Cerroni coinvolto anche nell’affare Acerra.
Camorra e imprenditoria privata a braccetto sulle spalle del denaro dei contribuenti (articolo sottostante, buona lettura).
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Nel 2009, quando fu inaugurato, Berlusconi lo definì «un dono di Dio», «un prototipo da ricostruire in almeno quattro regioni italiane». L’inceneritore di Acerra, in provincia di Napoli, nato per risolvere l’emergenza rifiuti in Campania, è diventato il tesoretto per affaristi locali, capitani coraggiosi, multinazionali, ma anche per la camorra. Come emerge dal racconto del pentito Pasquale Di Fiore, killer e boss di vertice dell’omonimo clan. Il collaboratore, interrogato dagli inquirenti, ha messo a verbale il pizzo pagato dalla ditta che ha fornito il calcestruzzo per edificare il mega impianto: «In un’occasione in cui ero anche io presente unitamente ad altri, si quantificò la somma che l’imprenditore Caricchio avrebbe dovuto pagare in 180mila euro, poi ridotta a 150mila per le difficoltà manifestate dall’imprenditore». Su Acerra, la più grande opera pubblica dell’era Berlusconi, costata oltre 300 milioni di euro, hanno mangiato tutti. Camorristi e grandi imprese del Nord. Il conto lo pagano i cittadini di Napoli, costretti a versare la più alta tassa sui rifiuti d’Italia.
La prima grande impresa a guadagnare è stata Impregilo spa, che ha realizzato l’impianto commissionato dalla Protezione civile che gestiva l’emergenza rifiuti in Campania. Gli ex manager della multinazionale italiana sono sotto processo davanti al tribunale di Napoli per il disastro rifiuti e le irregolarità nella gestione del ciclo. Eppure il governo Monti ha disposto il pagamento di 355 milioni di euro a Impregilo per la cessione alla Regione del mega impianto, oggi gestito dalla multiutility lombarda A2a. I soldi sono quelli dei Fas, risorse destinate alle aree sottoutilizzate, ma che andranno ad alimentare le casse del gigante del Nord. La decisione ha scatenato l’ira dei parlamentari campani che hanno ottenuto un ammorbidimento del decreto legge. La cifra, almeno, non dovrebbe pesare sul patto di stabilità regionale. Impregilo non è stata l’unica impresa a beneficiare della costruzione del mega forno. Al tavolo della spartizione dei soldi pubblici si sono seduti anche i camorristi. Ovviamente a modo loro: in silenzio e senza disturbare. Il racconto di Pasquale Di Fiore è al vaglio dei magistrati e degli inquirenti che lo ritengono un pentito attendibile. Il collaboratore spiega gli interessi della camorra nella costruzione del forno: «In quello stesso periodo – mi riferisco agli anni tra il 2000 e il 2002 – il mio gruppo cercava di imporre il controllo delle attività estorsive e in generale il controllo delle attività lecite per la realizzazione dell’inceneritore di Acerra». A lucrare sull’impianto, in competizione con il clan di Pasquale Di Fiore, c’era anche il gruppo criminale di Alfonso Nino, a capo dell’omonimo sodalizio, egemone nel nolano, recentemente raggiunto in carcere da una ordinanza cautelare firmata dal gip Antonella Terzi, proprio in seguito all’interrogatorio del pentito, datato novembre 2011. Il collaboratore spiega il business nei dettagli: «In quello stesso arco di tempo, Nino Alfonso intendeva controllare le attività complessivamente inerenti alla realizzazione dell’inceneritore di Acerra, alleandosi con i casalesi e consentendo a loro ditte di realizzare i lavori necessari. Ricordo in particolare che per la fornitura del calcestruzzo Nino Alfonso aveva imposto sulla zona la ditta di Caricchio Claudio, anche approfittando di un momentaneo momento di nostra debolezza». Insomma la ditta che fornì il calcestruzzo era espressione della volontà del capo clan di un gruppo criminale diverso. Per risolvere il “contezioso” i camorristi di zona applicano ai concorrenti la loro la tangente estorsiva: «Nel 2006, a fornitura finita per ciò che riguardava la realizzazione dell’inceneritore di Acerra, mio suocero Ciro De Falco che era stato da poco scarcerato, impose a Caricchio il pagamento di una tangente estorsiva: 3 euro per ogni metro cubo di cemento scaricato». In tutto 150mila euro. Un pizzo della camorra sulla camorra. Le dichiarazioni del pentito si vanno ad aggiungere al dato, già acquisito, dell’impiego di ditte vicine ai clan nella costruzione dell’impianto come la Edilcar, poi raggiunta da interdittiva antimafia e impegnata anche nella realizzazione della discarica di Chiaiano. Ma non è finita. Attualmente il trasporto dei rifiuti prodotti dall’impianto è affidato a un’Ati, Associazione temporanea di imprese. La Protezione civile, contattata da left, ha chiarito che le ditte continuano a operare fino a quando la nuova gara, già indetta, non sarà assegnata. Il contratto prevede un corrispettivo di 85 euro a tonnellata per il trasporto delle scorie e di 185 euro a tonnellata per le polveri prodotte dall’impianto. Un buon guadagno per l’Ati (formata da Rmb, Veca Sud e Systema ambiente) che dal 2010 si occupa del trasporto. Ma anche qui non mancano problemi. I Nas, nel luglio 2010, denunciarono 21 autotrasportatori della società Veca sud. Secondo i carabinieri all’andata in direzione Brescia i camion venivano riempite di ceneri velenose, mentre al ritorno, di mais destinato agli allevamenti dei bovini. Uno sfarinato contaminato dal metallo pesante. Finito, attraverso la catena alimentare, sulle tavole dei cittadini campani. A Brescia la società che riceve i rifiuti è la Systema ambiente srl, il presidente del Consiglio di amministrazione è Manlio Cerroni, il re dei rifiuti di Roma, proprietario della mega discarica di Malagrotta, che fa affari anche sul pattume di Napoli. Tra le ditte di trasporto dei rifiuti prodotti dall’impianto c’è anche la Progest spa, nel luglio 2010 coinvolta in una inchiesta sul traffico illecito di rifiuti, condotta dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. L’attuale gestione dell’impianto è, invece, affidata all’A2a, la grande multiutiliy di Milano e Brescia. L’energia prodotta dal forno gode, per 8 anni, degli incentivi Cip6, i contributi pubblici che dovrebbero finanziare la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma che premia economicamente anche i bruciatori di rifiuti. Nel 2010 i ricavi dell’impianto per A2a hanno sfiorato i 60 milioni di euro. Cerroni, A2a, Impregilo, le imprese locali e sullo sfondo le ditte di camorra.
Acerra è, davvero, un dono di Dio. Aveva ragione Berlusconi.
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