In Seminiamo disobbedienza
abbiamo raccontato come le multinazionali dell’agrobusiness hanno detto
all’Unione europea, «vieta lo scambio libero di semi» e di come l’Ue,
tra una spallata di austerity e l’altra, abbia risposto «obbedisco».
Di
fronte a tutto questo, è in piedi una campagna di resistenza molecolare
e diffusa in tutto il mondo, dall’India alle campagne romane o
dell’Umbria.
Accade sempre più spesso che contadini, Gruppi di acquisto
solidale, orti urbani, associazioni si ribellano in modi diversi, come
ha raccontato anche Vandana Shiva a Roma nei giorni scorsi.
Qui di
seguito, un articolo scritto da Albertina Guarascio, vivaista, a
proposito degli interventi di Vandana Shiva.
- Seminiamo zucchine, raccogliamo relazioni (a proposito della resistenza degli orti urbani)
- La rivoluzione degli orti (lo scambio dei semi e gli orti autogestiti in Grecia).
- Il suono dei tulipani (ovvero la protesta creativa dei Giardinieri sovversivi)
Lei e la sua famiglia coltivano le stesse sementi riprodotte da generazioni: l’antico farro di Monteleone (Perugia), la roveja, la cicerchia, i ceci… Una bontà per i palati, per la salute delle persone e per la salute dei campi spoletini. Le risorse agrogenetiche tradizionali, cioè i semi delle piante riprodotte nei secoli dai contadini della penisola, sono essenziali non solo per la nostra nutrizione ma anche perché sono le più adatte a vivere e a darci da vivere in questi terreni e nei nostri ambienti, con il minor spreco di risorse energetiche, idriche e chimiche possibile.
Le nostre colture tradizionali sono quelle che si sono adattate meglio a vivere qui con noi e a sfamarci senza troppe necessità di imput esterni.
Oggi molte persone possono essere portate a pensare che
si possa vivere mangiando cibi che sono nati e cresciuti nei
supermercati. Anche chi si ricorda che i cibi provengono dalle campagne
probabilmente non è a conoscenza che «le campagne» ormai sono fatte da
sterminate distese di monoculture intensive, di una piccola varietà di
piante, dotate di una base genetica molto ristretta. Questo è stato il
frutto della prima e della seconda Rivoluzione verde (la prima consiste
nella selezione di un ristretto numero di varietà di piante moderne,
molto omogenee all’interno della stessa popolazione e molto più
produttive a fronte di arature profonde, forte consumo di acqua,
fertilizzanti e prodotti fitosanitari; la seconda consiste nella
manipolazione genetica del dna delle piante per renderle più
produttive, resistenti o addirittura in grado di uccidere insetti che
le attaccano).
Si calcola che l’erosione agrogenetica causata da questa
trasformazione dell’agricoltura abbia portato a una perdita che va dal
60 al 90 per cento delle varietà di piante agrarie più comuni.
Non basta la perdita di risorse genetiche tradizionali,
adesso, a causa delle pressioni fortissime da parte delle
multinazionali produttrici di sementi moderne, si cerca di criminalizzare chi riproduce e scambia sementi tradizionali.
Questo sta avvenendo in diversi modi: imposizione politica ed
economica, specialmente nei paesi del sud del mondo, a usare
determinate sementi; obbligo della registrazione delle sementi
tradizionali; divieto di riproduzione delle sementi (la signora
Giuseppina rischia la galera); contaminazione genetica con sementi
moderne delle varietà tradizionali; azioni di biopirateria come la
raccolta di materiale genetico tradizionale da parte di multinazionali
sementiere per poi appropriarsene e brevettarle come proprie e venderle
con applicazione di alte royalties.
Si potrebbe continuare con tante altre azioni
pericolosissime che sono attuate ogni giorno a livello politico,
giurisdizionale, economico, culturale con l’obiettivo di monopolizzare
la vita vegetale e la certezza di mettere a rischio la sicurezza
alimentare mondiale.
Martedì 9 ottobre, presso la Provincia di Roma, Vandana
Shiva ha presentato il nuovo report sull’attivtà di Navdanya e
dell’Alleanza globale di Cittadini per la libertà dei semi.
Vandana
Shiva è una dottoressa in fisica che da anni è impegnata nella lotta
dei contadini indiani contro il monopolio delle industrie sementiere in
quel paese. Ascoltarla da una grande carica, è sempre
combattiva e dolce allo stesso tempo, ha sempre un grande sorriso e una
grande determinazione nel lavorare per la salvaguardia del nostro bene
comune: i nostri semi.
Combattere per chi vuole appropriarsi di un bene comune
è importante ma ormai non si tratta più di giustizia ma di
salvaguardare la nostra sopravvivenza.
Infatti, è sempre più evidente
l’importanza della biodiversità per l’evoluzione e la sopravvivenza di
qualunque popolazione vivente e l’omogeneità genetica delle colture
agrarie disponibili in questo senso è molto pericolosa per tutti noi.
Anche se le grandi imprese pensano di conservare nelle loro fortezze
tutta la varietà genetica di cui abbiamo bisogno, per poi rivenderla,
non è detto che ne siano capaci. E se una volta rubati tutti i semi,
monopolizzato tutta l’agricoltura, affossato tutte le banche di semi
sparse nei diversi paesi (vedi il caso della Banca dei semi di Bari) e
dopo aver stipato tutti i nostri semi in qualche luogo blindato, tipo a
Svalbard, succedesse qualche incidente e perdessero tutte le nostre
risorse genetiche?
Dovremmo morire tutti di fame per l’ingordigia e la
fame di potere di pochi?
{..[..(.. NO GRAZIE !! ..)..]..}
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