Giovedì 09 Agosto 2012
Duri scontri tra polizia e manifestanti nella città madre della
rivoluzione in Tunisia. A Sidi Bouzid ancora una volta centinaia di
persone si sono radunate questa mattina nei pressi dell'edificio che
ospita il governatorato, rappresentante locale del governo guidato
dagli islamisti moderati di Ennahdha. Al grido di “dégage” e “il popolo
vuole la caduta del regime” la manifestazione era determinata ad
entrare nel palazzo dell'istituzione quando alcuni plotoni di polizia
si sono schierati poco distanti dal sit-in ed hanno iniziato a sparare
lacrimogeni e pallottole di plastica. Si sono contati subito i primi feriti e gli scontri hanno avuto inizio.
Testimoni in loco parlano di diversi arresti, e manifestanti inseguiti
fin dentro le proprie case dalla polizia che non ha esitato a sfondare
porte e terrorizzare madri e bambini. Altri arresti sono stati eseguiti
al pronto soccorso colpendo i manifestanti che attendevano le cure
mediche per le ferite riportate durante gli incidenti. La maggior parte
è riuscita a sfuggire, lasciando però nella mani della polizia quanti
non hanno potuto prendere la fuga.
La tensione monta in Tunisia dove le manifestazioni, al di là del blackout dei media occidentali, non cessano di moltiplicarsi e di puntare con estrema risolutezza contro il partito islamista al potere e le istituzioni.
Dopo le elezioni dello scorso autunno il governo non ha mai mostrato l'interesse e la disponibilità di realizzare parti del programma rivendicato nel processo rivoluzionario del popolo tunisino che ha portato alla destituzione di Ben Ali. Questa nuova borghesia islamista non ne vuole sapere di “lavoro, giustizia sociale, dignità” e mentre per il proprio leader Rached Ghannouchi i media e i sindacati “minacciano l'unità del paese”, il partito continua ad accaparrasi con grande rapacità di tutti i posti di comando e di rilievo nelle istituzioni pubbliche e ai vertici delle imprese. Ennahdha non ha mai mostrato rispetto ma anzi ha continuato ad oltraggiare i ceti popolari e il proletariato giovanile tunisino disconoscendo ogni sua rivendicazione e ogni suo bisogno. Il partito sta andando dritto per la sua strada tentando di far approvare leggi costituzionali “per la complementarietà della donna all'uomo” mentre tra Sidi Bouzid e Gafsa manca l'acqua. Sembra che gli islamisti tunisini sognassero un percorso facile sul modello che ha portato Erdogan a riformare in senso neoliberista – islamista la laica, ma non meno aperta al libero mercato, Turchia d'un tempo. Ma Erdogan non ha conquistato il potere appropriandosi di un insurrezione e reagendo con violenza ad un processo rivoluzionario che tenta di farsi largo. E forse la differenza tra la Turchia di Erdogan e la Tunisia di Ennahdha inizia a palesarsi non solo agli occhi della piazza tunisina, ma anche agli occhi di qualche raffinato analista espressione dei ceti cittadini che con una certa laissez faire hanno sostenuto fino ad oggi gli islamisti, le cose iniziano a farsi preoccupanti. Si mormora infatti che i consigli degli esperti turchi all'elites al potere in Tunisia stiano provocando seri problemi al partito più che i vantaggi promessi.
D'altronde la foto dei locali del partito saccheggiato giorni fa dai manifestanti a Sidi Bouzid, come fosse la sede del vecchio partito di regime, ha duramente incrinato nel paese la sua immagine.
Oggi poi la manifestazione a suon di “dégage” violentemente repressa... Insomma non è un caso se per i prossimi giorni è già stata annunciata una ricca agenda di manifestazioni di contestazione al regime e di solidarietà a Sidi Bouzid, città ribelle.
La tensione monta in Tunisia dove le manifestazioni, al di là del blackout dei media occidentali, non cessano di moltiplicarsi e di puntare con estrema risolutezza contro il partito islamista al potere e le istituzioni.
Dopo le elezioni dello scorso autunno il governo non ha mai mostrato l'interesse e la disponibilità di realizzare parti del programma rivendicato nel processo rivoluzionario del popolo tunisino che ha portato alla destituzione di Ben Ali. Questa nuova borghesia islamista non ne vuole sapere di “lavoro, giustizia sociale, dignità” e mentre per il proprio leader Rached Ghannouchi i media e i sindacati “minacciano l'unità del paese”, il partito continua ad accaparrasi con grande rapacità di tutti i posti di comando e di rilievo nelle istituzioni pubbliche e ai vertici delle imprese. Ennahdha non ha mai mostrato rispetto ma anzi ha continuato ad oltraggiare i ceti popolari e il proletariato giovanile tunisino disconoscendo ogni sua rivendicazione e ogni suo bisogno. Il partito sta andando dritto per la sua strada tentando di far approvare leggi costituzionali “per la complementarietà della donna all'uomo” mentre tra Sidi Bouzid e Gafsa manca l'acqua. Sembra che gli islamisti tunisini sognassero un percorso facile sul modello che ha portato Erdogan a riformare in senso neoliberista – islamista la laica, ma non meno aperta al libero mercato, Turchia d'un tempo. Ma Erdogan non ha conquistato il potere appropriandosi di un insurrezione e reagendo con violenza ad un processo rivoluzionario che tenta di farsi largo. E forse la differenza tra la Turchia di Erdogan e la Tunisia di Ennahdha inizia a palesarsi non solo agli occhi della piazza tunisina, ma anche agli occhi di qualche raffinato analista espressione dei ceti cittadini che con una certa laissez faire hanno sostenuto fino ad oggi gli islamisti, le cose iniziano a farsi preoccupanti. Si mormora infatti che i consigli degli esperti turchi all'elites al potere in Tunisia stiano provocando seri problemi al partito più che i vantaggi promessi.
D'altronde la foto dei locali del partito saccheggiato giorni fa dai manifestanti a Sidi Bouzid, come fosse la sede del vecchio partito di regime, ha duramente incrinato nel paese la sua immagine.
Oggi poi la manifestazione a suon di “dégage” violentemente repressa... Insomma non è un caso se per i prossimi giorni è già stata annunciata una ricca agenda di manifestazioni di contestazione al regime e di solidarietà a Sidi Bouzid, città ribelle.
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