Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

martedì 30 marzo 2010

SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (RSU) E RISCHI PER LA SALUTE


http://209.85.129.132/search?q=cache:RxaqlYhkaccJ:www.solidarietaepartecipazione.it/isde/POSTER_2_SMALTIMENTO_RSU_e_SALUTE.doc+Inceneritore+e+presenza+nell%27acqua+di+arsenico&cd=59&hl=it&ct=clnk&gl=it


SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (RSU) E RISCHI PER LA SALUTE

Ferdinando LAGHI, Maria Paola MONTAGNA*
Divisione di Medicina Interna e *Laboratorio di Patologia Clinica, Ospedale “P. Ferrari” Castrovillari - ASP Cosenza
Referente: Ferdinando Laghi, via dei glicini, 14 - 87012 Castrovillari, tel. 0981 46365 mail:  f.laghi@tin.it



Premessa
   Nella scala delle priorità delle metodiche di smaltimento dei RSU unanimemente nota, e condivisa anche dalla Comunità Europea, l’incenerimento e le discariche sono agli ultimi posti, precedute dalle politiche di riduzione della produzione dei RSU e da quelle di recupero e riutilizzo dei materiali post-consumo.
   Nel nostro Paese, il problema dello smaltimento dei rifiuti ha acquistato una “visibilità” e rilevanza mediatica assolutamente particolari, inversamente proporzionale alla capacità di soluzione da parte degli Organismi preposti, per diventare, infine, non più argomento tecnico ma campo di scontro politico-giudiziario.
   Uno degli aspetti che ha destato maggior interesse è quello legato all’incenerimento dei RSU e, in misura minore, essendo comunque argomento strettamente collegato al precedente, all’utilizzo di discariche, di servizio o meno.
   Un dato appare oggettivamente sconcertante sotto l’aspetto strettamente tecnico-organizzativo, ed è che si parli dell’incenerimento come di una misura adatta a fronteggiare la fase dell’emergenza rifiuti. Dimenticando che i tempi di realizzazione di questi impianti, quando si concretizzino tutte le condizioni (tecniche, logistiche, burocratico-amministrative, sociali) per un iter senza difficoltà, sono di almeno 4-5 anni.
   Chi vede nelle politiche di riduzione della produzione dei rifiuti e nella Raccolta Differenziata (RD) una alternativa dicotomica alla pratica dell’incenerimento, ne sottolinea l’immediata operatività ed efficacia, seppur vincolata alla effettiva volontà e motivazione delle Pubbliche Amministrazioni nel perseguirle.
   Sarebbe infine quantomeno riduttivo non ricordare come la questione dello smaltimento dei rifiuti in Italia sia affetta da forti fenomeni distorsivi in ragione degli enormi interessi economici, una quota non trascurabile dei quali illeciti, che ruotano attorno ad essa. 
   Ma lo smaltimento dei materiali post-consumo, quale che siano le scelte metodologiche adottate, è anche strettamente collegato all’argomento della salute pubblica e, tra tutte, proprio l’incenerimento e le discariche di talquale sono quelli che si ritiene abbiano il maggior impatto in questo campo. 
Incenerimento dei RSU e rischi per la salute
   Le tecnologie di incenerimento dei RSU possono riguardare varie frazioni dei rifiuti, con eventuale pre-selezione delle materie dotate di maggiore potere calorifico (in pratica plastica e carta) per la produzione di CDR (Combustibile Derivante da Rifiuti), eventualmente “arricchito” per migliorarne la resa energetica (CDR-Q). 
   Il recupero energetico è prassi ormai consolidata, rispetto all’incenerimento puro e semplice, cosa questa che ha fatto coniare, per altro solo in Italia, il neologismo “termovalorizzatore”. Solo una menzione alla bassa resa energetica di questi impianti, economicamente incentivati, sempre soltanto in Italia, con fondi statali (il famoso CIP6), cioè con una quota di risorse economiche riservata alla produzione energetica da fonti rinnovabili, fatto questo che ha dato origine ad accese polemiche.
   Dal punto di vista dell’impatto sulla salute, bisogna ricordare come gli inceneritori siano classificati “Industrie insalubri di classe I” (art.216 RD 1265/34; DM 5.9 /1994) e come il Legislatore ne abbia escluso la collocazione in  zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti  ( D. lgs 228 del 18/05/2001)
   Certamente, c’è da rilevare come le tecnologie attualmente in uso abbiano certamente modificato la qualità delle emissioni dei moderni inceneritori, a partire dalla riduzione delle emissioni delle diossine per m3. E’ però vero che parallelamente è aumentata l’emissione della frazione più fine del particolato e sono aumentati i m3 di fumi prodotti nell’unità di tempo, a motivo della progressiva crescita della “taglia” degli inceneritori. Inoltre, gli stessi filtri adoperati per intercettare sostanze tossiche e particolato rappresentano un problema sanitario per quanto riguarda il loro smaltimento.
   Ma le fonti di inquinamento derivanti da un inceneritore non sono legate soltanto all’emissione dei fumi, ma ai molteplici aspetti che ne caratterizzano il funzionamento:
    • GAS. Diossine, acido cloridrico, acido fluoridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, sono tra le principali emissioni gassose degli inceneritori che possono avere impatto sulla salute. La pericolosità non è in rapporto unicamente alla loro inalazione, ma alla contaminazione delle catene alimentari (come nel caso delle diossine il cui assorbimento corporeo è legato soltanto per il 10% alla inalazione) con l’ingestione di queste sostanze anche da parte di persone teoricamente non esposte ai fumi degli inceneritori. 
    • PARTICOLATO. L’aumento delle temperature di combustione determina, da un lato, come detto, la riduzione della emissione (per unità di fumi prodotti) di composti clorurati, come le diossine, ma un aumento del particolato fine ed ultrafine (da 2,5 a 0,1 μ) rispetto al quale non esistono attualmente in commercio filtri industriali di uso comune.
Polveri di combustione sono anche le ceneri di fondo che rimangono quale residuo, appunto, dell’incenerimento dei RSU. Le ceneri derivanti dall’incenerimento rappresentano circa il 25-30% della massa iniziale e il loro contenuto in metalli pesanti, determinato dai processi di combustione, li trasforma in rifiuti pericolosi che richiedono lo smaltimento in discariche dedicate.  
    • METALLI PESANTI. Arsenico, cromo, piombo, mercurio, cadmio sono alcune tra le principali sostanze di questo tipo emesse non soltanto nelle ceneri volanti ma, come ricordato al punto precedente, nelle ceneri di fondo.
I metalli pesanti possono, al pari delle altre sostanze emesse dal camino dell’inceneritore, combinarsi con il particolato fine ed ultrafine, che svolge così funzione di carrier, per formare composti particolarmente pericolosi per la salute umana.
    • EMISSIONI INCONTROLLATE. Le alte temperature e la composizione variabile dei RSU determinano la formazione di centinaia di composti non presenti né in natura né nei normali processi produttivi (leghe di varia natura, ecc.) le cui ripercussioni sulla salute sono imprevedibili per come imprevedibili risultano le emissioni di questo tipo.
    • ACQUE DI LAVAGGIO. Sono le acque utilizzate nei processi produttivi di un inceneritore che necessitano di opportuna depurazione, come per altro previsto dalle leggi vigenti (DL 133/2005), in quanto inquinate dalle sostanze con le quali vengono a contatto e che sono state precedentemente illustrate.
    • ALTRI RESIDUI. Si tratta di prodotti e sostanze derivanti da processi non legati specificamente a questa tipologia di impianti ma la cui pericolosità per la salute umana può essere influenzata dalla natura dei materiali e dei processi di lavorazione tipici di un inceneritore.
   Per come già in parte accennato la via di ingresso nell’organismo delle sostanze prodotte da un inceneritore non è soltanto quella aerea, così come neanche l’ingestione di cibi e/o liquidi variamente contaminati (catene alimentari, interessamento di falde idriche, ecc.) esaurisce le ulteriori possibilità.  Un altro tramite è infatti rappresentato dalla cute che può essere a sua volta interessata o con un danno diretto, da contatto, o come organo di assorbimento delle sostanze tossiche. O con entrambe le modalità.
   Nella seguente tabella, vengono illustrati gli effetti cancerogeni di alcune sostanze emesse dagli inceneritori, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), di Lione, la cui autorevolezza nel settore è assolutamente indiscussa.
   Tab 1. Effetti cancerogeni delle sostanze emesse da un inceneritore, secondo la IARC.
 AGENTE
GRADO DI EVIDENZA IARC
 EFFETTO CANCEROGENO
Arsenico
1
Pelle, polmoni, fegato, vescica, rene, colon
Berillio
1
Polmone
Cadmio
1
Polmone, prostata
Cromo
1
Polmone
Nickel
1
Polmone
Mercurio
2b
Polmone, pancreas, colon, prostata, encefalo, rene
Piombo
2b
Polmone, vescica, rene, tubo gastroenterico
Benzene
1
Leucemie
Idrocarburi policiclici
2b
Fegato, polmone, leucemie
Cloroformio
2b
Vescica, rene, encefalo, linfomi
Clorofenoli
2b
Sarcomi tessuti molli, linfomi Hodgkin e non Hodgkin
Tricloroetilene
2a
Fegato, linfomi non Hodgkin
TCDD
1
Linfomi non Hodgkin, sarcomi
   
   Se le patologie tumorali rappresentano forse gli aspetti più gravi e temuti dei possibili rischi per la salute umana derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, essi non sono certamente gli unici. Infatti l’inquinamento aereo, cui le emissioni degli inceneritori contribuiscono, provoca un aumento delle patologie respiratorie di natura infiammatoria, così come pure in incremento appaiono essere le malattie allergiche, principalmente su base inalatoria.
   Ma l’apparato respiratorio non è il solo ad essere interessato dalle emissioni, anche se svolge un ruolo cardine anche nel coinvolgimento degli altri organi ed apparati.
   E’ infatti attraverso le vie respiratorie che il particolato fine ed ultrafine – quello di dimensioni inferiori ai 2,5 micron, ritenuto l’agente più pericoloso dell’inquinamento atmosferico – raggiunge la corrente ematica dove penetra attraversando la barriera alveolo capillare, veicolato dai macrofagi alveolari o direttamente. Avendo comunque la capacità di trasportare, come carrier, metalli pesanti, composti volatili organici, e altre sostanze pericolose per la salute.
   I danni determinati dal particolato possono perciò manifestarsi in ogni organo ed apparato essendo ovviamente ogni tessuto raggiunto dalla circolazione sanguigna. Ma anche le cellule alveolari ed endoteliali subiscono dei danni dal contatto con questi agenti, attraverso meccanismi quali lo stress ossidativo - con produzione di radicali liberi e riduzione dei livelli di ossido nitrico sul versante dell’endotelio vascolare - e la flogosi conseguente, con aumento delle citochine infiammatorie e le modificazione, sempre in senso flogistico, di numerosi parametri emato-chimici (fibrinogenemia, PCR, viscosità ematica, ecc).
   I meccanismi di azione e gli effetti del particolato sulle patologie cardiovascolari sono sovrapponibili a quelli determinati da patologie croniche, come il diabete e l’ipertensione arteriosa, o da cattive abitudini, come il fumo di sigaretta: si va dalla progressione delle lesioni aterosclerotiche, alla disfunzione endoteliale, all’attivazione delle piastrine, ai disturbi del ritmo cardiaco per alterazione del sistema autonomico di controllo (anche se i più fini meccanismi alla base delle aritmie non sono ancora del tutto note).
         
Discariche di RSU e rischi per la salute
   Seppur certamente di minor impatto per la salute, rispetto agli impianti di incenerimento, anche le discariche determinano dei rischi. Gli studi effettuati riguardano, nella maggior  parte dei casi, dati riferiti a discariche di  rifiuti tossico - nocivi: poche indagini hanno riguardato discariche di rifiuti solidi urbani. Le evidenze maggiormente accreditate attengono a problematiche relative ai neonati (malformazioni congenite e basso peso dei neonati)
    Non vengono in questa sede prese in considerazione le discariche abusive ed illegali, sia di RSU che di rifiuti industriali, che rappresentano invece, nella realtà, un problema gravissimo di salute pubblica, come anche fatti di cronaca, riportati dai mezzi di informazione, puntualmente dimostrano. Basti il clamoroso esempio della Campania, dove la salute di intere popolazioni è stata gravemente pregiudicata, con concomitanti, enormi danni al sistema economico dell’intera regione, dall’illegale sversamento di RSU e rifiuti industriali provenienti da ogni parte d’Italia.
   La struttura di una discarica a norma prevede un fondo di argilla; un isolamento plastico (geomembrana); uno strato di sabbia per l'assorbimento, recupero e successivo trattamento del percolato; lo strato di rifiuti; un successivo strato superiore di terra per la copertura e la crescita di piante; dei camini di esalazione e recupero per il biogas.
   Attualmente la normativa vigente (Dlgs. 36/2003 - direttiva europea 99/31/CE) prevede tre tipologie di discarica: 
   Tab 2. Classificazione delle discariche.
Classificazione precedente
Classificazione attuale
Discarica di Ia categoria
Discarica per rifiuti inerti
Discarica di IIa categoria – tipo A
Discarica di IIa categoria – tipo B
Discarica di IIa categoria – tipo C
 Discarica per rifiuti non pericolosi
Discarica di IIIa categoria
Discarica per rifiuti pericolosi

   I RSU vengono conferiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi.
   Le possibili fonti di disagio o di veri e propri rischi per la salute, derivanti dalla presenza di una discarica di RSU, sono diverse:
    1. ESALAZIONI GASSOSE. É  praticamente impossibile evitare l’emissione di gas ed esalazioni mefitiche dai siti di stoccaggio dei RSU. Possono derivarne nausea e altri disturbi, per gli abitanti residenti anche a circa 2 km in linea d’aria dalla discarica.
La situazione diviene particolarmente grave nei mesi estivi quando i fenomeni putrefattivi e fermentativi sono molto più marcati e quando vi siano correnti eoliche ascendenti.
  Eventuali fenomeni combustivi peggiorano di molto i rischi, liberando sostanze tossiche e cancerogene.
    1. INQUINAMENTO DELLE FALDE ACQUIFERE. . Il percolato prodotto dalla componente organica dei RSU (idratato dalle precipitazioni meteoriche) diventa particolarmente pericoloso anche per la presenza di metalli pesanti presenti nei rifiuti (mercurio, piombo, zinco, cadmio) che in tal modo vengono resi potenzialmente assimilabili dai sistemi biologici e dall’uomo.
A questi va aggiunto un coacervo di sostanze organiche pericolose.
La legge e la prassi impongono di impermeabilizzare le discariche (con strati di argilla e di plastica); questa impermeabilizzante non garantisce tuttavia una tenuta per tempi indefiniti, pertanto una qualsiasi falla determina l’emissione di sostanze pericolose che, filtrando nel terreno, possono raggiungere falde acquifere, contaminandole, con i conseguenti rischi per la salute umana.
    1. CONTAMINAZIONE DA PERCOLATO. Nelle zone limitrofe alla discarica esiste la possibilità di efflusso di percolato per tracimazione dal livello di impermeabilizzazione, nel caso di discariche ormai colme, oppure fuoriuscita dello stesso da falle dello strato di impermeabilizzazione. Esiste pertanto il rischio di un concomitante inquinamento di falde acquifere e dei terreni circostanti alla sede della discarica, oppure soltanto di questa seconda eventualità.
I rischi per la salute derivano, in questo caso, sia dalla frequentazione dell’area circostante la discarica, sia dal possibile inquinamento di prodotti agricoli con la conseguente contaminazione della catena alimentare. 
    1. INQUINAMENTO DA AUTOVEICOLI. Il transito di autoveicoli destinati al trasporto dei RSU (camion e autocompattatori) da e verso la discarica determina disagi e rischi per la salute ascrivibili a:
      1. Inquinamento acustico, maggiormente disturbante se notturno.
      2. Polvere (soprattutto nei periodi siccitosi successivi alle piogge, con sollevamento di polveri).
      3. Gas di scarico emesso dagli autoveicoli.
      4. Percolato sulle sedi stradali, da fuoriuscita dai mezzi di trasporto.
    2. PULLULAZIONE DI SPECIE PERICOLOSE. Alle discariche, comunemente, si associa una pullulazione di specie biologiche pericolose per la salute umana, sia direttamente (batteri e parassiti), sia per la presenza e la moltiplicazione di ospiti intermedi e vettori (ratti, gabbiani, insetti).
Già uno studio su scala europea l’Eurohazcon, del 1998, ha evidenziato un significativo aumento del rischio di anomalie congenite non cromosomiche tra persone residenti entro 3 km dal sito di discarica. Anche se gli studi non sono conclusivi sul rapporto causa-effetto, anche per il gran numero di variabili in causa, è importante sottolineare che comunque si dovrebbero limitare l’incremento dei fattori di rischio.
Per minimizzare l’impatto delle discariche sull'ambiente (aria, acqua, suolo e sottosuolo) e i rischi per la salute,
durante l'intero "ciclo di vita" delle stesse è necessario limitare la quantità e la pericolosità dei rifiuti destinati
alla discariche e attuare procedure adeguate di gestione e di controllo. 
Conclusione
   Lo smaltimento dei RSU, attraverso le pratiche dell’incenerimento e del conferimento in discarica del talquale, appare inevitabilmente connesso con rischi per la salute umana, oltre che con costi elevati e pericoli di infiltrazioni malavitose.
   Il perseguimento delle politiche di riduzione della produzione dei RSU, unitamente al riutilizzo e recupero di materie prime seconde e al trattamento della frazione residua, permette di riportare questi metodi in un ambito di marginalità, coerentemente con le indicazioni della Comunità Europea, con un conseguente beneficio complessivo per la salute umana, il risparmio economico e la sicurezza sociale.
     
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