_(Fonte articolo, clicca qui) La questione rifiuti di Roma nell’ultima settimana è diventata un caso nazionale, di cui si sono dovute occupare direttamente le più alte istituzioni repubblicane: Governo e Presidente della Repubblica. La roulette dei siti di discarica, continuata a girare per mesi, si era fermata per volere del Commissario all’emergenza il Prefetto di Roma Pecoraro, proprio lì dove ogni possibile immaginazione non avrebbe osato spingersi: Corcolle. Un ex cava dismessa a 700 metri di distanza da Villa Adriana, una delle meraviglie storico-archeologiche più preziose al mondo, patrimonio dell’Unesco. L’eco di questa scelta inusitata è rimbalzata in tutto il mondo, tanto da mobilitare cinquemila intellettuali e spingere il Presidente Napolitano a far sentire la sua voce. A stragrande maggioranza Il Consiglio dei Ministri ha condiviso la netta contrarietà di questa scelta espressa dai Ministri Clini ed Ornaghi. Il Commissario Pecoraro non ha potuto far altro che rassegnare le dimissione. Ora la ruota verrà agita dal Prefetto Goffredo Sottile, già Commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria, che è stato nominato nuovo Commissario per l’emergenza. A lui il compito di trovare il sito “temporaneo” che dovrà far fronte alla chiusura di Malagrotta, comunque destinata a restare in funzione almeno per tutto il 2012. Nove mesi vissuti pericolosamente. Buttati in polemiche, scaricabarili, velenosi rimpalli tra Polverini ed Alemanno, Clini e Pecoraro, Pecoraro ed Alemanno, Polverini e Clini. Ognuno di loro rappresenta istituzioni di primo piano in questo Paese, che a diverso titolo e con diverse responsabilità sono chiamate a dare soluzioni efficaci e coerenti con la legge, alla gestione del ciclo dei rifiuti della Capitale, per anni lasciata marcire nel nauseabondo ottavo colle di Roma, la discarica di Malagrotta. Nove mesi vissuti in perenne stato di angoscia e di mobilitazione da parte delle comunità locali, che ogni giorno temono di veder fermare la pallina della discarica sul rosso dei propri territori. Comunità che hanno provato ad unire le vertenze locali e le mobilitazioni, in un unico fronte comune che chiede, non da ora, una diversa gestione del ciclo dei rifiuti, che superi il sistema discariche ed inceneritori, per adeguarsi a ciò che avviene in molti paesi europei, che hanno sviluppato nel recupero e riciclaggio dei rifiuti una fiorente economia alternativa. Loro non sono disposti a restare vittime della guerra che qualcuno vorrebbe alimentare del qualunque posto, ma non nel mio giardino. Ora riparte il toto discarica. E continueremo ad assistere a nuove rivolte delle popolazioni che verranno costrette ad abitarci vicino. Rivolte più che giustificate dal momento che i cittadini sono consapevoli che non c’è cosa più definitiva nel Lazio di una discarica “temporanea”. Se non cambia radicalmente la politica dei rifiuti a Roma, da qui non si esce. Perché le scelte di fondo fatte finora dai soggetti istituzionali in campo sono chiare. A cominciare dal Sindaco Alemanno che ha in mente di cedere, tra le varie aziende municipalizzate, l’AMA ai privati per il 40%. Per far questo il valore aziendale deve crescere e diventare appetibile. E può esserlo nella misura in cui si punti su tipologie d’impianti con alti tassi di rendimento, quali discariche ed inceneritori. Per questo e non per altro, non va incrementata la raccolta differenziata, che se spinta verso gli obiettivi di legge, sottrae via via quantità significative di rifiuti indispensabili al pieno funzionamento di tali impianti e quindi al loro rendimento economico. Si tratta di una strategia molto chiara: mantenere il ruolo residuale della raccolta differenziata, per garantire opportuni ricavi agli impianti di discarica e di incenerimento. Per questo il toto discariche non risolve, ma aumenta l’emergenza. Occorre capovolgere radicalmente politica e strategia. Serve una profonda innovazione di sistema, una riorganizzazione territoriale dei servizi a partire dalla raccolta differenziata, il coinvolgimento immediato e diretto dei cittadini e dei lavoratori dell’AMA, per rendere la gestione sostenibile dei rifiuti vantaggiosa e conveniente dal punto di vista economico ed ambientale. Invece di decentrare la monnezza, disseminando discariche nel territorio della provincia, Roma capitale dovrebbe riorganizzare territorialmente la gestione del ciclo, in aree territoriali prossime ai luoghi di produzione dei rifiuti, dando maggiori poteri ai Municipi per organizzare e controllare la qualità e l’efficienza dei servizi di raccolta differenziata e gli impianti per il recupero e il riciclo delle materie, a cominciare da quelli per il trattamento dell’umido, che vanno immediatamente realizzati. Questo consentirebbe nel breve e nel lungo periodo maggiori economie di scala derivanti sia dalla diminuzione dei rifiuti da conferire in discarica, il cui costo ha raggiunto i 70 €uro a tonnellata cui vanno aggiunti 20 €uro a tonnellata per il preliminare trattamento ormai obbligatorio, sia l’incremento dei ricavi corrispondenti dal recupero delle materie avviate ai consorzi di filiera. I risparmi complessivi non solo consentirebbero di coprire i maggiori costi di investimento iniziali, ma nel medio e lungo periodo si tradurrebbero in un sistema premiale di riduzione della tariffa per i cittadini. Per questo serve un Patto per la gestione sostenibile dei rifiuti a Roma, che metta dalla stessa parte istituzioni, aziende, cittadini per mettere Roma e il Lazio in linea con l’Europa, dove riduzione, recupero, riciclo e riuso consentono di trasformare davvero i rifiuti da problema in risorsa. Una sfida per uscire dall’emergenza. Una sfida per la stessa coalizione di centrosinistra che se si vuole candidare al futuro governo della città, deve costruire l’alternativa ad Alemanno a partire da una delle questioni cruciali per il futuro di Roma e del Lazio.
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