si può produrre fertilizzante di qualità senza produrre gas da bruciare nell’ennesimo camino?
La
sostanza organica o biomassa (SO) contenuta nei rifiuti, sia urbani,
sia da attività agricole, può essere degradata, stabilizzata ed
eventualmente trasformata in fertilizzante in due modi: aerobico (all’aria) e anaerobico (in assenza d’aria).
- L’aerobico demolisce la sostanza organica in modo “naturale” e non produce gas combustibili. Se utilizza SO selezionata (da raccolta differenziata spinta e potature verdi) produce un fertilizzante ottimo per impieghi in agricoltura e florovivaismo nella forma di compost di qualità.
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L’anaerobico agisce per lo più a caldo, con produzione di metano e altri gas (bruciati per ottenere energia elettrica) e di percolato liquido inquinante. Il rifiuto esausto viene poi “stabilizzato” in presenza d’aria e, a seconda della tipologia, dà origine a un prodotto di composizione chimica e qualità nettamente inferiore al compost aerobico, oppure a un nuovo rifiuto da portare ancora in discarica.
Fino al 2009 in Italia (dati ISPRA) il 73.4% del trattamento era aerobico (compostaggio) e il 26.6% ottenuto da digestione anaerobica (DA) seguita da compostaggio aerobico finale.
Come si spiega l’attuale proliferare d’impianti anaerobici estesi a ogni genere di rifiuti organici?
Semplice.
Il gas prodotto dalla DA viene bruciato per produrre energia elettrica (EE) venduta al GSE (Gestore Servizio Elettrico). Una serie di decreti legislativi, introducendo formidabili incentivi
(certificati verdi) alla produzione di energia elettrica da biomasse
solide e liquide (ultimo il DM rinnovabili del 6 luglio 2012), hanno
reso appetibile usare qualsiasi cosa purchè dia combustibile da
bruciare e convertire in EE, riscuotendo gli incentivi dal Gestore.
Non è sfuggita a questo richiamo la Volsca
Ambiente e Servizi Spa che ha presentato recentemente il progetto
definitivo di Digestione Anaerobica dei rifiuti urbani (30.000
tonnellate/a) oltre a una lunga serie di rifiuti vegetali (3.000 t/a)
in zona Lazzaria a Velletri.
Il progetto che dovrebbe “trattare”
l’organico di quel comune e di quello di Albano salvo poi estendersi ad
altri, è considerato e pubblicizzato come altamente “ecologico” dai due
sindaci ma ricerche indipendenti e attente al bilancio ambientale ci
dicono il contrario.
La potenza elettrica ottenuta dal gas bruciato sarà inferiore a un megawatt, valore entro il quale l’incentivo è massimo (1).
Produrrà
inoltre un cosidetto ammendante compostato misto la cui reale
composizione è del tutto indefinibile perché sarà condizionata dal tipo
di rifiuti organici trattati: da differenziata porta a porta (ancora
lontana nel tempo), da trattamento meccanico biologico TMB (eventualità
sicura e consistente), da decine di altri rifiuti vegetali.
Le domande sono d’obbligo:
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Che cosa c’è da aspettarsi da un impianto che brucia gas da rifiuti, inquinerà o no?
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Produrrà veramente ammendante compostato da vendere o un ennesimo rifiuto speciale da smaltire?
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Che fine faranno i percolati ottenuti nella digestione?
Queste domande non sfiorano neanche i nostri amministratori entusiasti.
Cerchiamo di capire.
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Sappiamo al momento che oltre a metano e anidride carbonica la DA produce piccole quantità di gas tossici idrogeno solforato e idrocarburi clorurati. Il fatto che siano piccole non ci tranquillizza, specie per gli idrocarburi contenenti cloro che in fase di combustione possono trasformarsi in diossine la cui tossicità si manifesta a concentrazioni piccolissime (picogrammi). Non ci sono dati certi in giro ma la probabilità è alta. I desolforatori, ma soprattutto i filtri, come nel caso degli inceneritori, sono soluzioni parziali che non garantiscono affatto la non pericolosità delle emissioni perché impotenti contro particelle inferiori a 1-2 micron. Proprio quelle responsabili di gran parte delle patologie respiratorie e tumorali. Purtroppo gli studi specifici sono ancora troppo pochi e le parti in causa giocano sull’equivoco che bruciare gas da rifiuti sia come bruciare metano fossile, ma non è affatto così. Inoltre,
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La digestione anaerobica ha costi iniziali d’impianto doppi rispetto al solo compostaggio. Malgrado l’impianto Volsca sia classificato come DA a secco, esso produce comunque elevate quantità di percolato liquido che è ricco di azoto ammoniacale (oltre il 40% di quello totale del rifiuto), di salinità (cloruri), di metalli vari, anche pesanti, batteri patogeni etc. Esso è in parte riciclato sulla massa in trattamento ma il residuo, a causa della sua tossicità e ricchezza di inquinanti, deve essere inviato a un impianto specifico di depurazione. La depurazione, guarda caso, sfugge sempre ai calcoli del costo economico e soprattutto di quello ambientale.
Il
compostaggio senza preventiva DA viceversa non comporta formazione di
percolati liquidi né quindi necessità di un impianto di depurazione.
Venendo al progetto Volsca così come descritto nello studio preliminare ambientale (2)
è certo che tratterà solo in parte la frazione organica “pulita” del
porta a porta quando ci sarà, mentre una parte consistente verrà dal
famigerato trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti
indifferenziati più altri rifiuti organici.
Non
solo, la parte che loro chiamano FOS, con ogni probabilità proprio
quella che viene da TMB, dopo la DA non sarà destinata a compostaggio
come sbandierato dai nostri amministratori, bensì andrà in discarica (3).
La ragione semplice è che il materiale è a tutti gli effetti un rifiuto
pieno di microinquinanti metallici, salini e di materiali eterogenei
finemente triturati e mescolati tra cui frammenti di plastiche, vetri
etc.
Per
quello che è visionabile dai dati progettuali non si vede al momento se
e come verrà trattato il percolato della DA, visto che esso richiede
obbligatoriamente un impianto specifico di depurazione di cui non c’è
traccia.
Il pensiero va all’inceneritore di Roncigliano per il quale i
progettisti dichiaravano che non produceva ceneri!!!!!!!
(1)La tariffa omnicomprensiva per impianti ≤ 1 MWe è di 28 eurocent/kWh: Biomasse e biogas da biomasse sono tutte equiparate; l’incentivazione economica NON è influenzata dall’eventuale classificazione come “rifiuto” ai sensi della normativa ambientale.
(2)Lo Studio preliminare ambientale è stato condotto dalla SAIM s.r.l. per
conto della Volsca aggiornando un precedente studio del prof. G.M.
Baruchello, ben noto per una sua relazione tecnica “idilliaca” sul
progetto di inceneritore a Roncigliano ritenuto innocuo e senza consumi
di acqua!!!!!!!!
(3)Studio preliminare ambientale (pag.41) ”
Come già riportato, per quel che riguarda il processo aerobico si
differenzia il ciclo in funzione della tipologia di rifiuto trattato.
F.O.S.
Per
tale materiale è prevista una permanenza minima, in biotunnel, di 21
giorni, per l’igienizzazione e la parziale stabilizzazione della
sostanza organica. Durante questo periodo il materiale rimarrà ad una
temperatura superiore ai 55° C per almeno 3 giorni consecutivi. Al
termine dei 21 giorni la pala gommata svuoterà il biotunnel, avviando il materiale stabilizzato in discarica come ricopertura.
F.O.R.S.U.
Per
ciclo trattante esclusivamente F.O.R.S.U. è previsto un trattamento
complessivo di giorni pari a 62 di cui 24 in biotunnel ed i restanti in
platea areata di maturazione.”
Riferimenti
XI Conferenza Nazionale sul Compostaggio - riduzione di compost e biogas da biomasse - Rimini 28 Ottobre 2009.
Biogas e Compost da rifiuti organici selezionati - Consorzio Italiano Compostatori.
Coordinamento NO-INC di Albano
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