E' il 25 gennaio egiziano, della rivoluzione egiziana. Decine,
centinaia di migliaia di manifestanti nelle strade di tutto il paese.
Piazza Tahrir al Cairo è stata presidiata fin dalla notte da numerosi attivisti che hanno ricostruito le strutture della piazza rivoluzionaria pronta ad accogliere i milioni di manifestanti della grande giornata di lotta.
Non si tratta di una festa o di una celebrazione ma di un nuovo appuntamento del movimento rivoluzionario. E' vero: gli occhi dei manifestanti brillano di soddisfazione in questa bella giornata di sole invernale ma puntano anche dritti verso gli obiettivi della rivoluzione ancora da conquistare. Primo tra tutti: lo scioglimento della giunta militare al potere da quando Mubarak è uscito di scena ed è finito nelle aule dei tribunali. Lo slogan che come un tuono ripete Piazza Tahrir in queste ore è: “yaskut hokm el-askar, e7na el-sh3eb el-khat el-a7mar!” che tradotto in italiano sta per “abbasso la giunta militare, noi, il popolo siamo la linea rossa!”, e poi ancora il minaccioso “ya mushir, ya mushir, we are returning to Tahrir” rivolto a Tantawi, il capo della giunta. A fare eco agli slogan di Piazza Tahrir c'è il resto dell'Egitto che da nord a sud, da est ad ovest, tra città e paesi manifestata con la stessa intensità e partecipazione di massa della capitale.
Ad abbassare i toni, come c'era da aspettarsi, non sono serviti gli annunci di Tantawi che ha dichiarato la fine dello stato d'emergenza in vigore da decenni, salvo poi rettificare che il provvedimento non si applica sui casi di teppismo. Come hanno fatto notare numerosi militanti politici e attivisti per i diritti dell'uomo la rettifica conferma le modalità fin ora conosciute della gestione dell'ordine pubblico e della repressione che ad esempio durante le mobilitazioni di novembre e dicembre ha fatto largo uso di armi da fuoco e gas nervini per attaccare le manifestazioni. Per tentare di depotenziare la piazza lo Scaf ha anche ordinato la liberazione di alcuni militanti del movimento ma anche in questo caso la manovra dell'ultima ora non ha sortito nessun effetto visto che molti di loro non appena tornati a casa hanno pubblicato su youtube video di fuoco contro la giunta militare puntando il dito sulle ingiustizie sociali che ancora attanagliano l'egitto post-Mubarak.
Intanto a piazza Tahrir sono arrivati tutti i cortei che dalla periferia hanno portato in centro città la variegata composizione sociale e politica del movimento rivoluzionario egiziano. Sui palchi si susseguono gli interventi compresi quelli dei Fratelli Musulmani che con il resto delle formazioni islamiste più o meno radicali si sono conquistati i due terzi dei seggi del neo-eletto parlamento.
La giornata sembra essere appena iniziata e diverse voci parlano che queste ore di protesta e contestazione contro lo Scaf potrebbero essere solo i primi momenti di una ben più lunga ondata di movimento rivoluzionario.
Seguiranno aggiornamenti
Tahrir non si svuota, dopo la grande manifestazione del 25 gennaio, anniversario della rivoluzione, decine di migliaia di persone presidiano la piazza. Si è però arrivati a un punto di rottura tra i Fratelli Musulmani e gli altri manifestanti. Gli islamici, con il partito Giustizia e Libertà, hanno ottenuto la maggioranza dei seggi alla camera bassa e si apprestano a fare un altro pieno di voti alle elezioni della Shura. Per molti cittadini, il movimento è diventato il braccio dello Scaf, la giunta militare che guida il Paese dalla caduta di Mubarak. Nonostante le divisione interna la lotta non si ferma: un nuovo movimento, Occupy Maspero, chiede il cambio dei vertici della tv pubblica. Decine di cortei hanno sfilato per la città, durante tutta la giornata di venerdì, per arrivare sotto la sede centrale delle televisione nazionale. Nonostante la rivoluzione l’Egitto ha subito una notevole riduzione della libertà di espressione nell’ultimo anno perdendo 39 posti nell’indice redatto da Reporter senza Frontiere, mentre la Tunisia del dopo Ben Alì è salita di 30 di Cosimo Caridi
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