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(Fonte articolo, clicca qui) La Regione Campania si ritrova con un termovalorizzatore in più, ma senza un euro per investimenti che possono creare occupazione. E con un probabile ricorso contro lo Stato. È l’ennesima puntata dell’emergenza rifiuti all’ombra del Vesuvio. La società che ha realizzato l’inceneritore di Acerra, l’Impregilo, ha annunciato di aver incassato 355,5 milioni dalla Regione come pagamento a seguito del trasferimento dell’impianto nelle disponibilità dell’ente. Questo per una scelta del precedente Governo adottata nell’ambito del decreto Milleproroghe 2011.
I soldi trasferiti a Impregilo, in base a quel decreto, fanno parte del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas) 2007-2013. Ma la novità inattesa è che si tratta di risorse a valere sul programma attuativo della Regione Campania e non di quello del Governo. Di fatto, insomma, è Palazzo Santa Lucia ad acquistare l’impianto, attualmente attivo con la capacità di bruciare circa 600mila tonnellate di rifiuti l’anno, la cui gestione è affidata dal 2008 per 15 anni alla multiutility lombarda A2A attraverso la controllata Partenope ambiente.
«Oltre 355 milioni che vengono impiegati per un acquisto, ma che non hanno effetto, non creano alcun posto di lavoro, non aprono cantieri, non producono ricchezza» è la reazione del presidente della Regione, Stefano Caldoro. Quelle stesse risorse, ha sottolineato il governatore, «le abbiamo chieste per poter chiudere i nostri cantieri aperti, per l’Ospedale del Mare, la metropolitana. Potevano creare sviluppo e occupazione. Quella cassa serviva per i ritardi nei pagamenti». «È evidente – ha precisato – che Impregilo debba essere pagata perchè ci sono un contratto e una causa che lo Stato rischia di perdere». «Nulla» dunque, contro il pagamento, ma, ha precisato Caldoro, «la vecchia legge prevedeva che questi fondi fossero del Fas nazionale. Abbiamo chiesto al Governo che questa cifra potesse essere divisa tra Stato e Regione, che non incidesse sul Patto di stabilità». «Ora l’ente sta mettendo a punto un ricorso alla Corte costituzionale», ha spiegato l’assessore all’Ambiente Giuseppe Romano.
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Smazzettate di denaro pubblico all’ombra del Vesuvio.
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Impregilo è quell’azienda che nel lontano 2000 si è aggiudicato
l’appalto per la costruzione del primo inceneritore da costruirsi nella
Regione Campania… ad Acerra, per la precisione. Un appalto vinto grazie
alla minore offerta e ad una previsione dei tempi per la costruzione
dell’impianto decisamente inferiori a quanto proposto dall’altro
concorrente, l’Enel. L’azienda vincitrice si impegnava a concludere la
costruzione del termovalorizzatore entro il 31 dicembre del 2000. In
Italia, unico paese in Europa, gli inceneritori hanno diritto agli
incentivi, i cosiddetti Cip6, introdotti dalla legge 9/1991 e dalla
successiva delibera del 29 aprile 1992, che li assimilano alle fonti
rinnovabili (sole, vento, geotermia, etc.) concedendo un finanziamento
pari al 7% del totale pagato sulle bollette energetiche e destinando
contributi pari a 296 lire a kwh prodotta. Un affare da non perdere per
un’azienda che non sembrava versare in ottime acque. A seguito anche
della crisi dei “bond” argentini la Miotir (anagramma di Romiti),
società della famiglia, aveva 35,7 milioni di debiti con le banche e le
controllate, tra cui la Impregilo, che non aveva di certo uno stato di
salute migliore. Antonio Bassolino, vince le elezioni regionali del 16
aprile 2000 e prende in carico, come commissario, la questione rifiuti,
a ridosso di un cambio di governo e di un adeguamento al ribasso dei
contributi stabiliti per l’energia prodotta, che causa l’immediata
reazione della Fibe intenzionata a ridiscutere il contratto. Giulio
Facchi, sub commissario allo sviluppo della raccolta differenziata,
racconta dettagliatamente l’incontro che si svolse a Palazzo Chigi con
il ministro all’ambiente Willer Bordon e i responsabili del
commissariato Enrico Soprano (il cui studio legale assiste
l’Impregilo), Salvatore Acampora e Raffaele Vanoli, amico di Mario
Scaramella (consulente di sicurezza). Nella riunione Bassolino convince
il governo ad accontentare la Fibe in tutte le sue richieste e cancella
l’accordo di programma che costringeva l’azienda al rispetto dei tempi
previsti e a eseguire le richieste della committenza. Dice Facchi che
la preoccupazione di Bassolino era strettamente politica, non voleva
trovarsi con la regione invasa dai rifiuti, e pur di risolvere il
problema lascia campo libero all’Impregilo sia nella scelta dei terreni
su cui realizzare gli impianti sia sul quantitativo di rifiuti da
bruciare, disattendendo così anche le norme previste per il diverso
trattamento degli stessi. Accade così che i ritardi dell’azienda nella
realizzazione dell’inceneritore, dovuti a una vera e propria mancanza
di liquidità confermata dall’entrata sulla scena delle banche che la
sostengono e che ottengono nuove clausole contrattuali tali da
permetter loro di sfilarsi in caso di inadempimenti, ricadano
direttamente sui cittadini… Le famose Eco-Balle conterranno una
percentuale di umido superiore a quanto previsto dal decreto legge
Ronchi (oltre il 30% invece di solo il 15%) e quindi dannose se
incenerite; saranno accantonate, in attesa di essere bruciate, in siti
pagati dalla Regione e non dall’azienda ancora inadempiente nella
realizzazione del termovalorizzatore; l’area in cui l’inceneritore
verrà costruito è quella di Acerra, a ridosso della Montefibre, su di
un terreno già profondamente inquinato dalla diossina e sul quale erano
stati emanati due decreti di proroga di stato d’emergenza per
permetterne la bonifica, mai realizzata. L’impianto parte nel marzo
2009, con ben 8 anni e mezzo di ritardo sul previsto, e comincia a
bruciare Eco-balle non a norma, grazie al decreto voluto dal governo
Berlusconi che autorizzava l’incenerimento anche di rifiuti diversi da
quelli previsti per legge e per la salvaguardia della salute e
dell’ambiente. Nella realtà l’impianto non funziona mai a norma e mai
al massimo delle sue capacità, nei primi 115 giorni di funzionamento
sfora per ben 35 volte gli standard di emissione ammesse. Il collaudo
finale avviene nel luglio 2010, un collaudo effettuato dalla stessa
Impregilo e i cui documenti non si trovano. Si susseguono le denunce
dei cittadini e lo stesso Sodano, ora vicesindaco di Napoli, presenta
un dossier per il mancato rispetto delle prescrizioni previste dal
ministero dell’ambiente e per chiedere il sequestro dell’impianto.
L’Impregilo viene anche rinviata a giudizio per truffa aggravata
nell’ambito dell’inchiesta sull’emergenza rifiuti in Campania, condotta
dai pm Noviello e Sirleo, che chiedono anche il sequestro di 750
milioni di euro, ridotti dal Tribunale del riesame a 226 milioni. Ora
al danno si aggiunge la beffa. Il governo Monti, con proprie
deliberazioni poi confermate dalla Corte dei Conti, decide che le
risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate alla Regione
per l’acquisto del termovalorizzatore vengano girate all’Impregilo…
costo?…335.550.240,84 euro ! La Regione Campania, già in grave crisi
finanziaria tanto da adombrare lo spettro del default appena pochi
giorni fa, si appella al Tar del Lazio… l’Impregilo invece, benché
responsabile di una serie di inadempienze e ancora sotto processo, fa
un bel salto in Borsa salendo di oltre il 3%.
LA REGIONE PAGA IL CONTO DELL’IMPIANTO DI ACERRA
(Fonte articolo, clicca qui) La Regione Campania si ritrova con un termovalorizzatore in più, ma senza un euro per investimenti che possono creare occupazione. E con un probabile ricorso contro lo Stato. È l’ennesima puntata dell’emergenza rifiuti all’ombra del Vesuvio. La società che ha realizzato l’inceneritore di Acerra, l’Impregilo, ha annunciato di aver incassato 355,5 milioni dalla Regione come pagamento a seguito del trasferimento dell’impianto nelle disponibilità dell’ente. Questo per una scelta del precedente Governo adottata nell’ambito del decreto Milleproroghe 2011.
I soldi trasferiti a Impregilo, in base a quel decreto, fanno parte del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas) 2007-2013. Ma la novità inattesa è che si tratta di risorse a valere sul programma attuativo della Regione Campania e non di quello del Governo. Di fatto, insomma, è Palazzo Santa Lucia ad acquistare l’impianto, attualmente attivo con la capacità di bruciare circa 600mila tonnellate di rifiuti l’anno, la cui gestione è affidata dal 2008 per 15 anni alla multiutility lombarda A2A attraverso la controllata Partenope ambiente.
«Oltre 355 milioni che vengono impiegati per un acquisto, ma che non hanno effetto, non creano alcun posto di lavoro, non aprono cantieri, non producono ricchezza» è la reazione del presidente della Regione, Stefano Caldoro. Quelle stesse risorse, ha sottolineato il governatore, «le abbiamo chieste per poter chiudere i nostri cantieri aperti, per l’Ospedale del Mare, la metropolitana. Potevano creare sviluppo e occupazione. Quella cassa serviva per i ritardi nei pagamenti». «È evidente – ha precisato – che Impregilo debba essere pagata perchè ci sono un contratto e una causa che lo Stato rischia di perdere». «Nulla» dunque, contro il pagamento, ma, ha precisato Caldoro, «la vecchia legge prevedeva che questi fondi fossero del Fas nazionale. Abbiamo chiesto al Governo che questa cifra potesse essere divisa tra Stato e Regione, che non incidesse sul Patto di stabilità». «Ora l’ente sta mettendo a punto un ricorso alla Corte costituzionale», ha spiegato l’assessore all’Ambiente Giuseppe Romano.
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