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Secondo molti pareri in ambito medico e scientifico e politico,
l’inceneritore non è la soluzione ideale per la gestione dei rifiuti.
Gli studi e le ricerche che dimostrano gli effetti negativi per la
salute umana dell’esposizione agli impianti degli inceneritori sono
tanti.
Gli effetti riguardano lo sviluppo di malattie sia tumorali sia
non tumorali. In particolare, sono a rischio le popolazioni esposte a
questi impianti di inceneritori.
L’oncoematologo Patrizia Gentilini,
membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente Isde, ha una posizione
di critica proprio in base a questi dati e studi. In una intervista
fatta da QualEnergia.it, la Gentilini afferma.
“Recentemente Gaetano
Pecorella (presidente della commissione parlamentare ecomafie, ndr) a
seguito di una visita a Berlino faceva notare che in quella città hanno
smesso di fare inceneritori, considerati obsoleti e non risolutivi, e
puntano sulla raccolta differenziata e sul recupero.
Questi concetti si
stanno facendo strada anche fuori dai circoli degli ambientalisti.
Ma
intanto in Italia si continua a investire su quello che ormai è
diventato un business sostanzioso e che, per esempio, fa sì che un
avicoltore guadagni di più dalla vendita della pollina per
l’incenerimento che da quella delle uova”.
Sullo specifico rischio per
la salute, la Gentilini afferma:
“A parte gli studi commissionati ad
hoc per rassicurare le popolazioni, esistono centinaia di studi
scientifici sulle popolazioni esposte agli inceneritori che hanno
dimostrato la presenza di danni gravi per la salute.
I possibili danni
si dividono in due gruppi: non tumorali e tumorali.
Al primo gruppo
appartiene il rischio di malformazioni. Uno studio uscito due mesi fa
su 21 inceneritori in Francia ha dimostrato il nesso tra malformazioni
urogenitali e l’area di ricaduta delle emissioni.
Poi ci sono diabete,
malattie respiratorie, danni ischemici e cardiovascolari, problemi
ormonali e della tiroide, ridotta fertilità e addirittura effetti sul
sesso alla nascita: se normalmente c’è una prevalenza dei maschi sulle
femmine, nelle popolazioni esposte alle diossine si è osservata una
tendenza contraria”.
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