei rifiuti. Questa situazione, tutt’oggi presente, trasforma i cassoni in mini–discariche a cielo aperto, con effetti dirompenti sulla volontà cooperativa dei cittadini. Ai fini del miglioramento del traffico urbano, della qualità dell’aria e dell’efficienza della raccolta, il documento suggeriva, infine, il decollo a regime del progetto di valorizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti nella Capitale. La relazione dei saggi purtroppo non venne mai resa pubblica, né applicata dal sindaco Veltroni. I motivi rimangono avvolti dal mistero, anche se i più maliziosi parlano di indebite pressioni provenienti da una parte, dall’estrema sinistra che non poteva avallare il recupero energetico, dall’altra parte, dalla lobby della discarica consapevole del pericolo che poteva venire da un cambiamento del tipo di raccolta. Quando ai romani si chiede se fanno la raccolta differenziata, in tanti rispondono così: «è inutile tanto buttano tutto a Malagrotta!».
Questa convinzione è sempre più diffusa tra i cittadini della Capitale e la risposta, in effetti, ha un fondo di verità: a Malagrotta, oltre all’indifferenziato, si conferisce il combustibile derivato dai rifiuti di bassa qualità, dovuto al non perfetto funzionamento degli impianti di trattamento meccanico biologico. Inoltre si butta quella parte della raccolta differenziata (sia la parte umida sia quella secca) che, non avendo una filiera di qualità ed in assenza di impianti utili al suo trattamento, conviene portare nella discarica più grande d’Europa. Infine, sempre per quanto riguarda il riciclo, in discarica vanno a finire anche gli scarti del cassonetto multimateriale, ossia il contenitore che, a detta dei “saggi” di Veltroni, era uno dei motivi che frenavano il buon funzionamento della raccolta differenziata. Nel cassonetto blu multimateriale si conferiscono insieme vetro, plastica e metallo, solo la carta viene raccolta singolarmente e c’è il cassonetto verde per l’indifferenziata. La plastica ed il vetro hanno un peso specifico diverso, questo comporta che per poterli trasportare si devono pressare: in questo modo alla fine si ha del vetro da riciclare sporco di plastica e della plastica da riciclare sporca di vetro. Secondo alcuni gli scarti di questa operazione vanno dal 50 all’80%, secondo altri siamo intorno al 20–30%, l’unica cosa certa è che questi scarti vanno a finire tutti in discarica. Per conoscere la percentuale esatta i consiglieri della lista Bonino Pannella alla Regione Lazio, Rossodivita e Berardo, hanno interrogato l’Assessorato competente. La risposta è stata assurda: «lo chiederemo all’Ama, ad oggi non sappiamo quantificare». Imbarazzante!
Nella puntata di Report “l’Oro di Roma” del 23/11/2008, dedicata quasi esclusivamente a Malagrotta, Michele Baldi (ex capogruppo di An al Comune di Roma) dà una sua spiegazione del perché nella Capitale la raccolta differenziata non è mai decollata:
Il Consorzio CTR (consorzio trattamento rifiuti) fatto dall’allora presidente dell’Ama Mario Di Carlo, 50% Ama+ 50% COLARI (Cerroni) che poi cambia in 51% Ama+ 49% COLARI (Cerroni). L’amministratore delegato era sempre Cerroni e con il 51% di pubblico si potevano raggirare le gare pubbliche, quelle per i cassonetti e per i compattatori. Di Carlo affidava la raccolta differenziata di Roma al proprietario della discarica e furono proprio in quegli anni che si prese la decisione dei cassonetti multimateriale. Presentai un emendamento in consiglio comunale per l’incompatibilità di Cerroni nel CTR, l’emendamento passo per un soffio ma non è cambiato nulla: nel momento che si è deciso di fare un gassificatore mi sono battuto per farlo in sito pubblico a gestione pubblica, invece si è fatto in un sito provato a gestione privata.
2005–2010 i cinque anni del centro-sinistra di Marrazzo
Per le elezioni del 2005 il centro-sinistra scelse di candidare il giornalista della Rai, Piero Marrazzo. Contro parecchi pronostici vinse il duello con Francesco Storace e rimase in carica fino alla fine del 2009 quando, travolto dallo scandalo dei “trans di via Gradoli”, si trovò costretto a ritirarsi dalla politica. Durante la sua legislatura accaddero molte cose, in materia di rifiuti, la maggior parte non proprio trasparenti e atte a risolvere i gravi problemi del settore. Finito il commissariamento che durava da circa nove anni, fu stilato un nuovo piano dei rifiuti, si avallarono le ordinanze di Verzaschi e si autorizzò la costruzione di un nuovo gassificatore ad Albano. Il Lazio era stato in situazione emergenziale dichiarata dal 19 febbraio 1999 al 30 giugno del 2008, data in cui il Presidente della Regione Marrazzo, nella figura di Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio, svolse una relazione sullo “stato di attuazione delle azioni volte al superamento della fase emergenziale dichiarata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri”. Sull’utilità del commissariamento ed il reale superamento dell’emergenza ci sono ancora molti, molti dubbi. Perplessità ben evidenziate dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che il 02/03/2011 scrive:
[…]Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l’urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell’emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d’urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Infatti la formale cessazione dell’emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale. È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all’ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco–umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al tmb (trattamento meccanico biologico). […]
Il presidente Marrazzo invece, in diverse sedi istituzionali, si affannava a rivendicare il ruolo del commissario e della fine dell’emergenza. In un’audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti del 06/05/2009 dichiarò
[…] Vorrei innanzitutto sgomberare il campo da un argomento troppo spesso usato polemicamente nei confronti della regione che io guido. La regione Lazio non corre il rischio di cadere in emergenza come è avvenuto in Campania. Nel Lazio, a giugno dello scorso anno siamo usciti da una fase commissariale durata oltre dieci anni. Il piano commissariale ha scongiurato qualunque scenario emergenziale. Oggi, siamo infatti rientrati nella gestione ordinaria, una nuova fase che, grazie alla programmazione che la mia amministrazione è stata capace di mettere in atto fin dall’inizio della legislatura, ha definitivamente superato l’emergenza e ha dato una programmazione alla gestione dei rifiuti della regione. […]
Non si capisce bene né la dichiarazione dello stato di emergenza, né il suo superamento. Questo perché se il commissariamento si poteva sciaguratamente giustificare attraverso il mancato adempimento delle normative europee, la cessazione di questo non corrispondeva ad un reale cambio di rotta, infatti continuerà a mancare l’impiantistica necessaria e si protrarrà a conferire il tal quale a Malagrotta! Concetti ben ripresi dal consigliere Mario Di Carlo durante la seduta del 3 ottobre 2007:
[…] Questo varrà per il 2008, varrà per il 2009 e varrà anche per il 2010, a patto che alcune decisioni vengano prese, vengano prese oggi, anzi ieri, perché questa proroga non verrà presa da altri che non sia questo Consiglio regionale, o almeno lo deve fare il Consiglio regionale. Quindi io mi chiedo: siamo tutti d’accordo nel farlo? E’ o non è una situazione d’emergenza andare, come Regione Lazio, in difformità rispetto ad una direttiva europea che riguarda l’intera Europa, 25 Paesi? […] Se non è emergenza questa, l’emergenza qual è, solo gli incendi per strada e la gente che blocca le macchine? Oppure l’emergenza è tutto ciò che è difforme rispetto al normale funzionamento di un Paese, che sta in una comunità come quella europea? […]
Il superamento del commissariamento verrà giustificato da Marrazzo attraverso la stesura di un piano rifiuti che, è bene ricordarlo, non verrà mai approvato dal Consiglio regionale. Le parole del Presidente, nella seduta del 24 giugno 2008, riassumono questa sua convinzione:
[…]Roma ed il Lazio, lo devo sottolineare in apertura, non corrono il rischio di Napoli e della Campania, perché c’è un piano affidabile, nato da un confronto figlio di un percorso concertativo che consentirà una gestione dei rifiuti moderna, responsabile, rispettosa dell’ambiente. […]
Anche il centro-sinistra, così come nei cinque anni precedenti il centro-destra, stilerà un piano che si dimostrerà inapplicabile e largamente disatteso. Le linee guida rimarranno solo sulla carta. Durante tre sedute del Consiglio regionale – rispettivamente quelle del 13 luglio 2006, del 3 ottobre 2007 e del 24 giugno 2008 – Marrazzo illustrò in aula la strada che la sua Giunta intendeva percorrere per dare al Lazio una svolta ecologica.
Sulla riduzione dei rifiuti:
[…] Se quel piano era legato agli impianti di termovalorizzazione, noi abbiamo immaginato, quasi specularmente, di partire dall’altro corno del problema, ovverosia dalla riduzione dei rifiuti, cioè immaginare che questa Regione possa puntare – attraverso una serie di mosse e di atti di grande collaborazione, anche con i soggetti principali della produzione e della commercializzazione, tenendo conto che attori e protagonisti rimangono sempre cittadini – alla riduzione dei rifiuti. […] Cioè, quindi, fissare che in primo luogo se si parla di rifiuti si parla di difesa dell’ambiente e del diritto alla salute dei cittadini. In secondo luogo, prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti; in terzo luogo, la raccolta differenziata. […]
Sulla raccolta differenziata:
[…]“Pertanto la Regione Lazio – concludo nella lettera indirizzata al Ministro – si prefigge l’obiettivo di raggiungere in pochi anni il 50 per cento di raccolta differenziata e per questo metterà a disposizione nel periodo 2008/2010 oltre cento milioni di euro di risorse FAS”. [...] Nel periodo transitorio 2008/2011 nella Regione Lazio verranno prodotti circa 14 milioni di tonnellate di rifiuti. Una parte crescente di questi verrà recuperata attraverso la raccolta differenziata, una parte verrà avviata presso gli impianti di trattamento meccanico–biologico e la restante parte arriverà “talquale” in discarica. Se consideriamo che il livello di raccolta differenziata al 2007 rappresenta circa il 14 per cento del rifiuto prodotto, il trend evolutivo che se ne determina porta al 20 per cento di raccolta differenziata nel 2008, al 27 per cento nel 2009, al 40 per cento nel 2010 e al 50 per cento nel 2011. […]
Sulla termovalorizzazione:
[…]L’offerta di termovalorizzazione esistente prevista dal piano contempla gli impianti di Colleferro, di proprietà del Consorzio Gaia, in funzione e in grado di trattare ogni anno 180 mila tonnellate; San Vittore prima linea, di proprietà di Acea, in funzione e in grado di trattare 90 mila tonnellate di rifiuti l’anno; Malagrotta prima linea, con inizio dell’attività prevista entro la fine 2008, in grado di trattare 90 mila tonnellate di rifiuti all’anno; Malagrotta seconda linea, che entrerà in funzione nel 2009 e tratterà altre 90 mila tonnellate di rifiuti ogni anno; San Vittore seconda linea, con inizio attività previsto per giugno 2010, che tratterà 100 mila tonnellate di rifiuti l’anno. L’ulteriore impiantistica prevista dal piano inizierà ad essere attiva entro il 2011 e tratterà 160 mila tonnellate di rifiuti l’anno. […]
Sulle discariche:
[…] E’ da evidenziare, quindi, che la conseguenza diretta del mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata renderà necessarie ulteriori discariche, dal momento che quelle oggi in esercizio che raccolgono rifiuti tal quale arriveranno a saturazione nei prossimi due anni. Il minor utilizzo possibile delle discariche è peraltro assunto come ulteriore linea strategica del piano. […] In osservanza delle norme del decreto legislativo n. 36/2003, dal 1° gennaio 2008, in discarica, potranno arrivare soltanto rifiuti trattati. Ed è tra l’altro risaputo che la situazione delle discariche del Lazio, come vi dicevo, è ormai prossima alla saturazione, e che non ci sono molte possibilità tecniche per l’ampliamento di tali discariche. […] non si può che lavorare ad una revisione profonda dei modelli di produzione e di distribuzione delle merci per incidere in maniera sostanziale sulla produzione dei rifiuti e, in seconda battuta, sulla capacità di riciclarli: “riusare”, “ridurre”, “riciclare” e poi “smaltire”, questo è l’ordine delle priorità che abbiamo stabilito. […]Se questo è l’incremento quantitativo in percentuale della raccolta differenziata, nel 2008 i rifiuti conferiti in discarica saranno 2 milioni e 115 mila, per andare a diminuire nel 2009 a 1 milione e 470 mila tonnellate, nel 2010 a 739 mila tonnellate, nel 2011 a 496 mila tonnellate. Questo è uno degli obiettivi più importanti, perché è collegato alla direttiva europea. Cioè noi ci andremo ad allineare ad una Regione che diminuisce il conferimento di “talquale”. […]
Alla fine della legislatura non si registrerà nessuna diminuzione della produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata continuerà ad attestarsi intorno a percentuali ridicole, i termovalorizzatori continueranno a non lavorare a regime e il conferimento in discarica sarà sempre il metodo scelto per lo smaltimento della stragrande maggioranza dei rifiuti. Malagrotta rimane lì e cresce in altezza per coprire altri cinque anni di nulla assoluto. Durante il periodo 2005-2010 il centro-destra all’opposizione userà le stesse argomentazioni usate dal centro-sinistra nel periodo 2000–2005: i ruoli cambiano ma le accuse sono identiche, è il solito gioco delle parti, ma l’ultimo decennio evidenzia bene che sono stati identicamente responsabili di una situazione vicina al collasso. Nella seduta del 24 giugno 2008 l’opposizione attacca il Presidente della Regione, diversi consiglieri accusano Marrazzo di barare. Luigi Celori, allora eletto nelle liste di An, è tra questi:
[…] Lei basa tutto il presupposto del suo ragionamento sul fatto che si arriverà entro il 2012 al 50 per cento di raccolta differenziata. Questa è una favoletta, ce la poteva raccontare Andersen, non credo un Presidente della Regione Lazio. […]
Il consigliere Pallone di Forza Italia ironicamente tira in ballo l’esercito:
[…] Vede, Presidente, lei ha detto che aprirà dei tavoli con il Ministro dell’ambiente, con l’Europa, con tutti, io credo che ci voglia l’esercito – e lo dico seriamente –, ci vuole l’esercito che viene a fare la raccolta differenziata nella Regione Lazio per arrivare a quella cifra! […]
Francesco Fiorito, oggi capogruppo del Pdl allora consigliere di An, rincara la dose:
[…]Da questo punto di vista, noi abbiamo, nei giorni scorsi, avuto, per vie traverse, in particolare dalla Commissione tecnica che avete fatto col Comune di Roma, un piano e ci siamo apprestati ad analizzare quello che voi stavate facendo. Oggi ci troviamo un piano, che poi scopriamo dalle dichiarazioni della sinistra più radicale che è stato definito “cambiato”, a noi sembra più che altro “edulcorato”, oppure omesso in alcuni punti, che è completamente diverso su alcuni temi. […] Bene, quando noi andiamo a vedere la tabella che avete fatto, Presidente, che cambia rispetto a chi ha avuto la fortuna come me di vedere la precedente che fissava al 50 per cento nel 2012, voi in un giorno siete stati capaci di sviluppare un piano così bene e così arditamente che avete aumentato del 10 per cento, 15 per cento la differenziata tra la nottata di ieri e la mattinata di oggi. Siete così efficienti, Presidente, che in questo piano avete cambiato le cifre, riuscendo, solo in una nottata di trattative tra la sinistra estrema e il resto della maggioranza, a migliorare del 15 per cento la raccolta differenziata in questa Regione! Siete dei bravissimi scienziati dell’ambiente! Riunitevi tutte le notti se è così, perché con 15 per cento a notte risolveremo il problema della differenziata. […] E le dico anche perché, perché il vecchio documento diceva che nel 2012 saremmo arrivati al 50 per cento, questo che avete portato oggi, che è falso nei fatti, nei termini e nelle quantità, dice che l’indicatore dà al 2008 il 20 per cento, arriva al 2009 con un aumento fino al 27 per cento che significa più 7 per cento, poi passa dal 2009 al 2010, non sappiamo in virtù di cosa, dal 27 al 40 – quindi fate il 13 per cento in questo altro anno – poi passa al 50 del 2011, che significa che fanno un altro 10 per cento, e nella pagina 3, che ho detto prima, nel 2012 dovete arrivare al 75 per cento![…] Dov’è oggi il piano per la raccolta differenziata che dovrebbe migliorare con percentuali così strepitose e straordinarie questo tipo di attività? […] Perché la prima accusa che faccio in questa Aula è che questo piano è falsato prima di tutto sui numeri della differenziata ed è pericoloso che una Giunta come la vostra che ha fatto di questo una bandiera, oggi venga in quest’Aula a dirci che oltre ai numeri non porta nulla. […] Quello che chiedevamo noi, Presidente, era che insieme ai numeri della differenziata, lei come ci ha promesso in tanti dibattiti, ci venisse a portare anche in che modo voleva portare avanti questa differenziata. […]
Argomentazioni condivisibili, se non fosse che nei cinque anni precedenti era stato il centro-destra a sparare numeri a casaccio. Non a caso il loro piano dei rifiuti è stato largamente disatteso e bocciato da Bruxelles. Quando c’è una discussione sui rifiuti, nell’aula del consiglio regionale c’è come uno spettro che si aggira tra i banchi degli eletti: il suo nome è Manlio Cerroni. In pochi lo nominano ufficialmente, ma quando questo avviene è solo per accusare l’altra parte politica. E’ il caso di Fabio Desideri, esponente del centro-destra, che durante la seduta del 3 ottobre 2007 accusò Marrazzo di prendere ordini dal padron di Malagrotta:
[…]Vede, io ho qui davanti a me una lettera che credo di aver ricevuto insieme agli altri capigruppo, un fax del Co.La.Ri. il cui problem solver è l’avvocato Cerroni. Io non lo conosco, non ho il piacere, però certo verifico una cosa… Perfetto. E’ diventato consigliere regionale! No, io non lo conosco, però in questo atto che è giunto a tutti i capigruppo e che io ricordo perché ho l’abitudine di mettere da parte i foglietti di carta ci sono alcune conclusioni che, guarda caso, sono raccolte interamente nel piano che oggi il Presidente Marrazzo ha presentato. Per esempio, perché è bello leggerle queste cose, e lo dico ai colleghi della sinistra, la sinistra sinistra, ma vi è sfuggita questa lettera dell’avvocato Cerroni? No! L’avete letta con attenzione? E infatti vi ritrovate le conclusioni nel piano del Presidente Marrazzo. […] Presidente Marrazzo, siccome a me le favole non sono mai piaciute, dico che questo avvocato Cerroni, che non conosco, molto probabilmente ha ragione. Badate, io non sono d’accordo con tutta questa cosa, però vi dico che ha ragione, perché lui dice “dovete fare otto linee”, e nel piano c’è scritto otto linee. […] La differenza, il delta, caro Presidente, non è il 2 per cento, come dice lei. Secondo quel signor Cerroni è il 4 per cento. E se per caso ha ragione, come aveva ragione in tutta la sintesi dei 10–12 punti che in questa letterina, come a scuola, ci ha inviato, quel piano che lei ha presentato non serve a niente, Presidente. Detto in romano provinciale, è “carta” da utilizzare per altre cose. Allora, mi auguro che non abbia ragione l’avvocato Cerroni, perché se ha ragione, non solo siete dei “Pinocchi” politicamente parlando, ma in aggiunta ci troveremo… […]
Non appena insediatosi alla presidenza della Regione Lazio, Marrazzo doveva decidere se annullare le ordinanze n.14 e n.16 sottoscritte da Verzaschi, i testi che autorizzavano sia l’allargamento di Malagrotta per nuove volumetrie ordinarie nella località di “Testa di Cane”, sia la costruzione del gassificatore all’interno della discarica. Va segnalato il fatto che lo stesso Comune di Roma, attraverso il X Dipartimento, VIA – VAS (Servizio Valutazione Impatto Ambientale – Valutazione Ambientale Strategica), aveva espresso forti e ripetute perplessità sulla localizzazione dell’impianto di gassificazione fin dal dicembre 2003. I dubbi vertevano sulla concentrazione degli impianti industriali già esistenti in quell’area e sulla contiguità dell’impianto stesso rispetto alla massa dei rifiuti della discarica. La situazione poteva oggettivamente rappresentare un fattore di rischio elevato, anche in considerazione del fatto che il gassificatore è un impianto ufficialmente definito come “sperimentale” e un’eventuale fuga di biogas dalla discarica poteva provocare una reazione a catena di incendi ed esplosioni con conseguenze imprevedibili. Il servizio VIA del X Dipartimento aveva perciò raccomandato che prima di qualsiasi decisione sulla centrale di gassificazione si procedesse ad “uno studio di sicurezza integrato dell’area vasta”, vale a dire su tutta la superficie di Malagrotta e Valle Galeria. La Regione non ha mai ritenuto di dare seguito a questa richiesta del Comune. Il Presidente Marrazzo, incontrandosi con i comitati dei cittadini, decise di sospendere le due ordinanze ma purtroppo questa decisione fu temporanea, durò infatti solo alcuni mesi, dopodiché Cerroni comunicò tranquillamente a Marrazzo la sua volontà di iniziare i lavori, e così fece. La sospensione dell’ordinanza n.16 non avvenne mai ufficialmente, infatti agli atti non esiste nessun documento di sospensiva. Per di più la giunta di centro-sinistra non si avvalse dell’opportunità di ricorrere al Tar, come invece era previsto in caso di contestazione. I lavori del gassificatore iniziarono prima del Natale 2005. I comitati contro l’impianto di Malagrotta accusarono successivamente Marrazzo di averli ingannati con le chiacchiere, impedendo di fatto che un ricorso contro le ordinanze venisse presentato in tempo utile dai cittadini. Il 24 marzo 2007 Marrazzo firmò l’ordinanza n.15 per lo smaltimento a Malagrotta di ulteriori 1.350.000 tonnellate di rifiuti. Con il decreto n.37 del 30 giugno 2008 Marrazzo autorizzò, nelle sue ultime ore da commissario, le prove per la messa in funzione del gassificatore. Una firma concessa con troppa facilità: da una successiva ispezione dei Vigili del Fuoco, infatti, si riscontrarono irregolarità per le quali le prove vennero sospese.
L’11 novembre 2008 i carabinieri del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) effettuarono un blitz a Malagrotta: i militari sequestrarono il nuovo inceneritore in quanto privo della certificazione di prevenzione incendi e non rispondente ad altri requisiti di legge. Il provvedimento fu deciso dal gip di Roma, dopo gli accertamenti del NOE. Le persone indagate furono due: il presidente del COLARI, Manlio Cerroni, e il vicepresidente del consorzio. Il Gip parlò di “esercizio di impianto in totale carenza dei requisiti di legge”, e ritenne che fosse “indubbio ed estremamente inquietante il periculum in mora desumibile dalla natura dell’attività svolta nell’impianto di gassificazione, dai materiali utilizzati per il processo di combustione e dalla presenza nelle immediate vicinanze di siti pericolosi, in particolare una raffineria e un deposito di Gpl”. Il magistrato autorizzò l’accesso e l’uso al solo fine di consentire il completamento dei lavori necessari alla messa in sicurezza dell’impianto, per poter così richiedere e ottenere il nulla osta dei vigili del fuoco, necessario per l’attivazione delle procedure. I militari requisirono negli uffici della regione Lazio tutta la documentazione dell’iter autorizzatorio dell’impianto di Malagrotta, avviato nel 2004–2005. Il dissequestro del gassificatore arrivò il 5 dicembre 2008 e il giudice per le indagini preliminari predispose che, in attesa del nulla osta dei Vigili del Fuoco, le attività avrebbero potuto continuare sotto la supervisione dei Carabinieri del NOE. L’intervento della magistratura causerà un ritardo sulla sperimentazione dell’impianto di circa un anno. Il gassificatore è costato circa 350 milioni di euro, Cerroni ne ha recuperati quasi la metà grazie ai contributi Cip 6 dello Stato. Questo impianto a regime smaltirà 500 tonnellate di CDR al giorno e genererà circa 36 megawatt di elettricità, che l’Avvocato venderà sul mercato. Ulteriori guadagni per il benefattore di Roma. Il gassificatore è stato costruito con la discussa tecnologia Thermoselect e prevede due sistemi di controllo dei fumi: il primo è della svizzera Asea Brown Bovèri; il secondo, il sistema Amesa, è della francese Environment.
I sistemi di controllo in continuo sono gestiti esclusivamente dal provato, la parte pubblica, tramite l’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), effettua monitoraggi solo una tantum. I consiglieri regionali della Lista Bonino Pannella, Rossodivita e Berardo, tramite una interrogazione depositata nel 2010, hanno chiesto alla presidente Polverini due semplici cose: dove vengono stoccate le scorie del gassificatore di Malagrotta, e perché le emissioni in atmosfera di tale impianto non vengano monitorate da un soggetto indipendente dal gestore e rese pubbliche sul sito web della Regione Lazio. Come al solito nessuna risposta. Il piano regionale sui rifiuti voluto da Marrazzo non arrivò mai al voto del Consiglio Regionale, perché all’interno del documento era prevista l’autorizzazione per la costruzione del gassificatore di Albano. L’area sinistra dello schieramento del Presidente era nettamente contraria a questa nuova struttura, questo comportò la non approvazione del piano ma non evitò a Marrazzo di firmare la delibera di giunta che ratificava l’impianto di Albano. Le procedure previste per il rilascio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) sono state concluse nel mese di aprile 2009, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n.59 del 2005. A questo proposito la ASL RMH, in conferenza di servizi, si è espressa con tre distinti “pareri”:
il primo evidenziava una serie di criticità ambientali già, prese in considerazione all’interno del parere di compatibilità ambientale della competente area regionale; il secondo rilevava, in relazione alle criticità, che le distanze dell’impianto dalle abitazioni non erano ritenute conformi agli atti di pianificazione e quindi ciò significava non potere esprimere parere positivo sull’intervento; il terzo, acquisita dalla regione la corretta interpretazione sulle distanze nonché chiarimenti in merito alle criticità sottoposte, risultava “non favorevole” in relazione ai risultati di uno studio epidemiologico effettuato dalla ASL RME e dal Centro Regionale per l’Epidemiologia.
A seguito di tali pareri la regione ha chiesto ad ARPA Lazio e al Centro Regionale per l’Epidemiologia di effettuare le verifiche ambientali sul sito di localizzazione e accertamenti epidemiologici sullo stato di salute dei cittadini di Albano, soprattutto riguardo aulla possibile influenza dell’impianto sulla popolazione. A valle delle verifiche, essendo stati forniti dai due enti incaricati elementi di “tranquillità”, si è proceduto alla chiusura della conferenza dei servizi con esito favorevole per il rilascio dell’AIA. Tuttavia, nonostante la Conferenza dei Servizi abbia concesso parere favorevole alla concessione dell’autorizzazione, aprendo quindi le porte per la realizzazione dell’impianto, si deve annotaree il parere negativo espresso dalla ASL RMH, superato poi dal parere del dipartimento di epidemiologia dell’ARPA Lazio. Questo ha comportato negli abitanti della zona un senso di frustrazione, di reazione e di tensione, che ancora persistono nella direzione della non accettazione dell’impianto. Il TAR del Lazio, con sentenza emessa nel mese di dicembre 2010, ha annullato la delibera della precedente Giunta Regionale Marrazzo sul gassificatore e ora, dopo il ricorso, si attende il parere del Consiglio di Stato. L’impianto dei Castelli romani è al 33% dell’Ama, al 33% dell’Acea e al restante 33% dell’avvocato Cerroni. Quest’ultimo, ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti il 15/06/2010, rispondendo ad una domanda di un parlamentare in merito ad Albano, dichiara:
[…] Io posso dirle una cosa in questa sede – e parlo adagio, perché possa rimanere tranquillamente scritto – e cioè che l’impianto di Albano, alimentato a CDR prodotto dall’impianto dei Castelli, dall’impianto di Rocca Cencia e dall’impianto del Salario, sarà l’impianto top a livello mondiale. Non ci sarà nessun altro. Bisognerà andare a Fukujama, alla città delle rose – questo è già avanzato – e aggiungo che il giorno in cui sarà trasformato in impianto di smaltimento dei rifiuti, sarà come ne ha visti in Emilia–Romagna, a Milano, come ne avrà visti a Napoli e così via. Siccome avete parlato di Ferrari e di benzina, questi impianti a CDR sono macchine alimentate a benzina verde, anziché a benzina rossa, come una volta. […] Penso di chiudere il mio ciclo con Albano. Credo che da Albano, se sanno gestirlo bene, può rientrare una quota per le delegazioni che andranno a visitarlo perché l’impianto – alimentato, ripeto, a CDR da Rocca Cencia – non avrà l’eguale. Tuttavia, se c’è un’emergenza, può funzionare anche con il rifiuto tal quale. A quel punto, sarà un impianto di smaltimento di rifiuti, non un impianto che, alimentato a combustibile, anziché a metano, anziché a petrolio, anziché a carbon coke eccetera, produca energia. Questo è quanto. Noi stiamo realizzando, in questo trittico (Rocca Cencia, Salario, Albano) una cosa che non è esente in nessuna parte al mondo. Questo è fuor di dubbio .[…]
Cerroni è ovunque, anche ad Albano. Sull’opportunità di questa scelta si interrogò il consigliere regionale Luigi Celori che, durante la seduta del 24 giugno 2008, non esitò a manifestare le sue perplessità:
[…] Credo, allora, che buonsenso avrebbe voluto che il quarto impianto doveva essere fatto da una società interamente pubblica, e c’è, è l’AMA, quella società che a tutt’oggi ha solo il costo oneroso della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, perché spende soldi per spazzare a terra, spende soldi per separare, spende soldi per produrre il CDR e li spenderà per trasportarlo fino ad Albano e pagherà pure, perché ricordiamo che il CDR per essere bruciato nei termovalorizzatori ha un costo per l’azienda che lo produce e lì lo porta. […] Quindi già gli abbiamo impedito di costruirlo, cioè gli ha impedito la sinistra radicale di farsi il proprio termovalorizzatore a Rocca Cencia dove aveva un terreno di proprietà, ma dove soprattutto poteva con nastro trasportatore mettere il CDR prodotto direttamente nel gassificatore, glielo abbiamo già impedito, speriamo che la si possa quantomeno tutelare in questa nuova compagine societaria, dove farà probabilmente il vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro, la parte privata e l’Acea. […]
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Tratto dal sito dell' ASSOCIAZIONE DIFFERENZIATI
RispondiElimina