Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

martedì 30 marzo 2010

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http://www.noinceneritorediscarlino.org/index.php?page=link

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Inceneritori: notizie allarmanti dalla Francia

dal sito:http://www.agoramagazine.it

Inceneritori: notizie allarmanti dalla Francia

sarcomi + 22%,
linfomi non Hodgkin + 12%
cancro al fegato +16%,
tutti i cancri nelle donne +6%
mieloma multiplo +16%

A cosa servono i monitoraggi??
Quante sofferenze e quanti morti ancora saranno necessari perché finalmente si aprano gli occhi ed i rifiuti cessino di essere risorse solo per chi, incenerendoli, accede, in un mercato drogato, ai vergognosi incentivi che solo l’ Italia riconosce ai “fuochisti” di turno?

Lettera aperta al Professor Silvano Focardi


 
Lettera aperta al Professor Silvano Focardi
Grosseto 22.3.2010

Egregio professore,
ho letto attentamente quanto ha scritto recentemente in merito al riesame relativo alla V.I.A. dell’inceneritore di Scarlino e in particolare i punti 3,4 e 5 del Parere fornito alla Provincia di Grosseto, dove affronta i temi della Caratterizzazione dello stato attuale dell’aria, suolo e acque. Emerge in modo molto evidente che non Le hanno fornito tutte le informazioni e studi esistenti. Infatti, Lei propone saggiamente diversi monitoraggi che dovrebbero accompagnare l’avvio dell’impianto, dando per scontato che sia stata già valutata positivamente la sostenibilità di ulteriori carichi inquinanti.

Questa valutazione, come giustamente vuole la legge, il buon senso e che Lei ha dato per scontata, invece non è stata fatta. Le sembrerà impossibile che possa accadere una cosa del genere, ma questo è successo e non l’hanno evidentemente informata. Con i “punti zero” dei suoi monitoraggi troverà che nel terreno e nelle acque di falda ci sono già rispettivamente decine e centinaia di volte arsenico e altri metalli oltre i limiti di Legge. Già Scarlino Energia nello Studio di Impatto ambientale li ha però definiti una bizzarra anomalia naturale.

Le faccio solo tre esempi
e, per ciascuno, le citerò una fonte autorevole di verifica:

- migliaia di tonnellate di rifiuti tossici (ceneri di pirite) sono tutt’oggi interrate in prossimità della superficie e lasciate alle piogge liscivianti senza alcuna protezione, non solo nell’argine del Canale Solmine, ma a partire dalle recinzioni della proprietà di Scarlino Energia Srl. Molti conoscono questa realtà, ma fanno finta di non sapere,cosicché dopo 20 anni dall’avvio delle bonifiche non si conosce fino a dove sono interrati tali rifiuti tossici.

Come Lei saprà bene, l’obbligo di bonifica in Italia non si limita ai confini della proprietà, ma questa norma non è applicata nel Comune di Scarlino. Legga la Proposta di indagine dell’ARPAT di Grosseto dic.2007;

- si conoscono i dati di un inquinamento elevatissimo di arsenico (come già detto, centinaia di volte sopra i limiti di legge) nella prima falda idrica, ma non si sa fino a dove è esteso tale inquinamento, né si conoscono tutte le fonti inquinanti. Molti sanno, ma a Lei evidentemente non l’hanno detto, che in inverno tali falde arrivano in superficie e che l’arsenico viene distribuito lungo la rete dei fossi campestri e finisce nei terreni, nel vicino padule e in mare. Verifichi quanto sopra scaricando la relazione, agli atti del riesame della VIA, del geologo dott. Lodovico Sola, già dirigente della RIMIN, la più importante società di ricerca geochimica in Italia;

- con i fumi della fusione delle piriti si sono distribuiti nel territorio circostante dalle 15 alle 539 tonnellate per anno di arsenico.

Legga lo studio del 2002 del prof. Tiezzi, ordinario di Chimica presso l’Università di Siena. A cosa serviranno i monitoraggi? Non le sembra cinico monitorare su un moribondo l’aggiunta di altre dosi di veleno?
Sulla presunta anomalia geochimica e sulla caratterizzazione di tali rifiuti tossici, sui quali evidentemente non le hanno riferito, mi permetto di indicarLe infine un altro illustre docente del suo Ateneo, il geochimico prof. Riccobono, che le ha studiate non lasciando nulla alla superficialità o alla parzialità.

Prof. Roberto Barocci
Forum Ambientalista

NO INCENERITORI - SI ALLA SALUTE - PARMA 16/17/18 Aprile 2010


http://www.noinceneritorediscarlino.org/index.php?mact=News,cntnt01,detail,0&cntnt01articleid=226&cntnt01returnid=187

Prima manifestazione nazionale


NO INCENERITORI – SI' ALLA SALUTE
Parma 16-17-18 aprile 2010

Categoria: Generale
Postato da: comitato
Parma, 26 marzo 2010
Comunicato stampa con preghiera di pubblicazione


Prima manifestazione nazionale
NO INCENERITORI – SI' ALLA SALUTE
Parma 16-17-18 aprile 2010

Nella valle più inquinata d'Europa, la valle Padana, nella capitale della Food Valley, Parma, vogliono costruire una grande inceneritore, che brucerà 130.000 tonnellate di rifiuti all'anno. I cittadini di Parma, riuniti nel Coordinamento per la Corretta Gestione dei Rifiuti e delle Risorse, non sono d'accordo ed hanno organizzato per  il 16-17-18 aprile la prima Manifestazione Nazionale per dire NO INCENERITORI–SI' ALLA SALUTE. Per la salute, l'aria pulita, l'acqua pubblica, la difesa del territorio e il bene comune, per iniziare un’opera di decontaminazione della Food Valley, con una proposta per la riduzione, il riuso, il riciclo e l'estrusione finale dei rifiuti, un trattamento a freddo senza emissioni in atmosfera, per poter applicare la STRATEGIA RIFIUTI ZERO.


I rifiuti sono un difetto di progettazione, in natura non esistono, sono la cartina tornasole di un sistema economico e sociale difettoso. La lotta per una gestione corretta dei rifiuti, o meglio delle risorse, è una lotta per dare un futuro alle nuove generazioni. L’incenerimento dei rifiuti produce danni alla salute, con emissioni di diossine, metalli pesanti, furani ed altre 200 sostanze tossiche. Ormai solo chi ha interessi economici nella costruzione di questi impianti sostiene la loro scarsa dannosità. Gli inceneritori inoltre inquinano le acque, producono ceneri tossiche, deturpano il territorio.

L’ALTERNATIVA ESISTE E FUNZIONA: NEL LAZIO, IN VENETO, IN SARDEGNA E IN TANTE ALTRI LUOGHI – PERCHE’ A PARMA NO?
E' importante la presenza di tutti coloro che si battono per la tutela dei territori, per nuovi paradigmi economici e industriali, rispettosi delle persone e dell'ambiente.
I nostri figli ci accuseranno, se restituiremo loro un territorio avvelenato.

E’ prevista la partecipazione di:
Prof. PAUL CONNETT (Consulente ONU per la gestione dei rifiuti) il quale dice "Parma è l'ultimo posto al mondo dove costruire un inceneritore".
JOAN MARC SIMON - GAIA (Global Alliance for Incinerator Alternatives)http://www.no-burn.org/
ROSSANO ERCOLINI (Ambientefuturo) - Fondatore del movimento Rifiuti Zero in Italia http://ambientefuturo.org/
ENZO FAVOINO
(Scuola Agraria del Parco di Monza)

Hanno già aderito numerosissime sigle tra le quali Il Popolo Viola, Rete Italiana Rifiuti Zero, Comitato No Inceneritore Molise, No Biomasse Barletta, Liberacittadinanza, Pro Ambiente di Modugno (Bari), Ass. Comitati Versiliesi, Comitato NO Tav Condove, Mamme Bionike Trentino, Comitato Trentino Pulito, Associazione Comuni Virtuosi, I Gas del territorio di Parma.

PROGRAMMA DELLE GIORNATE:
Venerdì 16 aprile - ore 21,00 - Camera di Commercio - Via Verdi - Parma - Incontro sul tema: L'ALTERNATIVA AGLI INCENERITORI, con PAUL CONNETT, ROSSANO ERCOLINI ED ALTRI OSPITI
Sabato 17 aprile - dalle ore 14,00 - Parco Ex Eridania
MANI/FESTA/AZIONE - Musica, animazione, artisti di strada, creatività, preparativi per partenza corteo.
Sabato 17 aprile - ore 14,30  - Ritrovo: Parco Ex Eridania - Ingresso da via Toscana.
BICICLETTATA PARMA - UGOZZOLO (luogo in cui vorrebbero costruire l'inceneritore) e ritorno.
Sabato 17 aprile - ore 16,00 -  Ritrovo: Parco Ex Eridania - Ingresso via Toscana -
CORTEO - destinazione Piazza della Pace - Condivisione delle informazioni.
Domenica 18 aprile - sede del WWF di Parma – Piazzale Rondani, 3 Incontro nazionale dei comitati per la gestione corretta dei rifiuti – CHE FARE?
CONTATTI:
Organizzazione e permessi:
Sandro: toplay@libero.it
Angelo: rossoverde47@fastwebnet.it

Coordinamento evento e relazioni internazionali:
Chris: christina_townsend@libero.it

Comunicazione e graficA

Gabriele: gabriele.folli@gmail.com

Ufficio Stampa: Sandro: agitalancia@gmail.com
Aldo:      caffagnini@lillinet.org
Animazione artistica:
Nicoletta: nicoletta.paci@tin.it
agitalancia@gmail.com
Ospitalità:
Paolo: paolo18774@libero.it
Segreteria: Antonella: anto-giuli@libero.it
www.gestionecorrettarifiuti.it - info@gestionecorrettarifiuti.it
Tel.  0521.977000 - Fax 0521.944207

INCENERITORI KILLER: nuovo dossier dall'Inghilterra


http://www.noinceneritorediscarlino.org/


Inceneritori-killer, nuovo dossier dall’Inghilterra
Nuove prove dalla Gran Bretagna sulla pericolosità dei termovalorizzatori per la salute umana. Il sito della Uk Health Research ha pubblicato uno studio sulla mortalità infantile nei distretti circostanti l’inceneritore di Kirklees, nella regione dello Yorkshire e Humber. Dagli esiti della ricerca, consultabile sulla mappa della zona, è emerso che nei distretti posti sottovento rispetto all’inceneritore il livello di mortalità infantile è anormalmente alto, pari al 9,6 per mille, mentre nei distretti sopravento il tasso è circa dell’uno per mille. Il termovalorizzatore di Kirklees produce energia dall’incenerimento di rifiuti solidi urbani.

“Metaforum” riporta i risultati del quarto rapporto della Società Britannica di Medicina Ecologica riguardante gli effetti sulla salute umana. Studi su vasta scala hanno dimostrato che presso gli inceneritori di rifiuti urbani ci sono tassi più elevati di cancro negli adulti e nei bambini e anche difetti alla nascita: i risultati confermano l’ipotesi che le associazioni non siano casuali. Questa interpretazione è sostenuta da un certo numero di studi epidemiologici, che suggeriscono che la varietà di malattie prodotte dall’incenerimento possa essere molto più ampia.
Le emissioni degli inceneritori  sono una fonte importante di polveri fini, di metalli tossici e di più di 200 sostanze chimiche organiche, tra le quali sostanze cancerogene, mutagene ed interferenti endocrini. Le emissioni contengono anche altri composti non identificati, la cui capacità di provocare danni è ancora ignota, come un tempo accadeva con le diossine. Dato che la natura dei rifiuti cambia continuamente, si modifica anche la natura chimica delle emissioni degli inceneritori e quindi il potenziale per produrre effetti pericolosi per la salute
Le attuali misure di sicurezza sono progettate per evitare effetti tossici acuti nelle immediate vicinanze dell’inceneritore, ma ignorano il fatto che molti di questi inquinanti si accumulano negli organismi, possono entrare nella catena alimentare e possono causare malattie croniche nel tempo e in un’area geografica molto più ampia. I dispositivi per l’abbattimento degli inquinanti negli inceneritori moderni, in particolare quelli per le diossine e i metalli pesanti, semplicemente trasferiscono il carico inquinante dalle emissioni in atmosfera alle ceneri leggere.
Recenti studi americani hanno mostrato che inquinamento atmosferico dovuto alle polveri fini (Pm 2,5) causa aumenti nella mortalità: malattie cardiache e tumori polmonari in primis. Le cardiopatie ischemiche sono responsabili di quasi una quarto delle morti e sono fortemente correlate con il livello di polveri fini. Tra le altre patologie segnalate: asma e ostruzione polmonare cronica, autismo, dislessia, disturbi emotivi, Parkison. E’ stato dimostrato che il cancro è correlato geograficamente con impianti di trattamento di rifiuti tossici, materiale radiattivo, idrocarburi e metalli pesanti.
Il controllo degli inceneritori,  sostengono i medici britannici, è stato insoddisfacente per la mancanza di rigore, per i monitoraggi poco frequenti, per il basso numero di composti misurati, per i livelli giudicati accettabili e per l’assenza di monitoraggio biologico. «Si asserisce che le moderne procedure di abbattimento degli inquinanti rendono sicure le emissioni degli inceneritori, ma questo è impossibile da stabilire». Inoltre «non è possibile stabilire in anticipo la sicurezza di nuove installazioni di inceneritori,». Difficile verificare problemi nel periodo pre-natale, e gli stessi tumori possono avere un’incubazione di dieci o vent’anni
Attualmente, aggiunge “Metaforum”, gli inceneritori, contravvengono ai diritti basilari, come enunciato dalla Commissione delle Nazioni Unite per i dirittiumani, in particolare al diritto alla vita nella Convenzione per i diritti Umani Europea, ma anche nella Convenzione di Stoccolma e nella legge di protezione ambientale del 1990. Il feto, il neonato e il bambino sono quelli più a rischio per le emissioni degli inceneritori .diritti violati e soluzioni infelici, come ad esempio l’attuale politica di collocare gli inceneritori  in zone povere, dove i loro effetti sulla salute saranno massimi

I CENTO MODI PER AVVELENARE


http://www.poolinquinamento.it/rassegna/detail/id/13077/?lang=it_IT

 I CENTO MODI PER AVVELENARE

6 March 2010
LAZIO • Il problema dei rifiuti tossici diffusi in tutta la regione: verso il disastro ambientale I cento modi er avvelenare Dall acqua all`arsenico dei Castelli al lindano ciociaro nel latte materno Andrea Palladino ROMA C i sono parole che sono divenute insopportabili. Ad esempio C emergenza. O quelle che arrivano subito dopo: commissario straordinario. E sempre più spesso, quando l`emergenza è ambientale, ne scatta un`altra, deroga Parole per nascondere, per rimandare le soluzioni, per mantenere quella sorta di licenza d`uccidere che in Italia distrugge ambiente e popolazioni. Ieri la sentenza della Corte di giustizia europea ha fatto chiarezza. Ha usato i nomi veri delle cose, ha chiamato inceneritori gli inceneritori, e rifiuti la monnezza. Ha spiegato come di veleni si può morire e quanto valgono le «emergenze» e le «deroghe» italiane di fronte all`acquis communautaire, ovvero la civiltà giuridica europea: meno di zero. E se la sentenza riguardava la Campania, il resto d`Italia non può gioire. E` il caso del Lazio, dove i disastri ambientali, la cattiva gestione dei rifiuti, i veleni nell`aria, nella terra e nell`acqua mettono a rischio una situazione già insostenibile. il cattivo ambiente, i veleni, gli inceneritori, l`acqua contaminata, l`aria avvelenata da turbogas e centrali al carbone sono i temi veri, quotidiani e di lotta nelle cinque province laziali. Tante vertenze locali, che oggi a Roma uniscono le forze, si mostrano, si contano, senza liste elettorali, né candidati. L`acqua dei veleni A sud di Roma c`è un`emergenza idrica che coinvolge mezzo milione di persone: tanto arsenico e poca acqua. Il Bertolaso di turno di chiama Massimo Sessa, ex assessore della giunta di centrodestra della provincia di Roma guidata da Silvano Moffa fino al 2004: ingegnere, membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici. E` oggi il commissario straordinario, nominato da Berlusconi nel 2004, per far fronte all`emergenza idrica dei Castelli romani. Non esiste un sito dell`ufficio commissariale ed è difficile capire cosa abbia fatto, quanto speso, quali i risultati raggiunti. In realtà il suo compito è semplice: velocizzare gli appal- ti, saltando a pie` pari buona parte delle normative. Si chiama deroga, ovvero l`arma nucleare utilizzata in Italia per affrontare le emergenze. Serve costruire un nuovo pozzo in un parco naturale - quello dei Castelli romani - in una zona dove si stanno abbassando le falde acquifere? Basta una firma e Acea può scavare, La deroga, a volte, possiede anche poteri magici. Ad esempio può trasformare l`acqua non potabile in un liquido quasi oligominerale. Secondo le norme dell`organizzazione mondiale della sanità, dell`Unione europea e del nostro paese l`acqua per uso umano non può contenere più di dieci microgrammi per litro di arsenico. Nella zona dei Castelli romani - come in gran parte del Lazio - da anni questo limite è superato di slancio. Ed ecco che scattala soluzione magica: la Regione Lazio ha chiesto ed ottenuto una deroga, alzando di cinque volte il limite. Il senso è: un po` d`arsenico per qualche anno non farà mica male. La firma questa volta l`ha messa Piero Marrazzo, in silenzio, senza fare troppo rumore. A pieni polmoni L`ormai ex governatore del Lazio ha messo anche qualche altra firma silenziosa. E` il caso dell`inceneritore di Albano Laziale, alle porte di Roma, che con le due linee progettate dal consorzio Coema-Manlio Cerroni, Acea e Ama - autorizzato dal presidente della giunta regionale del Lazio nottetempo, in pieno agosto. C`era una valutazione d`impatto ambientale negativa, proprio a causa dell`emergenza idrica della zona. C`era una popolazione contraria all`idea di vivere sotto l`incubo delle diossine e delle polveri sottili. E c`erano tanti, tantissimi dati e studi che dimostrano come quell`impianto è inutile. O meglio, utile solo a chi lo costruisce e a chi lo gestirà, grazie a centinaia di milioni dì curo pubblici che verranno dalla norma del Cip 6. Oggi contro la costruzione degli inceneritori ad Albano sono stati presentati diversi ricorsi al Tar, basati proprio sulla procedura di autorizzazione decisamente bizzarra. La decisione verrà dopo le elezioni, ma è già chiaro che la questione è politica. Ri- cordate l`amabile conversazione di Mario Di Carlo - l`assessore che prese la delega dei rifiuti dopo la fine del commissariamento gestito da Piero Marrazzo - eterni amico dell`avvocato Manlio Cerroni, il re del business dei rifiuti nel Lazio? «A tutti e due ci piace andare a mangiare la coda alla vaccinara, capito? Nel mondo che vive lui, co chi c_ o ce va, co` Caltagirone a mangiare la coda alla vaccinaras», raccontava Di Carlo in un fuori ondasu ReporZ ricordando le sue cene con Manlio Cerroni. E dì certo tra una coda alla vaccinara e una trippa - avrà avuto il tempo di parlare delle tonnellate di combustibile da rifiuti da mandare nei forni ad Albano. Si chiama Cdr tecnicamente, e a volte può essere una grande truffa. «Butta dentro, brucia tutto» II 5 marzo dello scorso anno a Colleferro ì carabinieri del Noe - su delega della Procura di Velletri - hanno scoperto un`enorme truffa, legata al Cdr. Nella città della provincia di Roma, al confine con il territorio di Frosinone, gli inceneritori sono in funzione da diversi anni. Dovrebbero bruciare il combustibile da rifiuti, producendo energia che una legge tutta italiana definisce «pulita», degna quindi di ricevere incentivi, equivalenti al 7% delle bollette. Secondo i Noe, però, negli inceneritori di Colleferro finiva di tutto. Il Cdr - fornito in buona parte dai due impianti romarú dell`Arna - sarebbe stato alterato. Nell`inchiesta, appena conclusa dai magistrati di Velletri, appaiono chiare anche le conseguenze dell`attività dei due inceneritori: il sistema di controllo delle emissioni - secondo i Noe non funzionavano, o meglio, i dati venivano aggiustati dai tecnici informatici quando qualche valore superava i limiti di legge. Deroghe fatte in casa, con qualche clic. Le donne non allattano più Da Colleferro parte il fiume Sacco, il corso d`acqua che poi confluisce nel Liri, in piena Ciociaria, L`intera valle, da una ventina d`anni, è contaminata dai resti del Ddt. Si chiama Beta esaclorocicloesano, índustrialmente conosciuto come lindano. Era prodotto a meno di un chilome- tro dai due inceneritori e i resti sono stati per anni sotterrati in fusti, che alla fine hanno ceduto, riversandosi nella fognatura e nel fiume Sacco. Sulle sponde del fiume c`era una delle zone di allevamento più ricche del Lazio. Vacche da latte, bufale, pecore per la produzione di caciotte e pecorini, formaggi tipici della Ciocia- ria. Migliaia di animali contaminati dai resti del Ddt, sono stati abbattuti. E quando la Asl di Frosinone è andata a controllare la presenza del lindano nel sangue delle famiglie di allevatori si è scoperta una «Seveso» nascosta: i valori del beta esaciclocloroesano raggiungono oggi anche dieci volte la concentrazione di sicurezza. Le donne di questa parte della Ciociaria non potranno più allattare i figli, visto che questo componente del Ddt si trasmette attraverso il latte materno. L`unica condanna arrivata ha colpito solo una piccola parte dei responsabili delle industrie chimiche di Colleferro, che ordinarono l`interramento criminale del lindano. La pena? Quattro mesi di reclusione. 1C2 xa COKE Un manifesto contro li dei movimenti NoCoke, che ella regione Lazio hanno un punto forte tomo alla centrale di Torre Valdaliga ord, a Civitavecchia NO INCENERITORE L`impianto di incenerimento e di rigassificazione di Albano (Roncigliano) metterebbe l`intera zona dei Castelli Romani a grave rischio di inquinamento NO AEROPORTO Cìampino, presso Roma, è lo scalo dei voli low cost. L`inquinamento acustico e ambientale è insopportabile essendo cresciuto in breve tempo in modo esponenziale c n in n è privato» i movimenti di lotta del Lazio si sono Per dire «stop alle speculazioni. Il territorio non dati appuntamento oggi alle 16, in Piazza Ss. Apostoli, per un presidio che andrà avanti fino a sera. Saranno presenti i comitati attivi nei fronti di resistenza alle scelte delle grandi imprese, più o meno multinazionali, ma sempre dedite solo ai propri comodi e interessi [.]
(IL MANIFESTO)

www.dirittiglobali.it - NEWS (Ambiente, territorio e beni comuni) 06 - 03 – 2010

Fonte: il manifesto

LAZIO Il problema dei rifiuti tossici diffusi in tutta la regione: 

verso il disastro ambientale

Dall'acqua all'arsenico dei Castelli al lindano ciociaro nel latte materno
di Andrea Palladino

ROMA
Ci sono parole che sono divenute insopportabili. Ad esempio emergenza. O quelle che arrivano subito dopo: commissario straordinario. E sempre più spesso, quando l'emergenza è ambientale, ne scatta un'altra, deroga. Parole per nascondere, per rimandare le soluzioni, per mantenere quella sorta di licenza d'uccidere che in Italia distrugge ambiente e popolazioni.
Ieri la sentenza della Corte di giustizia europea ha fatto chiarezza. Ha usato i nomi veri delle cose, ha chiamato inceneritori gli inceneritori, e rifiuti la monnezza. Ha spiegato come di veleni si può morire e quanto valgono le «emergenze» e le «deroghe» italiane di fronte all'acquis communautaire, ovvero la civiltà giuridica europea: meno di zero. E se la sentenza riguardava la Campania, il resto d'Italia non può gioire. E' il caso del Lazio, dove i disastri ambientali, la cattiva gestione dei rifiuti, i veleni nell'aria, nella terra e nell'acqua mettono a rischio una situazione già insostenibile. Il cattivo ambiente, i veleni, gli inceneritori, l'acqua contaminata, l'aria avvelenata da turbogas e centrali al carbone sono i temi veri, quotidiani e di lotta nelle cinque province laziali. Tante vertenze locali, che oggi a Roma uniscono le forze, si mostrano, si contano, senza liste elettorali, né candidati.
L'acqua dei veleni
A sud di Roma c'è un'emergenza idrica che coinvolge mezzo milione di persone: tanto arsenico e poca acqua. Il Bertolaso di turno di chiama Massimo Sessa, ex assessore della giunta di centrodestra della provincia di Roma guidata da Silvano Moffa fino al 2004: ingegnere, membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici. E' oggi il commissario straordinario, nominato da Berlusconi nel 2004, per far fronte all'emergenza idrica dei Castelli romani.
Non esiste un sito dell'ufficio commissariale ed è difficile capire cosa abbia fatto, quanto speso, quali i risultati raggiunti. In realtà il suo compito è semplice: velocizzare gli appalti, saltando a pie' pari buona parte delle normative. Si chiama deroga, ovvero l'arma nucleare utilizzata in Italia per affrontare le emergenze. Serve costruire un nuovo pozzo in un parco naturale - quello dei Castelli romani - in una zona dove si stanno abbassando le falde acquifere? Basta una firma e Acea può scavare.
La deroga, a volte, possiede anche poteri magici. Ad esempio può trasformare l'acqua non potabile in un liquido quasi oligominerale. Secondo le norme dell'organizzazione mondiale della sanità, dell'Unione europea e del nostro paese l'acqua per uso umano non può contenere più di dieci microgrammi per litro di arsenico. Nella zona dei Castelli romani - come in gran parte del Lazio - da anni questo limite è superato di slancio. Ed ecco che scatta la soluzione magica: la Regione Lazio ha chiesto ed ottenuto una deroga, alzando di cinque volte il limite. Il senso è: un po' d'arsenico per qualche anno non farà mica male. La firma questa volta l'ha messa Piero Marrazzo, in silenzio, senza fare troppo rumore.
A pieni polmoni
L'ormai ex governatore del Lazio ha messo anche qualche altra firma silenziosa. E' il caso dell'inceneritore di Albano Laziale, alle porte di Roma, che con le due linee progettate dal consorzio Coema - Manlio Cerroni, Acea e Ama - autorizzato dal presidente della giunta regionale del Lazio nottetempo, in pieno agosto. C'era una valutazione d'impatto ambientale negativa, proprio a causa dell'emergenza idrica della zona. C'era una popolazione contraria all'idea di vivere sotto l'incubo delle diossine e delle polveri sottili. E c'erano tanti, tantissimi dati e studi che dimostrano come quell'impianto è inutile. O meglio, utile solo a chi lo costruisce e a chi lo gestirà, grazie a centinaia di milioni di euro pubblici che verranno dalla norma del Cip 6.
Oggi contro la costruzione degli inceneritori ad Albano sono stati presentati diversi ricorsi al Tar, basati proprio sulla procedura di autorizzazione decisamente bizzarra. La decisione verrà dopo le elezioni, ma è già chiaro che la questione è politica. Ricordate l'amabile conversazione di Mario Di Carlo - l'assessore che prese la delega dei rifiuti dopo la fine del commissariamento gestito da Piero Marrazzo - eterni amico dell'avvocato Manlio Cerroni, il re del business dei rifiuti nel Lazio? «A tutti e due ci piace andare a mangiare la coda alla vaccinara, capito? Nel mondo che vive lui, co chi c...o ce va, co' Caltagirone a mangiare la coda alla vaccinara?», raccontava Di Carlo in un fuori onda su Report, ricordando le sue cene con Manlio Cerroni. E di certo - tra una coda alla vaccinara e una trippa - avrà avuto il tempo di parlare delle tonnellate di combustibile da rifiuti da mandare nei forni ad Albano. Si chiama Cdr tecnicamente, e a volte può essere una grande truffa.
«Butta dentro, brucia tutto»
Il 5 marzo dello scorso anno a Colleferro i carabinieri del Noe - su delega della Procura di Velletri - hanno scoperto un'enorme truffa, legata al Cdr. Nella città della provincia di Roma, al confine con il territorio di Frosinone, gli inceneritori sono in funzione da diversi anni. Dovrebbero bruciare il combustibile da rifiuti, producendo energia che una legge tutta italiana definisce «pulita», degna quindi di ricevere incentivi, equivalenti al 7% delle bollette. Secondo i Noe, però, negli inceneritori di Colleferro finiva di tutto. Il Cdr - fornito in buona parte dai due impianti romani dell'Ama - sarebbe stato alterato. Nell'inchiesta, appena conclusa dai magistrati di Velletri, appaiono chiare anche le conseguenze dell'attività dei due inceneritori: il sistema di controllo delle emissioni - secondo i Noe - non funzionavano, o meglio, i dati venivano aggiustati dai tecnici informatici quando qualche valore superava i limiti di legge. Deroghe fatte in casa, con qualche clic.
Le donne non allattano più
Da Colleferro parte il fiume Sacco, il corso d'acqua che poi confluisce nel Liri, in piena Ciociaria. L'intera valle, da una ventina d'anni, è contaminata dai resti del Ddt. Si chiama Beta esaclorocicloesano, industrialmente conosciuto come lindano. Era prodotto a meno di un chilometro dai due inceneritori e i resti sono stati per anni sotterrati in fusti, che alla fine hanno ceduto, riversandosi nella fognatura e nel fiume Sacco.
Sulle sponde del fiume c'era una delle zone di allevamento più ricche del Lazio. Vacche da latte, bufale, pecore per la produzione di caciotte e pecorini, formaggi tipici della Ciociaria. Migliaia di animali contaminati dai resti del Ddt, sono stati abbattuti. E quando la Asl di Frosinone è andata a controllare la presenza del lindano nel sangue delle famiglie di allevatori si è scoperta una «Seveso» nascosta: i valori del beta esaciclocloroesano raggiungono oggi anche dieci volte la concentrazione di sicurezza. Le donne di questa parte della Ciociaria non potranno più allattare i figli, visto che questo componente del Ddt si trasmette attraverso il latte materno. L'unica condanna arrivata ha colpito solo una piccola parte dei responsabili delle industrie chimiche di Colleferro, che ordinarono l'interramento criminale del lindano. La pena? Quattro mesi di reclusione.

© Associazione SocietàINformazione ONLUS - piazza San Fedele 4, 20121 Milano
e-mail: info@dirittiglobali.it

RUBINETTI ASSASSINI

http://lists.autistici.org/message/20090713.100149.1b50a2e3.fi.html






















RUBINETTI ASSASSINI

La popolazione dei Castelli Romani [assemblea pubblica]
deve aver chiaro che l'acqua che paga a peso d'oro non è definibile come
potabile, a patto che la regione non deroghi gli inquinanti presenti entro I
Valori Massimi Ammissibili (VMA), per renderla potabile, anche se non lo è !


Si riscontrano nelle nostre terre concentrazioni oltre i limiti dettati dalla
UE per molti elementi, tra cui i più pericolosi: arsenico, fluoro, vanadio,
ferro, manganese; tutti elementi che si sono correlati a processi naturali,
come è ovvio che sia in una terra di origine vulcanica, ma il cui aumento
progressivo e smodato negli anni mette invece in evidenza i fattori antropici
di tale effetto, tra cui: il sovrasfruttamento idrico, attività industriali,
presenza di discariche e in molti casi lo smaltimento di materiali pericolosi
in modo inappropriato per la salvaguardia dell'ambiente.

Ad Albano, Genzano,
Ariccia ci sono carenze di potabilizzatori dei pozzi adibiti al pompaggio
dell'acqua per l'uso domestico, nonostante il fatto che questi pozzi sono
cronicamente inquinati da anni. Ci sono interruzioni del flusso d'acqua senza
preavviso, turnazioni tra I vari comuni di acque di qualità pessima. C'è
l'assenza o il non funzionamento di depuratori. C'è la mancanza di collettori
fognari, che causano lo sversamento delle reti fognarie direttamente nei corsi
d'acqua.

Da anni la regione Lazio (pres. Marrazzo) deroga i comuni dei
castelli per gli inquinanti arsenico, fluoro e vanadio, nonostante il fatto che
tali deroghe possano essere concesse a condizione che la popolazione sia
informata della situazione, e che il consumo dell'acqua da bere in tali
condizioni è sconsigliata (ma sarebbe giusto dire vietata) ai minori di 14
anni, in virtù del fatto che contiene sostanze tossiche. Viene da chiedersi
perché pagare, tanto, un qualcosa che contiene elementi in quantità nocive, e
perchè la popolazione non è tenuta a saperlo. Questa è una domanda a cui i
funzionari predisposti dovrebbero rispondere, vero pres. Marrazzo e assessore
Civita?

L'acqua è di tutti e come tale deve essere salvaguardata da
speculatori di ogni tipo. Siamo di fronte ad una situazione critica: carenza
idrica, presenza crescente di deturpamento ambientale a carico di "lobbisti
della monnezza" che vedono nella nostra terra un luogo da avvilire con
discariche, inceneritori, e da accordi borghesi finalizzati all'arricchimento
di una casta di fabbricanti di "case" Che cosa vogliamo fare? Vogliamo restare
a guardare o agire? E' ora di riprenderci ciò che è nostro. 


Coordinamento contro l' inceneritore di Albano

SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (RSU) E RISCHI PER LA SALUTE


http://209.85.129.132/search?q=cache:RxaqlYhkaccJ:www.solidarietaepartecipazione.it/isde/POSTER_2_SMALTIMENTO_RSU_e_SALUTE.doc+Inceneritore+e+presenza+nell%27acqua+di+arsenico&cd=59&hl=it&ct=clnk&gl=it


SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (RSU) E RISCHI PER LA SALUTE

Ferdinando LAGHI, Maria Paola MONTAGNA*
Divisione di Medicina Interna e *Laboratorio di Patologia Clinica, Ospedale “P. Ferrari” Castrovillari - ASP Cosenza
Referente: Ferdinando Laghi, via dei glicini, 14 - 87012 Castrovillari, tel. 0981 46365 mail:  f.laghi@tin.it



Premessa
   Nella scala delle priorità delle metodiche di smaltimento dei RSU unanimemente nota, e condivisa anche dalla Comunità Europea, l’incenerimento e le discariche sono agli ultimi posti, precedute dalle politiche di riduzione della produzione dei RSU e da quelle di recupero e riutilizzo dei materiali post-consumo.
   Nel nostro Paese, il problema dello smaltimento dei rifiuti ha acquistato una “visibilità” e rilevanza mediatica assolutamente particolari, inversamente proporzionale alla capacità di soluzione da parte degli Organismi preposti, per diventare, infine, non più argomento tecnico ma campo di scontro politico-giudiziario.
   Uno degli aspetti che ha destato maggior interesse è quello legato all’incenerimento dei RSU e, in misura minore, essendo comunque argomento strettamente collegato al precedente, all’utilizzo di discariche, di servizio o meno.
   Un dato appare oggettivamente sconcertante sotto l’aspetto strettamente tecnico-organizzativo, ed è che si parli dell’incenerimento come di una misura adatta a fronteggiare la fase dell’emergenza rifiuti. Dimenticando che i tempi di realizzazione di questi impianti, quando si concretizzino tutte le condizioni (tecniche, logistiche, burocratico-amministrative, sociali) per un iter senza difficoltà, sono di almeno 4-5 anni.
   Chi vede nelle politiche di riduzione della produzione dei rifiuti e nella Raccolta Differenziata (RD) una alternativa dicotomica alla pratica dell’incenerimento, ne sottolinea l’immediata operatività ed efficacia, seppur vincolata alla effettiva volontà e motivazione delle Pubbliche Amministrazioni nel perseguirle.
   Sarebbe infine quantomeno riduttivo non ricordare come la questione dello smaltimento dei rifiuti in Italia sia affetta da forti fenomeni distorsivi in ragione degli enormi interessi economici, una quota non trascurabile dei quali illeciti, che ruotano attorno ad essa. 
   Ma lo smaltimento dei materiali post-consumo, quale che siano le scelte metodologiche adottate, è anche strettamente collegato all’argomento della salute pubblica e, tra tutte, proprio l’incenerimento e le discariche di talquale sono quelli che si ritiene abbiano il maggior impatto in questo campo. 
Incenerimento dei RSU e rischi per la salute
   Le tecnologie di incenerimento dei RSU possono riguardare varie frazioni dei rifiuti, con eventuale pre-selezione delle materie dotate di maggiore potere calorifico (in pratica plastica e carta) per la produzione di CDR (Combustibile Derivante da Rifiuti), eventualmente “arricchito” per migliorarne la resa energetica (CDR-Q). 
   Il recupero energetico è prassi ormai consolidata, rispetto all’incenerimento puro e semplice, cosa questa che ha fatto coniare, per altro solo in Italia, il neologismo “termovalorizzatore”. Solo una menzione alla bassa resa energetica di questi impianti, economicamente incentivati, sempre soltanto in Italia, con fondi statali (il famoso CIP6), cioè con una quota di risorse economiche riservata alla produzione energetica da fonti rinnovabili, fatto questo che ha dato origine ad accese polemiche.
   Dal punto di vista dell’impatto sulla salute, bisogna ricordare come gli inceneritori siano classificati “Industrie insalubri di classe I” (art.216 RD 1265/34; DM 5.9 /1994) e come il Legislatore ne abbia escluso la collocazione in  zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti  ( D. lgs 228 del 18/05/2001)
   Certamente, c’è da rilevare come le tecnologie attualmente in uso abbiano certamente modificato la qualità delle emissioni dei moderni inceneritori, a partire dalla riduzione delle emissioni delle diossine per m3. E’ però vero che parallelamente è aumentata l’emissione della frazione più fine del particolato e sono aumentati i m3 di fumi prodotti nell’unità di tempo, a motivo della progressiva crescita della “taglia” degli inceneritori. Inoltre, gli stessi filtri adoperati per intercettare sostanze tossiche e particolato rappresentano un problema sanitario per quanto riguarda il loro smaltimento.
   Ma le fonti di inquinamento derivanti da un inceneritore non sono legate soltanto all’emissione dei fumi, ma ai molteplici aspetti che ne caratterizzano il funzionamento:
    • GAS. Diossine, acido cloridrico, acido fluoridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, sono tra le principali emissioni gassose degli inceneritori che possono avere impatto sulla salute. La pericolosità non è in rapporto unicamente alla loro inalazione, ma alla contaminazione delle catene alimentari (come nel caso delle diossine il cui assorbimento corporeo è legato soltanto per il 10% alla inalazione) con l’ingestione di queste sostanze anche da parte di persone teoricamente non esposte ai fumi degli inceneritori. 
    • PARTICOLATO. L’aumento delle temperature di combustione determina, da un lato, come detto, la riduzione della emissione (per unità di fumi prodotti) di composti clorurati, come le diossine, ma un aumento del particolato fine ed ultrafine (da 2,5 a 0,1 μ) rispetto al quale non esistono attualmente in commercio filtri industriali di uso comune.
Polveri di combustione sono anche le ceneri di fondo che rimangono quale residuo, appunto, dell’incenerimento dei RSU. Le ceneri derivanti dall’incenerimento rappresentano circa il 25-30% della massa iniziale e il loro contenuto in metalli pesanti, determinato dai processi di combustione, li trasforma in rifiuti pericolosi che richiedono lo smaltimento in discariche dedicate.  
    • METALLI PESANTI. Arsenico, cromo, piombo, mercurio, cadmio sono alcune tra le principali sostanze di questo tipo emesse non soltanto nelle ceneri volanti ma, come ricordato al punto precedente, nelle ceneri di fondo.
I metalli pesanti possono, al pari delle altre sostanze emesse dal camino dell’inceneritore, combinarsi con il particolato fine ed ultrafine, che svolge così funzione di carrier, per formare composti particolarmente pericolosi per la salute umana.
    • EMISSIONI INCONTROLLATE. Le alte temperature e la composizione variabile dei RSU determinano la formazione di centinaia di composti non presenti né in natura né nei normali processi produttivi (leghe di varia natura, ecc.) le cui ripercussioni sulla salute sono imprevedibili per come imprevedibili risultano le emissioni di questo tipo.
    • ACQUE DI LAVAGGIO. Sono le acque utilizzate nei processi produttivi di un inceneritore che necessitano di opportuna depurazione, come per altro previsto dalle leggi vigenti (DL 133/2005), in quanto inquinate dalle sostanze con le quali vengono a contatto e che sono state precedentemente illustrate.
    • ALTRI RESIDUI. Si tratta di prodotti e sostanze derivanti da processi non legati specificamente a questa tipologia di impianti ma la cui pericolosità per la salute umana può essere influenzata dalla natura dei materiali e dei processi di lavorazione tipici di un inceneritore.
   Per come già in parte accennato la via di ingresso nell’organismo delle sostanze prodotte da un inceneritore non è soltanto quella aerea, così come neanche l’ingestione di cibi e/o liquidi variamente contaminati (catene alimentari, interessamento di falde idriche, ecc.) esaurisce le ulteriori possibilità.  Un altro tramite è infatti rappresentato dalla cute che può essere a sua volta interessata o con un danno diretto, da contatto, o come organo di assorbimento delle sostanze tossiche. O con entrambe le modalità.
   Nella seguente tabella, vengono illustrati gli effetti cancerogeni di alcune sostanze emesse dagli inceneritori, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), di Lione, la cui autorevolezza nel settore è assolutamente indiscussa.
   Tab 1. Effetti cancerogeni delle sostanze emesse da un inceneritore, secondo la IARC.
 AGENTE
GRADO DI EVIDENZA IARC
 EFFETTO CANCEROGENO
Arsenico
1
Pelle, polmoni, fegato, vescica, rene, colon
Berillio
1
Polmone
Cadmio
1
Polmone, prostata
Cromo
1
Polmone
Nickel
1
Polmone
Mercurio
2b
Polmone, pancreas, colon, prostata, encefalo, rene
Piombo
2b
Polmone, vescica, rene, tubo gastroenterico
Benzene
1
Leucemie
Idrocarburi policiclici
2b
Fegato, polmone, leucemie
Cloroformio
2b
Vescica, rene, encefalo, linfomi
Clorofenoli
2b
Sarcomi tessuti molli, linfomi Hodgkin e non Hodgkin
Tricloroetilene
2a
Fegato, linfomi non Hodgkin
TCDD
1
Linfomi non Hodgkin, sarcomi
   
   Se le patologie tumorali rappresentano forse gli aspetti più gravi e temuti dei possibili rischi per la salute umana derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, essi non sono certamente gli unici. Infatti l’inquinamento aereo, cui le emissioni degli inceneritori contribuiscono, provoca un aumento delle patologie respiratorie di natura infiammatoria, così come pure in incremento appaiono essere le malattie allergiche, principalmente su base inalatoria.
   Ma l’apparato respiratorio non è il solo ad essere interessato dalle emissioni, anche se svolge un ruolo cardine anche nel coinvolgimento degli altri organi ed apparati.
   E’ infatti attraverso le vie respiratorie che il particolato fine ed ultrafine – quello di dimensioni inferiori ai 2,5 micron, ritenuto l’agente più pericoloso dell’inquinamento atmosferico – raggiunge la corrente ematica dove penetra attraversando la barriera alveolo capillare, veicolato dai macrofagi alveolari o direttamente. Avendo comunque la capacità di trasportare, come carrier, metalli pesanti, composti volatili organici, e altre sostanze pericolose per la salute.
   I danni determinati dal particolato possono perciò manifestarsi in ogni organo ed apparato essendo ovviamente ogni tessuto raggiunto dalla circolazione sanguigna. Ma anche le cellule alveolari ed endoteliali subiscono dei danni dal contatto con questi agenti, attraverso meccanismi quali lo stress ossidativo - con produzione di radicali liberi e riduzione dei livelli di ossido nitrico sul versante dell’endotelio vascolare - e la flogosi conseguente, con aumento delle citochine infiammatorie e le modificazione, sempre in senso flogistico, di numerosi parametri emato-chimici (fibrinogenemia, PCR, viscosità ematica, ecc).
   I meccanismi di azione e gli effetti del particolato sulle patologie cardiovascolari sono sovrapponibili a quelli determinati da patologie croniche, come il diabete e l’ipertensione arteriosa, o da cattive abitudini, come il fumo di sigaretta: si va dalla progressione delle lesioni aterosclerotiche, alla disfunzione endoteliale, all’attivazione delle piastrine, ai disturbi del ritmo cardiaco per alterazione del sistema autonomico di controllo (anche se i più fini meccanismi alla base delle aritmie non sono ancora del tutto note).
         
Discariche di RSU e rischi per la salute
   Seppur certamente di minor impatto per la salute, rispetto agli impianti di incenerimento, anche le discariche determinano dei rischi. Gli studi effettuati riguardano, nella maggior  parte dei casi, dati riferiti a discariche di  rifiuti tossico - nocivi: poche indagini hanno riguardato discariche di rifiuti solidi urbani. Le evidenze maggiormente accreditate attengono a problematiche relative ai neonati (malformazioni congenite e basso peso dei neonati)
    Non vengono in questa sede prese in considerazione le discariche abusive ed illegali, sia di RSU che di rifiuti industriali, che rappresentano invece, nella realtà, un problema gravissimo di salute pubblica, come anche fatti di cronaca, riportati dai mezzi di informazione, puntualmente dimostrano. Basti il clamoroso esempio della Campania, dove la salute di intere popolazioni è stata gravemente pregiudicata, con concomitanti, enormi danni al sistema economico dell’intera regione, dall’illegale sversamento di RSU e rifiuti industriali provenienti da ogni parte d’Italia.
   La struttura di una discarica a norma prevede un fondo di argilla; un isolamento plastico (geomembrana); uno strato di sabbia per l'assorbimento, recupero e successivo trattamento del percolato; lo strato di rifiuti; un successivo strato superiore di terra per la copertura e la crescita di piante; dei camini di esalazione e recupero per il biogas.
   Attualmente la normativa vigente (Dlgs. 36/2003 - direttiva europea 99/31/CE) prevede tre tipologie di discarica: 
   Tab 2. Classificazione delle discariche.
Classificazione precedente
Classificazione attuale
Discarica di Ia categoria
Discarica per rifiuti inerti
Discarica di IIa categoria – tipo A
Discarica di IIa categoria – tipo B
Discarica di IIa categoria – tipo C
 Discarica per rifiuti non pericolosi
Discarica di IIIa categoria
Discarica per rifiuti pericolosi

   I RSU vengono conferiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi.
   Le possibili fonti di disagio o di veri e propri rischi per la salute, derivanti dalla presenza di una discarica di RSU, sono diverse:
    1. ESALAZIONI GASSOSE. É  praticamente impossibile evitare l’emissione di gas ed esalazioni mefitiche dai siti di stoccaggio dei RSU. Possono derivarne nausea e altri disturbi, per gli abitanti residenti anche a circa 2 km in linea d’aria dalla discarica.
La situazione diviene particolarmente grave nei mesi estivi quando i fenomeni putrefattivi e fermentativi sono molto più marcati e quando vi siano correnti eoliche ascendenti.
  Eventuali fenomeni combustivi peggiorano di molto i rischi, liberando sostanze tossiche e cancerogene.
    1. INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE. . Il percolato prodotto dalla componente organica dei RSU (idratato dalle precipitazioni meteoriche) diventa particolarmente pericoloso anche per la presenza di metalli pesanti presenti nei rifiuti (mercurio, piombo, zinco, cadmio) che in tal modo vengono resi potenzialmente assimilabili dai sistemi biologici e dall’uomo.
A questi va aggiunto un coacervo di sostanze organiche pericolose.
La legge e la prassi impongono di impermeabilizzare le discariche (con strati di argilla e di plastica); questa impermeabilizzante non garantisce tuttavia una tenuta per tempi indefiniti, pertanto una qualsiasi falla determina l’emissione di sostanze pericolose che, filtrando nel terreno, possono raggiungere falde acquifere, contaminandole, con i conseguenti rischi per la salute umana.
    1. CONTAMINAZIONE DA PERCOLATO. Nelle zone limitrofe alla discarica esiste la possibilità di efflusso di percolato per tracimazione dal livello di impermeabilizzazione, nel caso di discariche ormai colme, oppure fuoriuscita dello stesso da falle dello strato di impermeabilizzazione. Esiste pertanto il rischio di un concomitante inquinamento di falde acquifere e dei terreni circostanti alla sede della discarica, oppure soltanto di questa seconda eventualità.
I rischi per la salute derivano, in questo caso, sia dalla frequentazione dell’area circostante la discarica, sia dal possibile inquinamento di prodotti agricoli con la conseguente contaminazione della catena alimentare. 
    1. INQUINAMENTO DA AUTOVEICOLI. Il transito di autoveicoli destinati al trasporto dei RSU (camion e autocompattatori) da e verso la discarica determina disagi e rischi per la salute ascrivibili a:
      1. Inquinamento acustico, maggiormente disturbante se notturno.
      2. Polvere (soprattutto nei periodi siccitosi successivi alle piogge, con sollevamento di polveri).
      3. Gas di scarico emesso dagli autoveicoli.
      4. Percolato sulle sedi stradali, da fuoriuscita dai mezzi di trasporto.
    2. PULLULAZIONE DI SPECIE PERICOLOSE. Alle discariche, comunemente, si associa una pullulazione di specie biologiche pericolose per la salute umana, sia direttamente (batteri e parassiti), sia per la presenza e la moltiplicazione di ospiti intermedi e vettori (ratti, gabbiani, insetti).
Già uno studio su scala europea l’Eurohazcon, del 1998, ha evidenziato un significativo aumento del rischio di anomalie congenite non cromosomiche tra persone residenti entro 3 km dal sito di discarica. Anche se gli studi non sono conclusivi sul rapporto causa-effetto, anche per il gran numero di variabili in causa, è importante sottolineare che comunque si dovrebbero limitare l’incremento dei fattori di rischio.
Per minimizzare l’impatto delle discariche sull'ambiente (aria, acqua, suolo e sottosuolo) e i rischi per la salute,
durante l'intero "ciclo di vita" delle stesse è necessario limitare la quantità e la pericolosità dei rifiuti destinati
alla discariche e attuare procedure adeguate di gestione e di controllo. 
Conclusione
   Lo smaltimento dei RSU, attraverso le pratiche dell’incenerimento e del conferimento in discarica del talquale, appare inevitabilmente connesso con rischi per la salute umana, oltre che con costi elevati e pericoli di infiltrazioni malavitose.
   Il perseguimento delle politiche di riduzione della produzione dei RSU, unitamente al riutilizzo e recupero di materie prime seconde e al trattamento della frazione residua, permette di riportare questi metodi in un ambito di marginalità, coerentemente con le indicazioni della Comunità Europea, con un conseguente beneficio complessivo per la salute umana, il risparmio economico e la sicurezza sociale.
     
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