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L’energia, l’acqua, i rifiuti sono diventati solo business alimentato
da logiche di profitto dei concessionari senza benefici evidenti per la
popolazione. Walter Ganapini affonda il coltello nel disastro delle
multiutility, così vicine ai partiti, così lontane dalle persone. La
gestione dei bisogni primari deve ritornare ad essere compito dello
Stato. “In Italia è di moda parlare di “aggregazioni” tra multiutility
in termini finanziari, non industriali, sperando di occultare così
l’immensa distruzione di valore degli ultimi 15 anni. I dati dei
bilanci 2011 sono una catastrofe. In Borsa, rispetto al valore
d’ingresso, A2A perde il 34%, IREN il 42% ,ACEA il 34%, HERA il 29%. Le
perdite costringono ad elargire ai Comuni miseri dividendi erodendo le
riserve. Con la fusione di A2A e IREN, nascerebbe una “bad-newco” con
debiti per 8 miliardi (cui sommare l’aumento di capitale Edipower con
un indebitamento bancario di 1,2 miliardi) ed un Ebitda di circa 1,5
miliardi.Il rapporto debiti/Ebitda della “bad-newco” sarebbe superiore
a 5 quando, da manuali, dovrebbe oscillare attorno a 2,5. Quindi il
doppio! Non è finita, ENEL ha 50 miliardi di debiti,Terna 7, SNAM Rete
Gas 11. A marzo 2012, in un anno, Terna ha un calo dei consumi
elettrici del 5,2%, ANIGAS, di gas del 22,6%, Federambiente, della
produzione di rifiuti del 10% . E’ sempre più forte la richiesta di
trasparenza sulle fatturazioni elettriche, dopo aver visto le tariffe
bi-orarie funzionare all’inverso di quanto atteso, e sulla
disponibilità di una potenza elettrica di 130 GW (da espandersi, si
diceva, con un nuovo parco elettronucleare…) con una domanda che non ha
mai superato quella già offerta di 55 GW. Trasparenza sulla natura e
l’entità dei contratti di approvvigionamento gas. Si conclamava il
fabbisogno nazionale di 100 miliardi di metri cubi di gas che oggi le
compagnie rivedono a 75. Cosa accadrà del gasdotto GALSI, del
rigassificatore OLT e degli altri previsti, quando, in Edipower, ci
sono nuove centrali a gas che marciano 2.000 ore/anno contro 8.000 da
regime normale? E’ intollerabile vedere affollate dirigenze milionarie
di multiutilitility con costi medi annuali per addetto di 70.000 Euro,
e aziende, come AMA-Roma, che a fine ’97 aveva 3.000 addetti e 50
miliardi di vecchie lire di debito e oggi dichiara 8.000 dipendenti ed
un indebitamento di 1,3 miliardi di Euro. Sin qui non si è parlato di
servizi idrici. In Emilia-Romagna vi sono perdite da rete superiori al
30%, in Puglia decine di depuratori mal funzionanti a causa del taglio
dei costi di manutenzione, effetto tipico da ‘finanziarizzazione’ dei
servizi pubblici. Veniamo ai rifiuti. L’Europa da 40 anni indica,
inascoltata, le priorità: prevenzione, massimizzazione del riuso,
stabilizzazione della frazione residua per materiale edile o
combustibile per caldaie industriali al posto di fonti fossili più
inquinanti, minimizzazione del ricorso alla discarica, cui conferire
SOLO rifiuti pretrattati. Il Parlamento Europeo ha votato pochi giorni
fa nuove linee-guida, prevedendo al 2020 il DIVIETO DI INCENERIMENTO
per i rifiuti recuperabili o compostabili (in buona sostanza,TUTTI!).
In Italia gli interessi tangentar-ecomafiosi ripropongono, nonostante
folli costi d’investimento e di esercizio, nuovi inceneritori per
‘modernizzarci’. In Germania la E.On vuol vendere i suoi inceneritori,
non sapendo come alimentarli. Nuovi inceneritori, assegnati senza gara
e con costi passati in pochi mesi da 150 a 315 milioni di Euro, come a
Parma, d’abitudine richiamano procedure UE d’infrazione e salate
sanzioni. Non è nota la strategia industriale delle multiutility per
dare ‘valore/qualità’ai territori serviti, per aumentarne la
competitività sui mercati globali che, pur nella crisi, investono in
aree ad alta ‘Propensione all’Innovazione’, ‘Qualità Ambientale
certificata’, ‘Qualità Sociale’. Brescia non persegue la raccolta
differenziata, a Milano cala, Genova e Torino sono al palo, impianti di
selezione/recupero sono ovunque inutilizzati. Questo è il frutto malato
di una finanziarizzazione dei Servizi Pubblici non preceduta da una
liberalizzazione seria, con il settore vittima di continui
rimescolamenti normativi. Bisogna procedere ad una drastica riscrittura
delle politiche industriali delle multiutility allontanando l’economia
criminale dal settore, e a un trasparente e celere ricambio
generazionale e culturale dei manager. Alla luce di quanto descritto, i
grandi investitori si stanno ritirando, senza distinzione, da tutte le
multiutility. L’abbattimento dei loro valori di Borsa ne consentirà
l’acquisto quasi gratuito da parte di terzi?”
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