Il MUOS (Mobile User Objective System) incarna le mille contraddizioni della globalizzazione neoliberista. Uccide in nome della pace e dell’ordine sovranazionale. Devasta il clima, l’ambiente, il territorio. Dilapida risorse umane e finanziarie infinite. Rigenera le ingiustizie. Esautora ogni controllo dal basso. Espropria democrazia. Rafforza il blocco di potere transnazionale. Inquina irrimediabilmente la natura e la ragione. Viola il diritto alla salute di intere popolazioni.
È a Niscemi (Caltanissetta), nel cuore di un’importante riserva naturale, che fervono i preparativi per l’installazione di tre
grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri, funzionanti in
banda Ka per le trasmissioni verso i satelliti geostazionari e due
trasmettitori elicoidali in banda UHF (Ultra High Frequency), di
149 metri d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le
maxi-ante trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori
compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori elicoidali avranno
una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz. Onde elettromagnetiche che penetreranno la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente.
Il
terminale terrestre di Niscemi sarà una delle quattro infrastrutture
sparse per il mondo che assicureranno il funzionamento dell’ultima
generazione della rete satellitare in UHF (altissima frequenza) che
collegherà tra loro i Centri di Comando e Controllo delle forze armate
Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio
esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i
Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), ecc..
Al
progetto siciliano, la Us Navy ha destinato oltre 43 milioni di
dollari, 13 dei quali per la predisposizione dell’area riservata alla
stazione terrestre, del centro di controllo, dei megageneratori
elettrici e di un deposito di gasolio; 30 milioni di dollari per gli
shelter e l’acquisto delle attrezzature tecnologiche del sistema MUOS.
Star Wars made in Sicily
In
realtà, originariamente la base prescelta per il terminal del nuovo
sistema satellitare era quella di Sigonella, la principale stazione
aeronavale della Marina militare degli Stati Uniti nel Mediterraneo.
Poi, la Us Navy ha deciso di dirottare l’impianto terrestre presso la
vicina stazione di Niscemi, che dal 1991 assicura le comunicazioni
supersegrete e non, delle forze di superficie, sottomarine, aeree e
terrestri e dei centri di comando ed intelligence Usa e Nato. Il cambio
di destinazione è stato dettato dalle risultanze di uno studio
sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne
del MUOS, elaborato da AGI - Analytical Graphics, Inc., importante
società con sede a Exton, Pennsylvania, in collaborazione con la Maxim
Systems di San Diego, California. Lo studio, denominato “Sicily RADHAZ
Radio and Radar Radiation Hazards Model”, è consistito
nell’elaborazione di un modello di verifica dei rischi di irradiazione
elettromagnetica sui sistemi d’armi, munizioni, propellenti ed
esplosivi ospitati nello scalo aeronavale siciliano (HERO - Hazards of Electromagnetic to Ordnance). La simulazione informatica del modello ha condotto ad un inatteso “No” all’ipotesi di utilizzo della base di Sigonella.
“Il
modello Radhaz Sicilia - si legge sul sito internet dell’AGI - è stato
implementato con successo a Sigonella, giocando un ruolo significativo
nella decisione di non usare il sito per il terminale terrestre MUOS e
di trovare una nuova destinazione”. Anche Filippo Gemma, amministratore
di Gmspazio Srl di Roma (società che rappresenta in Italia la
statunitense AGI), ha confermato l’esito negativo dello studio
sull’impatto elettromagnetico. Nel corso di un’intervista a RaiNews 24,
trasmessa il 22 novembre 2007 durante lo speciale “Base Usa di
Sigonella. Il pericolo annunciato”, Gemma ha dichiarato che “una delle
raccomandazioni di AGI era che questo tipo di trasmettitore non dovesse
essere installato in prossimità di velivoli dotati di armamento, i cui
detonatori potessero essere influenzati dalle emissioni
elettromagnetiche del trasmettitore stesso". I ricercatori hanno cioè
accertato che le fortissime emissioni elettromagnetiche possono avviare
la detonazione degli ordigni presenti nella base militare.
Con
il trasferimento della stazione terrestre MUOS a Niscemi, la Us Navy ha
dato per risolti i problemi ai sistemi d’arma e ai mezzi aerei ospitati
a Sigonella, “eliminando” possibili rischi ai militari e civili
statunitensi che vivono e lavorano nella base. Nessuna considerazione
invece per gli effetti sulla salute e la sicurezza delle popolazioni
che abitano nelle aree prossime alla stazione di telecomunicazione
chiamata ad ospitare il nuovo sistema satellitare. La gravità e le
incongruenze degli sudi che hanno spianato la strada alla concessione
delle autorizzazioni del MUOS hanno spinto l’Amministrazione comunale
di Niscemi ad affidare al Politecnico di Torino un’Analisi dei rischi del Mobile User Objective System presso il Naval Radio Transmitter Facility di contrada Ulmo.
Il
rapporto, presentato il 4 novembre 2011 dai professori Massimo
Zucchetti (ordinario di Impianti nucleari del Politecnico e research
affiliate del MIT – Massachusetts Institute of Thecnology) e Massimo
Coraddu (consulente esterno del Dipartimento di energetica), ha
rilevato l’insostenibilità ambientale del nuovo impianto e le “gravi
carenze” degli studi effettuati dagli statunitensi. “Nella valutazione redatta dalla US Navy nel 2008 - scrivono Zucchetti e Coraddu - non
viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei
rischi possibili: un incidente che porti all’esposizione accidentale al
fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per
brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km».
“Nonostante
gli scarni dati disponibili – aggiungono i due ricercatori – con la
realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio
dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari
a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con la
possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento
del campo nettamente superiore. C’è poi il rischio di effetti acuti
legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in
seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle
persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno
gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti”.
Incubo MUOS per l’aeroporto di Comiso
Le
onde elettromagnetiche avranno pesantissimi effetti pure sul traffico
aereo nei cieli siciliani e in particolare sul vicino aeroporto di
Comiso, prossimo all’apertura. “La potenza del fascio
di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi
interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse
essere investito accidentalmente”, spiegano Zucchetti e Coraddu. “Gli
incidenti provocati dall’irraggiamento di aeromobili distanti anche
decine di Km. sono eventualità tutt’altro che remote e trascurabili ed
è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli
studi progettuali. I rischi d’interferenza investono potenzialmente
tutto il traffico aereo della zona circostante il sito d’installazione
del MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso, a
poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare
di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano
rispettivamente a 52 Km e a 67 Km”. Sigonella, tra l’altro, è oggetto delle spericolate operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli da guerra senza pilota Global Hawk, Predator e Reaper a disposizione delle forze armate USA e NATO.
Un sistema-business per i mercanti di morte
Sino
ad oggi, del “rivoluzionario” sistema MUOS si è visto ben poco. Il
lancio in orbita del primo satellite è avvenuto solo lo scorso 24
febbraio, ventiquattro mesi in ritardo rispetto ai cronogrammi
progettuali. Secondo quanto era previsto in origine, entro la fine del
2012 dovevano entrare in funzione i quattro terminali a terra: uno alle
Hawaii; uno a Norfolk, Virginia; uno in Australia e il quarto a
Niscemi. Inoltre, le gigantesche antenne dovevano essere puntate e
comunicanti con due dei quattro satelliti geostazionari programmati. Si
è però verificato un impressionante numero di “imprevisti” tecnici,
sono falliti numerosi test, sono state aggiunte soluzioni alternative
per le apparecchiature terrestri e spaziali ed è stato modificato il
link con la più potente centrale di spionaggio planetario, la NSA - National Security Agency
USA. Alla fine si è pure scoperto un macroscopico errore progettuale: i
quattro satelliti previsti erano insufficienti a garantire la copertura
di tutti i continenti. E i produttori si sono dovuti presentare al
Congresso per chiedere un finanziamento straordinario di 340 milioni di
dollari per realizzarne un quinto.
Stando ai
programmi rivisti e corretti, le infrastrutture terrestri saranno
pienamente funzionanti solo entro il primo trimestre 2013, mentre i
satelliti verranno lanciati in ordine uno all’anno (il secondo entro la
fine del 2012, il terzo nel 2013, il quarto nel 2014, l’ultimo entro
l’ottobre del 2015). Ma c’è da credere che i tempi per la piena
operatività del MUOS si dilateranno ulteriormente, come cresceranno
ancora le spese di progettazione e realizzazione. Con gran gioia dei
signori del complesso militare-industriale statunitense, unici
beneficiari di un sistema la cui utilità e sempre più messa in dubbio
da congressisti e analisti militari.
Il programma MUOS è stato affidato nel 2002 alla Lockheed Martin,
la più potente delle compagnie USA del comparto difesa, produttrice dei
famigerati cacciabombardieri F-35, oltre 126.000 dipendenti e un
fatturato annuo di 45,8 miliardi di dollari. In qualità di prime contractor, la controllata Lockheed Martin Space Systems
di Sunnyvale (California) ha il compito di progettare e realizzare
quasi tutte le componenti e le apparecchiature dei sistemi terrestri e
satellitari. Qualche briciola dell’affare MUOS va anche ad altre
importanti società di armamenti: General Dynamics C4 Systems
(Scottsdale, Arizona), chiamata ad installare le mega-antenne
satellitari e a curare il collegamento tra i quattro distinti segmenti
terrestri; Boeing Defense Space and Security (El Segundo, California), per la messa in funzione e la verifica di compatibilità del sistema; Harris Corporation (Melbourne, Florida) per la fornitura della rete dei riflettori; la filiale texana della svedese Ericsson per la costruzione di alcune porzioni del segmento integrato terrestre.
Il
costo complessivo del MUOS? Ancora un mistero anche perché nei bilanci
del Dipartimento della difesa le voci destinate al sistema satellitare
si moltiplicano con gli anni e fare ordine tra i numeri è fatica di
Sisifo. In alcuni documenti ufficiali si fa riferimento a una spesa
complessiva di 3,26 miliardi di dollari. Un dato a cui non crede
assolutamente il Government Accountaibility Office (GAO), la
Corte dei Conti degli Stati Uniti d’America, che in un report del marzo
2011 sui sistemi d’arma in via di acquisizione dal Pentagono ha stimato
un costo finale non inferiore ai 6 miliardi e 830 milioni di dollari,
salvo altri colpi di scena.
La mafia del MUOStro
Ai
danni ambientali si è aggiunto l’aggiramento dei protocolli
istituzionali in tema di legalità e opere pubbliche. Con l’avvio dei
lavori, è comparsa come subappaltatrice la “Calcestruzzi Piazza Srl”,
società sotto osservazione da parte degli organi inquirenti per
presunte contiguità criminali.
Secondo il
senatore Giuseppe Lumia (Pd) che il 14 febbraio 2012 ha presentato una
specifica interrogazione ai Ministri della difesa e dell’interno, “la
Calcestruzzi Piazza ha come amministratore unico Concetta Valenti, il
cui marito convivente è Vincenzo Piazza, che, in base ad indagini della
Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Caltanissetta nonché ad altri
elementi info-investigativi segnalati dalle Forze dell’ordine,
apparirebbe fortemente legato al noto esponente mafioso del clan
Giugno-Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente libero a Niscemi”.
Il senatore Lumia rileva che nel corso dell’indagine Atlantide-Mercurio della procura antimafia di Caltanissetta (gennaio 2009) “sono emersi contatti del Piazza con esponenti mafiosi» che «evidenziano
ingerenze e condizionamenti di Cosa nostra nell’appalto per i lavori di
recupero, consolidamento e sistemazione a verde dell’area sottostante
il Belvedere, commissionati dal Comune di Niscemi”. Il
7 novembre 2011, la Prefettura di Caltanissetta ha reso noto che dopo
le verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione
antimafia, “sono emersi elementi tali da non potere
escludere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti
a condizionare le scelte e gli indirizzi della sopracitata società”.
Alla base del pronunciamento prefettizio, i contenuti di un rapporto
della Divisione Polizia anticrimine della Questura di Caltanissetta del
6 ottobre 2011, e di quello della Sezione Criminalità organizzata della
stessa Questura del 27 dicembre 2010.
A
seguito dell’intervento prefettizio, il 25 novembre 2011 il dirigente
dell’Area servizi tecnici della Provincia regionale di Caltanissetta ha
sospeso la “Calcestruzzi Piazza” dall’Albo delle imprese per le
procedure di cottimo-appalto. Venti giorni dopo anche il capo
ripartizione per gli Affari generali del Comune di Niscemi ha disposto
l’esclusione della società dall’elenco dei fornitori e dall’Albo delle
imprese di fiducia. Contro i provvedimenti, i Piazza hanno presentato
ricorso al TAR, minacciando querele contro il senatore Lumia e i
giornalisti che hanno segnalato la presenza dell’azienda nei lavori del
MUOS. “La conoscenza o la frequentazione di Giancarlo
Giugno da parte di Vincenzo Piazza non ha influenzato le scelte
personali del secondo, che invece sono state di segno esattamente
opposto rispetto alla vicinanza ad un comportamento mafioso”, affermano i legali della “Calcestruzzi”. “Non
si comprende, dunque, secondo quale passaggio logico il primo avrebbe
sul secondo un’influenza così profonda ed estesa, da fare ritenere
probabile l’intromissione nella gestione della società, di cui peraltro
il secondo non è socio né amministratore”. Una tesi
che ha convinto e tranquillizzato il Dipartimento della difesa, il
Comando USA di Sigonella, l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma e il Consorzio Team MUOS Niscemi.
In questo modo, impunemente, l’azienda ha potuto concludere i suoi
lavori. Una visita ai luoghi, in piena zona B della riserva naturale
orientata “Sughereta” (area SIC), mostra dolorosi scenari di
devastazione del territorio. A seguito delle denunce degli
amministratori e delle associazioni ambientaliste, la Procura della
Repubblica di Caltagirone ha aperto un fascicolo per “presunti” reati
ambientali.
Le innumerevoli illegalità e
l’arroganza dei potentati criminali hanno riportato Niscemi indietro di
alcuni anni. Il Comune era stato sciolto per infiltrazione mafiosa due
volte in meno di dodici anni, la prima il 18 luglio 1992, il giorno
prima dell’assassinio del giudice Borsellino e della sua scorta, la
seconda il 27 aprile 2004. Faticosamente erano poi stati riconquistati
spazi di agibilità democratica e legalità, grazie innanzitutto al
coraggio e al protagonismo delle nuove generazioni. Ma con il MUOS e i
lavori in mano agli amici del boss, il clima è tornato a farsi
pesantissimo.
Pericolo UAV nei cieli siciliani
Da
due anni Catania Fontanarossa, il terzo aeroporto d’Italia come volume
di traffico, oltre sei milioni e mezzo di passeggeri l’anno, è
asservito alla dronomania della Marina e dell’Aeronautica militare
degli Stati Uniti d’America. Atterraggi e decolli ritardati, le
attività sospese in pista e nelle piattaforme, timetable che
per effetto domino impazziscono in tutto il Continente, gli imprevisti
e faticosi dirottamenti su Palermo. Volare da o su Catania vuol dire
disagi che si sommano ai disagi, nuovi pericoli che si aggiungono a
quelli vecchi. In futuro sarà peggio. Entro il 2015, la grande stazione
aeronavale di Sigonella sarà consacrata capitale mondiale degli aerei senza pilota (UAV) e ospiterà sino a venti Global Hawk e sciami di droni d’attacco e di morte. E Fontanarossa sarà soffocata, imprigionata, asservita alla guerra.
Nonostante
i tentativi della società che gestisce lo scalo di tranquillizzare
l’opinione pubblica, negli ultimi mesi la situazione si è fatta
sicuramente più pesante. Dall’8 marzo di quest’anno a Fontanarossa sono
state sospese tutte le procedure strumentali standard nelle fasi di
accesso, partenza e arrivo degli aeromobili, “causa attività degli Unmanned Aircraft”,
gli aerei senza pilota in dotazione alle forze armate statunitensi e
alleate, come specificato da una nota ai piloti di aeromobili (NOTAM)
emessa dalle autorità preposte al controllo del traffico. Le
limitazioni dovevano durare sino allo scorso 5 giugno, ma un giorno
prima della scadenza dei termini, tre NOTAM distinti dai codici B4048,
B4049 e B4050 hanno prorogato la sospensione delle procedure standard
sino al prossimo 1 settembre. Anche stavolta il transito dei voli
civili, in piena stagione estiva, sarà subordinato alle evoluzioni dei
droni. Semaforo giallo anche per i cacciabombardieri e gli aerei radar
e da trasporto uomini e mezzi delle forze armate. Un altro avviso,
codice M3066/12, ha ordinato infatti la sospensione di tutte le
strumentazioni standard al decollo e all’atterraggio nel Sigonella Airport, dal 4 giugno all’1 settembre 2012, anche stavolta per le attività degli Unmanned Aircraft.
Disagi e limitazioni al traffico aereo per tutta l’estate a causa delle
evoluzioni dei droni pure nell’aeroporto di Trapani Birgi: tre NOTAM
simili a quelli di Catania, emessi la mattina dell’1 giugno, impongono
la sospensione delle procedure standard per i piloti di aerei civili
fino al 29 agosto 2012.
Affaire droni
La
Sicilia trampolino bellico si trasforma in laboratorio sperimentale del
piano di iper-liberalizzare lo spazio aereo alle scorribande degli
aerei senza pilota. La sicurezza delle popolazioni e dei passeggeri
sacrificata all’altare degli interessi economici del complesso militare
industriale USA. In Europa e aldilà dell’Atlantico, governi e organismi
internazionali sembrano impotenti di fronte all’intollerabile pressing
dei produttori di droni. Il business è enorme: secondo gli analisti
economici, nei prossimi dieci anni la spesa annua per i sistemi senza
pilota crescerà da 6,6 ad 11,4 miliardi di dollari e ci sarà pure
un’ampia espansione anche in ambito civile. Solo in riferimento alla
tipologia degli UAV ospitati pure a Sigonella (gli RQ-4 Global Hawk, gli MQ-9 Reaper e gli MQ-1 Predator), il Pentagono vuole portarli dagli attuali 340 a 650 nel 2021. Ognuno di essi ha costi insostenibili. Ogni falco globale
di US Air Force, quello più vecchio, costa 50 milioni di dollari (in
Sicilia ce ne saranno presto cinque). Gli altri cinque UAV previsti per
Sigonella con il programma Allied Ground Surveillance (AGS) di
sorveglianza terrestre della NATO, costeranno complessivamente 1,7
miliardi di dollari. Spesa record di 233 milioni a drone per la
versione Global Hawk acquistata dalla Marina USA nell’ambito del programma Broad Area Maritime Surveillance (BAMS) che vedrà ancora la Sicilia piattaforma avanzata per i raid in Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico.
Due
anni fa, senza che sia stato ancora disciplinato l’impiego degli
aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo europeo,
l’Aeronautica militare e l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac)
hanno siglato un accordo tecnico per consentire l’impiego dei Global Hawk
di Sigonella nell’ambito di spazi aerei “determinati” (terminologia del
tutto nuova rispetto a quella in uso nei NOTAM dove gli spazi sono proibiti, pericolosi o limitati).
In linea teorica si annuncia l’adozione di procedure di coordinamento
tra autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto
sulle attività aeree civili” e “nel rispetto dei principi della
sicurezza del volo”, anche se poi si ammette che per le operazioni
“connesse a situazioni di crisi o di conflitto armato”, l’impiego dei
droni non sarà sottoposto a limitazioni di alcun genere. Nel
Mediterraneo cronicamente in fiamme è come dare illimitata libertà di
azione ai falchi globali e ai predatori del cielo e del mare.
I
velivoli telecomandati rappresentano un rischio insostenibile per il
traffico civile e le popolazioni che risiedono nelle vicinanze degli
scali utilizzati per le manovre di decollo e atterraggio. Negli Stati
Uniti d’America il tasso degli incidenti agli aerei senza pilota è
nettamente superiore a quello dell’aviazione generale e di quella
commerciale, come più volte sottolineato dalla Federal Aviation Administration,
l’amministrazione responsabile per la gestione delle attività nello
spazio aereo nazionale. Il 15 luglio 2010, durante un’audizione alla
Commissione per la sicurezza pubblica interna del Congresso, la
vicepresidente della FAA ha espresso forti perplessità su una “rapida e
piena integrazione” dei sistemi senza pilota nel traffico aereo
generale, così come auspicato dal Pentagono e dal presidente Obama.
“Molti dei dati a nostra disposizione arrivano solo dalla Customs and Border Protecion (CPB) che pattuglia i nostri confini”, spiega la Federal Aviation Administration.
“Essi ci rivelano che i ratei di incidenti degli UAS sono molto grandi.
Dall’anno fiscale 2006 alla data del 13 luglio 2010, ad esempio, la CPB
ha riferito un tasso incidentale grave di 52,7 ogni 100.000 ore di
volo, cioè oltre sette volte più alto di quello dell’aviazione generale
e 353 volte più elevato di quello dell’aviazione commerciale. Non si
deve poi dimenticare che il numero di ore di volo denunciato, 5.688, è
molto basso rispetto a quello che viene solitamente considerato in
aviazione per fissare i dati sulla sicurezza e gli incidenti…”.
Incidenti, incidenti e ancora incidenti
Un recentissimo report di Bloomberg,
la maggiore società statunitense di analisi del mercato economico e
finanziario, ha messo il dito nella piaga droni. Da quando sono
operativi con US Air Force, Global Hawk, Preador e Reaper
hanno subito 129 incidenti in cui i danni hanno comportato una spesa
superiore ai 500.000 dollari o è avvenuta la distruzione del velivolo
in missione. “Questi tre tipi di UAV sono quelli con il maggior tasso
d’incidente di tutta la flotta aerea militare”, scrive Bloomberg. “Insieme hanno cumulato 9,31 incidenti ogni 100.000 ore di volo, tre volte in più degli aerei con pilota”. Il Global Hawk, da solo, ha un tasso di 15,16.
“Effettivamente
il rateo d’incidenti dei sistemi aerei senza pilota (UAS) non è
incoraggiante”, ammette il maggiore dell’aeronautica, Luigi Caravita,
autore di un approfondito studio sui droni pubblicato dal Centro
Militare di Studi Strategici (Cemis). “La mancanza di una capacità
matura di sense & avoid (senti ed evita) verso altro
traffico può diventare ancor più critica se associata alla
vulnerabilità o alla perdita del data link tra segmento di terra e
segmento di volo: in più di un occasione un Predator è stato
perso a seguito d’interruzione del data link”, spiega il maggiore. “Ad
oggi gli UAS militari non sono autorizzati a volare, se non in spazi
aerei segregati, perché non hanno una banda aeronautica protetta, non
sono ancora considerati sufficientemente affidabili, non hanno ancora
totalizzato un numero di ore di volo sufficiente da costituire un safety case rappresentativo e convincente, non è stata ancora dimostrata adeguata resistenza da attacchi di cyber warfare”.
Analoghe
considerazioni sono state fatte dal comando generale di US Air Force
nel documento che delinea la visione strategica sull’utilizzo di questi
sistemi di guerra (The U.S. Air Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle - Strategic Vision).
“I velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali
estreme e vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e
non cinetiche”, scrivono i militari statunitensi. Per questo
Eurocontrol, l’organizzazione per la sicurezza del traffico aereo a cui
aderiscono 38 stati europei, ha stabilito nel marzo 2010 alcune linee
guida per la gestione del traffico aereo dei falchi globali
destinati allo scacchiere continentale. In particolare, si raccomanda
d’isolare i droni-spia da altri usuari dello spazio aereo. “Dato che i Global Hawk non possiedono certe capacità, come il sense and avoid,
è necessario che i decolli e gli atterraggi avvengano in spazi aerei
segregati dai livelli normalmente utilizzati dai convenzionali aerei
con pilota, mentre le missioni di crociera dovranno essere effettuate
ad altitudini non occupate da essi”. Nel caso di Catania-Fontanarossa,
scalo a meno di una decina di km in linea d’aria da Sigonella, le
raccomandazioni di Eurocontrol sono solo carta straccia.
Sulle scellerate scelte USA e NATO d’installare i Global Hawk
in Sicilia è intervenuto uno dei massimi esperti dell’aviazione
italiana, il comandante Renzo Dentesano, pilota per quarant’anni
dell’Aeronautica ed Alitalia, poi consulente del Registro aeronautico e
perito per diverse Procure nei procedimenti relativi ad incidenti
aerei. “Questi aeromobili militari saranno in grado di partire e
tornare alla base siciliana dopo aver compiuto missioni segrete e
pericolose, delle quali nessuno deve saper nulla, onde poter effettuare
con successo i loro compiti di sorveglianza e spionaggio”, scrive
Dentesano. “Questo tipo di ricognitori, concepiti appunto per missioni
troppo rischiose per essere affidate a mezzi con a bordo degli esseri
umani, nonostante tutte le misure di security di cui sono dotati i loro
ricevitori di bordo, possono essere interferiti da segnali elettronici
capaci di penetrare nei loro sistemi di guida e controllo, in modo da
causarne la distruzione”, aggiunge Dentesano. “I Global Hawk, come pure il Predator,
non risultano in grado di assicurare l’incolumità del traffico aereo
civile. Essi non sono in grado di variare la loro traiettoria di volo
in senso verticale, salendo o scendendo di quota, come la situazione
per evitare una collisione prontamente richiederebbe. E la sola
variazione della direzione di moto, rimanendo alla stessa altitudine,
potrebbe non bastare ad evitare un disastro che coinvolga un traffico
civile”.
L’allarme è stato lanciato da tempo
ma Governo, Regione ed enti locali non vedono, non sentono, non
parlano. Il DC 9 abbattuto da un missile nel cielo di Ustica, il 27
giugno di 32 anni fa, è un ricordo sbiadito. Con i droni liberi di
planare sulle teste dei siciliani è scattato il count down per l’ennesima strage di stato.
*Scheda elaborata in occasione dell’iniziativa per il trentennale del CEPES, Palermo 26 giugno 2012.
Antonio
Mazzeo, peace-researcher e giornalista, ha realizzato numerose
inchieste sui processi di riarmo e militarizzazione in Italia e nel
Mediterraneo. Recentemente ha pubblicato i volumi I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina (Alegre Edizioni, Roma, 2010) e Un Eco MUOStro a Niscemi. L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo
(Edizioni Sicilia Punto L, Ragusa, 2012). Nel 2010 ha conseguito il
Primo premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. È
membro della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella e della Rete No Ponte. Per consultare articoli e pubblicazioni: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
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