di Gianni Lannes
C’è un libro che attende da più di un anno un editore libero e
indipendente che abbia il coraggio di pubblicare un lavoro di ricerca a 360
gradi. L’inchiesta giornalistica sul campo, o meglio in mare aperto e nelle
fonti dirette (governi, multinazionali, mafie, istituzioni…) è giunta al suo
capolinea naturale. Altro che navi dei veleni chimici e radioattivi: sono
emerse sorprese di ogni genere in fondo al mare nostrum. E’ in atto un
genocidio sommerso, silenzioso, coperto dall’omertà ad elevati livelli
istituzionali. A pagare in termini di perdita di salute e di qualità della vita
è l’ignara popolazione. E’ in atto una sorta di congiura del silenzio che ho
tentato di squarciare già tre anni fa a Palermo, sollecitato da Salvatore
Borsellino. L’esempio della centrale nucleare di Caorso, ma potrei citare il
cimitero nucleare realizzato in Basilicata già a partire dagli anni ’60. Sia il
Tg 1 Rai (l’anno scorso) che il
quotidiano La Repubblica (aprile 2012) mi hanno chiesto un’intervista sul
fenomeno, ma inspiegabilmente, a distanza di tempo non hanno mandato in onda
nulla e tantomeno pubblicato il contenuto di rivelazioni esplosive. Il blog SU
LA TESTA è un contributo spontaneo realizzato con sacrificio di tempo e rischi
(gratuito per i lettori) alla ricerca della verità in un Belpaese che sta
morendo. Fino ad ora questo diario pubblico ha procurato minacce di morte,
intimidazioni, insulti, avvertimenti, grane giudiziarie e quant’altro a chi lo
realizza per offrire informazioni che mass media nascondono volutamente. Andremo
avanti fino a novembre 2012 (un anno esatto dall’esordio), poi staccheremo la
spina. A tutto c’è un limite. A Sud del Mezzogiorno si tramanda un antico
detto: “se un asino non vuole bere è inutile insistere”.
Nucleare mon amour - Benvenuti nell’eldorado a stelle e strisce,
una portaerei nel Mediterraneo dove albergano indisturbate le armi di
distruzione di massa. Una volta, tanto tempo fa, l’Italia veniva chiamata
“Isola delle meraviglie”. Allora il giardino d’Europa esprimeva una civiltà e
non era ancora preda dei ladri di futuro, di quelli che si riservano il diritto
di annientare la vita in un amen, ammantati dai segreti militari. Per la seconda volta, dopo il referendum del
1987, gli italiani hanno bandito il nucleare. Fatica vana perché il Belpaese -
sull’orlo dell’olocausto atomico -
nasconde un arsenale di bombe
nucleari che infestano mari e terraferma, targate Stati Uniti d’America,
in grado di cancellare per sempre il vecchio continente e dintorni dalla carta
geografica. L’atomo bellico non è in agenda, insomma, non esiste nella
“democrazia radioattiva” e, quindi, non si discute con i sudditi drogati dalla
bulimia televisiva. Infatti, va in onda un giorno sì e l’altro pure a reti
semplificate per i consumatori ubbidienti, la congiura del silenzio
informativo. Grazie alla casta politica che ha appesantito la subordinazione e
ci ha resi una colonia. Anche in materia di squisito diritto non si scherza: la
Corte di Cassazione del Belpaese ha stabilito che la magistratura italiana non
ha voce in capitolo sul nutrito campionario di atomiche USA, impiantate a casa
nostra, ad un soffio da asili, scuole, ospedali e piazze. E’ finita la guerra
fredda ed è cominciata la terza guerra mondiale. Nel XXI secolo valgono ancora i patti siglati
sottobanco, suggeriti da diplomatici e militari in carriera. L’accordo
bilaterale - Bilateral Infrastructure Agreement (1954) - mai ratificato dal
Parlamento, è stato imposto dagli USA su richiesta di patrioti nostrani. Una
sudditanza consolidata in tempi più recenti dall’interregno bellico di vip
inossidabili. Insomma, una delega in bianco in nome e per conto di milioni di
biografie anonime: nomi, cognomi, soprannomi, date di nascita e giorni di
morte.
Mar Jonio, Italia, nave dei veleni. |
Guerra ambientale - Era stata appena consumata la penultima macelleria mondiale, al ritmo di bombardamenti al fosforo e al napalm (sperimentati sul territorio italiano ben prima del Vietnam). Allora gli anglo-americani allestirono in gran fretta nei mari italiani (Adriatico e Tirreno), alcuni cimiteri subacquei di armamenti chimici vietati dalla Convenzione di Ginevra (1925), per far sparire le tracce del loro arsenale proibito. Dal 1945 ne subiamo le conseguenze incalcolabili, fino alle odierne mutazioni genetiche indotte dalle sperimentazioni atmosferiche. Negli anni ‘60 tuonava in Italia il boom dell’atomo bellico: esperimenti, incidenti e fallimenti; in particolare, fughe di radioattività. Il campionario del dottor Stranamore, a guerra fredda consumata sonnecchia accanto a noi. I boiardi in divisa non hanno risparmiato un lembo tricolore: da nord a sud, isole incluse, mari annessi, vulcani, parchi nazionali ed aree protette, zone sismiche e territori franosi che si squagliano dopo un temporale. L’abbiamo sempre scampata bella, ma chissà se la fortuna persisterà a lungo nell’ex paese di santi, poeti e navigatori. Ben 90 bombe termonucleari, meglio note come “B 61” a caduta gravitazionale - di proprietà USA - giacciono allo stato d’allerta, in alcuni aeroporti militari: a Ghedi Torre in provincia di Brescia e ad Aviano, terra del Friuli Venezia Giulia. C’è l’imbarazzo della scelta: ordigni atomici in miniatura, ma comunque letali nella base di Camp Darby, a Livorno. Mentre in Sicilia, alle falde dell’Etna sonnecchiano missili e mine atomiche di profondità. Gli Alleati non hanno lesinato sul potenziale distruttivo: plutonio ed uranio arricchito. Sostanze nucleari di scarto sono state sepolte nel ’92 nelle caverne carsiche di “Site Pluto” nel paese di Longare, ad uno sputo da Vicenza, città in fase di definitivo inglobamento bellico. Senza escludere altri siti “top secret”, assolutamente inaccessibili ai comuni mortali. Negli Stati Uniti d’America le unità a propulsione ed armamento nucleare non possono attraccare - per legge - dentro i porti civili. In Italia, invece, sostano e si esercitano in almeno una dozzina di aree portuali (ad esempio: Cagliari, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto), dinanzi a litorali popolosi. Navi e sommergibili atomici si rincorrono dribblando le petroliere in transito a Trieste, senza risparmiare Venezia o le Bocche di Bonifacio e lo Stretto di Messina; si inabissano e riemergono a ridosso di raffinerie, piattaforme dedite alla rapina di idrocarburi, oleodotti, rigassificatori e fabbriche chimiche. Ogni tanto perdono qualche siluro o missile, oppure, in alternativa colano a picco qualche peschereccio: lavoratori del mare, tutto compreso. Più ancora prediligono i parchi marini, meglio noti come santuari naturalistici di carta straccia. Piani di sicurezza? Mai pervenuti all’opinione pubblica. A metà degli anni ’70, in gran segreto le forze armate italiane hanno testato con tre lanci nel poligono sardo Salto di Quirra, il missile “Alfa”, destinato ad essere usato con testate atomiche. I militari nostrani hanno ottenuto dallo zio Sam un impianto nucleare (Camen, oggi Cisam, ex Cresam) alle porte di Pisa, dinanzi al Tirreno, nel parco di Migliorino-San Rossore, dove sperimentare e infine accumulare all’aria aperta, quantità di scorie nucleari non contabilizzate nell’inventario nazionale. La base, è stata trasformata in una discarica militare a pieno regime.
Segreti di segreti - Nodi volutamente irrisolti, ancora stragi in
tempo di pace: strage di Ustica (27
giugno 1980: 81 vittime). Il movente è sepolto nelle alchimie internazionali.
Manca all’appello Israele - che aveva già messo in atto una serie di attentati
in Italia - mentre gli Usa non rispondono alle rogatorie dei giudici. Nel 1976 il “nostro” governo ed alcune
società come la Snia Techint hanno stretto accordi commerciali per 50 milioni
di dollari, con l’Iraq. Lo scopo era fornire allo Stato di Saddam Hussein la
tecnologia nucleare. Ecco gli aggiornamenti giudiziari, qualche gola profonda
ed innumerevoli testimoni “suicidati”.
Attenzione alle bare volanti. Volano modelli imbottiti di uranio sporco,
letale alle alte temperature. Quando meno te l’aspetti cadono e allora sono
guai, elusi però dalle autorità. Nel 2000 l’associazione Medicina Democratica
ha sporto una documentata denuncia, alla stregua dei Vigili del Fuoco, oggi
lettera morta. Quando piovono improvvisamente dal cielo sulla terraferma i
velivoli militari esplodono. Come nel caso di un aereo Usa decollato il 12
luglio 1984 dalla base di Sigonella, precipitato subito dopo a Lentini. Da
allora, a pagarne le conseguenze sono in particolare i bambini, colpiti dalle
leucemie più che ogni altra parte d’Italia.
Elettrosmog invisibile. Nel
1982 l’Istituto superiore di sanità
avverte che i radar sono pericolosi, a
causa delle radiazioni ionizzanti emesse in notevoli quantità e senza
controllo. La normativa fa uno sconto in deroga al ministero della Difesa. Il
dottor Franco Sarto, 30 anni fa aveva
accertato il danno provocato all’organismo umano (aberrazioni cromosomiche). In
seguito il ricercatore è stato censurato dalle autorità militari. Mentre nelle
Marche, a Potenza Picena, è viva la battaglia civile di un’anziana donna, a
Niscemi, gli Usa, calpestando le normative italiane di protezione ambientale e
salvaguardia sanitaria, impiantano il potente Muos di rilevamento satellitare. Testimoni
a perdere, inghiottiti dal nulla. A dare la caccia ai trafficanti di armamenti
si rimette la vita. Chi rammenta il caso di “Volpe 132”? Una lugubre sorte assegnata a due piloti della Guardia
di Finanza. La sera del 2 marzo 1994 perlustravano un tratto di mare a bordo di
un elicottero delle Fiamme Gialle. Il velivolo è stato abbattuto e i due sottufficiali, Sedda e Deriu, non sono
mai stati ritrovati. A dirla tutta, neanche ricercati a fondo. E’ un torbido
filo nero che intreccia il 1994. Il 20 marzo di quell’anno, a Mogadiscio, sono
stati brutalmente assassinati Ilaria
Alpi e Miran Hrovatin. Nonostante un pesante depistaggio la magistratura ha
riaperto l’indagine. E sempre nel ’94 (luglio), in Algeria, nel porto di
Djendjen, a bordo della nave Lucina furono inspiegabilmente sgozzati
nottetempo, sette marittimi italiani. Già dimenticata la vicenda? In
“democrazia” è vietato curiosare negli affari di chi indossa grembiulini
globali, senza patria né confine etico. Chi non si adegua muore.
I giochi di guerra della Nato non risparmiano le creature marine
come balene, delfini e capodogli, che sopravvivono nei santuari confezionati su
misura per i cetacei. Altro che
referendum contro le servitù militari più estese d’Europa: in Sardegna la Corte
costituzionale ha addirittura negato questa possibilità democratica. Ma il
popolo non era sovrano? Finché c’è guerra: da anni svettiamo in cima alla
classifica mondiale per spese ed esportazioni militari, grazie anche alle
triangolazioni che hanno fatto la fortuna dei servizi segreti, soprattutto del
Sismi. Sicuramente in barba alla legge 185 del ’90 che vieta la vendita a Paesi
in guerra o dove non regna la democrazia, in seguito edulcorata in sede
istituzionale da Cesare Previti col beneplacito del sistema di potere
dominante. Anche le banche di santa romana chiesa partecipano al “business”: in bilancio non
solo alla voce Ior. Gli ignari contribuenti sborsano milioni di euro per
mantenere le basi militari dello “zio Sam”. Gli italiani pagano con nuovi debiti
gli armamenti che la Difesa USA ci assegna. Ultimo caso: il cacciabombardiere
F- 35, dal costo faraonico in perenne lievitazione. La casta dei politicanti
drena senza controllo le casse pubbliche sempre più al verde. Poi, agli
italiani dicono che non ci sono risorse per la scuola pubblica, per la sanità
collettiva, per la ricerca di qualità, per i servizi pubblici efficienti, per
il lavoro dignitoso. E meno di niente per la cultura, per la famiglia, per la
salvaguardia ambientale, per la reale crescita umana. Cose buone dal mondo: un cancro garantito e
certificato a norma di legge. La nocività come strategia di selezione
della specie. Tappa finale: la progressiva rarefazione dei beni ambientali di
prima necessità: aria salubre, acqua pulita, terra sicura. I dati ufficiali
parlano chiaro: 10 milioni di italiani sopravvivono in aree gravemente
inquinate. E va sempre peggio. Non a caso il codice penale del Belpaese
ignora l’ecosistema. Guai, però, a fiatare. Il problema non è la destra o la
sinistra, come aveva intuito Giorgio Gaber. C’è dell’altro. Con le mafie che
fatturano il 20 per cento del prodotto interno lordo, è in atto una pacifica e
duratura convivenza in vigore dallo sbarco degli Alleati.
Segreti, misteri e sangue a
fiumane per nascondere traffici di armi, occultamenti di rifiuti, strategie
offensive. Stragi, omicidi, omissioni, insabbiamenti della verità per celare
affari ed egemonie belliche, ruberie parastatali.
Allora, vi siete mai accorti
di quanto sia bello vivere in un paese a sovranità inesistente, che non può prendere proprie
decisioni senza l’interferenza, pardon, l’aiuto degli USA. Vi siete mai resi
conto di come sia inebriante svegliarsi una mattina, salire a bordo di un aereo
o di una funivia (non fa differenza), ed in entrambi i casi essere abbattuti,
per errore o gioco. Oppure imbarcarsi di sera su un traghetto diretto in
Sardegna e finire arrostiti? Sembrano dimenticati i venti morti del Cermis (3
febbraio 1998) dell’era clintoniana. Dove si rintana la giustizia quando muore
la pelle viva di chi non ha voce? Belpaese
a sovranità azzerata, almeno a partire dalle clausole misteriose (ignote
perfino agli storici di professione) dell’armistizio di Cassibile. Da noi
imperversano tuttora segreti regolamentati da un regio decreto fascista del
1941. La nazione italiana occupata dagli Stati Uniti d’America, non è sovrana
né indipendente, ma succube. La fragilità italica cova le radici proprio nella
lunga sequela di misteri alimentati a dismisura. Una litania di accordi
internazionali ha annichilito la Costituzione: ultimi in ordine temporale i
Trattati di Prum, Lisbona e Velsen, che assoggettano ogni Stato del vecchio
continente ad una normativa sovranazionale, promulgata da legislatori oscuri e
ratificata da parlamentari sulla cresta dell’onda. Avanza incontrastato il militarismo.
Tanti, troppi, sotto controllo totale. Alzi la mano chi ha mai sentito parlare
di Eurogendfor: la nuova polizia militare europea che ha assunto poteri e
compiti totalmente al di fuori del controllo democratico. Una decisione
ratificata anche dal parlamento italiano (opposizione compresa), soltanto
nell’anno 2010. L’Echelon italiana, capitolo intercettazioni e spionaggi è una
regalo a parte che assottiglia all’osso la democrazia.
Chissà quante generazioni ci
vorranno perché approdi una nuova leva di italiani che sappiano scrollarsi la
rassegnazione. Come se l’ex giardino d’Europa, fosse soltanto una nauseabonda torta da spartirsi: appalti,
subappalti, commesse e posti al sole. Chissà se riusciremo a seminare quel seme
buono a far germogliare di nuovo la sapienza delle madri, il coraggio dei
padri, l’abnegazione dei nonni, di quelli che hanno fatto grande l’Italia,
prima che l’egoismo e il criminale calcolo del privato profitto la riducesse in
polvere. Chissà se riusciremo a rompere i compromessi e le compromissioni, i
giochi delle parti, le mafie, gli intrallazzi, i silenzi, le omertà.
Tutte le strade, anche le più buie hanno un
sole che accompagna il cammino e un
vento di pacifici colori che danza annunciando la primavera. Per dirla con Pasolini: io so. La navigazione
sul campo mi ha condotto a stanare le prove ufficiali: negli archivi
angloamericani e in quelli italiani di ogni ordine e grado. Il mio viaggio a
caccia di scorie non narra la storia, ma racconta alcune storie esplosive del
Belpaese. Sconti a nessun, senza respiro. Sconfiggere i ladri di futuro è
possibile, basta tenere a mente la lezione di Gandhi per estirpare il cancro
militarista. Non c’è davvero, più tempo da perdere. E’ meglio essere attivi
oggi che radioattivi e mutanti domani.
VIDEO
Aviano: arrivano nuove bombe atomiche Usa
RispondiElimina(ASI) In Italia ci sono bombe atomiche. Sì lo sappiamo, è una storia vecchia e risaputa da tutti fuorchè dai nostri politici che pur di non emttersi contro l'amministrazione statunitese continua a negare questa evidenza. Attualmente sono una novantina le testate nucleari made in U.S.A. custodite tra Ghedi ed Aviano, secondo la definizione del Pentagono sono bombe non strategiche ma pur sempre atomiche.
A confermare che gli Usa non hanno intenzione di smobilitare l'arsenale di morte dislocato lungo la penisola il nuovo rapporto del Fas, Fedration of American scientist dove la parola riduzione non viene minimamente menzionata mentre si parla in modo molto generico ed ambiguo di "significativa moderrnizzazione" in riferimento al potenziamento in atto in seno agli armamenti Nato.
la atomiche americane presenti in Europa sono sostanzialmente vecchie ed inoltre inadeguate al nuovo mondo, negli anni 60 i nemici della "democrazia statunitense" erano al confine con l'Italia, oggi la Nato ha praticamente accerchiato la rinata Russia di Putin. Ciò ha ovviamente reso necessario un ripensamento di questi armamenti, anche nella potenza e nelle dimensioni non a caso dal 2001 la Nato ed il Dipartimento della Difesa a stelle e strisce sonno mettendo a punto progetti ed operazioni per arrivare ad uniformare i quattro diversi modelli di bombe atomiche attualmente stoccate nel Vecchio continente.
Per il momento però tra guerre in corso e altre probabili, con la crisi economica che pesa anche sul bilancio della Nato, l'operazione di rinnovamento delle testate procederà molto al rilento, lo smantellamente inizierà solo nel 2016 e le prime teste nucleari create con il nuovo progetto non saranno pronte prima del 2019, in concreto saranno apportate milgiorie capaci di aumentare la precisione riducendo il fallout radioattivo conseguente all’esplosione, mentre la carica nucleare verrà riulizzata, con una potenza massima nell’ordine dei 50 chilotoni.
Nel frattempo però inizieranno gli addestramenti di nuove truppe specilizzate capaci di utilizzare questi ordigni, in Italia hanno queste facoltà solamente i militari statunitensi di stanza a Ghedi o Aviano, ai nostri soldati non è concesso l'uso di questi mezzi.
Mentre a Vicenza stanno per prendere il via i lavori al Site Pluto, con quelli che alla Ederle che si dovrebbero chiudere a breve, l'Italia quindi si continua a mostare una semplice Portaerei degli Usa, ovvero di quella nazione che ci invase nel lontano 1943, irportando in Sicilia quella mafia che il prefetto Mori aveva scacciato, e che continua a chiamare umanitarie tutte le sue guerre di conquista.
Fabrizio Di Ernesto Agenzia Stampa Italia