Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

venerdì 19 ottobre 2012

Quattro anni d’indagine, Cerroni ha sfiorato l’arresto


   “.. er Supremo ..”

  • Evento Progetto Riciclo, sabato 27 ottobre sala consiliare del Comune di Genzano di Roma, per info  clicca qui.
  • Corteo di domani, per info clicca qui.
RASSEGNA STAMPA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO:
  • Da L’Espresso, Monnezza criminale, pagina 1, 2, 3 e 4
  • Alemanno: “Su Cerroni notizie gravi e che si rincorrevano da tempo”. Clicca qui.
  • Il patron Manlio Cerroni respinge le accuse: “Questo paese è diventato una cloaca”. Clicca qui.
  • Rifiuti e appalti, indagato anche l’ex AMA Panzironi. Clicca qui.
  • Rifiuti di Roma, inchiesta su Malagrotta: traffico illecito di rifiuti. Clicca qui.
  • Cerroni indagato per gestione Malagrotta e impianto TMB Albano Laziale. Clicca qui.
  • QUATTRO ANNI D’INDAGINE, CERRONI HA SFIORATO L’ARRESTO 
(Fonte articolo, Il Tempo, clicca qui

A febbraio di quest’anno il patron di Malagrotta Manlio Cerroni sfiorò l’arresto.

La richiesta di custodia cautelare sarebbe stata inoltrata dal pubblico ministero Giuseppe Travaglini al Gip del tribunale di Velletri, disegnando un quadro probatorio molto pesante: truffa, estorsione, associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti. Richiesta respinta. Ad aprile il giudice chiede infatti di trasferire il faldone a Roma per «incompetenza territoriale».

Emergerebbe questo da una ricostruzione fatta dal settimale L’Espresso sulla controversa gestione dei rifiuti nel Lazio targata Manlio Cerroni. Un’inchiesta partita nel 2009 con gli accertamenti dei carabinieri del Noe sull’attività della Pontina Ambiente, società del gruppo di proprietà dell’anziano e attivissimo avvocato romano, che si occupa della gestione del trattamento dei rifiuti nell’area dei Castelli e del litorale a sud della Capitale, con produzione di Combustibile da rifiuti.

Secondo gli investigatori 10 comuni avrebbero pagato per trasformare l’immondizia in Cdr, ma sarebbe stata smaltita diversamente dall’azienda.
La rosa delle persone coinvolte si sarebbe presto allargata a dirigenti della Regione Lazio. Alla chiusura delle indagini portate avanti da Travaglini sarebbero state 8 le persone iscritte nel registro degli indagati, tra cui lo stesso Cerroni.

Un altro filone dell’inchiesta passata ora nelle mani dei pm romani Maria Cristina Palaia e Alberto Galante, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, riguarderebbe invece la megadiscarica di Malagrotta e presunte pressioni dell’avvocato a politici locali, in particolare Alemanno, e all’azienda municipalizzata Ama, debitrice di grosse somme nei confronti della Colari, scoietà proprietaria di Malagrotta.  Stralci di intercettazioni e scambi epistolari in cui spunterebbero anche riferimenti a metodi di smaltimento poco ortodossi. Una storia fumosa, insomma, che oggi riprende quota con le ultime indagini portate aventi dai militari del Noe sul sito di Monti dell’Ortaccio. Sommozzatori in azione alla ricerca di eventuali falde acquifere che potrebbero essere compromesse da una nuova discarica. E ancora verifiche dei vigili urbani sulle autorizzazioni in mano alla Colari. Da una parte l’ipotesi del pm Galanti che indaga per illecito edilizio e deviazione illegale di acque, dall’altra la volontà del commissario per i rifiuti Goffredo Sottile ad andare avanti sulla strada di Monti dell’Ortaccio. Un altr braccio di ferro nel nome di Cerroni.
  • RIFIUTI A MALAGROTTA, CERRONI SOTTO INCHIESTA 
(Fonte articolo, Il Corriere della Sera, clicca qui

Per la prima volta i magistrati chiamano direttamente in causa Manlio Cerroni. L’ottantenne proprietario della boccheggiante Malagrotta, la cui chiusura è sul punto di slittare ancora una volta grazie a una nuova proroga, è indagato per associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, alla truffa e al traffico illecito di rifiuti.

Già coinvolta in una serie di inchieste nelle quali si ipotizzano diversi reati (dall’abuso edilizio alle lesioni colpose), la Colari era oggetto di approfondimenti da parte della Procura di Velletri, ora passati in carico ai magistrati romani Maria Cristina Palaia e Alberto Galanti. Inchiesta coordinata dalla Dda e dunque dallo stesso Procuratore Giuseppe Pignatone.

A suo tempo, un approfondimento condotto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico aveva portato alla luce una truffa nello smaltimento della spazzatura nell’impianto di Albano Laziale. I rifiuti venivano portati nella discarica. Pesati e poi fatturati con una maggiorazione sul prezzo. Grazie alla complicità di alcuni funzionari dell’assessorato regionale ai rifiuti, alla società di Cerroni venivano pagate fatture sovradimensionate rispetto alla spazzatura realmente smaltita.

Nell’inchiesta, lunga, complessa e tormentata (era stata sul punto di saltare in seguito a una bonifica delle microspie avvenuta in Regione all’indomani dell’elezione della nuova presidente Renata Polverini) che era stata coordinata dal procuratore capo Silverio Piro (scomparso mesi fa) si era già arrivati alle iscrizioni sul registro degli indagati per truffa.

Quindi il fascicolo anche in seguito al pronunciamento del giudice per le indagini preliminari) era approdato a Roma, dove erano in corso una serie di inchieste sullo smaltimento dei rifiuti. Una in via di chiusura riguarda abusi edilizi realizzati a Testa di Cane.

Ma è da un’altra indagine tuttora aperta, che potrebbero scaturire analogie con quella che vede indagato direttamente Cerroni: si tratta del fascicolo aperto su Riano e Corcolle.

In questo caso la denuncia di residenti e Verdi ipotizzava legami tra Cerroni e funzionari dell’assessorato regionale all’Ambiente.

  • MONNEZZA CRIMINALE, 
(Fonte L’Espresso, clicca qui)  

Associazione a delinquere, estorsione, truffa, traffico illecito di rifiuti: sono queste le ipotesi di reato di un’inchiesta segreta che sta facendo tremare mezza Roma e che potrebbe distruggere l’impero di Manlio Cerroni, l’anziano avvocato che controlla la discarica di Malagrotta e che gestisce, di fatto, la fetta più grande del business della monnezza della Capitale. Lo rivela “l’Espresso” nel numero domani in edicola. L’indagine sull’”ottavo re di Roma” (che risulta indagato) sembra ormai alla fase conclusiva, e rischia di far saltare il sistema di monopolio assoluto che la politica locale ha subito e foraggiato per oltre un trentennio, affidando di fatto a un privato la gestione di un’attività – va ricordato – che è per legge di pubblico interesse. A “l’Espresso” risulta che i filoni d’indagine sono tre. Riguardano la gestione di Malagrotta, gli impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (cdr) che l’imprenditore ha costruito ad Albano Laziale e la cava di Monti dell’Ortaccio, che nei progetti di Cerroni – e del commissario per l’emergenza rifiuti Goffredo Sottile – dovrebbe presto diventare la nuova mega discarica della capitale. Il fascicolo è così delicato che oltre ai due pm titolari Maria Cristina Palaia e Alberto Galante è sceso in campo anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone, che ha deciso di coordinare in prima persona la fase finale dell’inchiesta. «Il ministro Corrado Clini ha detto che a Roma i rifiuti sono in mano alla malavita? E’ una bestialità», commentò Cerroni qualche tempo fa, mentre spiegava che il suo sito a Monti dell’Ortaccio era già attrezzato per ingoiare le oltre 4 mila tonnellate di spazzatura prodotte ogni giorno. Spregiudicato, ricchissimo (qualcuno calcola che abbia accumulato un patrimonio di oltre due miliardi di euro, le sue due società più grandi come la Colari e la E.Giovi fatturano – come si legge negli ultimi bilanci – circa 150 milioni l’anno), l’avvocato Cerroni, nato nel 1926 nel minuscolo paesino di Pisoniano in provincia di Roma, è ancora in gran forma e sicuro di sé, consapevole dell’enorme potere negoziale che ha con i politici: senza Malagrotta (che sarà probabilmente prorogata per l’ennesima volta) in pochi giorni le strade di Roma sarebbero invase dalla monnezza, con effetti più devastanti dello tsunami napoletano che fece scandalo in tutto il mondo. 

«Sa come lo chiama in un’intercettazione un ex dirigente del commissariato per i rifiuti nel Lazio?», chiosa un magistrato vicino al dossier ,
«lo chiama “il Supremo”. 
Un nomignolo che già dice tutto. 
E’ lui il protagonista assoluto di questa vicenda».
  • (Fonte articolo, clicca qui)
Associazione a delinquere, estorsione, truffa, traffico illecito di rifiuti: sono le ipotesi di reato di un’inchiesta che, secondo quanto scrive il settimanale L’Espresso in edicola domani, coinvolgerebbe anche Manlio Cerroni, l’avvocato che gestisce la discarica di Malagrotta, la maxi discarica di Roma. In base all’articolo, i filoni d’indagine sono tre e riguardano la gestione di Malagrotta, gli impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (cdr) che Cerroni ha costruito ad Albano Laziale, e la cava di Monti dell’Ortaccio, che è uno dei siti candidati a diventare la nuova discarica della capitale. L’attività di indagine, affidata ai pm Maria Cristina Palaia e Alberto Galante, è coordinata dallo stesso procuratore capo Giuseppe Pignatone.

Alla notizia dell’inchiesta che lo coinvolgerebbe, il presidente del Colari e gestore della discarica di Malagrotta, Manlio Cerroni, ha così commentato: “Non ne sono a conoscenza, non so che cosa dire, mi sorprende”. e parole del “re delle discariche” che controlla il settore del trattamento dei rifiuti nella capitale: “Denuncio tutti. Non ci pagano, siamo noi i danneggiati dai comuni. Lavori regolari nel nuovo sito”.

Avvocato, a suo carico ci sarebbero varie ipotesi di reato: truffa, estorsione, associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti.
“Non ne so nulla. Io non c’entro niente”.

L’inchiesta segue tre filoni.

Uno riguarda il suo impianto di produzione di combustibile da rifiuti ad Albano Laziale. Secondo il pm, l’azienda avrebbe prodotto meno cdr di quanto dichiarato ai 10 comuni clienti e intascato milioni di euro senza corrispondere davvero il servizio. “Sì, mi ricordo qualcosa del genere. Se ne era interessato anni fa il pretore di Velletri. Poi non ne abbiamo saputo più niente”. Ma come è andata? Cosa diceva il contratto con i comuni clienti? “Non c’era nessun contratto con i comuni, non è mai esistito. Loro ci consegnavano i rifiuti, noi li trasformavamo in cdr che poi trasferivamo al termovalorizzatore di Colleferro. Il problema semmai era di Colleferro, mica nostro”. Perché? “Perché erano più le volte in cui il termovalorizzatore non funzionava di quelle in cui era attivo. Noi portavamo il combustibile da rifiuti e Colleferro non lo ritirava, costringendoci a smaltirlo in discarica. Siamo stati noi a denunciare l’azienda di Colleferro perché ci metteva in gravi difficoltà”.

Un’altra accusa è che lei abbia più volte minacciato Comune e Regione di chiudere la discarica di Malagrotta mettendo in ginocchio Roma e il Lazio per costringere Alemanno e Polverini a pagare i debiti accumulati nel tempo. “Che discorsi sono? Se le amministrazioni non pagano, le banche non finanziano e la discarica si chiude. I comuni pensino piuttosto a onorare i loro impegni finanziari. Pomezia ci deve dai 12 ai 14 milioni di euro, per esempio. Come si può pensare che i comuni ritirino le tasse sui rifiuti e poi non girino i soldi a chi li smaltisce?”.

Terza accusa: la sua società avrebbe effettuato abusivamente gli scavi ai Monti dell’Ortaccio, il sito individuato dal commissario Sottile per la discarica temporanea, senza essere munita delle necessarie autorizzazioni. “Questa è l’accusa che ci ha rivolto il XV municipio con il suo presidente Gianni Paris.

Ma noi proprio oggi abbiamo risposto con un comunicato.
È tutto a posto, tutto regolare.

Le attività di cantiere svolte ai Monti dell’Ortaccio sono state autorizzate da due provvedimenti:

il decreto commissariale 123/2002 e il decreto commissariale 36/2008″.

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