Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

domenica 16 settembre 2012

Il Governo boccia il registro dei tumori in Campania, la terra che muore per i rifiuti

 (Fonte articolo, clicca qui

Costa troppo. 

Il Governo, ieri, ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge con cui la Regione Campania ha istituito il registro dei tumori.  

La Campania non è una regione qualsiasi. 

E’ terra di discariche, di ecoballe (per niente eco ma moltissime balle) e di veleni;  è terra di perenni roghi di monnezze che si ripercuotono sulla salute pubblica: nei fumi degli incendi quotidiani ci sono tutte le sostanze tossiche e cancerogene che vengono filtrate (ma mai abbastanza) all’uscita dagli inceneritori adibiti alla spazzatura domestica;  in più c’è il lecitissimo sospetto che i rifiuti domestici siano incendiati per mimetizzare la liquidazione illegale degli ancor più tossici rifiuti industriali:  una volta che sono in cenere, come è possibile distinguere? I pochi dati disponibili sull’incremento dei tumori in Campania sono allarmanti.  Un registro dei tumori renderebbe probabilmente evidente una realtà terribile, imporrebbe il risanamento ambientale e legale. Invece no, niet, nisba: il Governo dice che è troppo caro. 

E sapete quanto costerebbe il registro? Costerebbe 1.500.000 euro all’anno, a carico della Regione Campania: secondo il Consiglio dei Ministri (tutti i link sono in fondo) la legge regionale che lo istituisce – la n. 19 del 10 luglio 2012 – “contiene alcune disposizioni in contrasto con il piano di rientro dal disavanzo sanitario”.  Di qui il rinvio alla Corte Costituzionale. Non sto a dilungarmi sul costo dei famosi cacciambombardieri o delle cosiddette missioni di pace all’estero: il problema – è chiaro – non sono i soldi, ma il modo in cui si decide di spenderli.  

Perchè non si vogliono spendere i soldi per il registro dei tumori in Campania, i soldi che imporrebbero il risanamento ambientale e legale? 

Cito alcuni brani de Linkiesta, che oggi ha dedicato un dettagliatissimo articolo alla monnezza di Napoli e dintorni Correva l’anno 1989 allorquando presso il ristorante «La Lanterna» si tenne la cosiddetta «riunione di Villaricca» a cui parteciparono politici, camorristi, massoni e imprenditori (…) si decisero i destini della Campania: doveva diventare la pattumiera dove gettare le scorie tossiche dell’intera nazione. Alla riunione presero parte i camorristi di Pianura e dell’area flegrea, nonché i Casalesi;   l’imprenditore massone Ferdinando Cannavale legato alla loggia Mozart di Genova e al Partito Liberale; Luca Avolio, altro imprenditore, proprietario della discarica «Alma» ubicata in quel di Villaricca che verrà arrestato nell’ambito dell’operazione Adelphi; Gaetano Cerci proprietario dell’azienda «Ecologia 89» che si occupa di trasporto e smaltimento rifiuti, ma che al contempo risulta essere nipote di Francesco Bidognetti, braccio destro di Francesco «Sandokan» Schiavone, il capo del clan dei Casalesi. Inoltre Cerci fungeva da anello di congiunzione tra i Casalesi e Licio Gelli.  Il capo della loggia massonica P2 in possesso dei necessari contatti con l’imprenditoria che conta del nord Italia. Vale a dire quei capitalisti disposti a tutto che pur di non registrare una perdita di profitto, preferiranno smaltire illegalmente i loro scarti industriali altamente tossici affidandoli alla camorra (…) i clan s’impegnavano a girare ai politici parte delle somme derivanti dal pagamento delle tangenti sui rifiuti, in cambio delle necessarie autorizzazioni allo scarico dei rifiuti in Campania.  Anche e soprattutto i provenienti da fuori regione.  

La devastazione iniziò così.  I frutti avvelenati sono ora solo in parte noti:  in luglio uno studio condotto dall’Istituto nazionale tumori con la Fondazione Pascale di Napoli ha dimostrato che nell’hinterland napoletano (capoluogo escluso), a Caserta e dintorni si muore di tumore fino al 47% in più che nel resto d’Italia.  

Il quotidiano Il Manifesto ha riportato questa dichiarazione di Antonio Marfella, oncologo e tossicologo del Pascale:
«E’ sufficiente sovrapporre alla aree a maggiore rischio di cancro, per sversamento illegali di rifiuti tossici, la traccia cartografica della strada provinciale a scorrimento veloce e priva di pedaggio SS 162, cosiddetto “asse mediano”, per comprendere un paradosso epidemiologico. Le aree più colpite dal cancro e dalle malformazioni neonatali sono quelle con maggiore disponibilità di zone demaniali, archeologiche, rurali e agricole» 

Ovvero, in Campania si muore di cancro dove c’è spazio per sversare illegalmente, per seppellire, per ammassare ed incendiare cumuli in cui i rifiuti domestici possono essere mescolati a roba ben peggiore.  Chissà se, come, da chi è stato aggiornato l’accordo del 1989 fra politici, camorra e imprenditori per fare della Campania la pattumiera tossica d’Italia: allora, secondo la ricostruzione de Linkiesta, il Pli era “invischiato nella vicenda sino ai vertici nazionali”.  

Sta di fatto che oggi, secondo il Governo dei professori, costa troppo appurare quante persone, e dove, muoiono di tumore, cioè di veleni e di rifiuti.  

Costa troppo definire il quadro da cui scaturirebbe l’imperiosa, evidente necessità di spezzare ogni circuito illegale, di risanare e bonificare la Campania.  

E in ogni caso ai morti, va da sè, non c’è neanche bisogno di pagare la pensione.



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