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“Non ci sono i tempi ma non ci sono neanche le condizioni. Si tratta di
aggravare una situazione ambientale già drammaticamente colpita negli
anni scorsi dalla presenza della discarica più grande d’Europa”.
È il
giudizio sulla possibile apertura della discarica provvisoria a monti
dell’Ortaccio di Gaetano Pecorella, della Commissione parlamentare
d’inchiesta sulle Ecomafie. Deroghe e discariche in Italia ci danno la
misura della malagestione del ciclo dei rifiuti in un paese che
continua ad andare in controtendenza con il resto dell’Europa, dove
ormai le discariche sono superate e si punta sulla differenziata e sul
riciclo. Roma rischia veramente di fare la fine di Napoli? Certamente
siamo molto vicini ad una ipotizzata chiusura di Malagrotta. Non so se
questa volta si avrà il coraggio di prorogare ancora la sua chiusura.
Se così non fosse alternative ce ne sono ben poche: o una norma che
modifica la possibilità di mandare fuori la regione e fuori la
provincia il materiale da riciclare o da bruciare, oppure si dovrà
ricorrere, come sta facendo Napoli, all’esportazione dei rifiuti.
Se
andiamo avanti l’Italia riuscirà ad esportare soltanto rifiuti e
nient’altro: oramai sembra essere la nostra materia prima. In questo
momento poi ancora non è ancora stata individuata con sicurezza la
nuova discarica, anche perché sembra che si vadano a scegliere
abitualmente i posti meno adatti, che hanno delle controindicazioni
evidenti. Qualunque discarica richiede una predisposizione per tempo,
mi pare estremamente difficile che questo possa avvenire in poco più di
un mese o di un paio di mesi.
Qual’è il suo giudizio sull’inchiesta
dell’antimafia del procuratore capo Giuseppe Pignatone che vede
coinvolto il presidente della Colari, Manlio Cerroni, patron di
Malagrotta, accusato di associazione per delinquere e truffa?
Certamente è una inchiesta importante, anche se non se ne conoscono
bene i termini, la stessa Europa ha individuato in Malagrotta una
rottura con le regole. Ad una possibile apertura di Monti dell’Ortaccio
come sede della nuova discarica provvisoria di Roma, si oppongono gli
enti locali e i cittadini della Valle Galeria. La concertazione con la
popolazione, specialmente su questi temi delicati, in cui è in gioco la
salute delle persone e dove il rischio d’inquinamento del territorio è
alto, non sembra trovare spazio in questo paese. Il problema è che si
scelgono dei siti assolutamente inadatti, per una serie infinita di
motivi e credo che il problema si riproponga ogni qualvolta si sceglie
un sito che non ha le caratteristiche che prevede la normativa europea.
In particolare si sceglie un sito dove ci sono le abitazioni a 400/500
metri, dove ci sono dei rischi che gli odori investano i centri
abitati. Non è solo un problema, come sarebbe giusto e doveroso, di
trovare un accordo preventivo con gli enti locali, il problema è che le
scelte seguono dei criteri sbagliati. Tanto è vero che Monti
dell’Ortaccio era stato già escluso, o per lo meno era risultato
inadatto, secondo le valutazioni che aveva fatto la Regione. Quindi è
il punto di partenza che è sbagliato. Se non si trova no le località
che non entrano necessariamente in conflitto con gli interessi delle
popolazioni, queste reagiscono.
Dal primo gennaio potrebbe cambiare
l’immagine della città eterna se non sarà trovata una soluzione. Come
ha detto il ministro Clini via Nazionale potrebbe essere invasa dai
rifiuti a meno che, ha aggiunto, il governo non si faccia carico di
“iniziative eccezionali”. A parte un intervento sulla normativa
nazionale per trasferire i rifiuti verso altre regioni, la frase lascia
pensare ad un ricorso all’esercito, com’è stato per la Campania. C’è
veramente il rischio di una militarizzazione del territorio? Non credo
che l’esercito sia lo strumento adatto per risolvere il problema dello
smaltimento dei rifiuti, anche perché il problema non è la raccolta, e
forse non è neanche quello di garantire che sia possibile lo
smaltimento. Il problema è che non c’è la località. Non è possibile,
entro la fine dell’anno, avere pronto un nuovo sito per lo smaltimento.
A questo punto le alternative sono o si riesce a smaltire i rifiuti di
Roma nel nord, attraverso una modifica legislativa, o si mandano i
rifiuti all’estero, o i rifiuti restano inevitabilmente per strada
perché non c’è un luogo dove collocarli. Per cui credo che la soluzione
immediata, e le posizioni che sta prendendo il ministro dell’ambiente
sembrano confermarlo, sarà quella di fare un decreto legge con una
norma che superi il ‘principio di prossimità’ e che consenta di portare
i rifiuti al nord, nei termovalorizzatori che per altro hanno ancora
una capacità di smaltimento. Questa forse potrebbe essere una soluzione
anche se Roma produce una quantità abnorme di rifiuti giornalieri e non
sarà facile trasferirli. Certo, si potrebbe fare intervenire
l’esercito, ma semplicemente per evitare ai cittadini di far valere i
propri diritti ad avere un ambiente salùbre. Da un lato il ministro
Giarda punta il dito verso gli Enti locali denunciando lo stallo,
dall’altra il ministro Clini se la prende con i tempi autorizzativi
degli impianti e insiste sul fatto di portare i rifiuti del Lazio al
nord. Di chi è, se c’è, la responsabilità di questo stallo pericoloso?
Anzitutto c’è da dire che il Governo si è preso in carico il problema
nominando un Commissario, quindi certamente avranno le loro
responsabilità gli enti locali.
Ma nel momento in cui viene nominato un Commissario straordinario allo scopo di risolvere un problema, il primo a doverne rispondere è il Governo.
Ma nel momento in cui viene nominato un Commissario straordinario allo scopo di risolvere un problema, il primo a doverne rispondere è il Governo.
È chiaro che le responsabilità
risalgono da molto lontano.
Il Lazio non ha provveduto ad avere un
Piano dei rifiuti che è stato approvato solo pochi mesi fa e comunque
manca un progetto d’intervento per lo smaltimento e non ci sono
termovalorizzatori sufficienti.
Si continua a pensare alle discariche
quando la discarica in Europa oramai è solo una soluzione residuale, ma
non solo.
La nostra legge prevede che la discarica debba essere
conferito tutto ciò che non può essere recuperato, bruciato o
utilizzato in altro modo, e soprattutto, prevede che la differenziata
sia il punto di partenza per un Piano nazionale di smaltimento dei
rifiuti.
Se pensiamo che nel Lazio, a Roma in particolare, siamo al 25%
di raccolta differenziata, ci rendiamo conto di come si sia lontani
dalla possibilità di risolvere il problema.
E quindi si amplia
Malagrotta o si esportano i rifiuti, come pare che stia diventando
inevitabile.
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