Fonte: "Il Caffè.it"
Bollette sempre più salate, danni alla salute e all'ambiente, soldi pubblici buttati, marciume nei palazzi del potere, bufale come il 'bio'gas e altri impianti farlocchi per rubare soldi e futuro alla collettività, dai livelli locali a i capi nazionali, scandalosa gestione dei rifiuti nel Lazio. Di questo si è occupata la persona che parla in questo articolo. È uno degli investigatori della monumentale inchiesta su "Cerronopoli", la presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico illegale di rifiuti. Molto più di una 'semplice' questione giudiziaria: decenni di storia che dai comuni laziali va su fino ai vertici delle istituzioni, dal cassonetto sotto casa alle emergenze (di solito organizzate a tavolino), sparate a tutto volume in tv e sui giornali, per spartirsi appalti e imporre certe linee gestionali.
Per anni, coi colleghi e coi magistrati, questo professionista delle indagini penali ha «sviscerato», come dice lui, «tutti gli aspetti e i rapporti tra le imprese di Cerroni e la politica». Ha ascoltato e osservato migliaia di ore di conversazioni, pedinato politici, dirigenti pubblici e manager privati, studiato atti. Attività sfociate nell'arresto del 're dei rifiuti' Manlio Cerroni e di parte della sua presunta cupola a gennaio 2014. Quel terremoto che ha fatto tremare la Regione Lazio, molti personaggi nella Capitale più o meno mafiosa, una schiera di ex Ministri, ex presidenti e assessori della Regione Lazio, ex sindaci, ex leader ambientalisti e boss politici, regionali ma pure nella casta paesanotta tra i Castelli Romani, il litorale, Latina e provincia. Il processo è in corso, alla sbarra c'è anche Bruno Landi, luogotenente di Cerroni nell'Agro pontino, 'capo' della discarica di Borgo Montello, al confine con Nettuno. Si capisce perché questo investigatore che qui parla debba farlo nel più stretto anonimato.
Anche perché, racconta oggi, «gli arresti prima e poi il processo hanno segnato sì un momento di presa d'atto e di ufficializzazione di qualcosa che tutti sapevano ma che, contemporaneamente, tutti facevano finta di non vedere. Ma anche che di fatto nulla è ancora cambiato».
Del resto a Latina e Albano le discariche proliferano e certi progetti vanno avanti come schiacciassassi nonostante le contaminazioni e le inchieste penali. Addirittura una nuova gigantesca discarica, ribattezzata dalla gente 'Malagrotta bis', volevano farla in territorio di Velletri confine con Aprilia, sulle falde idriche che dissetano parte dei Castelli Romani, Cisterna e Latina nord, Aprilia, Anzio e Nettuno. Né si ferma la pioggia di progetti nocivi (ad es. i cosiddetti 'bio'gas e gli inceneritori) per spartirsi l'immondizia e accaparrarsi ingenti sussidi pubblici, e il nuovo Piano regionale rifiuti non arriva... «Si tratta di un'eredità significativa che ancora mantiene i suoi effetti. Nel Lazio gli impianti dell'avvocato Cerroni ancora gestiscono una larghissima parte dei rifiuti solidi urbani», spiega l'investigatore. «Il contenuto delle indagini coordinate dalle Procure di Velletri e Roma e portate avanti dal Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente si è palesato inequivocabilmente nel corso delle udienze in corso a Roma - sottolinea il detective -. Laddove hanno testimoniato, gli investigatori hanno ricostruito la fitta rete di penetranti contatti che i collaboratori di Cerroni mantenevano con esponenti della Pubblica Amministrazione a tutti i livelli, Regione, Provincia e Comune. Il tenore delle telefonate intercettate rendeva chiara la portata dell’ingerenza del gruppo imprenditoriale nelle dinamiche amministrative degli enti locali. Questa capacità di orientare le determinazioni di Regione, Provincia e Comune ha origini ben lontane che vanno ricondotte al momento in cui una parte significativa del servizio di gestione dei rifiuti è stata posta nelle mani del soggetto privato che negli anni a seguire, grazie alle importati entrature politiche, è arrivato ad assumere il ruolo di monopolista del settore dello smaltimento e trattamento dei rifiuti solidi urbani. A questo punto viene da sé che in presenza di una leva così importante il soggetto privato può in qualsiasi momento determinare le scelte, anche strategiche, della pubblica amministrazione in tema di gestione dei rifiuti».
Sembra quanto accaduto a Latina, ad esempio, con la municipalizzata dei rifiuti: Comune reso succube di una lobby esterna, governata da potenti pugliesi e napoletani milanesizzati insieme ai cerroniani. Esempio emblematico di quanto la Commissione parlamentare d'inchiesta sul traffico dei rifiuti già nel marzo 2000 affermava: nella relazione approvata all'unanimità, parla di "oligopolio che tende al monopolio".
Un potere che dice chi, come, quando e che prezzo deve gestire i rifiuti. «Difatti - prosegue il nostro intervistato 'speciale' -, come si verificò ad Albano intorno all’anno 2010, Manlio Cerroni giunse ad intimare alla Regione Lazio la chiusura degli impianti di Roncigliano qualora l’ente locale non avesse autorizzato l’ampliamento delle volumetrie della discarica, peraltro già ampiamente superate».
Tutto ciò riporta alla mente certe intercettazioni, come quelle delle legittimissime quanto amichevolissime conversazioni su affari d'immondizia tra il braccio destro di Cerroni, Bruno Landi, e l'ex sindaco di Latina, Giovanni Di Giorgi, ritenute "di rilevante interesse" dalla Procura di Roma. Oppure quelle tra il solito Landi e i due ex consiglieri comunali latinensi, Enzo De Amicis («ricordate de mi' cognato che sta senza lavoro») e Fabrizio Mattioli.
«Dalle intercettazioni - riprende la nostra fonte - Manlio Cerroni appare come un personaggio poliedrico e imprenditorialmente attivo. La lunga permanenza nello scacchiere laziale e non solo, fa di lui un personaggio connotato da ampia trasversalità sotto il profilo dei contatti con esponenti politici ed importati burocrati. Credo che molti di questi abbiano avuto momenti di forte trepidazione allorquando Cerroni fu arrestato, nel gennaio 2014, e si palesò l’esistenza di intercettazioni all’interno degli atti giudiziari. Ma già nel 2013, su importanti settimanali vi furono anticipazioni di brani di telefonate registrate nel 2011 tra lui e l'allora assessore della Provincia di Roma Michele Civita, attuale assessore regionale. La questione è assai ampia e non è escluso che possano presentarsi ulteriori e clamorosi sviluppi». Altre trepidazioni in vista, dunque, per la Casta.
Francesco Buda
Bollette sempre più salate, danni alla salute e all'ambiente, soldi pubblici buttati, marciume nei palazzi del potere, bufale come il 'bio'gas e altri impianti farlocchi per rubare soldi e futuro alla collettività, dai livelli locali a i capi nazionali, scandalosa gestione dei rifiuti nel Lazio. Di questo si è occupata la persona che parla in questo articolo. È uno degli investigatori della monumentale inchiesta su "Cerronopoli", la presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico illegale di rifiuti. Molto più di una 'semplice' questione giudiziaria: decenni di storia che dai comuni laziali va su fino ai vertici delle istituzioni, dal cassonetto sotto casa alle emergenze (di solito organizzate a tavolino), sparate a tutto volume in tv e sui giornali, per spartirsi appalti e imporre certe linee gestionali.
Per anni, coi colleghi e coi magistrati, questo professionista delle indagini penali ha «sviscerato», come dice lui, «tutti gli aspetti e i rapporti tra le imprese di Cerroni e la politica». Ha ascoltato e osservato migliaia di ore di conversazioni, pedinato politici, dirigenti pubblici e manager privati, studiato atti. Attività sfociate nell'arresto del 're dei rifiuti' Manlio Cerroni e di parte della sua presunta cupola a gennaio 2014. Quel terremoto che ha fatto tremare la Regione Lazio, molti personaggi nella Capitale più o meno mafiosa, una schiera di ex Ministri, ex presidenti e assessori della Regione Lazio, ex sindaci, ex leader ambientalisti e boss politici, regionali ma pure nella casta paesanotta tra i Castelli Romani, il litorale, Latina e provincia. Il processo è in corso, alla sbarra c'è anche Bruno Landi, luogotenente di Cerroni nell'Agro pontino, 'capo' della discarica di Borgo Montello, al confine con Nettuno. Si capisce perché questo investigatore che qui parla debba farlo nel più stretto anonimato.
Anche perché, racconta oggi, «gli arresti prima e poi il processo hanno segnato sì un momento di presa d'atto e di ufficializzazione di qualcosa che tutti sapevano ma che, contemporaneamente, tutti facevano finta di non vedere. Ma anche che di fatto nulla è ancora cambiato».
Del resto a Latina e Albano le discariche proliferano e certi progetti vanno avanti come schiacciassassi nonostante le contaminazioni e le inchieste penali. Addirittura una nuova gigantesca discarica, ribattezzata dalla gente 'Malagrotta bis', volevano farla in territorio di Velletri confine con Aprilia, sulle falde idriche che dissetano parte dei Castelli Romani, Cisterna e Latina nord, Aprilia, Anzio e Nettuno. Né si ferma la pioggia di progetti nocivi (ad es. i cosiddetti 'bio'gas e gli inceneritori) per spartirsi l'immondizia e accaparrarsi ingenti sussidi pubblici, e il nuovo Piano regionale rifiuti non arriva... «Si tratta di un'eredità significativa che ancora mantiene i suoi effetti. Nel Lazio gli impianti dell'avvocato Cerroni ancora gestiscono una larghissima parte dei rifiuti solidi urbani», spiega l'investigatore. «Il contenuto delle indagini coordinate dalle Procure di Velletri e Roma e portate avanti dal Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente si è palesato inequivocabilmente nel corso delle udienze in corso a Roma - sottolinea il detective -. Laddove hanno testimoniato, gli investigatori hanno ricostruito la fitta rete di penetranti contatti che i collaboratori di Cerroni mantenevano con esponenti della Pubblica Amministrazione a tutti i livelli, Regione, Provincia e Comune. Il tenore delle telefonate intercettate rendeva chiara la portata dell’ingerenza del gruppo imprenditoriale nelle dinamiche amministrative degli enti locali. Questa capacità di orientare le determinazioni di Regione, Provincia e Comune ha origini ben lontane che vanno ricondotte al momento in cui una parte significativa del servizio di gestione dei rifiuti è stata posta nelle mani del soggetto privato che negli anni a seguire, grazie alle importati entrature politiche, è arrivato ad assumere il ruolo di monopolista del settore dello smaltimento e trattamento dei rifiuti solidi urbani. A questo punto viene da sé che in presenza di una leva così importante il soggetto privato può in qualsiasi momento determinare le scelte, anche strategiche, della pubblica amministrazione in tema di gestione dei rifiuti».
Sembra quanto accaduto a Latina, ad esempio, con la municipalizzata dei rifiuti: Comune reso succube di una lobby esterna, governata da potenti pugliesi e napoletani milanesizzati insieme ai cerroniani. Esempio emblematico di quanto la Commissione parlamentare d'inchiesta sul traffico dei rifiuti già nel marzo 2000 affermava: nella relazione approvata all'unanimità, parla di "oligopolio che tende al monopolio".
Un potere che dice chi, come, quando e che prezzo deve gestire i rifiuti. «Difatti - prosegue il nostro intervistato 'speciale' -, come si verificò ad Albano intorno all’anno 2010, Manlio Cerroni giunse ad intimare alla Regione Lazio la chiusura degli impianti di Roncigliano qualora l’ente locale non avesse autorizzato l’ampliamento delle volumetrie della discarica, peraltro già ampiamente superate».
Tutto ciò riporta alla mente certe intercettazioni, come quelle delle legittimissime quanto amichevolissime conversazioni su affari d'immondizia tra il braccio destro di Cerroni, Bruno Landi, e l'ex sindaco di Latina, Giovanni Di Giorgi, ritenute "di rilevante interesse" dalla Procura di Roma. Oppure quelle tra il solito Landi e i due ex consiglieri comunali latinensi, Enzo De Amicis («ricordate de mi' cognato che sta senza lavoro») e Fabrizio Mattioli.
«Dalle intercettazioni - riprende la nostra fonte - Manlio Cerroni appare come un personaggio poliedrico e imprenditorialmente attivo. La lunga permanenza nello scacchiere laziale e non solo, fa di lui un personaggio connotato da ampia trasversalità sotto il profilo dei contatti con esponenti politici ed importati burocrati. Credo che molti di questi abbiano avuto momenti di forte trepidazione allorquando Cerroni fu arrestato, nel gennaio 2014, e si palesò l’esistenza di intercettazioni all’interno degli atti giudiziari. Ma già nel 2013, su importanti settimanali vi furono anticipazioni di brani di telefonate registrate nel 2011 tra lui e l'allora assessore della Provincia di Roma Michele Civita, attuale assessore regionale. La questione è assai ampia e non è escluso che possano presentarsi ulteriori e clamorosi sviluppi». Altre trepidazioni in vista, dunque, per la Casta.
Francesco Buda
noinceneritorealbano.it/
Processo rifiuti, effetto Mafia Capitale: udienze a rischio
A rischio il calendario di novembre: le due date dell'11 e del 18, già fissate, potrebbero slittare o essere modificate
Martedì, 13 ottobre 2015 - 18:17:00
di Valentina Renzopaoli
A rischio il calendario di novembre: le due date dell'11 e del 18, già fissate, potrebbero slittare o essere modificate
Martedì, 13 ottobre 2015 - 18:17:00
di Valentina Renzopaoli
L'ombra del processo per Mafia Capitale, con le sue quattro udienze a
settimane ad oggi programmate fino al 22 luglio 2016, si allunga pure
sul maxi processo Cerroni che si sta celebrando con il giudizio
immediato. A rischio il calendario di novembre: le due date dell'11 e
del 18, già fissate, potrebbero slittare o essere modificate. Il giudice
del Collegio Stefania Rocchi, che nell'udienza di martedì ha sostituito
il presidente Giuseppe Mezzofiore, ha fatto capire che il provvedimento
che disciplina le modalità di celebrazione di Mafia Capitale, dovrà
essere discusso poiché va ad impattare con tutti gli altri procedimenti
in corso.
Intanto martedì è tornato sul banco dei testimoni Massimo Lelli, maresciallo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente, già sentito in precedenza per quanto riguarda le indagini sull'impianto di Albano Laziale della Pontina Ambiente. Con la sua deposizione, come teste del pm Alberto Galanti, è iniziata la discussione del terzo dei cinque filoni di cui è composta l'inchiesta: quello che riguarda il termovalorizzatore di Albano Laziale. Secondo l'impianto accusatorio, funzionari pubblici e politici regionali avrebbero agevolato gli interessi del “Supremo” Manlio Cerroni.
Intanto martedì è tornato sul banco dei testimoni Massimo Lelli, maresciallo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente, già sentito in precedenza per quanto riguarda le indagini sull'impianto di Albano Laziale della Pontina Ambiente. Con la sua deposizione, come teste del pm Alberto Galanti, è iniziata la discussione del terzo dei cinque filoni di cui è composta l'inchiesta: quello che riguarda il termovalorizzatore di Albano Laziale. Secondo l'impianto accusatorio, funzionari pubblici e politici regionali avrebbero agevolato gli interessi del “Supremo” Manlio Cerroni.
La Regione, attraverso
funzionari corrotti, avrebbe messo il Consorzio Co.e.ma, nato nel 2007
dall'unione della Pontina Ambiente, con Ama e Acea, nelle condizioni di
costruire un impianto di incenerimento su un terreno della stessa
Pontina Ambiente e di usufruire, nell'ambito della gestione di tale
impianto, dei contributi pubblici denominati “ CIP 6”, erogati dallo
Stato ad aziende produttrici di energia derivante da fonti rinnovabili.
Accuse tutte da provare: per ora è solamente iniziata l'elencazione di
un infinito numero di conversazioni telefoniche intercettate sulle
utenze dello stesso Manlio Cerroni e di altri funzionari pubblici, come
Arcangelo Spagnoli, allora responsabile unico del procedimento del
Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti della Regione Lazio,
deceduto nel 2008.
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