Le accuse di ieri di "terrorismo ed
eversione" atte a giustificare le perquisizioni avvenute nelle case di
alcun* No Tav sono parte di una strategia della procura che ormai assume
sempre più caratteri a lungo termine.
La saga dei pm Padalino e Rinaudo ha tutti i tratti di chi non sa che pesci prendere e gioca tutte le carte a sua disposizione in una cieca costanza per attaccare sistematicamente il movimento No Tav all'interno di quel dispositivo integrato di potere rappresentato da partiti, giornalisti, polizia e procura di Caselli.
La non comprensione di come funziona un movimento popolare, l'incapacità di leggere i processi in corso in Val Susa portano i due pm col caschetto a inventare reati al limite della commedia buffa. Ciò non toglie però che dietro l'agire della magistratura ci sia un meccanismo più complessivo.
Un meccanismo che identifica il movimento No Tav come nemico pubblico numero uno, proprio perchè movimento popolare, capace di porsi la questione della vittoria e di agirla su ogni piano e con ogni mezzo possibile, proprio perchè modello di un conflitto sociale capace di essere anche consenso.
Qui sta il primo nodo, il movimento No Tav fa paura, fa paura in vista di un autunno che potrebbe essere un po' più caldo di altri, fa paura perchè esempio e simbolo. In questa accusa non si gioca soltanto una battaglia valsusina, ma anche la possibilità di criminalizzare e demonizzare il conflitto sociale anche nelle sue espressioni più larghe.
Ce lo racconta una narrazione delirante dei giornali mainstream che tra cronoprogrammi e classifiche tra chi sarebbe il numero uno o il numero due del movimento inventa di sana pianta, ormai con licenza poetica.
Quegli stessi giornali che esaltano il conflitto quando si pone alla difesa degli alberi di Gezi Park oppure riempie le piazze spagnole oggi a fatica e con mirabolanti imprese cercano di accostare, grazie all'assist della procura, No Tav e terrorismo.
A fatica, perchè incollare queste accuse sui e sulle No Tav che sono stati perquisiti riesce proprio difficile e quindi ecco la divisione dei ruoli, le posizioni di rilievo e tutto il resto, nella mente di chi non riesce o fa finta di non capire come funziona un organismo collettivo come quello del movimento.
Gli scribacchini che segnano con penne piene di menzogne la fantomatica "mutazione" nascondono in realtà la coerenza di una lotta che non vuole attestarsi solo alla testimonianza, ma vuole fermare la grande opera senza se e senza ma.
Dopo le
violenze avvenute alla passeggiata notturna da parte della polizia, la
procura e la questura necessitavano di spezzare il meccanismo di
solidarietà che si era subito messo in moto, rovesciando ancora una
volta quasi completamente la narrazione dei giornali e della politica
istituzionale.
Riuscendo ancora una volta a costruire quel consenso complessivo e popolare e smascherando la partigianeria dei due pm e le vigliaccate delle truppe d'occupazione.
Ma il tentativo di rompere questo meccanismo di solidarietà e partecipazione è andato a vuoto, il movimento ha risposto compatto rimandando al mittente le accuse e la comicità di questa azione giudiziaria non ha fatto che aprire un'altra crepa nella credibilità della magistratura di Caselli.
Tanto più che ad essere colpiti non sono solo i centri sociali a cui verrebbe, secondo gli scribacchini del Si Tav, deputata in "outsourcing" la lotta, ma anche uno dei cuori della lotta No Tav, il Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno, uno dei primi comitati a nascere, e uno dei posti che tutti coloro che partecipano al movimento sentono come casa, cioè la Credenza.
La saga dei pm Padalino e Rinaudo ha tutti i tratti di chi non sa che pesci prendere e gioca tutte le carte a sua disposizione in una cieca costanza per attaccare sistematicamente il movimento No Tav all'interno di quel dispositivo integrato di potere rappresentato da partiti, giornalisti, polizia e procura di Caselli.
La non comprensione di come funziona un movimento popolare, l'incapacità di leggere i processi in corso in Val Susa portano i due pm col caschetto a inventare reati al limite della commedia buffa. Ciò non toglie però che dietro l'agire della magistratura ci sia un meccanismo più complessivo.
Un meccanismo che identifica il movimento No Tav come nemico pubblico numero uno, proprio perchè movimento popolare, capace di porsi la questione della vittoria e di agirla su ogni piano e con ogni mezzo possibile, proprio perchè modello di un conflitto sociale capace di essere anche consenso.
Qui sta il primo nodo, il movimento No Tav fa paura, fa paura in vista di un autunno che potrebbe essere un po' più caldo di altri, fa paura perchè esempio e simbolo. In questa accusa non si gioca soltanto una battaglia valsusina, ma anche la possibilità di criminalizzare e demonizzare il conflitto sociale anche nelle sue espressioni più larghe.
Ce lo racconta una narrazione delirante dei giornali mainstream che tra cronoprogrammi e classifiche tra chi sarebbe il numero uno o il numero due del movimento inventa di sana pianta, ormai con licenza poetica.
Quegli stessi giornali che esaltano il conflitto quando si pone alla difesa degli alberi di Gezi Park oppure riempie le piazze spagnole oggi a fatica e con mirabolanti imprese cercano di accostare, grazie all'assist della procura, No Tav e terrorismo.
A fatica, perchè incollare queste accuse sui e sulle No Tav che sono stati perquisiti riesce proprio difficile e quindi ecco la divisione dei ruoli, le posizioni di rilievo e tutto il resto, nella mente di chi non riesce o fa finta di non capire come funziona un organismo collettivo come quello del movimento.
Gli scribacchini che segnano con penne piene di menzogne la fantomatica "mutazione" nascondono in realtà la coerenza di una lotta che non vuole attestarsi solo alla testimonianza, ma vuole fermare la grande opera senza se e senza ma.
Come sempre.
Riuscendo ancora una volta a costruire quel consenso complessivo e popolare e smascherando la partigianeria dei due pm e le vigliaccate delle truppe d'occupazione.
Ma il tentativo di rompere questo meccanismo di solidarietà e partecipazione è andato a vuoto, il movimento ha risposto compatto rimandando al mittente le accuse e la comicità di questa azione giudiziaria non ha fatto che aprire un'altra crepa nella credibilità della magistratura di Caselli.
Tanto più che ad essere colpiti non sono solo i centri sociali a cui verrebbe, secondo gli scribacchini del Si Tav, deputata in "outsourcing" la lotta, ma anche uno dei cuori della lotta No Tav, il Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno, uno dei primi comitati a nascere, e uno dei posti che tutti coloro che partecipano al movimento sentono come casa, cioè la Credenza.
Di certo il movimento non si farà intimorire da
queste buffonate ad orologeria,
e continuerà con la costanza, la
generosità e l'intelligenza
che l'hanno sempre contraddistinto a
lottare.
Non saranno certo
quattro accuse sgangherate
a spaventare chi da vent'anni difende questa
valle,
resiste da partigiano e viene chiamato bandito!
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