AVVISO PER TUTTA LA CITTADINANZA:
SABATO 20 OTTOBRE CORTEO CITTADINO CONTRO “L’INCENERITORE DEI CASTELLI ROMANI”, ORE 15:00 PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI, ALBANO LAZIALE. SEGUIRANNO INFO PIU’ DETTAGLIATE.
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Lenzuola, camici, tovaglie giunti a fine vita negli ospedali e nelle
catene alberghiere potrebbero prendere la via del riciclo anziché
quella della discarica. Si tratta, ogni anno di 132 mila quintali di
prodotti tessili.
«Abbiamo inviato un appello al governo, al ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, come già avevamo fatto con il precedente
ministro Stefania Prestigiacomo, ma non abbiamo avuto nessun segnale di
risposta», dice con un pizzico di amarezza Patrizia Ferri, segretario
generale di Assosistema, che riunisce 135 imprese che svolgono attività
di sanificazione e sterilizzazione dei dispositivi tessili. [Esplora il
significato del termine: «Come industriali, stiamo pensando a un
progetto di consorzio per il recupero del materiale tessile che può
essere trasformato in materia prima seconda. Ma ci piacerebbe avere dal
governo delle linee guida, almeno un riferimento benevolo», prosegue
Ferri. «Per noi il modello sono i grandi consorzi come CoRePla o CoReVe
(riciclano plastica e vetro, ndr). Si potrebbe fare la stessa cosa per
i prodotti tessili, anche se i volumi sono differenti», prosegue il
segretario generale dell’associazione delle imprese che lavano e
sterilizzano il materiale di cotone utilizzato negli ospedali e nelle
strutture turistiche. ] «Come industriali, stiamo pensando a un
progetto di consorzio per il recupero del materiale tessile che può
essere trasformato in materia prima seconda. Ma ci piacerebbe avere dal
governo delle linee guida, almeno un riferimento benevolo», prosegue
Ferri. «Per noi il modello sono i grandi consorzi come CoRePla o CoReVe
(riciclano plastica e vetro, ndr). Si potrebbe fare la stessa cosa per
i prodotti tessili, anche se i volumi sono differenti», prosegue il
segretario generale dell’associazione delle imprese che lavano e
sterilizzano il materiale di cotone utilizzato negli ospedali e nelle
strutture turistiche. Il comparto fattura circa 4,2 miliardi di euro.
«L’intero settore occupa 35 mila addetti, 10 mila dei quali sono
rappresentati dalla nostra associazione», aggiunge Ferri. «Per dare
ulteriore impulso a una realtà già vitale, abbiamo pensato alla
possibilità di riciclare quello 0,5 per cento di prodotti tessili che
oggi, a fine vita, sono smaltiti in discarica con evidenti
ripercussioni sull’ambiente in termini di impatto ecologico e di
mancata creazione di valore aggiunto. L’idea è riutilizzare il
materiale riciclato nel settore automobilistico, nautico e
dell’arredamento».Una ricerca sulla valutazione d’impatto ambientale
(Life Cycle Impact Assessment) realizzata da Ambiente Italia rileva che
lenzuola, camici e tovaglie dopo 125 lavaggi industriali (in media) non
sono più utilizzabili. Ma il materiale potrebbe ancora essere
riciclato: si tratta di cotone di buona qualità. Dalla ricerca – che
analizza il ciclo di vita del prodotto tessile, a cominciare dalla
raccolta del cotone sino allo smaltimento passando per tutti i cicli di
lavaggio che il tessuto subisce nel corso della sua vita, i trasporti
del materiale grezzo e finito, quelli dei prodotti tessili in entrata e
in uscita dopo la sterilizzazione, l’energia consumata, i detersivi
utilizzati per i lavaggi industriali – emerge un dato interessante. Ed
è su questo che puntano gli industriali di Assosistema: «Per un
confronto nella prospettiva dell’impatto ambientale, solo nel settore
turistico, l’uso della carta rispetto al tessile incide più del 53% sul
riscaldamento globale e più del 30% sull’impoverimento dello strato di
ozono», spiega il segretario generale. «Perciò, non solo sarebbe
opportuno riciclare quello 0,5 per cento di materiale tessile che ora
prende la strada delle discariche», sottolinea Patrizia Ferri. «Ma, se
vogliamo il bene dell’ambiente, bisogna promuovere l’utilizzo del
materiale tessile al posto di quello cartaceo monouso». Tovagliette e
tovaglioli di carta arrivano infatti quasi tutti dall’estero, così a
noi resta il costo dello smaltimento, mentre non si produce Pil. «Il
servizio di sterilizzazione del tessile sanitario e alberghiero avviene
nelle 24 ore, e non è possibile delocalizzarlo. E le imprese sono
italiane».
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