ATTENZIONE, AVVISI PER TUTTA LA CITTADINANZA:
- Domenica 23 settembre, ASSEMBLEA PUBBLICA AI FONTANILI DI CANCELLIERA, via della Torre, ore 10:30
- 29-30 settembre, DISCAMPING AL VILLAGGIO ARDEATINO, via Ardeatina km 24,500
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I boss delle ecomafie possono dormire sonni tranquilli. Almeno fino a giugno 2013 il nostro Paese non sarà in grado di tracciare scorie, sostanze tossiche, veleni da smaltire. Il calendario di attivazione dell’atteso “Sistema di controllo dei rifiuti” ha fatto fiasco. «Di proroga in proroga – ha lamentato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini – l’Italia è senza tracciabilità», come chiede invece l’Europa. Per Gennaro S., camionista di lunghe tratte, è una buona notizia. Deve fingere di non sapere: «Che ne so se quando vado a ritirare i container in Lombardia dentro ci sono marmellate o munnezza. Il carico non lo apro mai, la legge non me lo chiede. E come si dice: occhio che non vede…». Gennaro è un padroncino, di quelli che si ammazzano di chilometri per non restare in bolletta. A lui come ad altri capita di recarsi a caricare merce di cui nulla sa: «Una volta c’erano le bolle di accompagnamento, che dovevano essere tenute in triplice copia da mittente, trasportatore e destinatario». Adesso neanche quelle. «Basta un pezzo di carta che dica, senza formalità, cosa c’è sul rimorchio. Di solito scriviamo “collettame”. Tanto, chi va a controllare?». Ha ragione Gennaro, perché da Milano a Caserta la Stradale capita che lo fermi per una verifica: «Se al momento del carico il mittente impila i bancali di confettura davanti, per nascondere in fondo al container i barili con le scorie di qualche impresa chimica, i poliziotti non hanno modo di scoprirlo». In autostrada, del resto, non è che gli agenti possano mettersi a scaricare un intero tir. «Si bloccherebbe l’intera economia italiana», osserva un po’ esagerando il trasportatore casertano. E come fa la “merce” ad arrivare nelle discariche clandestine? «Io consegno i container alla destinazione concordata: aree industriali, centri di logistica, grossisti. Rilascio regolare fattura, ingrano la retromarcia, e arrivederci. Che succede dopo, come faccio a saperlo?». Nessuna sorpresa, perciò, se al Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri sostengano che la gran parte del traffico illecito sfugga ai controlli. Negli ultimi dieci anni, da quando vigono le norme sulla “criminalità ambientale”, sono state sequestrate 13 milioni e 100 mila tonnellate di rifiuti illegali. Una montagna di scorie che per essere trasportata avrebbe bisogno di un serpentone formato da oltre un milione di tir, incolonnati per settemila chilometri. Le aziende coinvolte nelle indagini sono state 666, con 3.348 persone indagate. Nel 2010, l’anno dei maggiori successi, furono bloccate oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi destinati alle discariche clandestine. I capi clan della “terra dei fuochi”, quel gigantesco perimetro di esalazioni tossiche che Avvenire denuncia da settimane, avranno gongolato quando per il secondo anno consecutivo hanno potuto trasportare in Campania veleni senza neanche dover falsificare le carte. «I trasportatori di rifiuti, infatti, non sono stati obbligati alla dichiarazione Mud (Modello unico ambientale), così come gli intermediari e i destinatari, per una svista di ottimismo del Ministero dell’Ambiente che – denuncia Roberto Galanti, della Federazione italiana degli autotrasportatori (Fiap) – invece aveva dato per partito definitivamente il sistema Sistri», con cui avrebbero dovuto andare in pensione i registri cartacei. Stando agli annunci, la tracciabilità elettronica, che non entrerà in vigore prima del luglio 2013, dovrebbe sostituire le procedure che stabiliscono per ogni azienda l’obbligo di produrre la documentazione sul corretto trattamento degli scarti: compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti, note di carico e scarico, modello unico Mud. Ai soggetti coinvolti (dall’azienda che produce i rifiuti, al trasportatore, al destinatario finale per il trattamento delle scorie) verranno consegnati un dispositivo elettronico “usb” per accedere al sistema, trasmettere dati e firmare elettronicamente le informazioni fornite; una scatola nera, da installare su ciascun autoarticolato che trasporta rifiuti per monitorare il percorso del carico dal produttore al centro di smaltimento. La rete sarà collegata a impianti di videosorveglianza posti nei centri di discarica e incenerimento. L’intera filiera, ammesso che il Sistri parta davvero, sarà poi seguita dal Nucleo tutela ambiente dei Carabinieri. I trasportatori lamentano però una serie di lacune. «La disciplina del Sistri – segnala ancora Galanti – non assoggetta i vettori stranieri che svolgono trasporti transfrontalieri agli obblighi previsti per chi viaggia con targa italiana». Non è solo una questione di concorrenza ad armi impari. Così com’è stato concepito, il sistema «non potrà raggiungere l’obiettivo di tracciare tutta la movimentazione dei rifiuti in Italia – avverte Galanti – e la committenza malintenzionata potrà sempre affidare a vettori esteri i rifiuti che non vuole siano sottoposti ai controlli».
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Un’interessante inchiesta pubblicata dal quotidiano l’Avvenire questa
mattina ci ha regalato un interessante spaccato di come i rifiuti
tossici rappresentino per le ecomafie una fonte di reddito
assolutamente primaria, anche grazie alla facilità con cui essi possono
viaggiare indisturbati lungo l’italico stivale. Negli ultimi dieci anni
si stima che il Noe (Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri) abbia
sequestrato 13 milioni e 100 mila tonnellate di rifiuti illegali,
letteralmente un fiume di scorie, un serpente di tir che, se
incolonnati, bloccherebbero oltre 7mila km di autostrade. È chiaramente
impossibile per le forze dell’ordine controllare il flusso dei camion
carichi di morte che dal nord si incamminano verso le discariche
abusive del sud Italia; o meglio, è impossibile con gli strumenti
attualmente messi loro a disposizione Una volta c’erano le bolle di
accompagnamento, che dovevano essere tenute in triplice copia da
mittente, trasportatore e destinatario. Oggi basta un pezzo di carta
che dica, senza formalità, cosa c’è sul rimorchio. Di solito scriviamo
“collettame”. Tanto, chi va a controllare? Sono le parole, queste, di
un autotrasportatore veterano delle lunghe tratte, che ha imparato a
farsi gli affari suoi sul carico che trasporta: Quando vado a ritirare
i container in Lombardia dentro ci sono marmellate o monnezza. Il
carico non lo apro mai, la legge non me lo chiede. E come si dice:
occhio che non vede… continua il camionista che spiega come vengono
caricati, in genere, i container di rifiuti: bancali di confetture
impilati davanti ai fusti contenenti scorie: impossibili da
controllare, a meno che la stradale non svuoti l’intero carico sulla
corsia d’emergenza dell’autostrada del Sole. I container vengono
consegnati presso aree industriali, centri di logistica e grossisti; si
rilascia la fattura e via, di nuovo verso nord per altri viaggi, altri
carichi, altri veleni; il business delle ecomafie è enorme, i profitti
che i clan intascano dagli illeciti connessi al ciclo ed allo
smaltimento dei rifiuti speciali sono incredibili: 300miliardi di euro
negli ultimi vent’anni, 16,6 miliardi nel 2011, 93 nuovi reati
ambientali ogni giorno. E se il sud (Campania, Calabria, Sicilia e
Puglia concentrano la metà dei reati scoperti) rappresenta il 47.7% del
problema, la Lombardia è ben piazzata (prima tra le regioni del Nord)
in questa classifica di morte. Non è tuttavia una questione nord-sud;
come si legge anche in un rapporto della Commissione Parlamentare
d’Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti: Non è la sola
criminalità organizzata ad operare in modo illegale. Esistono, infatti,
società commerciali o imprese non legate ad essa, ma che hanno come
“ragione sociale” la gestione illecita dei rifiuti, soprattutto
d’origine industriale. Il minimo denominatore comune è la ricerca dello
smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione
finale del rifiuto. Eppure è già stato pensato un modo per ovviare, in
parte, al problema di questi viaggi: il sistema Sistri, cioè la
modalità di tracciabilità elettronica che sarebbe dovuta entrare in
vigore mesi fa ma la cui operatività è stata procastinata a luglio
2013; nonostante questo, le imprese già pagano il contributo al Sistri,
pur non avendone il servizio: 70 milioni di euro negli ultimi due anni.
Ci si è trovati così in una situazione di buio: I trasportatori di
rifiuti, infatti, non sono stati obbligati alla dichiarazione Mud
(Modello unico ambientale), così come gli intermediari e i destinatari,
per una svista di ottimismo del Ministero dell’Ambiente che invece
aveva dato per partito definitivamente il sistema Sistri ha spiegato
Roberto Galanti della Fiap (Federazione italiana autotrasportatori). I
clan, dunque, si fregano le mani per gli affari che derivano dal vuoto
normativo e dalle difficoltà che inevitabilmente le forze dell’ordine
riscontrano, dal totale buio in cui viaggiano i rifiuti tossici lungo
l’Italia; inoltre, nonostante ancora non sia operativo, il Sistri ha
già rivelato alcune falle: la sua disciplina non assoggetta i vettori
stranieri agli stessi obblighi degli italiani:
basterà utilizzare
camion con targa straniera per continuare indisturbati i viaggi dei
veleni.
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