_(Fonte articolo, clicca qui)
“Una nuova ed importante denuncia penale è stata, da poche ore,
depositata presso la Procura della Repubblica di Roma. Dopo il
partecipatissimo corteo – il decimo – del 14 aprile scorso che ha
portato il popolo No Inc a sfilare di nuovo lungo la via Appia e per le
strade dei Castelli Romani, è questa la nostra “risposta legale” alla
sentenza politica (sentenza n. 1640/2012 della V° Sez. del Consiglio di
Stato) relativa all’inceneritore di Albano: una sentenza di Stato
(targata Clini) come i motivi (di Stato) che sottende. Abbiamo ritenuto
opportuno rivolgerci, prima ancora che agli organi competenti della
U.E. (cosa che faremo tra pochi giorni), alla Giustizia penale.
Crediamo, difatti, vi sia una netta e radicale differenza tra la
legittima ed ampia discrezionalità (invocata dalla sentenza del CDS,
nota n. 1) che una Pubblica Amministrazione come la Regione Lazio
esercita nello svolgimento delle propri funzioni e quelle che sono,
viceversa, le forzature, le pressioni, le omissioni plateali che
sarebbero state esercitate da parte di alcuni dirigenti della Regione
Lazio e consulenti privati sull’intero iter amministrativo
d’approvazione e localizzazione del tristemente noto inceneritore
all’interno della discarica di Albano. Ricordate il fuori-onda di
Report con le famigerate dichiarazioni dello scomparso assessore ai
Rifiuti (della Regione Lazio) Mario Di Carlo? Quelle parole palesavano
in modo becero e volgare solo la punta dell’iceberg del sistema opaco
di ricatti ed amicizie s/comode della cosiddetta “cricca” Marrazzo–Di
Carlo. Il resto del sistema, difatti, sarebbe rimasto celato all’ombra
di procedure amministrative, tecniche, burocratiche e legali: ovvero
dietro importanti e subdole evidenze documentali, altrettanto plateali,
controfirmate da dirigenti e tecnici apparentemente compiacenti ma
conosciute solo dagli addetti ai lavori: l’ordinanza del presidente
della Regione Lazio (Marrazzo) n. Z-0003 del 22.10.2008 (annullata dal
Consiglio di Stato) che pretendeva di garantire i Cip 6 (ovvero i fondi
pubblici) per la costruzione dell’impianto di Albano nonostante i
termini di legge non lo permettessero; i due progetti
dell’inceneritore, i due decreti di pubblica utilità (n.116 e n. 147)
del Commissario dell’Emergenza rifiuti della regione Lazio (sempre
Marrazzo); i due verbali delle valutazioni di impatto ambientali (nota
n. 2); i verbali delle due sospensive in autotutela della prima V.I.A.;
i verbali delle due conferenze dei servizi(nota n. 3); i verbali della
procedura di autorizzazione integrata ambientale (nota n.4), la Aia,
etc. Non sembra vi fosse, in tutti questi atti della Regione Lazio,
nulla di legittimo e discrezionale ma solo un unico, preordinato,
palese obiettivo della cricca: far costruire agli amici degli amici,
costi quel che costi, l’inceneritore ad Albano senza frapporre alcun
ostacolo e, cosa altrettanto importante, con i soldi dell’erario
pubblico (Cip 6). Per capire, nel dettaglio, gli effetti indotti dalla
componente politico/industriale su quella amministrativa/burocratica
abbiamo chiesto ad esperti del settore di elaborare due nuove ed
approfondite relazioni tecniche. Proprio sulla base di queste due nuove
relazioni tecniche abbiamo capito ed esaminato, con dovizia di
particolari, sia le differenze tra il primo progetto dell’inceneritore
(raffreddato ad acqua) ed il secondo (raffreddato ad aria) sia,
soprattutto, ciò che sarebbe dovuto avvenire secondo i termini di legge
alla luce delle modifiche apportate all’impianto e cosa, viceversa, è
avvenuto concretamente nel nostro caso (ed in quali circostanze). Una
modifica sostanziale del progetto (tale anche secondo la Asl Rm-H)
avrebbe imposto nuove ed approfondite verifiche da parte d’una apposita
Commissione Tecnico Scientifica (Art. 4 dell’ordinanza D.P.C.M. dell’8
novembre 2002). Gli amici degli amici – tra un dopocena in via Gradoli
ed un pranzo in centro a suon di coda alla vaccinara – avevano, però,
altre priorità rispetto alla tutela della salute dei cittadini dei
Castelli Romani, dell’ambiente e dell’erario pubblico: accelerare i
tempi dell’approvazione amministrativa dell’inceneritore per
scongiurare il pericolo di scadenza imposto dalla U.E. (31 dicembre
2008) della contribuzione pubblica Cip-6 (il 7×100 della bolletta
elettrica) per la costruzione dell’impianto. Con quali altri soldi, se
non quelli pubblici, costruire, in caso contrario, l’inceneritore di
Albano?
Diverse le risultanze – oltre alle due nuove relazioni tecniche – da noi sottoposte all’attenzione della Procura di Roma.
Prima di tutto una denuncia nei
confronti di due dirigenti della Regione Lazio e di un consulente
privato per abuso d’atti d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, abuso
di potere, raggiro, artificio e truffa ai danni dell’Ente Regione
Lazio. In secondo luogo la richiesta alla Procura di Roma di una
perizia tecnica (nella forma di CTU – commissione tecnica d’ufficio – o
di CTS – commissione tecnico-scientifica) al fine di accertare, quanto
prima, le modifiche intervenute (ovvero le differenze sostanziali) tra
il primo ed il secondo progetto Co.E.Ma. dell’inceneritore di Albano:
modifiche che lo rendono, di fatto, un prototipo industriale mai
progettato, sperimentato, brevettato né costruito in nessuna parte del
mondo. Progetto in sostanza che se realizzato renderebbe i cittadini
dei Castelli Romani delle cavie umane. Infine abbiamo avanzato anche la
richiesta di sequestro di tutta la documentazione progettuale
depositata dal Co.E.Ma. presso la Regione Lazio. Ora, dopo l’apertura
di questa nuova procedura penale, avanti tutta verso il prossimo
obiettivo: il ricorso all’Unione Europea!
Note:
1) “entro un’ amplissima
discrezionalità amministrativa in relazione all’apprezzamento degli
interessi pubblici e privati coinvolti”: sent. n.1640/2012, V° Sez
Consiglio di Stato.
2) Il procedimento di V.I.A.,
disciplinato dal D.Lgs 152/2006, è destinato a verificare se nel
contesto territoriale, in ragione delle condizioni ambientali (livelli
di inquinamenti dell’aria e delle acque superficiali e di falda,
presenza di adeguate risorse idriche, presenza di vincoli
paesaggistici, particolari condizioni di salute degli abitanti),
l’impianto da realizzare sia o meno compatibile con l’ambiente
globalmente considerato al fine di tutelare, in particolare, la salute
degli abitanti.
3) La conferenza dei servizi,
successiva alla fase V.I.A. e precedente la fase A.I.A., è volta a
valutare, con voto a maggioranza semplice – all’interno di una riunione
collegiale cui partecipano tutti gli enti pubblici indicati dalla legge
(Regione, Provincia, Comune, Arpa, Asl, etc) – la favorevolezza o
contrarietà alla realizzazione di un’opera pubblica. Ai fini del
rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (ovvero la fase
successiva) la legge prevede che vengano acquisiti e messi a verbale i
pareri di tutti gli uffici regionali e delle amministrazioni pubbliche
territoriali interessate alla possibile realizzazione dell’opera.
4) Il procedimento di autorizzazione
integrata ambientale, successivo alla V.I.A., è invece finalizzato a
disporre tutte le prescrizioni necessarie al controllo dell’attività da
autorizzare ed al controllo della gestione dell’impianto industriale. _(Fonte articolo, clicca qui)
Che da un punto di vista politico, con la P maiuscola, cioè di merito e
di opportunità, l’inceneritore ”non s’ha da fare, né ora né mai”, è
sempre stato chiaro ai cittadini ben informati. Oltre ad indire
pubbliche mobilitazioni, il comitato No-Inc strenuamente si batte per
dimostrare anche sul profilo della legittimità legale quanto sia
ingiusta quest’opera. Dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato la
precedente sentenza del TAR rimuovendo così gli ostacoli giuridici alla
sua costruzione, il team di legali del coordinamento continua a
chiedere giustizia nelle aule di tribunale, nella speranza che ancora
regni in questo paese, e non sia asservita ai poteri forti, come molti
hanno pensato dopo la molto discutibile decisione del Consiglio di
Stato. Questa volta si va sul penale, ieri è stata depositata una
denuncia alla Procura della Repubblica di Roma. Si è partiti dalla
palese forzatura che scaturiva dall’ordinanza dell’allora presidente
della Regione Lazio Marazzo (n. Z-0003 del 22.10.2008, annullata dal
Consiglio di Stato) che pretendeva di garantire i ben noti CIP6 (i
famosi fondi pubblici, provenienti dalla tassa del 7% della bolletta
energetica) indispensabili per la realizzazione dell’eco-mostro da
circa 400milioni, nonostante non lo permettessero: i termini di legge,
i due progetti dell’inceneritore, i due decreti di pubblica utilità
(n.116 e n. 147) del Commissario dell’Emergenza rifiuti della regione
Lazio (sempre Marrazzo), i due verbali delle valutazioni di impatto
ambientali, i verbali delle due sospensive in autotutela della prima
V.I.A., i verbali delle due conferenze dei servizi, i verbali della
procedura di autorizzazione integrata ambientale, la Aia, etc. Partendo
da questi dati di fatto, che dimostrano più che una legittima
discrezionalità politica una forzatura burocratica per portare a
termine il disegno della cricca dei rifiuti ben evidenziato nelle
inchieste di ”Report”, lo staff legale ha chiesto ad esperti del
settore di elaborare due nuove ed approfondite relazioni tecniche. Da
queste sono emerse le differenze tra il primo progetto
dell’inceneritore (raffreddato ad acqua) ed il secondo (raffreddato ad
aria) e soprattutto, ciò che sarebbe dovuto avvenire secondo i termini
di legge alla luce delle modifiche apportate all’impianto e cosa,
viceversa, è avvenuto concretamente (ed in quali circostanze).
Quindi alla Procura della Repubblica:
- si contesta il fatto che una modifica sostanziale del progetto (tale anche secondo la Asl Rm-H) avrebbe imposto nuove ed approfondite verifiche da parte d’una apposita Commissione Tecnico Scientifica (Art. 4 dell’ordinanza D.P.C.M. dell’8 novembre 2002);
- si denunciano due dirigenti della Regione Lazio e un consulente privato per abuso d’atti d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, abuso di potere, raggiro, artificio e truffa ai danni dell’Ente Regione Lazio;
- si chiede una perizia tecnica (nella forma di CTU – commissione tecnica d’ufficio – o di CTS – commissione tecnico-scientifica) al fine di accertare quanto prima, le modifiche intervenute (ovvero le differenze sostanziali) tra il primo ed il secondo progetto Co.E.Ma. dell’inceneritore di Albano: modifiche che lo rendono, di fatto, un prototipo industriale mai progettato, sperimentato, brevettato né costruito in nessuna parte del mondo. Progetto in sostanza che se realizzato renderebbe i cittadini dei Castelli Romani delle cavie umane;
- infine si è avanzata la richiesta di sequestro di tutta la documentazione progettuale depositata dal Co.E.Ma. presso la Regione Lazio.
I referenti legali del comitato NoInc
hanno inoltre annunciato che a breve verrà presentato un ricorso alla
Corte di Giustizia Europea. Non possiamo che augurarci che questa
battaglia di civiltà sia vinta dai movimenti, oltre che nella aule
legali, nelle opportune sedi politiche, adottando i giusti metodi di
smaltimento dei rifiuti, affinché a pagarne le conseguenze non sia la
salute dei cittadini.
http://differenziati.com/
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