Intervista a Ol'ga Sedakov
Le dimostrazioni dell’inverno – primavera 2011- 2012 a Mosca sono state un fenomeno tanto seguito quanto inaspettato. Spesso i vertici politici le hanno paragonate al Carnevale nel tentativo di screditarle agli occhi dell’opinione pubblica. Ol’ga Sedakova, poetessa russa, ha scardinato questa concezione e spiegato come le proteste siano in realtà l’esatto opposto del Carnevale classico: i partecipanti, infatti, non indossano una maschera per assumere un’altra identità, ma sfilano a viso scoperto riaffermando la propria individualità.
Tutto questo, secondo la Sedakova, è sintomo di una rinascita etica della Russia. L’individualismo estremo, reazione al trauma del collettivismo sovietico in cui ognuno perdeva il proprio volto, lascia spazio a nuove forme di partecipazione alla vita pubblica del Paese. È per questo stata possibile una rinnovata presenza alle celebrazioni del 30 ottobre, giornata della mempra delle vittime delle repressioni politiche. Abbiamo incontrato Ol’ga Sedakova al Convegno Est – ovest:
la crisi come prova e provocazione al bivio tra negazione e riscoperta dell’Io, organizzato da Russia Cristiana lo scorso 19 ottobre, e parlato con lei della situazione attuale in Russia, delle nuove forme di protesta, del ruolo degli “invisibili” e anche del caso Pussy Riot…
- Sappiamo
che dopo le elezioni in Russia sono state prese misure restrittive
contro i manifestanti e le associazioni russe e straniere. La nuova
legge sui media limiterà ulteriormente la libertà di stampa. Come si
vive nella Russia di Putin oggi? Quale clima si respira?
Il
clima oggi è molto pesante. Nonostante i provvedimenti tocchino
solamente alcune persone e alcune istituzioni, e quindi non si possa
parlare di una vera e propria repressione, la situazione è molto
pericolosa. E questo è
solo l’inizio. Il nuovo corso infatti è
stato tracciato in maniera chiara fin dal giorno in cui il corteo del
rieletto leader russo è giunto al Cremlino attraversando una Mosca
surrealmente vuota, tra cordoni di polizia che hanno fatto sgomberare
tutto e tutti.
Nessuno all’inizio ha preso sul serio questo momento,
perché guardando fuori dalle finestre tutti vedevano le manifestazioni,
e la città blindata che mostrava la televisione sembrava irreale.
La realtà oggi è però costituita dagli
assurdi provvedimenti
adottati da Putin. È stata approvata una legge che vieta i rumori
notturni, i rumori forti e i lamenti ad alta voce. Sono addirittura
arrivati a proibire lo spostamento dei mobili negli appartamenti
durante la notte. È questo il mondo in cui viviamo oggi, ogni giorno
c’è una legge di questo tipo. Tutti ridono di queste norme paradossali,
ma non c’è da aspettarsi nulla di buono da questa situazione.
- Nonostante
tutto, i manifestanti sono scesi in strada a Mosca. Lei dice che queste
persone non vengono dalla politica e sono invece vicine
all’associazionismo. Ci aiuti a capire, chi sono "gli invisibili" di
cui lei parla? Perché sono scesi in piazza?
È molto difficile comprendere ciò che io intendo per “gli
invisibili”.
Molte di queste persone sono entrate in contatto con me personalmente
perché amano le mie poesie e mi scrivono perché le hanno lette. Grazie
a questi contatti ho scoperto che in diverse zone della provincia russa
vengono organizzati gruppi di assistenza, come ad esempio per l’aiuto
ai figli dei disabili. Molto spesso sono state create iniziative
autonome e volontarie, non legate alla Chiesa o ad altri enti. Per
questo mi sembra di poter chiamare “invisibili” queste persone, per la
loro
operosità silenziosa. A questo proposito ricordo un gruppo
di intellettuali radunati in un programma televisivo per discutere
della condizione del Paese, ancora prima che iniziassero le
manifestazioni. Tutti usavano espressioni come “totale depressione” o
“decadenza della morale”, e solo io presi posizione rivelando la
presenza di associazioni spontanee di persone in tutta la Russia.
Nessuno degli altri partecipanti sapeva di questi gruppi, a eccezione
di un tedesco, il rappresentante della Fondazione Heinrich Boll, che
era al corrente di queste iniziative poiché molti di quei volontari
avevano già contattato anche lui. Incontri personali quindi, per poter
scorgere gli “invisibili”. Con il passare del tempo questi individui
hanno incontrato gli ostacoli posti dallo Stato sulla loro strada, e
ciò li ha portati a manifestare per le vie di Mosca. Sono queste le
persone che mi inducono a parlare di una
"rinascita etica" della Russia.
- È
possibile che questa rinascita etica porti a un’azione politica in
grado di cambiare la situazione? C’è un’alternativa a Putin?
I manifestanti che hanno sfilato a Mosca
non hanno una rappresentanza politica,
non sono spinti da un partito o da un leader. Gli uomini politici che
hanno preso parte alle proteste non sono adatti al movimento stesso,
perché sono persone “vecchie”, del passato, del vecchio modo di fare
politica. La nuova politica tuttavia non ha mostrato figure che possano
costituire una credibile alternativa al corso attuale. Sta però
cambiando
qualcosa. Poiché si è capito che a livello nazionale non si può fare
nulla, stanno iniziando a crescere nuovi politici a livello locale, in
vista delle prossime elezioni regionali.
- In questo contesto, qual è il ruolo della Chiesa Ortodossa?
Date
le caratteristiche dei movimenti dimostrativi, era lecito aspettarsi
l’appoggio della Chiesa ortodossa. La realtà ha deluso molto. La Chiesa
ha iniziato a presentarsi come
difensore del regime,
dimostrando di non essere un interlocutore possibile per coloro che
vogliono manifestare. Tuttavia questo è vero solo per gli alti
rappresentanti ufficiali, in quanto sono molte le persone che, pur
appartenendo alla Chiesa, partecipano al movimento e ne condividono le
istanze.
- In Italia si è parlato molto del caso Pussy Riot. Cosa ne pensa?
Non condivido la modalità della protesta, perché la considero un
passo indietro
rispetto al movimento dei nastrini bianchi. Mentre in quelle
manifestazioni persone comuni sfilavano a viso scoperto, le Pussy Riot
hanno ripreso le
maschere, si sono coperte il volto e hanno
fatto riapparire le consuete provocazioni scandalistiche. Nonostante
questa mia perplessità, dopo il loro arresto ho firmato una
lettera al Patriarca insieme
ad altre persone che si considerano ortodosse. Con questo gesto
volevamo mandare un messaggio chiaro: “a noi non piace l’atto delle
Pussy Riot, ma la Chiesa dovrebbe chiedere la loro grazia”. Un
rappresentante ha risposto per dirci che il nostro era un atto
arrogante, che avevamo osato troppo citando il Vangelo poiché non
dovevamo certo essere noi a ricordare il Vangelo al Patriarca.
- Anche alla luce di queste riflessioni, chi sono i Giusti secondo lei?
Partendo dagli esempi di Sacharov e Solzenicyn, il Giusto oggi diventa un individuo che assume una posizione che è anche
politica. Malgrado la sua volontà, il Giusto è costretto a diventare tale quando si trova in un
regime antiumano. Purtroppo il nostro governo appare proprio come un regime antiumano, e i Giusti oggi sono le
persone comuni che scendono in piazza in difesa dell’umanità della politica.
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