La mobilitazione della società portoghese contro le politiche di "austerity" volute dalla Troika.
Dopo due
settimane di mobilitazione continua e radicale, il governo di destra di
Lisbona annuncia che rivedrà i tagli ai salari. Ribadendo però che, per
pagare i creditori internazionali, dovrà comunque tagliare altrove.
Sabato scorso
un’enorme manifestazione aveva invaso il centro di Lisbona al grido di
‘al diavolo la troika’ e al termine migliaia di persone avevano
assediato la sede locale del Fondo Monetario bersagliandolo con oggetti
vari.
Venerdì scorso
invece decine di migliaia di manifestanti sono tornati a protestare
nella capitale lusitana davanti al palazzo di Belem, residenza del
Presidente Cavaco Silva, dove si teneva una riunione del Consiglio di
Stato convocata per analizzare le nuove misure di cosiddetta
“austerity” ordinate proprio dalla troika: miliardi di tagli alla spesa
pubblica e forti aumenti delle tasse in cambio dei 78 miliardi di
“aiuti” concessi al Paese nel 2011 da Ue, Bce e Fmi. In questi anni i
portoghesi di sacrifici ne hanno fatti e molti, ed il livello e la
qualità della vita sono tornati quelli degli anni ’70, quando il paese
era ancora governato dalla dittatura fascista e i lavoratori dovevano
emigrare all’estero. A furia di aiuti il Portogallo è precipitato nella
miseria, e ora i portoghesi sono veramente arrabbiati di fronte alla
richiesta di nuovi sacrifici che tutti sanno essere inutili e iniqui.
A Lisbona (ed in
altre 15 città) i manifestanti hanno gridato di tutto contro il primo
ministro Pedro Passos Coelho chiedendo le dimissioni dell’esecutivo. In
particolare ‘'Ladri, ladri...' e “il popolo unito non sarà mai vinto”,
ma anche "Cavaco, ascolta, il popolo è in lotta” e “Fmi fuori di qui”.
Nella capitale quattro manifestanti sono stati arrestati dopo che
avevano lanciato petardi contro il palazzo presidenziale.
''Il popolo é
stanco di farsi derubare e umiliare'' hanno scandito i manifestanti
scesi in piazza rispondendo ancora una volta all'appello di quelle
stesse Reti sociali che la scorsa settimana hanno mobilitato almeno
seicentomila persone in circa 40 città del paese.
Di fronte alla
mobilitazione continua e “fuori dagli schemi” il governo ha deciso di
convocare un Consiglio di Stato d’emergenza per fare il punto. Al
termine della riunione il governo di destra di Passos Coelho ha
annunciato una ‘revisione’ delle misure decise fin qui, in particolare
di quelle che prevedevano un aumento dell’imposizione fiscale per i
lavoratori dall’11 al 18% e una diminuzione di quella per le imprese
dal 23,75 al 18% con lo scopo di incentivare la creazione di nuovi
posti di lavoro e di ridurre la disoccupazione. Un aumento dei
contributi da versare alla Sicurezza Sociale che si tradurrebbero in
una decurtazione salariale netta del 7%.
I salari dei
lavoratori, soprattutto di quelli pubblici, sono stati già ridotti di
un 20% attraverso la cancellazione di tredicesime e quattordicesime,
senza contare il taglio del 10% deciso dal precedente governo. Inoltre
i salari vengono erosi dalla crescita dei prezzi, trascinati in alto
dall’aumento dell’IVA sui beni e sui servizi.
La dichiarazione
del Consiglio di Stato rappresenta una vittoria del movimento di
protesta? I coordinatori delle reti sociali non nascondono la loro
soddisfazione ma sono cauti, perché potrebbe trattarsi di una mossa
dell’esecutivo per prendere fiato e indebolire la mobilitazione sociale
ininterrotta delle ultime due settimane. Fatto sta che in un comunicato
divulgato dalla Presidenza del governo, il premier Pedro Passos Coelho
ammette di "essere disponibile, all’interno dei parametri della
concertazione sociale, a studiare alternative" all’aumento della Tasa
Social Unica (TSU) e a perseguire “il dialogo sociale e politico alla
ricerca del consenso per trovare soluzioni che, tenendo conto della
necessità di realizzare gli impegni assunti (...) garantiscano l’equità
e la giustizia nella distribuzione dei sacrifici così come la
protezione delle familie a basso reddito”. Nel comunicato si segnala
anche che “sono state superate le difficoltà che potevano minare la
solidità della coalizione” formata dal Partido Social Demócrata
(nonostante il nome, di destra) di Passos Coelho e il Centro
Democrático Social-Partido Popular (di centrodestra, contrario al
provvedimento fiscale ora messo in discussione). Stabilità che le
proteste sociali e le opposte pressioni della troika stanno
evidentemente minando.
A leggere bene
la bizantina dichiarazione del governo afferma che invece di tagliare i
salari Passos Coelho taglierà altrove per trovare quelle risorse da
destinare al pagamento dei creditori internazionali. Del prestito
concesso dalla Troika - 78 miliardi di euro - 12 sono da convogliare al
settore bancario e un’altra trentina dovrebbero servire allo stato per
garantire i crediti emessi dalle banche; poi ci sono gli interessi che
si dovranno pagare sul prestito: il 5% all’Fmi e il 4% per il Fondo
europeo di stabilizzazione finanziaria.
Questo vuol dire che le piazze e le strade di Lisbona e Porto dovranno tornare a riempirsi di nuovo.
(Marco Santopadre)
Tratto da: http://francescosalistrari.blogspot.it/
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