C'è solo da piangere per noi e per il nostro
disgraziato paese. La mano assassina dei criminali yankee non ci
mollerà mai. Dopo avere reso radioattiva la Maddalena ecco che i
cow-boys tornano con una base per sottomarini nucleari.
FONTE: COMIDAD
La Psychological War della NATO conosce i suoi polli, quindi era facilmente prevedibile che il lanciare l'esca di un dibattito infinito sull'alternativa tra salute e lavoro avrebbe stanato la legione dei filosofastri sempre in agguato. Nel "dibattito" ovviamente non si è mai mancato di avallare quell'ipocrisia ufficiale secondo la quale le industrie esisterebbero per dare posti di lavoro, perciò, in definitiva la colpa dell'inquinamento è degli operai.
Ciò non vuol dire che l'Ilva di Taranto non sia realmente inquinante; lo è, eccome. Il punto è capire perché la situazione sia stata lasciata incancrenire per anni, come se fossimo ancora nell'800, e non fossero già disponibili da anni le tecnologie non solo per il disinquinamento, ma anche per il ricircolo delle acque impiegate nella produzione siderurgica e per il recupero delle scaglie. A chi fa comodo questa emergenza? Nel febbraio del 2004 Peacelink rendeva noti documenti del Pentagono - peraltro non segretati - da cui risultava che Taranto sarebbe divenuta sede di un'altra base navale della NATO. La notizia era fino ad allora ignota al Parlamento italiano, anche se era stata in qualche modo anticipata da dichiarazioni di Francesco Cossiga.
La nuova base navale sarebbe stata collocata nel Porto di Taranto, nella nuova megastruttura del Molo Polisettoriale. La base NATO dovrebbe ospitare un grande centro di comunicazioni e spionaggio e servire da sito per i sommergibili nucleari della USNavy. [1]
Dalla mappa del porto di Taranto risulta che il Molo Ovest (o 5° Sporgente), in uso all'Ilva, ed il Molo Polisettoriale, destinato alla NATO, sono a ridosso l'uno dell'altro, ed hanno anche un'insenatura in comune. La stessa insenatura che dovrebbe essere usata dai sommergibili nucleari. [2]
Il caso, la coincidenza e le circostanze della vita hanno fatto sì che la NATO avesse l'opportunità di liberarsi dell'ingombrante vicino grazie ad un'iniziativa della Procura di Taranto. Toghe a stelle e strisce? Ma chi oserebbe mai pensarlo. Perché mai tre basi militari nel Porto di Taranto dovrebbero sottrarre lo spazio ad altre attività?
Gli esempi di altre città ci confortano in questa fiducia nella NATO. Nonostante la nuova base NATO di Giugliano in Campania, e nonostante il rafforzamento delle basi USA del Porto di Napoli e dell'Aeroporto di Capodichino, nel quartiere napoletano di Bagnoli c'è tuttora una base NATO, di cui da due decenni si annuncia vanamente la prossima chiusura. A Napoli la militarizzazione del territorio non ha mai ceduto terreno, semmai lo ha tolto ad altre attività, tanto che dal 1999 il Porto ha ceduto alla USNavy più del 50% delle banchine.
Negli anni '80 anche a Bagnoli c'era ancora uno stabilimento dell'Ilva, che però, quello sì, fu veramente chiuso, anche se con motivazioni ufficiali diverse da quelle oggi adoperate a Taranto. Anche quella di Bagnoli è stata chiaramente una pura coincidenza.
Ovviamente il "cui prodest" non è mai un criterio valido per interpretare gli avvenimenti. Bisogna invece convenire onestamente che la NATO è fortunata, o è protetta da Dio. Anzi, diciamo pure che ormai la NATO è Dio, così si fa prima.
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/
Link: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=500
31.07.2012
[1] http://www.peacelink.it/disarmo/a/3030.html
http://www.zonanucleare.com/dossier_italia/taranto_nucleare.htm http://www.peacelink.it/editoriale/docs/185.pdf
[2] http://www.tarantoporto.com/logistica/polisett.htm
La Psychological War della NATO conosce i suoi polli, quindi era facilmente prevedibile che il lanciare l'esca di un dibattito infinito sull'alternativa tra salute e lavoro avrebbe stanato la legione dei filosofastri sempre in agguato. Nel "dibattito" ovviamente non si è mai mancato di avallare quell'ipocrisia ufficiale secondo la quale le industrie esisterebbero per dare posti di lavoro, perciò, in definitiva la colpa dell'inquinamento è degli operai.
Ciò non vuol dire che l'Ilva di Taranto non sia realmente inquinante; lo è, eccome. Il punto è capire perché la situazione sia stata lasciata incancrenire per anni, come se fossimo ancora nell'800, e non fossero già disponibili da anni le tecnologie non solo per il disinquinamento, ma anche per il ricircolo delle acque impiegate nella produzione siderurgica e per il recupero delle scaglie. A chi fa comodo questa emergenza? Nel febbraio del 2004 Peacelink rendeva noti documenti del Pentagono - peraltro non segretati - da cui risultava che Taranto sarebbe divenuta sede di un'altra base navale della NATO. La notizia era fino ad allora ignota al Parlamento italiano, anche se era stata in qualche modo anticipata da dichiarazioni di Francesco Cossiga.
La nuova base navale sarebbe stata collocata nel Porto di Taranto, nella nuova megastruttura del Molo Polisettoriale. La base NATO dovrebbe ospitare un grande centro di comunicazioni e spionaggio e servire da sito per i sommergibili nucleari della USNavy. [1]
Dalla mappa del porto di Taranto risulta che il Molo Ovest (o 5° Sporgente), in uso all'Ilva, ed il Molo Polisettoriale, destinato alla NATO, sono a ridosso l'uno dell'altro, ed hanno anche un'insenatura in comune. La stessa insenatura che dovrebbe essere usata dai sommergibili nucleari. [2]
Il caso, la coincidenza e le circostanze della vita hanno fatto sì che la NATO avesse l'opportunità di liberarsi dell'ingombrante vicino grazie ad un'iniziativa della Procura di Taranto. Toghe a stelle e strisce? Ma chi oserebbe mai pensarlo. Perché mai tre basi militari nel Porto di Taranto dovrebbero sottrarre lo spazio ad altre attività?
Gli esempi di altre città ci confortano in questa fiducia nella NATO. Nonostante la nuova base NATO di Giugliano in Campania, e nonostante il rafforzamento delle basi USA del Porto di Napoli e dell'Aeroporto di Capodichino, nel quartiere napoletano di Bagnoli c'è tuttora una base NATO, di cui da due decenni si annuncia vanamente la prossima chiusura. A Napoli la militarizzazione del territorio non ha mai ceduto terreno, semmai lo ha tolto ad altre attività, tanto che dal 1999 il Porto ha ceduto alla USNavy più del 50% delle banchine.
Negli anni '80 anche a Bagnoli c'era ancora uno stabilimento dell'Ilva, che però, quello sì, fu veramente chiuso, anche se con motivazioni ufficiali diverse da quelle oggi adoperate a Taranto. Anche quella di Bagnoli è stata chiaramente una pura coincidenza.
Ovviamente il "cui prodest" non è mai un criterio valido per interpretare gli avvenimenti. Bisogna invece convenire onestamente che la NATO è fortunata, o è protetta da Dio. Anzi, diciamo pure che ormai la NATO è Dio, così si fa prima.
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/
Link: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=500
31.07.2012
[1] http://www.peacelink.it/disarmo/a/3030.html
http://www.zonanucleare.com/dossier_italia/taranto_nucleare.htm http://www.peacelink.it/editoriale/docs/185.pdf
[2] http://www.tarantoporto.com/logistica/polisett.htm
Nessun commento:
Posta un commento