Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

venerdì 29 giugno 2012

GUERRA AL MES. Il volantino.

Lidia Undiemi

 di Lidia Undiemi

Rischiamo di finire come la Grecia, dove la Troika, in cambio di aiuti finanziari, ha posto tutta una serie di politiche di austerità, di taglio dei dipendenti, di riduzione delle pensioni che non sono aiuti, ma un mero scambio di natura finanziaria. Cioè: danno del denaro a uno Stato, il quale in cambio cede loro la sovranità, e poi saranno loro ad imporre al popolo tutta una serie di condizioni insopportabili, soprattutto per le fasce più deboli.

Bene, adesso anche gli italiani rischiano di ritrovarsi come i greci. Infatti un passaggio fondamentale del trattato MES dice espressamente che uno Stato che intenda chiedere un prestito al cosiddetto fondo salva stati (il MES, appunto) deve sottostare a condizioni molto rigorose. Non abbiamo sentito né un parlamentare nazionale né uno comunitario riferire al popolo italiano i dettagli di questo trattato, nonostante già di per sé preveda un vincolo di 125 miliardi di euro che influenzerà giocoforza le nuove generazioni nonché le politiche di ogni futuro governo. Nessuno, nessuno ha voluto chiedere alle istituzioni competenti dei chiarimenti, per poi riferire ai cittadini.

Per tale ragione abbiamo lavorato tanto, in rete. Personalmente ho lanciato una iniziativa, tesa soprattutto a sensibilizzare l'opinione pubblica. Per fortuna la società civile ha mostrato grande impegno e lucidità, consentendo alla denuncia di una singola studiosa di diventare una battaglia nazionale. Adesso è arrivato il momento, anche per il singolo cittadino, di partecipare attivamente contro questo tipo di politica europea che mira, sostanzialmente, a togliere la sovranità politica alle singole nazioni. Per tali ragioni ho realizzato un volantino, che contiene le indicazioni di base per riuscire a far comprendere l'argomento, o quanto meno per sensibilizzare i singoli cittadini. Sul retro del volantino troverete una serie di domande da fare alla classe politica italiana, tra cui ad esempio: "In cosa si tradurrando le condizioni rigorose contenute nel trattato, per il popolo italiano?". Questo è uno dei punti fondamentali da sciogliere. E visto ciò che è accaduto in Grecia, dubito che si tratti di condizioni migliorative per la collettività.

Fra le altre domande, proprio perché siamo nel periodo intermedio tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, voglio fare una domanda a tutti i "professionisti dell'Antimafia", senza alcuna polemica (ndr: non mi riferisco alla magistratura per la quale nutro grandissimo rispetto). Poiché il MES farà ricorso al mercato finanziario esterno, per potere soddisfare le richieste di prestito, in che modo gli stati saranno protetti dal rischio di ingerenza dei capitali sporchi nelle operazioni finanziarie? Il dubbio sorge in relazione al fatto che, in un periodo di grave crisi in cui lo Stato è indebolito dal punto di vista economico-finanziario - ma direi anche istituzionale -, nel momento in cui lo Stato debitore si rivolge a questa organizzazione e questa, tra immunità e inviolabilità dei documenti, si pone in qualche modo da intermediario nei confronti dei finanziatori esterni, in operazioni finanziarie di carattere internazionale enormi e in uno stato di diritto sempre meno funzionante, chi ci garantisce che di fatto non si avrà una svendita degli stati nei confronti di organizzazioni finanziarie esterne, facenti riferimento ad organizzazioni criminali o meno?  Ma in ogni caso, prima di vincolare l'attuale Governo, le future legislazioni e le future generazioni a pagare 125 miliardi di euro e a condividere le decisioni di politica interna con questa organizzazione finanziaria, perché nessuno vuole discuterne, nessuno dei parlamentari dei partiti di destra, di sinistra, grandi e piccoli, ipocriti e meno ipocriti? Su questi aspetti sono tutti d'accordo! Io mi sento priva di rappresentanza in Italia e credo che in questo Paese attualmente non ci sia una opposizione al Governo delle banche. L'articolo 15 del trattato MES prevede che il consiglio dei governatori dell'Organizzazione può decidere - attenzione a questo passaggio - di concedere assistenza finanziaria a un membro del MES ricorrendo a prestiti con l'obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie dello stesso membro. Prestiti provenienti da organizzazioni esterne o private. Noi questo non lo dobbiamo, non possiamo permettercelo. Non abbiamo tanto tempo, perché siamo stati indifferenti troppo a lungo.

Viviamo in un sistema sociale e politico marcio. Basta pensare alle dichiarazioni del presidente della Corte dei Conti, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, in cui è stato messo in evidenza come le privatizzazioni e le esternalizzazioni si sono ridotte a un mezzo per la gestione clientelare del potere politico amministrativo. Cioè la nostra pubblica amministrazione non è completamente rivolta verso il bene comune, bensì verso interessi ed affari privati. Pensate a tutti gli scandali politici che stanno uscendo, da destra a sinistra. Anche il Fondo Monetario Internazionale, che si ingerisce mediante Monti delle decisioni di politica interna, volendo ancora una maggiore flessibilizzazione del mercato del lavoro (quando sappiamo che questo strumento ha fallito ormai da diversi anni), ora spinge per le privatizzazioni. Adesso la soluzione sarebbe dunque questa, per porre rimedio alla grande crisi? La svendita del patrimonio pubblico? Qui siamo alla follia! Uno Stato senza patrimonio pubblico non è uno Stato. Non può garantire i propri cittadini, non può tutelarli. Vogliono la nostra identità!

I trattati ESM e Fiscal Compact necessitano dell'autorizzazione del Parlamento. Cioè è necessaria l'autorizzazione alla ratifica. Dunque si invertono completamente i rapporti tra il Governo e i parlamentari, perché da un lato abbiamo questa Europa, rappresentata da Mario Monti, che vuole a tutti i costi ulteriore cessione di sovranità da parte dello Stato italiano (in questo caso mediante questi due trattati), mentre dall'altro i nostri parlamentari hanno un potere enorme, in quanto saranno loro a decidere se concedere o meno l'autorizzazione alla ratifica. Ora, immaginate per un attimo questo potere spropositato nelle mani di un Parlamento che si è dimostrato di fatto incapace di portare l'Italia verso uno sviluppo virtuoso, con i parlamentari appartenenti a partiti politici soggetti a continui scandali. Ma davvero voi volete far sì che a decidere il futuro delle nuove generazioni siano questi soggetti, che siano cioè loro a ratificare trattati di una importanza gigantesca per la sopravvivenza del nostro stato di diritto? E' possibile accettare tutto questo? E sono tutti d'accordo!

Una notizia importantissima, arrivata in questi giorni dalla Germania, è che la Corte tedesca ha fatto slittare la ratifica dei trattati poiché i verdi si sono opposti. L'hanno fatto perché non c'era stato un adeguato dibattito e approfondimento in Parlamento. Il secondo portavoce del partito di sinistra, Linke, ha annunciato che se il Parlamento concederà l'autorizzazione alla ratifica sottoporrà alla valutazione della Corte Costituzionale una serie di profili di illegittimità. Al di là di come andrà a finire, quantomeno in Germania un minimo di dibattito politico, un minimo di opposizione contro il Governo delle banche, c'è! Noi qui invece abbiamo questi giornali, questi mezzi di informazione che tengono in sala di rianimazione dei partiti che sono morti, ma che purtroppo oggi hanno ancora un potere enorme. E i primi a gridare contro l'informazione di regime sono proprio quelli che oggi ne stanno approfittando. Non dimenticatelo in futuro. Abbiate memoria di ciò che sta accadendo.

Quindi vi invito a divulgare il più possibile il volantino che potete trovare su www.crisiesoluzioni.it. Soprattutto ora che è periodo di elezioni e tutti questi politici silenti se ne andranno in giro a fare campagna elettorale per se stessi, per i propri amici o per i propri candidati. Ponete loro le domande contenute nel volantino. Soprattutto diffondetelo presso i vostri concittadini, i vostri amici, i vostri parenti, i vostri conoscenti, in qualsiasi occasione anche durante le vacanze. Parlate a tutti del MES. E mi riferisco anche alla società civile, ai movimenti, alle associazioni: dovete cogliere tutte le occasioni, dovete mettervi in prima fila per difendere il nostro Stato rispetto a queste scellerate cessioni di sovranità, dove il popolo è stato completamente tagliato fuori. Attenzione, non per colpa di Monti, ma per colpa dei nostri parlamentari nazionali ed europei che non stanno dicendo assolutamente nulla sull'argomento.

Per scaricare il volantino: www.crisiesoluzioni.it.

http://www.byoblu.com/ 

domenica 24 giugno 2012

Malagrotta come Albano: il rischio sanitario colpisce le donne!!!

La USL RM-E ha predisposto, su richiesta della magistratura, uno studio epidemiologico per valutare il rischio di mortalità e di ospedalizzazione dei residenti nell’area di Malagrotta a Roma.
Lo studio epidemiologico sui residenti nell’area di Malagrotta ha evidenziato un quadro molto preoccupante, sia per la mortalità e soprattutto per le ospedalizzazioni, con eccessi di rischio per malattie respiratorie, cardiovascolari e per alcune forme tumorali.
Nell’area di Malagrotta sono aumentate le patologie dell’apparato cardiovascolare (donne) e respiratorio (uomini).
Per le patologie tumorali, si osserva tra le donne un eccesso di tumore della laringe, del pancreas e della mammella.
I residenti (uomini e donne) più prossimi agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere (+8%), in particolare per malattie circolatorie, urinarie e dell’apparato digerente.
Va innanzitutto evidenziato che per le malattie cardiovascolari e per quelle respiratorie il periodo tra esposizione ed effetto sanitario è più contenuta; mentre per quanto riguarda i tumori, l’esposizione rilevante è quella avvenuta 15-30 anni prima della comparsa della malattia.
L’aumento di rischio per le malattie dell’apparato cardiovascolare e dell’apparato respiratorio è stato osservato, in particolare, tra residenti che risiedono vicino all’inceneritore di rifiuti speciali di Malagrotta. Questo dato sanitario trova riscontro in recenti studi scientifici che hanno valutato l’impatto su ambiente e salute del ciclo dei rifiuti.
Anche i dati sull’eccesso di tumori del pancreas e della laringe emersi dallo studio epidemiologico di Malagrotta risultano confermati da due indagini condotte in Canada tra le persone residenti vicino alla discarica di Miron Quarry, la terza discarica per grandezza del Nord America. Da tali indagini è emersa in modo significativo l’associazione tra la residenza vicino la discarica e alcuni tumori, tra cui quello del fegato, dei reni, del pancreas e il linfoma non-Hodgkin.
L’eccesso di tumori della laringe tra le donne era già stato osservato negli studi sulle discariche condotti negli anni ’90 da Elliot e da Michelozzi, quest’ultimo condotto proprio nell’area di Malagrotta.
Tra le donne residenti nell’area di Malagrotta è stato anche osservato un aumento del rischio di tumore della mammella, in particolare per quelle esposte ad alte concentrazioni di PM10 (inceneritore di rifiuti speciali). Questi risultati confermano quelli recentemente trovati tra le donne residenti nei pressi dell’inceneritore di Coriano. Il cancro della mammella è anche associato ad esposizioni di tipo industriale, in particolare ad esposizioni a diossine, come fu documentato a Seveso.
Come nello studio epidemiologico sulla discarica di Albano, gli eccessi di rischio sanitario sono stati osservati soprattutto fra le donne. Le donne, infatti, vivono maggiormente la casa e il territorio.
Lo studio epidemiologico della USL RM-E sull’area di Malagrotta conferma i pesanti rischi sanitari connessi alla presenza di discariche ed inceneritori a ridosso delle abitazioni (Malagrotta come Albano).
Per questi seri motivi la USL RM-H, competente per territorio, aveva dato parere negativo sia all’autorizzazione del VII invaso della discarica di Albano sia all’inceneritore di Albano.
Con quale competenza istituzionale e con quali argomentazioni scientifiche la stessa USL RM-E ha potuto autorizzare la discarica e l’inceneritore di Albano a soli 180 metri dalle abitazioni????
La USL RM-E porta la gravissima responsabilità delle conseguenze sanitarie di scelte così scellerate operate solo in nome SOLO degli interessi del signor Cerroni.

sabato 23 giugno 2012

salviamo il pinguino


Cari amici,
Lo sapevate che il computer con cui leggete questa email non e' davvero vostro? Ci conviene rendercene conto, non ci possiamo installare quello che vogliamo, non possiamo decidere di usare il sistema operativo che più ci aggrada......, a meno di non volere rinunciare a nostri importanti diritti come ad esempio la sostituzione di un prodotto difettoso. Scandalizzati? Possiamo fare di piu', mobilitandoci ora contro questo sopruso perpetrato da multinazionali del software, produttori di computer e grandi catene di distribuzione.

Io, pur essendo segretario di Agora' Digitale, l'ho scoperto solo qualche settimana fa. Incredibile, no? Non mi hanno voluto sostituire un computer difettoso, che secondo loro stessa ammissione faceva parte di una partita difettosa, solo perche' vi avevo installato Linux! Un'ingiustizia che non ho voluto accettare, contattando subito ilnostro team legale e le associazioni consumatori per capire come reagire. Gli era andata male. Abbiamo cosi' deciso di scrivere una dura lettera di diffida e avvisati di cio', stranamente hanno cambiato idea. Minacciati, mi hanno sostituito il computer.


Ma non tutti i cittadini hanno a disposizione un team di avvocati e questi soprusi sono all’ordine del giorno. Non possiamo accettare questa modo scorretto di imporre monopoli ai sistemi operativi. Uniamoci per mettere fine questo sopruso aderendo alla campagna e diffondendo video e pagina tra i nostri contatti.

Il software libero, a partire dal sistema operativo Linux, non solo viene ignorato dalla pubblica amministrazione a causa di interessi che la legano con le grandi multinazionali del software, ma i cittadini che decidono di usarlo vengono ingiustamente penalizzati. Le grandi catene di distribuzione, infatti, si rifiutano di sostituire prodotti difettosi, se il software preinstallato Windows e' stato sostituito con Linux! 

In pratica esistono estensioni di garanzia che proteggono i computer nel caso volino dalla finestra ma non nel caso vi si installi un Software Libero!

Si tratta di una ingiustizia di fronte alla quale i cittadini sono spesso impotenti e forzandoli loro malgrado ad utilizzare sistemi operativi chiusi, come Windows. Ma tutto cio' deve finire. Dobbiamo segnalare tutti i casi di abuso, e, quando ne avremo raccolti abbastanza, Agora' Digitale mettera' a disposizione il suo team legale per far finire per sempre questa pratica.


Unisciti alla campagna, segnala abusi e poi condividi con tutti i contatti


http://salvapinguino.info/


Cominciamo a riprenderci i nostri diritti.  Forza!


 

di Luca Nicotra


(..  Coondivido pienamente e Diffondo  ..)

L’occhio


giovedì 21 giugno 2012

Borgo Montello, Latina, fusti tossici interrati nella discarica



Discarica del Gruppo Cerroni.

(Fonte articolo, clicca qui) Un’altra battaglia, in tema di gestione dei rifiuti, si sta consumando a sud di Roma. E’ quella che vede protagonista la discarica di borgo Montello, un ecomostro che negli anni è arrivato ad occupare un’area di 50 ettari distruggendo per sempre un territorio di alto valore agricolo ai confini tra Latina e Nettuno. La paura delle amministrazioni – comune e provincia di Latina in particolare – è che il sito possa essere ulteriormente ampliato. Montello è la Malagrotta della provincia pontina: chiusura sempre prossima, salvo ripensamenti e proroghe dell’ultimo minuto. L’ultima polemica intorno alla discarica su cui pende un’inchiesta per l’inquinamento delle falde acquifere – a luglio il tribunale deciderà il rinvio a giudizio dei gestori Bruno Landi, Nicola Colucci e Vincenzo Rondoni – è quella relativa allo scavo di presunti fusti tossici. Una operazione resa possibile da un cospicuo finanziamento regionale – 850mila euro – tesa ad indagare sulla natura della masse ferrose individuate da un lontano studio dell’Enea del 1996 nell’invaso più antico, denominato “S zero”. Un giallo che trova riscontro nei racconti del pentito di camorra Carmine Schiavone risalenti ai primi anni novanta: dopo qualche anno di oblio il tema è tornato nell’agenda del Comune, subito contestato per le procedure adottate nell’affidare l’appalto degli scavi ad una società amica, e per questo oggetto di un esposto in procura presentato da Libera e Legambiente. Perplessità che, sotto il profilo tecnico, vengono sposate dall’agenzia Arpa Lazio che nei giorni scorsi ha bloccato l’avvio degli scavi per un motivo ovvio, ma che il Comune aveva ignorato: la rimozione dei rifiuti speciali dovrà prevedere il trasporto dei medesimi presso una discarica autorizzata al loro smaltimento. Strano non pensare ad una evenienza simile: o si credeva di non trovare niente, oppure la superficialità ha guidato l’ente in questa strana operazione. Tutto sospeso, dunque, sino alla prossima conferenza dei servizi prevista il 22 giugno: una ulteriore beffa a fronte di fondati sospetti sulla operazioni delle ecomafie sorti da oltre 15 anni. Ma guai a criticare l’amministrazione: in suo soccorso intervengono i vertici regionali dell’agenzia ambientale: «L’approfondimento e la verifica –afferma il direttore di Arpa Lazio Corrado Carrubba -, anche alla luce delle nuove normative , della questione legata allo smaltimento dei fusti tossici che eventualmente verranno ritrovati, non è sinonimo di insabbiamento, ma significa portare avanti con senso di responsabilità tutti gli aspetti e le procedure legate alla delicata situazione delle discariche di Borgo Montello. Di contro, proprio l’omissione e la superficialità rispetto a questo ulteriori passaggi avrebbe potuto creare i presupposti per impedire l’accertamento dei fatti. Si è ritenuto quanto mai opportuno esperire tutta una serie di passaggi, affinché si potesse evitare e mettere in preventivo l’insorgere di problematiche nel corso dell’escavo che quindi avrebbero determinato una fase di stallo nel corso dei lavori. Pertanto il prossimo 22 giugno si terrà la conferenza di servizio definitiva e già in quella data la questione verrà definita sotto ogni aspetto, anche alla luce degli approfondimenti effettuati, e soprattutto in quella sede si procederà al fare il via libera all’apertura dei cantieri». «L’interruzione dei lavori alla discarica di Borgo Montello aggiunge l’ennesimo incredibile tassello di incuria ambientale. – affermano il Presidente dei Verdi del Lazio, Nando Bonessio e il Portavoce dei Verdi di Latina, Giorgio Libralato. Se da un lato può essere apprezzabile l’iniziativa del comune di Latina di effettuare gli scavi dei fusti tossici e di conferire i rifiuti non differenziati a un centro di trattamento prima dell’invio in discarica, di prevenire ulteriori ampliamenti della discarica (o dei relativi impianti di trattamento dei rifiuti) nella zona della stessa discarica con il risarcimento ai cittadini confinanti della discarica non si può dimenticare che: Cirilli, attuale vice sindaco e assessore all’ambiente è stato assessore all’ambiente del comune di Latina proprio nel periodo 1993/1997 durante il quale sarebbero accaduti fatti importanti nella discarica; anche l’attuale sindaco Di Giorgi è stato in passato assessore comunale; il comune di Latina è tutt’ora a livelli molto bassi di raccolta differenziata (a parte il balletto dei numeri di poco superiore al 30%) con evidenti problemi da una parte della ditta che gestisce il servizio (Latinambiente) e dall’altra con la restituzione dell’Iva sulla Tia». In una battaglia ad alto tasso di scontro politico intorno alla gestione dei rifiuti si inserisce anche l’amministrazione provinciale di Latina guidata dall’esponente del Pdl Armando Cusani. Parte civile nel processo per l’inquinamento, promotore di un ricorso al tar contro il piano rifiuti targato Polverini, Cusani è fautore della chiusura del ciclo dei rifiuti a livello provinciale non nascondendo la necessità di realizzare un termovalorizzatore collocandolo proprio nell’area di borgo Montello. Dal canto suo il comune non resta a guardare, intanto scegliendo di non conferire più i rifiuti a Montello, servendosi invece di un altro impianto dove è possibile il pretrattamento, portando in discarica solo il “rifiuto del rifiuto.” Inoltre la giunta ha presentato una proposta di delibera con cui si definisce il perimetro della maxi discarica e si prevede, per ostacolare ulteriori ampliamenti, l’istituzione di una fascia di rispetto destinata ad ospitare un bosco che racchiuderà la discarica stessa. Inoltre è previsto un ristoro economico per gli abitanti dei terreni confinanti agli invasi. Il tutto, ovviamente, è ancora sulla carta.


Associazione DifferenziaTi     -     http://differenziati.com/

Latina, i veleni restano nella discarica. “Lo smaltimento costerebbe troppo”



Tutto sembrava pronto per trovare un pezzo di verità dopo vent’anni e più di sospetti e silenzi omertosi. Il ventre della discarica di Borgo Montello – alle porte di Latina - tra pochi giorni doveva essere aperto, alla ricerca dei fusti tossici interrati per anni. La pistola fumante che mancava per iniziare ad individuare le responsabilità su anni di interramenti clandestini, che hanno avvelenato decine di famiglie, era a portata di mano.

Sul sito “S0″ – la parte più antica della discarica, chiusa negli anni Ottanta – l’Enea aveva individuato nel 1998 alcune masse metalliche, segno della presenza di fusti interrati. Tanti, tantissimi, secondo le testimonianze degli abitanti del posto, supportate dal racconto del pentito di camorra Carmine Schiavone.

Lunedì scorso è arrivato lo stop: “Non se ne fa più nulla, i costi sono troppo alti”, ha spiegato durante una riunione l’assessore all’ambiente del comune di Latina Fabrizio Cirilli, dopo aver ascoltato le parole del presidente dell’Arpa Dino Chiarucci, preoccupato con il costo di smaltimento dei veleni che i carotaggi avrebbero potuto trovare.

ùUna decisione che sfiora il paradosso, visto che era stato lo stesso assessore all’ambiente Cirilli a preparare la gara per scavare nel luogo indicato da una perizia dell’Enea, deciso a portare avanti
“un’operazione verità”.

Dunque i veleni rimarranno al loro posto, sfiorando le falde acquifere che alimentano una delle zone a maggiore intensità agricola della regione Lazio, a pochi metri dai campi dove crescono le verdure vendute poi in tutta Italia. Un invaso di circa cinquanta ettari, con buche che almeno fino alla metà degli anni novanta hanno accolto scorie pericolose. Un traffico che viene rivelato per la prima volta a ilfattoquotidiano.it da uno dei massimi dirigenti della società Ind.eco (gestore di una parte della discarica), un tecnico mandato a Latina nel 1997 direttamente da Giuseppe Grossi.

La collina artificiale di Borgo Montello conserva al proprio interno un pezzo della storia italiana dei traffici di rifiuti. Chi ha cercato in passato di ricostruire la verità ha fatto una brutta fine, come il parroco don Cesare Boschin, morto incaprettato nella canonica nel marzo del 1995. Gli unici racconti fotografati sui verbali dei carabinieri di Latina sono quelli di Carmine Schiavone, che un anno dopo l’omicidio dell’anziano prete raccontò dei traffici dei casalesi in quelle terre.

Ma i suoi ricordi si fermano alla fine degli anni Ottanta, su quella zona chiamata “S0″, dove erano previsti i carotaggi fermati dal comune di Latina.

Nessuno, fino ad oggi, ha voluto raccontare cosa sia avvenuto negli anni successivi, quando la discarica iniziò ad essere gestita dai colossi italiani dei servizi ambientali. Prima l’azienda dei fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua, industriali di peso in tutto il Paese, dalla Puglia alla Lombardia. Poi la Green Holding del gruppo di Giuseppe Grossi, l’azienda rimasta impigliata nei processi milanesi per la bonifica di Santa Giulia.
A ricordare quel periodo è l’ex direttore della discarica di Borgo Montello Achille Cester: “Quando arrivai nel 1997 Borgo Montello era un vero Far West, era in gestione l’invaso S4 – racconta – che galleggiava sul percolato mai recuperato, mentre quel poco che prelevavano si diceva che lo facessero buttare direttamente nel fiume Astura. L’estrazione e produzione del biogas, pur altamente remunerativa ed ecologicamente indispensabile, era abbandonata. L’invaso S4 era il grande contenitore dove tutte le aziende della zona, oltre ai comuni, sversavano i loro rifiuti. Spesso questi rifiuti erano assimilabili ai rifiuti urbani ma più spesso era necessario controllare ogni automezzo in ingresso per evitare abusi, specialmente da parte dei cosiddetti terzisti”.
Cester – che è rimasto ai vertici dell’Ind.eco fino al 1999 – ricorda che in quella zona arrivava di tutto: “Dovevo controllare personalmente tutti i camion per verificare che non continuassero ad entrare i rifiuti industriali”. Chi gestiva questo tipo di trasporti nel Lazio mantenendo i rapporti con la Ind.eco in quel periodo? “C’erano alcune persone che si erano occupate di questo, come Carmine Mirante, detto Piero. Nella zona di Formia comandava invece la ditta Ambroselli Maria Assunta che conferiva, e lo fa ancora, regolarmente in Ind.eco. Mirante era un calabrese, trapiantato qua, da più generazioni, titolare anche di un locale notturno sul litorale romano, so che è morto recentemente dopo aver avuto problemi con la giustizia. Lavora lì anche un tale Luigi Bontempi, arrestato pochi anni dopo per traffico di rifiuti. Bontempi non dipendeva gerarchicamente da me, ma era il punto di riferimento di Cesarina Ferruzzi responsabile per tutto il gruppo della parte commerciale dello smaltimento dei rifiuti industriali”. Cesarina Ferruzzi è uno dei tecnici più conosciuti in Italia, specializzata da sempre in rifiuti industriali. Ha iniziato la sua carriera negli anni Ottanta riportando in Italia i fusti tossici delle aziende lombarde abbandonati abusivamente a Beirut in Libano. Il trasporto avvenne utilizzando la tristemente nota nave Jolly Rosso della compagnia Messina, che dopo quel carico rimase ferma a La Spezia diversi mesi per essere decontaminata, prima di affrontare l’ultimo viaggio che la vedrà spiaggiarsi ad Amantea, in Calabria.
La Green Holding – in una nota – spiega che in realtà i rifiuti industriali “non pericolosi” non finiva nell’invaso dell’Ind.eco, ma in quello della Ecotecna, un sito adiacente che era gestito da una società del gruppo Acqua. Uno sversamento – assicura l’azienda milanese – autorizzato e durato solo dal 1992 al 1994.

Il sito di Borgo Montello non avrebbe mai potuto ricevere le scorie pericolose: “La regola veniva però aggirata – prosegue nel racconto Achille Cester – mediante i centri di stoccaggio presenti sul territorio. Di fatto avrebbero dovuto soltanto ritirare rifiuti recuperabili ma più volte mi era capitato di respingere melme maleodoranti e fusti che di assimilabile avevano proprio poco. Per evitare i controlli e la facile identificazione – prosegue il racconto – i fusti, a partire da metà degli anni Novanta, non venivano più smaltiti tal quali ma triturati e mischiati con plastica, carta e legno, tant’è che tra gli addetti ai lavori era stato coniato un neologismo con il suo prezzo di riferimento, il triturato misto”.
Attorno a quel sito – gestito dal gruppo Grossi a partire dal 1996 – si aggiravano tanti mediatori e trafficanti, gente abituata a sversare di tutto: “C’erano operatori che sotto la patente di ecologici sbarcavano il lunario cercando di diventare ricchi con lo smaltimento al limite del proibito. Ricordo uno di questi che voleva smaltire medicinali scaduti facendoli passare per urbani dopo la triturazione con il placet analitico di uno dei chimici che andava e tuttora va per la maggiore a Latina. Il mio compenso per approvare l’operazione avrebbe dovuto essere una notte di fuoco con non una, ma due escort”.
I controlli, secondo Cester, erano praticamente nulli, grazie ad accordi non scritti: “La discarica, almeno con la gestione precedente l’ingresso della Green Holding, aveva un tacito accordo con il comune di Latina. In cambio di una tariffa agevolata di smaltimento (40 lire al chilo), che di fatto non pagava nemmeno, la discarica ritirava rifiuti industriali con la scusa che erano assimilabili agli urbani”.

 Storie, queste, che le famiglie di Borgo Montello non potranno vedere ora verificate. Di soldi per andare a cercare i veleni intrisi nel suolo dicono che non ce ne sono.


di Andrea Palladino | 13 giugno 2012       http://www.ilfattoquotidiano.it/

mercoledì 20 giugno 2012

Latina, minacce al pm che indaga sulla discarica di Borgo Montello


“Una pallottola costa solo 50 centesimi”.

Una minaccia chiara, diretta e preoccupante quella ricevuta nei giorni scorsi dal Pm di Latina Giuseppe Miliano, magistrato che da diversi anni segue i reati ambientali nel sud pontino. Nel suo archivio ha moltissime indagini delicate, soprattutto sul sistema di gestione dei rifiuti nella zona compresa tra il fiume Astura e il Garigliano, fino alle porte con la provincia di Caserta.

Sua è la firma sulla richiesta – poi accolta – di custodia cautelare per Romolo Del Balzo, ex presidente della commissione lavori pubblici della Regione Lazio, coinvolto in una gestione più che sospetta dei servizi ambientali a Minturno, che ha portato in carcere un importante imprenditore del settore.

E sua è l’inchiesta sulla Terracina Ambiente, il gestore della monnezza che vede tra i soci il gruppo Colucci, principale azienda attiva nella raccolta e gestione dei rifiuti in provincia di Latina. Il fascicolo più delicato riguarda, però, la collina di veleni e misteri al confine con il comune di Nettuno, Borgo Montello.

Una discarica nata negli anni ’70 come una semplice buca dove finivano i sacchetti di immondizia di Latina, divenuta oggi il secondo invaso della regione Lazio, diviso a metà tra la Ind.eco (Gruppo Grossi di Milano) e la Ecoambiente (azienda mista con all’interno il comune di Latina, la Unendo di Colucci e il gruppo dell’avvocato Manlio Cerroni).

Martedì prossimo inizierà davanti al Gup l’udienza per decidere il rinvio a giudizio di diversi manager e direttori di Ecoambiente, indagati dal pm Giuseppe Miliano per avvelenamento delle falde acquifere.

Un processo chiave, che dovrà ricostruire una parte della storia di questo piccolo borgo di 3000 abitanti, dove nel 1995 don Cesare Boschin, il parroco in prima fila nella lotta contro la discarica, venne trovato incaprettato nella sua canonica. Fu un omicidio rimasto senza colpevoli e senza una verità, che ancora oggi rappresenta un vero mistero. Solo due mesi fa un giornalista di una testata locale, La Provincia, aveva chiesto di poter consultare il fascicolo chiuso in archivio tra i casi irrisolti e senza neanche un sospettato. Nulla da fare, il procuratore di Latina Andrea De Gasperis - noto per aver condotto le prime indagini sulla morte di Ilaria Alpi – ha negato l’accesso.

E’ una procura di frontiera quella dove lavora il Pm Giuseppe Miliano. Mentre apriva la lettera con le minacce, a Borgo Montello le ruspe iniziavano a scavare il vecchio sito S0, alla ricerca dei fusti tossici.

Un collaboratore di giustizia dei casalesi - Carmine Schiavone - fin dal 1996 aveva raccontato che quella discarica, negli anni ’80, era zona loro. Decine di “soldati” pagati all’epoca 3 milioni di lire presidiavano il territorio, dal Garigliano fino alle porte di Roma. Nomi mai usciti fuori, indagini condotte con grandi difficoltà dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma che hanno portato alla scoperta di quel cartello attivo nella città di Fondi guidato dai fratelli Tripodo, recentemente condannati come esponenti della ‘ndrangheta in provincia di Latina.

Gruppi criminali cresciuti negli ultimi trent’anni grazie ad un’alleanza – confermata da diverse sentenze – stretta con i casalesi.

Tra gli affari più redditizi – ricordava Schiavone – c’erano i rifiuti e quella collina di Borgo Montello, dove alcuni esponenti incensurati e insospettabili della famiglia Schiavone di Casal di Principe acquistarono delle terre, vendute recentemente al gruppo Ind.eco, pronto a sfruttarle per ampliare gli impianti di trattamento dei rifiuti.

Mentre la discarica cresceva i viaggi dei camion sospetti continuavano.

Gli abitanti ancora oggi ricordano la meticolosità di don Cesare Boschin nell’annotare quello che accadeva. Ogni domenica andava a visitare le famiglie dei coloni veneti che contornano la discarica, vendendo le copie di Famiglia cristiana. E ascoltava. Le donne gli raccontavano con preoccupazione di viaggi realizzati dai figli verso la Toscana e l’Emilia Romagna, alla guida di camion che tornavano carichi di bidoni.
I cacciatori ancora oggi hanno davanti agli occhi le montagne di rifiuti farmaceutici che incontravano attorno all’invaso ufficiale dove finiva la monnezza della provincia di Latina.

Racconti che sono stati puntualmente riscontrati dalle analisi che il Pm Giuseppe Miliano e l’Arpa Lazio hanno realizzato negli ultimi due anni nella zona di Borgo Montello, scoprendo quei veleni di origine industriale che hanno contaminato le falde acquifere.

Sulle minacce al magistrato di Latina c’è il massimo riserbo.

Nessun commento è trapelato dalla Procura, nessuna pista sembra per ora prevalere.

Ma un segnale inquietante ed importante per quella terra di ‘ndrangheta e camorra chiamata provincia di Latina, alle porte della capitale.

di Andrea Palladino | 27 maggio 2012     http://www.ilfattoquotidiano.it/

Grazie all’Asl Rm H nella discarica di Albano arriva il nasometro

Clicca qui per leggere l'Articolo di Daniele Castri .. legale del No-Inc

A Malagrotta più tumori che nel resto di Roma


(Fonte articolo, clicca qui) Chi vive a Malagrotta ha la possibilità di contrarre tumori alla laringe, al pancreas e al cervello con una percentuale superiore del 3-4% rispetto al resto dei romani. E la stessa incidenza è stata registrata per le malattie cardiovascolari e respiratorie.

A stabilirlo è uno studio epidemiologico sul quartiere disposto dalla Regione Lazio, depositato nei giorni scorsi in procura dove è aperta un’inchiesta per omicidio colposo dopo la morte di quattro persone, decedute per un tumore, tutte residenti vicino alla discarica.

I decessi sono avvenuti tra il 2008 e il 2010. Lo studio della Regione sottolinea anche che non sono chiare le cause che provocano una maggiore incidenza nel contrarre tumori o gravi malattie. Troppe sono le variabili in gioco nella zona (dalla discarica al gassificatore, dalla raffineria all’intenso traffico di mezzi pesanti) che potrebbero influire sulle condizioni di salute dei residenti.

«Spero che la procura disponga una consulenza per fare chiarezza su cosa è successo in questi anni», commenta l’avvocato Francesca Romana Fragale, presidente dell’associazione «Futuro sostenibile», che rappresenta le famiglie delle vittime.

Gli impianti di Malagrotta (Imagoeconomica).

Intanto scoppia nella commissione bicamerale Ecomafie la «guerra del talquale», cioè dei rifiuti così come vengono prelevati dai cassonetti stradali.

Da una parte l’Ama: «Abbiamo proposto al commissario Goffredo Sottile di trattare 1.000 tonnellate al giorno di rifiuti nei nostri due Tmb». «Si possono trattare – precisa l’Ama – tutte le 4 mila tonnellate di immondizia che Roma produce ogni giorno».

Dall’altra la E. Giovi (società di Manlio Cerroni che gestisce gli altri due Tmb e la discarica di Malagrotta) che replica: «I nostri impianti funzionano alla metà delle loro potenzialità perché l’Ama non ci dà rifiuti trattabili sufficienti e preferisce mandarli in discarica perché costa di meno».

Al centro rimane la Capitale che produce al giorno circa 4 mila tonnellate di rifiuti, che andrebbero trattati prima di essere ammassati in discarica. Questo, però, non accade perché finora gli impianti non hanno funzionato al massimo delle loro potenzialità: così a Malagrotta finisce il rifiuto così come viene raccolto dai cassonetti, violando le norme comunitarie.

Di conseguenza l’Ue ha aperto una procedura di infrazione e il Lazio rischia pesanti sanzioni economiche.


Associazione DifferenziaTi

Malagrotta, l’allarme dei medici tumori in aumento per i residenti


L’impunità prima o poi dovrà finire.

(Fonte articolo, clicca qui)

Un legame diretto tra la discarica di Malagrotta e alcune malattie di chi vive nella zona tra mille difficoltà e con le finestre sempre sbarrate.
E un filo causale ancora più stretto per alcune patologie tra le residenti donne, che manifestano tumore della laringe e della vescica, e anche problemi circolatori. Mentre per gli uomini sarebbero aumentate le malattie dell’apparato respiratorio. E’ tutto scritto e documentato nella relazione che il Dipartimento di epidemiologia della Asl di Roma E ha consegnato due giorni fa nelle mani dei pm che indagano sulla discarica di Malagrotta. E che ieri è stato consegnatoanche alla presidente della Regione Lazio Renata Polverini che per prima aveva chiesto al dipartimento di stilare una relazione. Il quadro di mortalità generale, dice il rapporto basato sugli 85mila residenti nella zona dal 2001 al 2010, è sostanzialmente nella media, fatta eccezione per alcune patologie mortali, tra le quali il tumore alla mammella e le malattie cardiovascolari.

Spiega la relazione: «Le patologie dell’apparato cardiovascolare (donne) e dell’apparato respiratorio (uomini) sono aumentate tra i residenti nell’area più prossima agli impianti. Per le patologie tumorali, si osserva tra le donne un eccesso di tumore della laringe e della mammella nelle zone più prossime, mentre tra gli uomini si osserva una riduzione del rischio per il tumore del polmone». Anche i ricoveri sono più frequenti per chi vive a Malagrotta: «I residenti (uomini e donne) più prossimi agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere (+8 per cento), in particolare per malattie circolatorie, urinarie e dell’apparato digerente. Tra gli uomini si è osservato un aumento dei ricoveri per patologie della tiroide».

Gli impianti sotto osservazione sono tre: la discarica, il relativo inceneritore e una raffineria presente nella stessa zona. Ma in alcuni casi l’aumento delle malattie è direttamente collegato alla presenza della discarica.

Dice il rapporto: «Per quanto riguarda i risultati relativi alle concentrazioni dei singoli inquinanti, si è riscontrata nei gruppi più esposti a discarica e raffineria una maggiore frequenza di tumori della laringe e della vescica (mortalità e ricoveri) nelle donne residenti. Limitatamente ai ricoveri, si è osservata un’associazione tra discarica e malattie dell’apparato circolatorio (donne)». E il giudizio complessivo è pesante: «Sono stati riscontrati, sia per la mortalità e soprattutto per le ospedalizzazioni, alcuni eccessi di rischio degni di nota, in particolare per malattie respiratorie, cardiovascolari e per alcune forme tumorali».

Il rapporto elaborato dall’Osservatorio di Roma «E», diretto da Marina Davoli, potrebbe cambiare il destino delle due inchieste avviate dal procuratore aggiunto Roberto Cucchiari e dal pm Alberto Galanti.

Il primo fascicolo è basato sulle denunce dei residenti che si sono ammalati nel corso degli anni. Stando agli esposti raccolti dall’avvocato di parte civile, Francesca Fragale, i malati accertati in zona sono almeno un centinaio. Tutti di tumore o con problemi alla tiroide e cardiovascolari.

Sul tavolo dei magistrati di piazzale Clodio c’è anche un fascicolo per omicidio colposo, basato sulle denunce dei familiari di quattro persone decedute dopo aver passato molto tempo nella zona della discarica di proprietà dell’avvocato Manlio Cerroni. Tre erano residenti nell’area e una quarta aveva lavorato nel gassificatore dell’imprenditore, alla Colari.

A rendere la situazione particolarmente pericolosa sarebbe stato il contatto tra la discarica più grande d’Europa – 240 ettari ormai stracolmi – e la falda acquifera sottostante.

A rilevare il dato, un’altra perizia elaborata nei mesi scorsi, questa volta dall’Arpal, dopo aver fatto prelievi in sessantuno differenti punti della zona. Il verdetto era stato cristallino: venivano continuamente superati i limiti alla presenza di sostanze pericolose come ferro, manganese e nichel, mentre in alcuni prelievi l’arsenico e il benzene oltrepassavano addirittura di 30 volte i limiti di legge.

Ma in alcuni casi, la quantità di arsenico sarebbe arrivata addirittura a 200 volte oltre il quantitativo previsto dalla legge.

ASSOCIAZIONE DIFFERENZIA-TI     http://differenziati.com/
 

La quinta mafia

"Siamo ancora qua .. la Valle e il nostro Tempo .. Autonomia in Val Susa"



Dopo 20 anni di lotta, di lavoro paziente e opposizione determinata, il movimento torna in piazza per affrontare una delle sue prove più dure.
Dove non ha funzionato il silenzio, dove ha fallito la disinformazione, pensano ora di vincerci con un po’ di galera.  Ma come abbiamo detto tante volte e non ci stanchiamo di ripetere:  “qui la paura non è di casa”.
Ancora una volta scommettiamo sereni su una partecipazione numerosa e trasversale.  Da battaglia territorializzata e locale, il movimento notav si è imposto negli ultimi anni come una delle lotte più avanzate e durature che hanno segnato il  paese nell’ultimo decennio.  Un punto di riferimento imprescindibile per quanti pensano e tendono alla trasformazione dell'esistente, qui e altrove.  Oggi ritorniamo in piazza dalla valle e dal nazionale per riaffermare l’impossibilità di quest’opera, l’insensatezza di uno spreco di risorse ancora non misurabile mentre la crisi si sta mangiando tutto, per difendere le vittorie del referendum ed i beni comuni, per la liberazione immediata dei detenut* notav.
 
Una storia lunga
Sembra ieri quando in poche centinaia organizzavamo le prime manifestazioni nei paesi della valle, sventolando una bandiera che oggi conoscono tutti, appesa nei balconi delle città più lontane e in ogni presidio di lotta che si rispetti, ovunque si combatta  la tentacolarità dei poteri forti e della finanza globale.  La nostra storia e ormai storia lunga e pubblica.  Come tutte le Storie degne di questo nome, è storia spessa e profonda, racconto che si fa leggenda, slogan che diventa canzone. 
Abbiamo un pantheon e date importanti da ricordare, defunti che lasciano eredità e chiedono di essere sepolti con la bandiera, nascituri che vengono “battezzati” al presidio.  Un incredulo giornalista della Stampa si chiedeva quest’estate come fosse possibile che tanta gente prendesse giorni di permesso dal lavoro per partecipare ad un presidio, una marcia, una qualunque delle nostre tante iniziative di lotta.  Misero e tapino.  Sarà mai possibile comunicare qualcosa a gente di questo tipo?

Come recita il dialetto di queste parti, la nostra “a l’è na sturia bela e a fa piasì cuntela”.

Dopo gli esordi degli anni ‘90 col lavoro pionieristico e capillare di informazione paese per paese, sulla scorta delle battaglie locali contro l’autostrada (sconfitta) e contro il mega-elettrodotto (vittoria), si faceva strada la necessità di una discesa in piazza, per affiancare alle armi del sapere tecnico la potenza di una mobilitazione potenzialmente di massa.
Dopo la prima manifestazione di piazza a Bussoleno nel 2000 e a Torino nel 2001 in occasione della prima delle innumerevoli firme di trattati tra Italia e Francia, il movimento si recava a Genova nel luglio 2001, svezzato dalle cariche indiscriminate, dai gas e dalle pallottole che uccisero Carlo Giuliani.  Gli anni che seguirono segnarono i primi passi di crescita e radicamento popolare della protesta in valle.  Mentre il movimento no global rifluiva nelle sedi di social forum sempre più (istituzionalmente) politici e sempre meno politicamente sociali, da questa piccola vallata giungeva un messaggio di ribellione e speranza che ricordava che resistere (e vincere) è ancora possibile.  L’8 dicembre 2005 decine di migliaia di persone erano salite da tutta Italia per riconquistare i terreni della Libera Repubblica di Venaus.  Il 3 luglio dell’estate appena trascorsa  la scena (identica e differente) si è ripetuta per  rispondere allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena.  Le immagini di una popolazione bombardata da centinai di gas lacrimogeni sono state più evidenti e chiare di 1000 parole.  Parallelamente alla resistenza sul campo si giocava sul web una battaglia per la libertà d’informazione e la cronaca in presa diretta, sganciata e più potente del mainstream media che per raccontare l’inedito che accadeva era obbligato o ad attendere  i bollettini della Questura o parassitare i nostri canale di contro-informazione.  Come diceva un cartello alla manifestazione torinese per gli arrestati/e, “per essere notav non bisogna essere valsusini, basta essere onesti e informati”.  La stessa determinazione, la stessa volontà di esserci e testimoniare  un’alternativa concreta, possibile e reale, spinge i tanti qui presenti a ripercorrere oggi queste strade già solcate centinaia di volte.  Per molti è una nuova marcia che aggiungono alla lunga lista delle esperienze già fatte, per altri sarà la prima volta, per tutti la consapevolezza di stare e continuare a marciare nella giusta direzione.

La storia recente del movimento ci parla anche delle intersezioni e risonanze che abbiamo saputo costituire con le più recenti battaglie politiche e sociali.  La scorsa primavera è stato naturale, tra una barricata, un'assemblea e una cena in comune, incontrarsi e discutere con gli organizzatori dei referendum per l'acqua pubblica e contro il nucleare (in val di Susa si sono anche tentate due interruzioni di treni trasportanti scorie nucleari radioattive).  Fin dall’estate, tra il campeggio resistente di Chiomonte e altre sedi valligiane, abbiamo aggiornato il dibattito sullo spreco del denaro pubblico che il tav comporterebbe, leggendolo sul livello attuale di uno scontro che si gioca sul nodo del debito, sulla legittimità o meno di pagarlo collettivamente.  Sotto molti punti di vista il treno ad alta velocità rappresenta oggi il concentrato materiale e simbolico della crisi che si vuol far pagare a chi sta in basso, emblema delle differenze di priorità che separano il buon senso delle popolazioni dalle esigenze monetariste di presunte élites.  Mentre noi diciamo che ad ogni centimetro di tav corrisponde una borsa di studio, ad  ogni metro una scuola, ad ogni km un ospedale in meno, il ceto politico di casa nostra ci racconta che il Tav è come i sacrifici, bisogna farli: “non ci sono alternative”.  Dietro la retorica dell’interesse generale a noi sembra di sentire il ritornello decadente di chi non ha futuro e pensa “dopo di noi, il diluvio”.

In questi anni in molti hanno tentato di interpretare e descrivere il movimento notav.  Qualcuno ha anche avuto la presunzione di volercelo insegnare.  I più sciocchi hanno creduto di poterlo strumentalizzare (l’hanno pagata cara).  Qualcuno ha pensato di vederci realizzate le aspirazioni del municipalismo e la messa in pratica delle aspirazioni di Porto Alegre.  Per molti in valle, la risposta naturale a chi pretende di fare il “padrone a casa nostra”, per qualcun altro una nuova Resistenza, per altri ancora una prepotenza contro dei bravi cristiani, per certuni la difesa della Costituzione, per altri una comune rivoluzionaria .. ..  Grande e generoso, il movimento può essere quello che uno vuole vederci dentro, tutto questo e molto di più.  Per chi fa mostra di saggezza il movimento non si può definire.
Secondo noi il movimento notav funziona perché ha saputo tenere insieme conflitto e consenso (senza aspettare sempre “più consenso” per rimandare sine die il conflitto), il passato e l’avvenire, la rabbia della lotta e la gioia della comunanza.  Perché ha iniziato col fare e non col predicare, perché è partito dal Mondo prima che dal Verbo.  Come ha detto bene Ugo Mattei la sera stessa degli arresti, in Val di Susa si è realizzata una “sinergia particolare tra avanguardie militanti e popolazioni locali”.  E’ un giudizio che condividiamo, un dato politico che non smette di suscitare grattacapi e rancori alla Procura di Torino.
 
Politicamente maturi, dentro e fuori le mura delle carceri
Dopo processi, gogna mediatica, intimidazioni, perquisizioni e misure cautelari di vario grado, ci troviamo di fronte la repressione statale in tutta la sua durezza, sorretta da un Magistratura per la quale qualcuno è più “uguale” di altri e l'appartenenza a questo movimento di lotta pesa come un macigno di negatività.  I notav hanno infatti la colpa di opporsi indistintamente e senza favoritismi alle consorterie politiche tanto di Destra che di Sinistra.  Ed è proprio per segnare la propria distanza da un movimento così popolarmente connotato che il Partito Democratico si premura ad ogni occasione di mostrarsi più lealista del re, ripetendo in questo lo stesso errore dei loro colleghi greci.  Se ad Atene  i social-democratici del Pasok  espellono d'imperio quei pochi parlamentari che hanno votato contro le misure della troika, in Val Susa il PD chiede di non rinnovare la tessera ai  militanti locali che si schierano a fianco delle popolazioni, contro la grande opera nefasta.  Cambino le geografie ma il cielo resta lo stesso.  Pensano di bastonare il cane che affoga e non si accorgono che i cani sono loro, tecnocrati del governo unico del capitale transnazionale.

Agli attacchi che gli vengono mossi, con l’utilizzo sempre uguale di un dividi et impera che inizia a perdere smalto (siamo in tempi di crisi), il movimento notav ha risposto in maniera compatta e unitaria, senza fronzoli o inutili distinguo.  Chi cercava il mostro da sbattere in prima pagina e sperava ancora di separare i “buoni” dai “cattivi” ha trovato un amaro benservito.  A chi ha tentato d’imporre un discorso che non ci appartiene, il movimento ha risposto compatto e sereno che tutt* sarebbero stati difesi perché tutti gli arrestati sono considerati “notav”, incarcerati per aver preso parte con generosità alla lotta per difendere la valle (e molto altro ancora, come dice la canzone: “troppo ho da difendere”).  E’ stato un gesto importante, forte, generoso; un pronunciamento naturale, nato dalla consapevolezza di appartenere ad una lotta di lunga durata, cementato dalla fiducia costruita in anni.  Allo stesso tempo è stata però una scelta, necessaria ma non scontata.  In quante altre parti d’Italia un movimento di lotta riesce a tenere botta ai guaiti dei tanti cani che vogliono sbranarci (i tanti Esposito e Numa disseminati tra burocrazie di partito e redazioni di giornalacci)? 

Quanti sanno rovesciare il segno del discorso, assumere l’accusa che gli viene mossa contro e farne un punto d’orgoglio, rilanciando contro l’avversario?  Gli uomini e le donne che oggi ci accompagnano in questa marcia sono qui anche per questo.  E’una condotta preziosa che ha molto da insegnare.  Ci auguriamo di vederla d’ora in avanti riprodotta anche in altri contesti.  Sappiamo che non sarà facile ma sappiamo anche che è necessaria, pena il dissolvere le lotte ogni volta come neve al sole.

La dignità e intelligenza politica che il movimento ha mostrato sul suo terreno pubblico è stata mantenuta –nelle condizioni particolari dettate dal contesto – anche dai compagni rinchiusi alle Vallette.  Subito riconosciuti come soggetti degni di rispetto, incarcerati per qualcosa che travalica la
lotta spietata per la sopravvivenza, portatori di un discorso più generale, non si sono adagiati sul ruolo che già gli veniva garantito.  Se ne sarebbero potuti stare comodi ad attendere di far passare la burrasca e invece si sono calati nel contesto specifico in cui sono stati catapultati, hanno parlato con gli altri detenuti, tentando di capire quali fossero le mancanze e i bisogni su cui costruire un battaglia di vertenzialità sulle condizioni interne in via di progressivo peggioramento.  Hanno fatto politica e lotta anche dentro le mura del carcere.  Per questo sono stati puniti con la dispersione e in alcuni casi con forme di isolamento e irrigidimento delle condizione di detenzione. Anche per questo siamo qui oggi.  Per questo dobbiamo continuare a scrivergli.

Guardiamo avanti
Oggi più che mai si fa chiara la consapevolezza che questa è una lotta di lunga durata, cui non servono improbabili fughe in avanti né ripiegamenti impauriti per l’incaponimento sul super-magistrato di turno.
Il movimento vince e continua ad essere un punto di riferimento perché ha dietro una storia e una consistenza, un radicamento e una pluralità di soggetti che hanno imparato a rispettarsi e fidarsi reciprocamente.
La strategia e i prossimi passi li decideremo ancora una volta insieme, come sempre, dentro la dialettica del movimento e la sua pragmaticità, rifuggendo le scorciatoie, evitando gli ideologismi, stando con i piedi ben piantati per terra, il cuore saldo e gli occhi che guardano avanti, oltre le difficoltà del momento.  Sappiamo tutti benissimo che il problema continua ad essere il cantiere

Qualcuno credeva di cogliere il movimento notav impreparato, rassegnato alla fattualità del non-cantiere, preso dallo sconforto, dopo tanta fatica, per l’ostinazione con cui si mantengono aperti i rubinetti che finanziano l’opera.  E hanno pensato bene di darci il colpo finale con questa operazione repressiva. 

Ancora una volta, non hanno capito niente.
Là dove volevano dividere, hanno unito.
Volevano farci paura, abbiamo fatto festa.
Continuiamo sereni e determinati la nostra lotta, rincuorati dalla determinazione dei compagn* arrestati, dalle loro lettere fiere, dai numeri che anche oggi siamo riusciti a portare in piazza.

Andiamo avanti a testa alta, facendo nostre le parole di Giorgio,

con allegria, senza timore
con coraggio, senza paura
con forza,senza panico
non faremo un passo indietro!



http://www.infoaut.org/


Il 27 giugno, quando la polizia ha attaccato la Libera Repubblica della Maddalena, ero a Manhattan, dove abitavo da qualche tempo.  Ho ascoltato la diretta dello sgombero in streaming, in una casa di Chinatown.  Pochi giorni dopo ho preso un aereo e sono tornato in Italia, in quello che oggi è il Kiomontistan, territorio impervio per i difensori del neoliberismo in crisi, gli stessi che fanno i conti con Occupy Wall Street.  Passare dai grattacieli al fogliame e alle fronde mi ha fatto davvero l’effetto di essere un soldato partito per il Vietnam, anche perché ho condiviso con i miei compagni ogni minuto della lotta nel nuovo scenario dell’occupazione militare: dalle ferite riportate sul campo agli arresti, dagli assedi al non-cantiere alla caduta di Luca, fino alla rabbia che ne è seguita.  Essere No Tav è, per me, uno dei mille modi di essere ciò che sono: ho sempre vissuto tra le persone, nei luoghi più diversi, con il sogno di distruggere il mondo che ho ricevuto in eredità; ed è da loro, dai miei compagni, che ho imparato che un sogno simile, per divenire realtà, deve sapersi calare in ogni situazione e in ogni luogo in modo nuovo, misurando il peso delle scelte sulla bilancia dell’efficacia.  La polizia, i giornalisti, i leader di partito si interrogano su chi siamo noi, gli autonomi della Val di Susa, con differenti livelli di stupidità. Il nostro identikit sociale è semplice: precari, studenti-lavoratori, disoccupati ad intermittenza.  Non versiamo contributi, non abbiamo né avremo tutele.  Salariati in nero o in forma atipica nella ristorazione, nell’informatica, nella comunicazione, nell’industria della conoscenza, ci consideriamo i prototipi più azzeccati della nostra generazione e, al tempo stesso, i suoi nemici mortali; non per la presunzione di voler essere meglio del nostro tempo, ma per essere il nostro tempo al meglio: combattiamo, a nostro modo, la passività congenita a ogni classe oppressa.   Siamo tanti, organizzati.  Tra la nebbia dei lacrimogeni sappiamo orientarci giorno e notte, nei boschi o sulle autostrade, in inverno o in estate, con il sole o con la pioggia.  Quando l’assemblea decide il grande corteo popolare, contribuiamo alla sua riuscita; quando decide di arrivare alle reti, non ci spendiamo con minor sacrificio.  Imprevedibilità e flessibilità ci caratterizzano, nel tentativo di conciliare la morale irreprensibile del rifiuto con il pragmatismo della sua declinazione diretta.  Allergici alla retorica e ad ogni fanatismo, siamo lontani dall’individualismo ipocrita del liberalismo quanto da quello scolastico dell’anarchismo.  È l’interesse comune, quello che si definisce in autonomia dalle istituzioni e dalle dinamiche di sfruttamento, il cavallo di Troia che abbiamo nascosto nel futuro.

Partito di massa e di opinione convivono, in essenza, nella nostra forma di organizzazione agile, figlia della critica della forma-partito come tale. Radicamento sociale e strategia mediatica si uniscono in un abbraccio scandaloso, nell’equilibrio millimetrico che sappiamo di dover trovare per non cedere spazi di linguaggio e di immaginario al nostro nemico.  Il tutto con un unico, ossessivo obiettivo: valorizzare e organizzare il conflitto sociale, aggregare nuove ragazze e nuovi ragazzi, riprodurre ed estendere l’insubordinazione, allargare la critica.  Perché?  Perché il futuro, se vuole essere diverso dal presente, deve costituirsi sul nuovo.  Senza l’autonomia sociale, politica e culturale dal potere non si vince, dura legge della storia, spietata con chi non la impara.  Siamo militanti politici, una forma di essere umano sempre e necessariamente in guerra, anzitutto in tempo di pace, ma non abbiamo forze armate né piani militari; semmai, attraversiamo in modo conflittuale una miriade di piani sociali, tra metropoli e montagna. Incarcerati, ci mettono in isolamento; seguiti e pedinati, ci danno il foglio di via; allergici alle carriere e alle divise, ci muoviamo come volontari agli antipodi del volontariato.

Abbiamo fondato il primo comitato popolare contro l’Alta Velocità dodici anni fa e, da allora, nella corsa del movimento a diventare sempre più grande, non ci siamo mai fermati.  I governi vanno e vengono, noi siamo sempre qui, per vincere.  Qualcuno si meraviglia di come siamo visibili e irriconoscibili a un tempo; ma è normale per chi, come noi, si compiace di tentare la declinazione post-postmoderna del bolscevismo più originario. Allora dicono che siamo “nascosti” dentro il movimento, ma è l’esatto opposto: scriviamo sui siti e compariamo in televisione; venite a trovarci nelle assemblee, nelle feste popolari, nelle conferenze stampa.  Non siamo una corrente interna, ma soggetti votati al potenziamento dell’insieme, del tutto; l’autonomia non è una fazione, è una necessità.  Tra i fuochi delle barricate ci muoviamo senza ideologia.  Quando i Cattolici per la Valle hanno voluto costruire una statua di Padre Pio accanto al nuovo presidio, dopo che la polizia ha loro sottratto il pilone votivo alla Madonna, non abbiamo obiettato: sappiamo quanto la fede può essere importante per una resistenza.  Persino quando i leghisti venivano alle assemblee, anni fa, non li abbiamo cacciati; era chiaro fin da allora che avrebbero abbandonato in massa il loro partito.

E se una valligiana mi parla di energia della terra, di magia dei luoghi e dello spirito che abita le montagne, io – scettico per indole, materialista per vocazione – la ascolto pieno di fascino.  Imparo da tutto e da tutti, in questo scenario folle e bellissimo, dove paganesimo e cristianesimo si incrociano con l’identità occitana e montana, mentre ragazzi di stadio della cintura torinese incrociano i destini dei pensionati di montagna e dei reduci della guerra, che a loro volta ascoltano rapiti le storie delle studentesse emigrate a Torino dalla Sicilia e dal Salento.  Il potere organizza la tutela disciplinata e astratta delle differenze, noi ne coltiviamo il potenziale reale. Le vediamo crescere e rafforzarsi contro l’uniformazione coatta prodotta da un potere decrepito, lo stesso che ho visto all’opera nei quartieri di New York.  Mi è costato abbandonare l’America, ma la Valle è legata alla mia vita non meno della Grande Mela, e allora soffoco la nostalgia della giungla d’asfalto ammirando i colori della foresta reale, la poesia dei ciglioni dopo la nevicata, o respirando l’aria inconfondibile di cui vivono – e dovranno continuare a vivere – i nostri castagneti.

Pubblicato su "Alphabeta2", 6 giugno 2012

Per un'estate NO-TAV


Stiamo ormai giungendo alla fine del primo anno di occupazione militare della Maddalena di Chiomonte in Valle di Susa. La val Clarea per come l’abbiamo conosciuta non c’è più, ruspe e motoseghe hanno spianato i terreni curati e fatti rivivere da tutti noi in anni di mobilitazione.

E’ un gesto di pura devastazione, arrogante, di chi ha come forza e mandato ad oggi solo di occupare, recintare e difendere. Di questo infatti stiamo parlando, una occupazione militare e nulla di più, non di un solo cantiere per la costruzione della nuova linea ad alta velocità Torino Lione.
Dopo l’ultimo e definitivo allargamento delle recinzioni, giornata che tutti ricordiamo per la caduta di Luca e l’ufficializzazione degli espropri l’11 aprile il cantiere va a rilento. Pochi operai addetti alla manutenzione viaggiano su e giù per ricontrollare le reti o riempire i serbatoi dei gruppi elettrogeni  che danno energia alle torri faro per la sorveglianza notturna.

Un anno intero di mobilitazione non solo non è stato vano ma anzi ha di fatto frenato e impedito l’arrivo dei grandi appaltatori come la Cmc assegnataria illegale del maxi appalto.
 
Ora di fronte a noi abbiamo una grande possibilità, anzi più d’una: 
bloccare la distruzione di una porzione di territorio valsusino e al contempo risparmiare e proteggere una montagna di denaro pubblico, oltre 25 mld di euro, sufficienti da soli a ricostruire un bel pezzo dei disastri provocati dai terremoti in Emilia e ancor prima in Abruzzo.

Ma la lista di cose utili da fare la possiamo scrivere noi tutti i giorni, in prima persona, guardando a un Paese immerso in una crisi economica molto preoccupante che ha bisogno di tutto meno che di opere inutili.
Il problema come sempre è chi decide cosa fare, per questo pensiamo ancora una volta che tocchi a noi, a chi ha a cuore il futuro di questa terra e non solo.

Come farlo è semplicissimo: 
decidere di mettersi in gioco in prima persona, alzare la testa, esprimere un’opinione e farla divenire cosa vera e reale in grado di modificare il corso della storia e lottare, cosa lontana in apparenza ma semplice da praticare.

Tutti gli sforzi fin qui fatti hanno avuto il risultato di impantanare un meccanismo di distruzione che voleva procedere rapido, spedito e indisturbato. Ora che è iniziata l’estate e con questa i momenti migliori per poter creare iniziative e mobilitazioni, pensiamo sia giunto il momento di ricominciare con un programma pieno e ampio, che parta dal movimento no tav della valle di Susa e che sia in grado di coinvolgere, accogliere e rendere protagonisti tutti quanti i no tav che hanno lottato nei loro territori per un inverno intero.

Abbiamo di fronte a noi tutti una grande opportunità per rincontrarci, per discutere insieme e per creare ancora lotte e movimento.
Insieme possiamo mettere una seria ipoteca a questo progetto e raggiungere l’obiettivo del blocco dei cantieri, ancora possibile dato il loro embrionale stato di avanzamento.

Ancora una volta si partirà e si tornerà insieme,
da Chiomonte e per Chiomonte, attraverso la val Clarea attraversando anche il paese di Giaglione, sul versante opposto, trovando accoglienza e ristoro nei presidi di Venaus e del campeggio della centrale di Chiomonte.

Da giugno gli studenti delle scuole superiori e i giovani della valle inizieranno con un campeggio ma si andrà oltre, per tutta l’estate, incrociando esperienze e saperi.

Sarà un’estate in movimento, caratterizzata dalla nostra lotta, popolare e pacifica, capace di far incontrare persone provenienti dalle più disparate esperienze o semplicemente curiose di conoscere, unite nel rispetto delle proprie differenze, consapevoli che proprio in queste risiede la forza e la ricchezza del movimento.

Facciamo appello a partecipare ad un campeggio popolare, invitando giovani e famiglie a venire a conoscere la Valle di Susa, la sua terra e la sua gente, per condividerne lo spirito di non rassegnazione e solidarietà che ci contraddistingue.

Facciamo appello a quanti vedono nella Valle un esempio da seguire e di partecipazione alla nostra vita in prima persona, conoscendo i meccanismo collettivi di decisione e condivisione che sono la storia, il presente e il futuro di un movimento popolare, che E’ IMPOSSIBILE DA FERMARE.

da notav.info

http://www.infoaut.org/

Cantiere inviolabile ?!



da notav.info - visto su:  http://www.infoaut.org/

Riceviamo e .. con piacere .. pubblichiamo

Ancora una volta, l'infallibile controllo del dispositivo militare del cantiere di Chiomonte è stato violato. Questa note i no tav sono entrati nell'area perimetrata, armati di cesoie, hanno tagliato le reti e hanno piantato la bandiera no tav nel territorio nemico.

Come dice il video, "si taglia, si entra e si esce quando si vuole",
un piccolo anticipo di una nuova, lunga e determinata estate di lotta no tav.

Arrivederci .. .. ..  a presto!   

L’ANPI è per la Costituzione e la Democrazia: a fianco del movimento antifascista NO TAV

Appello nazionale

Siamo iscritti ANPI e abbiamo preso visione delle notazioni personali del Presidente Nazionale ANPI Carlo Smuraglia relative al TAV.

Consideriamo nostro dovere mantenere il nostro ruolo di coscienza critica della società con la nostra storia, la nostra identità e la nostra autonomia, sia auspicando dialogo e confronto democratico, civile e costruttivo, e sia partecipando, schierandoci, pronunciandoci, solidarizzando, unendoci alla protesta, operando scelte, prendendo posizione a fianco dei movimenti antifascisti, quale è il movimento NO TAV.

Ricordiamo che l’ANPI si è espressa e si esprime sull’emergenza democratica, sui diritti e su quanto previsto dalla Costituzione, non sull’opportunità né sulla fattibilità dell’opera, perché l’ANPI si occupa – come recita la tessera ANPI 2012 – di Costituzione, democrazia e diritti, non di treni. Proprio per questo affermare che qualcuno abbia “tirato per la giacchetta” l’ANPI è fuori luogo e indica chiaramente la distanza tra la realtà dei fatti e le affermazioni del Presidente Carlo Smuraglia.

Riconosciamo:
- al Movimento NO TAV piena legittimità di dissenso e di resistenza civile, in quanto nella sua storia ultraventennale ha dimostrato la propria natura antifascista, democratica e non violenta, tipica dei movimenti popolari radicati sul territorio;
- ai Comitati NO TAV la funzione costituzionale di presidio della democrazia, vissuto con metodo assembleare e comunitario, praticato come luogo sociale attivo e dinamico volto all’educazione e alla formazione di cittadini liberi, informati e consapevoli, in sintonia con i valori ed i principi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza;
- alle centinaia di gruppi, associazioni e soggetti che partecipano al Movimento NO TAV il ruolo di promotori della cultura dei diritti umani e dei beni comuni, per una transizione a stili di vita sostenibili, il progresso civile, la tutela dell’equilibrio tra azione antropica e territorio montano;
- alla Val Susa, già luogo di lotta antifascista e memoria della Resistenza, di costituire oggi, nel più ampio contesto di crisi economica e democratica, un laboratorio civile e sociale culturalmente avanzato per costruire una democrazia autenticamente compiuta esemplare a livello nazionale.

Condanniamo con forza:
- qualsiasi forma di violenza (fisica, verbale, psicologica, mediatica, politica) di qualsiasi provenienza;
- la militarizzazione del territorio della Val Susa con recinzioni metalliche, filo spinato, posti di blocco, mezzi blindati utilizzati in guerra, che provocano l’aumento del livello di tensione e la legittima protesta della popolazione civile;
- la sospensione della democrazia e dei diritti costituzionali sanciti dagli artt. 3, 9, 13, 16 e 21 della Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza;
- i metodi autoritari, violenti e intimidatori impiegati dalle istituzioni e dalle forze dell’ordine per reprimere il dissenso: propaganda televisiva che non tiene conto dei dati tecnici e che tende a criminalizzare i movimenti, uso di gas lacrimogeni CS vietati dalle convenzioni europee sparati ad altezza uomo, caccia al manifestanti NO TAV fin dentro i paesi con lancio di lacrimogeni all’interno di locali e abitazioni, sequestro di zone coltivate trasformate in zona militare.

Chiediamo:
- a tutte le strutture dell’ANPI di aprire un dibattito nazionale ad ogni livello sull’emergenza democratica attualmente in corso in Val Susa
- di dedicare un apposito spazio di confronto assembleare sul tema alla prossima Festa Nazionale dell’ANPI, che si terrà a Marzabotto dal 14 al 17 giugno, coordinato insieme alle Sezioni del territorio interessato.

In quest’ottica, invitiamo il Comitato Nazionale a recarsi in Val Susa per rendersi conto di quanto sta accadendo e a discutere la questione, necessariamente prendendo visione di tutti i documenti sul tema scritti nell’ultimo decennio dall’ANPI Provinciale di Torino e dalle Sezioni ANPI della nostra Provincia.

La democrazia non si insegna, si pratica quotidianamente.

Primi firmatari:
Berga Ugo, Partigiano – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO) – n° tessera 99161
Solara Mario, Partigiano – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO) – n° tessera 99197
Allais Giorgia, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Vicepresidente – n° tessera 97122
Bacchetti Massimo, antifascista - Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO), Presidente – n° tessera 96680
Bonavero Danilo, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Vicepresidente Vicario – n° tessera 97169
Bonavero Chiara, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Vicepresidente – n° tessera 97302
Bonavero Martina, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie(TO), Segretario – n° tessera 97170
Borri Roberto, antifascista – Sez. ANPI Martiri del Martinetto di Torino (TO), Direttivo – n° tessera 101175

Cabigiosu Maria Grazia, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO) – n° tessera 97061
Casel Giulia, antifascista – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO), Tesoriere – n° tessera 99185
Castagno Laura, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Consigliere – n° tessera 97274
Chiola Piergiuseppe, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Consigliere – n° tessera 97060
Chiola Giulia, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO) – n° tessera 97062

Craveri Paola Francesca, antifascista – Sez. ANPI Forno Canavese (TO) – n° tessera 100328
Darchino Stefano, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO) – n° tessera 100909

Debernardi Barbara, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Consigliere – n° tessera 97047
Giardi Walter, antifascista – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO) – n° tessera 99194
Gorgellino Giacomo, antifascista – Sez. ANPI Nizza Lingotto di Torino (TO), Presidente – n° tessera 100229
Grandinetti Fabrizio, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO), Direttivo – n° tessera 100893

Grandinetti Fulvio, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO), Vicepresidente Vicario – n° tessera 100894
Fabbri Gloria, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO), Vicepresidente – n° tessera 100911
Freda Pino, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO) – n° tessera 97238
Lescio Simone, antifascista – Sez. ANPI Nizza Lingotto di Torino (TO), Revisore dei conti – n° tessera 100233

Martino Andrea, antifascista – Sez. ANPI Renato Martorelli di Torino (TO) – n° tessera 97470
Martoccia Francesco, antifascista – Sez. ANPI Martiri del Martinetto (TO), Direttivo – n° tessera 101204
Nico Tania, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO) – n° tessera 100897
Nicoli Maria Linda, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Segretario – n° tessera 97289
Nicoli Elena, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO) – n° tessera 97291
Obert Mauro Giacomo, antifascista – Sez. ANPI Forno Canavese (TO) – n° tessera 100327

Pace Gabriele, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO), Direttivo – n° tessera 100900
Panico Maria, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO) – n° tessera 100899
Perottino Fabrizio, antifascista – Sez. ANPI Martiri del Martinetto di Torino (TO), Direttivo – n° tessera 101183
Ribotta Enrica, antifascista – Sez. ANPI intercomunale Alpignano (TO) – n° tessera 98759
Roberti Anna, antifascista – Sez. ANPI Martiri del Martinetto di Torino (TO), Direttivo – n° tessera 101180
Salerno Giovanni, antifascista – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO) – n° tessera 99217
Sarti Emanuela, antifascista – Sez. ANPI Condove-Caprie (TO), Consigliere – n° tessera 97214
Sera Livio, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO) – n° tessera 100904
Selvo Silvana, antifascista -  Sez. ANPI Condove-Caprie (TO) – n° tessera 97301
Solara Mario Antonio, antifascista – Sez. ANPI Foresto-Bussoleno-Chianocco (TO), Direttivo – n° tessera 99223
Teofilo Alessia, antifascista – Sez. ANPI Grugliasco (TO), Segretario – n° tessera 100901

Zucchetti Massimo, antifascista – Sez. ANPI Dante di Nanni di Torino (TO) – n° tessera 98847

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martedì 19 giugno 2012

Il signor Cerroni impone la nuova discarica di Roma: Pomezia zona Solforate

Come avevamo già scritto nel blog di “Sotto terra il treno” il 28 novembre 2010 “il signor Cerroni ha già acquistato i terreni per la nuova discarica di Roma in località Solforate a confine con il comune di Pomezia. Così, con l'inceneritore di Albano sarà tutto casa e bottega”.

Di seguito riportiamo un articolo di Andrea Palladino pubblicato oggi su “Il Fatto Quotidiano”.

In un lettera al prefetto Goffredo Sottile del 12 giugno scorso Manlio Cerroni butta lì un’idea: 
 
“E da ultimo un nuovo sito suggeritoci dalla nostra collegata, Pontina Ambiente, in località Quarto della Zolforatella nel quadrante Sud Est della città sulla via Laurentina nel territorio del Comune di Roma”. 

In un terreno già da tempo nella disponibilità della società del gruppo che si occupa di una discarica nel comune di Albano, a circa cinque o sei chilometri dal luogo indicato, in grado di accogliere 3 milioni di metri cubi di monnezza romana.
Un terreno formalmente nel territorio della capitale, ma abbastanza distante dal grande raccordo anulare, in una zona dove la densità di cittadini-elettori è decisamente molto bassa. Quello che il proprietario di Malagrotta non dice è che quell’area è attraversata da una riserva naturale ed è considerata nei piani paesaggistici regionali come “zona di alto valore agricolo”. Non solo. In quell’area vennero trovati alcuni resti risalenti ad Enea e, secondo le associazioni archeologiche della zona, vi sono molti, moltissimi reperti di epoca romana e medioevale. Tutti vincoli ben conosciuti, tanto da essere riportati in un documento della Regione Lazio che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare. 
 
Nel 2007 – nello stesso luogo indicato dalla Colari di Manlio Cerroni, il Quarto della Zolforatella sulla via Laurentina – una società di Colleferro presentò un progetto per un parco fotovoltaico. Ecco quello che i tecnici regionali scrivevano sul luogo prescelto: “L’area di progetto è interessata dal paesaggio agrario di valore (…), l’area di progetto interessa la fascia di rispetto dei beni paesaggistici “Costa dei laghi, aree archeologiche”, e si trova all’interno di un’area con il vincolo “Beni d’insieme (Dm 25/01/10)” Ambito meridionale dell’agro romano compreso tra le vie Laurentina e Ardeatina, adiacente ad est punti archeologici, adiacente ad ovest Aree protette”.
Il nuovo sito indicato da Cerroni si trova nell’area di una ex miniera di zolfo al confine tra il comune di Roma e quello di Pomezia. Una zona oggi inserita all’interno della riserva naturale di Decima Malafede, delimitata da più di dieci anni. E’ una lunga fascia verde che parte da Trigoria, alle porte di Roma, estendendosi per più di dieci chilometro verso sud, arrivando alle porte della zona industriale di Pomezia. In sostanza l’ultimo polmone verde rimasto prima di un paesaggio letteralmente devastato dal punto di vista ambientale.
Di fronte al limite del parco ci sono oggi industrie e centri per il trattamento di rifiuti pericolosi; a cinque chilometri circa, lungo la via Ardeatina che corre parallela, c’è la discarica di Roncigliano – gestita dal gruppo Cerroni – ed è il luogo scelto per realizzare due linee di incenerimento di rifiuti dal consorzio Coema (oltre a Cerroni composto da Acea e Ama). E ancora, in via valle Caia, a pochissimi chilometri di distanza, c’è una megadiscarica di amianto, sequestrata dalla Procura di Velletri anni fa e non ancora bonificata. Dunque quell’area protetta svolge oggi una funzione fondamentale per mantenere un minimo di vivibilità in questo quadrante ad una decina di chilometri dal raccordo anulare.

La preoccupazione nella popolazione era ieri palpabile.

domenica 17 giugno 2012

Monti a Bologna, tafferugli e scontri con la polizia


Discariche del Lazio, ultimatum dell'Unione europea: "Rifiuti pericolosi e Rischi per la salute umana"



La Commissione europea ha inviato all'Italia un secondo avvertimento formale con un parere motivato in cui boccia le norme per il pretrattamento dei rifiuti nella discarica di Malagrotta (di proprietà del signor Cerroni) e negli altri siti del Lazio (sempre di proprietà del signor Cerroni).

Le discariche che operano in violazione della normativa dell'UE sui rifiuti, dice ancora il comunicato della Commissione, "costituiscono una seria minaccia alla salute umana e all'ambiente”. 
Su raccomandazione del commissario all'Ambiente, Janez Potocnik, la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato all'Italia in cui si richiede l'adempimento entro due mesi.
In caso contrario, la Commissione potrà decidere di adire la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la prospettiva di una sentenza di condanna con pesanti sanzioni finanziarie per l’Italia.

La situazione è, quindi, quanto mai seria e critica!!!  

La direttiva sulle discariche "stabilisce che i rifiuti devono essere trattati prima di essere interrati e cioè devono subire processi fisici, termici, chimici, o biologici, inclusa la cernita, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero”.

“Da un'indagine Eu Pilot è emerso che nella discarica di Malagrotta, e forse in altre discariche del Lazio, parte dei rifiuti vengono interrati senza essere prima trattati”.

La Commissione Europea “rileva con preoccupazione che le autorità italiane non adottano misure sufficienti a ridurre i possibili effetti negativi sull'ambiente e gli eventuali rischi per la salute umana, come prescritto nella direttiva quadro sui rifiuti”. 

Le preoccupazioni della Commissione Europea sono confermate dai risultati dello studio epidemiologico sugli effetti della discarica di Albano (nel caso delle donne vivere nelle immediate vicinanze della discarica, da 0-1 km, provoca una mortalità superiore del 20%) e dai numerosi casi di interruzioni di gravidanze denunciate dal nostro blog (in questi giorni ci sono arrivate decine di segnalazioni in merito ad altissime incidenze di interruzioni di gravidanza, sia in seguito di diagnosi prenatale di gravi malformazioni congenite sia per gravidanze extrauterine).


Cara Commissione Europea, vi possiamo confermare che le autorità italiane non adottano alcuna misura per eliminare i possibili effetti negativi sull’ambiente e gli eventuali rischi per la salute umana, ma da 30 anni costringono 2.381 persone (uomini e donne, anziani e … 313 bambini) a vivere entro il raggio di un chilometro dalla discarica di Albano.


                              http://sotto-terra-il-treno.blogspot.it/