Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

domenica 30 ottobre 2011

Inceneritori addio


(Fonte articolo, clicca qui) Qualche addetto ai lavori li chiama “giacimenti metropolitani” sconfessando una valutazione errata, ancora radicata nella mentalità comune, secondo la quale i rifiuti sono mondezza da far sparire bruciandola negli inceneritori o seppellendola nelle discariche.
Sì, perché i materiali già utilizzati, se trattati con tecnologie appropriate, sono una miniera da cui estrarre risorse preziose ed energia pulita. Gli impianti ci sono già. E sono tutti in Italia. Sono le moderne e diversificate tecnologie di trattamento meccanico-biologico (TMB) che fanno retrocedere gli inceneritori a quella funzione residuale di chiusura del “ciclo” di gestione dei rifiuti stabilita dalla Legge europea ed italiana. Ma volendo, rendono possibile la totale eliminazione di quelli che, con un eufemismo italico, sono chiamati termovalorizzatori. Vediamo come.
È sufficiente trattare ogni tipologia di rifiuto con la tecnologia più appropriata per ottenere nuova materia da riutilizzare, insieme alla produzione di energia pulita. La componente organica come gli scarti di cucina e della ristorazione può essere inviata alla digestione anaerobica (in assenza di ossigeno) dalla quale si produce biogas e compost di qualità, con un processo di trasformazione aerobica del “digestato ” risultante dalla fase precedente. La frazione secca (la carta e la plastica ma anche il vetro ed i rifiuti elettrici ed elettronici, i cosiddetti RAEE) può essere separata con passaggi successivi su nastri trasportatori forniti di lettori ottici a raggi infrarossi che suddividono la carta dalla plastica e selezionano le plastiche per tipo o per colore.
Gli ultimi arrivati sono i lettori a raggi X che ripuliscono in modo automatico i rifiuti organici destinati alla digestione anaerobica dal vetro o da eventuali sassi “leggendo” la densità atomica specifica di ciascun materiale. Ma le tecnologie utilizzabili per separare i materiali postutilizzo già in uso da tempo sono tante: deferrizzatori basati su sensori elettromagnetici, separatori a correnti parassite impiegati per selezionare le lattine di alluminio, separatori balistici, classificatori ad aria e tante altre ancora.
Una novità rispetto al passato è che le plastiche considerate non riciclabili fino a poco tempo fa e destinate a diventare cdr (combustibile da rifiuti bruciato negli inceneritori), oggi possono essere riutilizzate dopo essere state trasformate in granuli mediante un processo meccanico a circa 200 gradi chiamato “estrusione”. Rispetto alle altre tipologie di plastica considerate di maggior pregio cambia solo la destinazione d’uso: i granuli, di diverse pezzature, derivanti da queste plastiche trovano la loro collocazione in edilizia in sostituzione della sabbia oppure sono usati per stampare manufatti destinati all’arredo urbano come panchine, cestini per i rifiuti, dissuasori di velocità, pali per edilizia o addirittura tegole per tetti. Esistono anche impianti di trattamento dei rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade che ci restituiscono il 75% di materiali come ferro, sabbia, ghiaia di varie dimensioni, tutti lavati, selezionati e privi di componenti nocive e a norma di legge.
Per la parte residua (non più del 20% del totale) la chiusura del ciclo della gestione dei materiali postutilizzo senza inceneritori è possibile con Thor, un mulino ideato dal prof. Paolo Plescia, ricercatore dell’Igag-Cnr che raffina i materiali di qualsiasi tipo esercitando su di essi pressioni di tipo meccanico che vanno dalle 8000 alle 15000 atmosfere. La materia così trattata si riduce a dimensioni microscopiche. È sterile, inodore ed ha un potere calorifico superiore al cdr di qualità, rispetto al quale ha il vantaggio di essere purificata da scorie nocive come lo zolfo ed esente da idrocarburi policiclici. Secondo il prof. Plescia può essere utilizzata in impianti già esistenti “compresi i motori funzionanti a biodiesel, le caldaie a vapore ed i sistemi di riscaldamento centralizzati”.
Ma l’Unione Europea con la Direttiva 2008/98CE ci sollecita a concentrare i nostri sforzi sul design ecologico dei materiali nell’atto stesso della progettazione per dissociare la crescita economica dalla produzione dei rifiuti. La progettazione dei materiali deve facilitare l’uso efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita e comprendere la riparazione, il riutilizzo, lo smontaggio ed il riciclo finale. Così pure la sfida per le imprese è quella di realizzare un circolo virtuoso dove gli scarti e i sottoprodotti di un’industria diventano materiale da utilizzare in altri processi produttivi, come avviene in natura.
Tutti i rifiuti urbani e gran parte di quelli classificati come “speciali” compreso il car fluff (i residui provenienti dalla rottamazione degli autoveicoli) possono essere gestiti in modo sostenibile con un risparmio di energia quattro volte in più rispetto a quella prodotta con l’incenerimento. Ai vantaggi energetici conseguenti al riciclo si aggiungono quelli economici e ambientali come dimostrano numerose ricerche italiane e straniere tra cui, nel 2010, la pubblicazione delle Nazioni Unite “Waste and Climate Change”.
Dopo queste brevi considerazioni viene spontanea un domanda. Dovendo scegliere tra due percorsi per gestire i rifiuti, l’uno più vantaggioso sul piano energetico ed economico e meno impattante sull’ambiente, l’altro più rischioso per la nostra salute e remunerativo solo per le ristrette lobby dei produttori e gestori di inceneritori, perché non seguire quello più sicuro e vantaggioso per tutta la comunità nazionale, rispettando una volta tanto il principio di precauzione?
Con le nuove tecnologie la realizzazione della società del riciclo prevista dalla legislazione europea è molto più vicina. Ora tutto dipende esclusivamente dalla volontà di chi ci governa.

Associazione Differenziati

Grande Oriente Democratico a favore degli Indignati italiani, europei, americani e di tutto il pianeta: sia per la Manifestazione del 15 ottobre 2011, che per ogni iniziativa futura

Dopo attenta e ponderata considerazione, dopo aver confrontato rapidamente ma coscienziosamente le opinioni di molti Fratelli (e Sorelle) fra coloro che si riconoscono nelle posizioni generalmente espresse da GOD, abbiamo deciso di aderire positivamente all’appello lanciato dal nostro direttore e leader Gioele Magaldi, nel corso dell’Editoriale del 14 ottobre 2011: "Se esistesse un Nuovo Centro-Sinistra, italiano, europeo e statunitense, avrebbe un'autostrada e archi di trionfo davanti a sè, in questi tempi di fallimento del neoliberismo di destra e dei suoi derivati" di Gioele Magaldi.

Perciò, a nome di tutti quei liberi muratori (e libere muratrici), a nome di tutte quelle persone libere e di buoni costumi (di qualsiasi latitudine politica, purché non berlusconiani e non schiavi dei dogmi neoliberisti e tecnocratico-oligarchici) che guardano a Grande Oriente Democratico come un utile player nella società civile, Noi esprimiamo una ferma posizione a favore della Manifestazione italiana, europea, americana e mondiale del 15 ottobre 2011, promossa dai cosiddetti INDIGNATI.
E assicuriamo il nostro appoggio a tutte le iniziative future che tali INDIGNATI vorranno intraprendere nel futuro per riconsegnare la piena sovranità al popolo (dicesi DEMOCRAZIA), dopo la subdola espropriazione che di tale prerogativa inalienabile è stata compiuta nel corso di decenni da parte di odiose oligarchie finanziarie, incuranti del bene collettivo e della condizione delle giovani generazioni (ma anche delle vecchie), eccezion fatta per i propri stucchevoli e privilegiati rampolli.
La vera Massoneria ed i veri Massoni, ad ogni angolo del pianeta, devono espellere dal proprio seno questo tumore maligno che è rappresentato proprio da alcuni gruppi finanziari-industriali, i quali, al riparo di grembiuli, squadre, compassi e quant’altro, si sono arrogati un ruolo di nuova aristocrazia sovranazionale, al di sopra delle garanzie tipiche delle autentiche democrazie liberali.
Anche di tutto ciò, delle trame insidiose che certi pseudo-iniziati e pseudo-massoni inseriti in networks globali hanno tessuto e tessono in danno del benessere delle popolazioni occidentali e orientali (e in favore del proprio potere malamente aristocratico ed elitario), parleranno con dovizia di particolari le pagine del libro MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere editore, co-autore Gioele Magaldi, prossimamente nelle librerie.

Ora, però, insieme agli INDIGNATI scesi in piazza, affermiamo con FORZA E VIGORE che:

sono il pluralismo, il diritto al lavoro e alla felicità, la libertà, la dignità e le tutele agganciate ai processi produttivi, la rappresentanza politica effettiva, la sovranità del popolo, i diritti civili e politici (sostanziali) estesi a tutte le categorie sociali e antropologiche, i VALORI che devono essere al più presto GLOBALIZZATI, dopo aver mondializzato soltanto i capitali e le merci.

E per favorire una riflessione sulle caratteristiche dei vari movimenti di INDIGNAZIONE che si stanno diffondendo in tutto il globo, suggeriamo la lettura dei seguenti articoli di un giornalista/intellettuale che GOD ha molto preso in simpatia, pur non condividendone necessariamente tutti i pensamenti (ma su parecchi, siamo in perfetta consonanza).
Riguardo questi ultimi testi sotto indicati, ad esempio, giudichiamo eccessivamente severa e ingenerosa la critica disfattista rispetto agli Indignados spagnoli e ai loro cugini italiani ed europei, considerati dall’autore una pallida e inconcludente imitazione dei veri “rivoluzionari democratici” statunitensi (benché concordiamo sul primato ideologico e operativo, in termini di lotta libertaria, che va riconosciuto al popolo USA, al quale ci lega un’antica affezione e simpatia elettiva).
Così come riteniamo eccessiva la svalutazione degli embrionali ideali democratici e pluralistici espressi dai movimenti più laici e modernisti della cosiddetta “Primavera araba”.
Ma comprendiamo le sagaci riserve mentali e il tenore utile e provocatorio delle raffinate analisi di Sergio Di Cori Modigliani.
In fondo, le sue riflessioni, anche quando sono più opinabili e sconfortanti (almeno per l’autocoscienza e l’auto-rappresentazione di sé di alcuni destinatari), possono ben servire a sferzare i referenti dei suoi strali. Strali che sono sempre ben argomentati e senza dubbio animati da spirito costruttivo, ancorché molto duro e polemico.
Proponiamo dunque la lettura di:

E’ la prima rivolta wasp nella storia Usa: il movimento ‘Occupy wall street’ è l’inizio di un’onda lunga, molto ma molto lunga” del 6 ottobre 2011, by Sergio Di Cori Modigliani sul Blog ‘Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria’ (clicca sopra per leggere)

“C’è la bufala della ‘primavera araba’ e la truffa degli ‘indignados’. Ma c’è anche il rock’n roll” del 10 ottobre 2011, by Sergio Di Cori Modigliani sul Blog ‘Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria’ (clicca sopra per leggere)

“Il Nobel Paul Krugman sostiene il movimento e lo esalta. ‘Dilaga in Usa la protesta contro i super-ricchi’ titola CNN” dell’11 ottobre 2011, by Sergio Di Cori Modigliani sul Blog ‘Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria’ (clicca sopra per leggere)

“Il movimento ‘Occupy wall street’ vince il primo braccio di ferro a Manhattan contro la Brookfield Properties Co., una delle grandi aziende immobiliari salvate dal governo” del 14 ottobre 2011, by Sergio Di Cori Modigliani sul Blog ‘Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria’

I FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO

[ Articolo del 15 ottobre 2011 ]

venerdì 28 ottobre 2011

La nostra salute non vale i vostri profitti !!

Conclusa a piazza di Corte ad Ariccia la Manifestazione NoInc

Scritto da Maria Lanciotti Domenica 23 Ottobre 2011 19:13

Aspettando la sentenza del Tar continua la mobilitazione. Non è stato un bagno di folla, ma il corteo era rappresentativo al massimo

"La nostra salute non vale i vostri profitti", uno slogan che racchiude il senso della manifestazione organizzata dal Coordinamento NoInc sabato 22 ottobre, contro i misfatti che si stanno compiendo a Roncigliano e i progetti criminali che ruotano attorno al business della mondezza. Quattro anni di lotte hanno logorato i primi striscioni e ne hanno sbiadito le scritte, ma tanti altri nel frattempo se ne sono aggiunti e tutti sventolavano per dire la stessa cosa: no alla speculazione a danno dell'ambiente da cui dipende la qualità della vita.
Il corteo partito da Albano a Piazza Mazzini doveva arrivare fino a piazza Tommaso Frasconi a Genzano, ma l'autorizzazione per ragioni di competenze non è stata rilasciata e la manifestazione si è conclusa in piazza di Corte ad Ariccia.
Non è stato un bagno di folla, ma il corteo era rappresentativo al massimo con la partecipazione di tante sigle partitiche sociali e sindacali, delegazioni di siti a rischio discariche come Riano e Corcolle (nell'occhio del mirino dell'avv. Manlio Cerroni mai sazio di rifiuti) e tante famiglie, compresi nonni e neonati.
Polizia e carabinieri sembravano scortare il corteo più che tenerlo d'occhio – ormai le forze dell'Ordine e i manifestanti hanno familiarizzato dopo tante occasioni d'incontro – e tutto si è svolto tranquillamente in un'atmosfera serena, come una passeggiata salutare fra gente amica lungo un percorso di una bellezza unica – come tutta l'area castellana – e tanto più si sente doveroso tentare di preservare questi luoghi dallo sconcio che li minaccia.

Perché l'alternativa alle discariche e agli inceneritori c'è, basta organizzarsi.

E qui si deve ancora partire con la differenziata, di cui tanto si parla e nulla si fa. Tanta gente faceva ala al corteo, esprimendo appoggio e simpatia. Rosa, 75 anni: "È giusto, è necessario, io non ce la faccio ma i giovani si devono muovere". Ma c'era anche scetticismo e sfiducia da parte di tanti adulti che si tenevano ai margini: Lucio, pensionato: "Ho sessant'anni e ho fatto tante battaglie senza vedere mai un cambiamento, solo sfacelo. Non ti tutela più nessuno, bisogna azzerare la situazione e ripartire". Massimo, lavoratore dipendente, 56 anni: "Ci vuole più afflusso di manifestanti; abbiamo abbassato tutti la capoccia, bisogna tirare le orecchie ai sindaci, ai politici". Marisa, 72 anni: "La nostra generazione ha avuto l'acqua pulita, mio figlio non ha né l'acqua né il lavoro sicuro, solo la mobilità". Giuseppe, 18 anni: "Era ora che qualcuno si muovesse. Devono chiudere l'ultima buca (VII invaso di Roncigliano, NdR) perché io fino a prova contraria vorrei ancora bere l'acqua, e con queste buche molto profonde le falde le stanno inquinando". Giovanna, 68 anni: "Io faccio la differenziata da sempre, per abitudine, lavo tappi e bottiglie, pure quelle dell'olio, poi loro pigliano tutto e bruciano: e così quando se ne esce?".

"Aspettiamo la decisione del Tar, ma sia chiaro che non accetteremo l'ennesimo scempio che si vuole fare su questo territorio. La mobilitazione continua".

E la voce si diffonde dall'altoparlante del furgone scuotendo forse qualche coscienza appisolata e rincuorando chi da anni si batte legalmente per una causa più che giusta, vitale. Una battaglia impari, ma non si può stare a guardare mentre gli avvoltoi calano sulle risorse contate per tramutarle in veleno.


(bhè .. brava Maria !! la voce della stampa locale è sicuramente molto più corretta di quella ufficiale e va sicuramente divulgata oltre che apprezzata ..)

giovedì 27 ottobre 2011

Discariche di Riano e Corcolle: Pecoraro non convince .. ..

Stanno giocando tutti o quasi sulla pelle dei cittadini e dei territori interessati.

Giocano sapendo di fare danni, giocano sapendo gli interessi in ballo.

Mostruosi, altro che salvataggio di Roma. Fanno ridere gente come Pecoraro.

Cerroni, Polverini, Marrazzo ed un’opposizione che fa ancora più ridere della maggioranza regionale.

Avranno la VERA OPPOSIZIONE, civile e legale, quella che questi delegati meritano, ad Albano come a Riano, (non quella che loro chiamano "opposizione").


(Fonte articolo, http://www.linkontro.info/index.php?option=com_content&view=article&id=4699:discariche-a-riano-e-corcolle-pecoraro-non-convince-lopposizione-annuncia-ricorsi&catid=45:laboratorio-lazio&Itemid=80). E’ appena terminata l’audizione del prefetto di Roma Pecoraro, commissario straordinario per i rifiuti del Lazio, presso la Commissione Ambiente della Regione, nel corso della quale lo stesso prefetto ha annunciato la formalizzazione, nella giornata di ieri, della scelta dei due siti dove dovranno sorgere in tempi brevi le discariche che andranno a sostituire quella di Malagrotta.

Com’è noto, si tratta del sito di Quadro Alto, nel Comune di Riano, e del sito di Corcolle – San Vittorino, nell’ottavo municipio di Roma, che hanno ciascuno la possibilità di accogliere 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti. La capienza dei due siti è considerata ampiamente sufficiente per stoccare i 4 milioni di tonnellate di rifiuti che la Capitale produrrà nei prossimi 36 mesi. In settimana il prefetto procederà con l’avvio della procedura di esproprio e l’occupazione d’urgenza dei due siti, per poi affidare, entro l’inizio di Dicembre, la progettazione e i lavori di realizzazione con una gara pubblica europea.

Tempi che, però, potrebbero essere fortemente condizionati dalla proposizione di un ricorso contro la procedura di esproprio da parte dell’avvocato Cerroni, neo-proprietario delle cave di Riano. Anche sugli altri punti, la relazione di Pecoraro, che si è soffermato sulla procedura che ha portato alla scelta di questi due siti rispetto ai sette prospettati da uno studio della Regione, non ha convinto pienamente i consiglieri dell’opposizione. Numerose le obiezioni sollevate, sia di carattere sostanziale che formale.

Tra queste ultime, due in particolare. Primo: il sospetto che la procedura per la scelta dei siti sia stata viziata ab origine, con la Regione che si è limitata a proporre al Prefetto proprio quei sette siti su cui Cerroni e altri privati tra il 2007 ed il 2009 avevano avviato presso la Regione stessa le procedure di autorizzazione per la realizzazione di discariche; secondo: il fatto che il Prefetto non abbia tenuto conto del parere negativo fornito nel 2009 dalla Regione stessa sul sito di Riano, per un contrasto sia con il Codice dei beni culturali che con il Piano Territoriale Paesistico Regionale.

Ancor più importanti, poi, le obiezioni di carattere sostanziale: Corcolle è infatti classificata come zona R4, ovvero zona a massimo rischio di esondazione, dove il fiume Aniene è uscito dagli argini già nel 1997, nel 2001, nel 2003, nel 2007 e nel 2009; Riano invece è un sito fin troppo vicino alle abitazioni, soli 800 metri, con molte case che si approvvigionano di acqua non dall’acquedotto ma da pozzi che potrebbero subire infiltrazioni, in una zona, come già sancito dalla Regione, sottoposta a tutela paesaggistica e dei beni culturali.

Forti dubbi, inoltre, sono stati espressi anche sulla qualità dei rifiuti che andranno a finire a Corcolle e Riano, nonché sulla presunta “provvisorietà” della soluzione. Come affermato da Pecoraro, infatti, oggi i quattro impianti di Trattamento Meccanico Biologico esistenti lavorano a singhiozzo (Malagrotta 1 è fermo, Malagrotta 2 e Rocca Cencia lavorano al 60 per cento, mentre solo quello di via Salaria lavora a pieno regime) e, anche portati al massimo, saranno in grado di trattare solo 3.000 delle 4.000 tonnellate di rifiuti prodotte ogni giorno dalla Capitale. E’ quindi concreto il rischio che, almeno per i tre quarti, arrivino a Corcolle e Riano rifiuti “tal quali”. Proprio per questo il Prefetto ha annunciato di lavorare, insieme ad AMA ed ACEA, per l’apertura di un quinto impianto di TMB, impegnandosi personalmente (“sia come Prefetto che come Commissario”) a far sì che nei due nuovi siti non arrivino rifiuti non trattati.

Quanto alla provvisorietà della soluzione, Corcolle e Riano dovrebbero funzionare per 36 mesi, mentre lo stesso Prefetto cesserà dalle funzioni di commissario fin dal 31 dicembre 2012. Secondo l’opposizione, però, l’ampiezza dei siti scelti, soprattutto quello di Riano, rende molto concreto il rischio di una Malagrotta 2, cioè che il futuro Sindaco di Roma, terminata la gestione commissariale, possa andare di proroga in proroga, come è accaduto per molti anni alla stessa Malagrotta.

In conclusione, l’opposizione, con i consiglieri di Sel Nieri e Zaratti e con il verde Bonelli, annuncia la proposizione di numerosi ricorsi. Ma l’opposizione più rilevante arriverà dal territorio, con gli abitanti di Riano che, secondo il consigliere PD Lucherini, non potranno accettare questa “gravissima ingiustizia”, cioè che un Comune di 2,6 milioni di abitanti e con il territorio più vasto tra tutte le città europee possa scaricare i propri rifiuti sul territorio di un piccolo Comune di 13.000 abitanti.

Per questo, il livello della mobilitazione è destinato ad alzarsi nei prossimi giorni. Il Prefetto Pecoraro ha già annunciato che all’opposizione risponderà con le denunce e che “chi fa opposizione si assume la responsabilità di un’emergenza rifiuti a Roma come c’è stata a Napoli”. Una responsabilità che però, probabilmente, dovrebbe essere qualcun altro ad assumersi, a partire da quei vertici politici che, invece di prendere le decisioni, le hanno scaricate su un commissario straordinario.


Associazione DifferenziaTi

mercoledì 26 ottobre 2011

Perchè diciamo NO

Perchè opporsi all’inceneritore dei Castelli Romani voluto da Manlio Cerroni e da buona parte della politica regionale e capitolina? Prima di leggere ogni aspetto sotto riportato va compreso che questo impianto è stato promosso (unilateralmente) dal consorzio Co.E.Ma soltanto perchè la contribuzione pubblica CIP 6 permette con gli stessi inceneritori una speculazione nazionale che invece, ad esempio, non è contemplata con metodiche sostenibili come i centri di riciclo. Questo impianto non risponde a nessun carattere di necessarietà o di emergenza, è speculativo perchè fa perno sulla disposizione truffa targata CIP 6.

Ecco i "NO" uno per uno:

- Perchè la termocombustione dei rifiuti a 1500° produce nanoparticolato pm 2,5 o < altamente cancerogeno e NON confinabile
- Perchè l’impianto produce diossina che, lo ricordiamo, è bioaccumulabile
- Perchè Piero Marrazzo ha autorizzato l’impianto con un decreto di pubblica utilità derivante da una finta emergenza rifiuti creata ad hoc. Con tale decreto è stato possibile snellire l’iter autorizzativo dell’impianto e saltare passaggi fondamentali per la tutela e la garanzia del territorio e della salute dei cittadini
- Perchè non esiste gara d’appalto, la costruzione dell’impianto (350 mln di Euro PUBBLICI) è stata assegnata per mezzo di contrattazione privata
- Perchè da progetto l’impianto incenerirebbe CDR, il famigerato Combustibile da Rifiuto. Il Cdr è composto da carta, plastica, legno e derivati. In pratica si incenerirebbero le materie prime derivanti dalla raccolta differenziata. Non solo, il CDR rappresenta il materiale nobile impiegabile nei processi di riciclo A FREDDO con impatto zero e recuperabili a ciclo infinito. Perchè allora bruciare CDR?
- Perchè l’incenerimento dei rifiuti provoca esponenzialmente in aree molto vaste l’aumento considerevole di sarcomi (+ 900%), malformazioni fetali e malattie cardiovascolari
- Perchè emette furani e gas acidi
- Perchè siamo al paradosso dei paradossi, dove il folle impianto di incenerimento voluto dal Co.E.Ma sarebbe edificato a soli due chilometri di distanza dal costruendo Policlinico Ospedaliero dei Castelli Romani, questa è pianificazione urbanistica!
- Perchè lo studio epidemiologico condotto dalla ASL RM E del Prof. Perucci è uno studio che definire indecente è un eufemismo
- Perchè l’impianto è stato chiesto unilateralmente da un privato alla Regione Lazio e non risponde a necessità pubbliche della comunità
- Perchè la VIA positiva (che ha seguito quella negativa) poggia su aspetti completamente lacunosi come il passaggio del raffreddamento da acqua ad aria (impossibile)
- Perchè i 350 mln di Euro pubblici derivanti dalla legge truffa CIP 6 (prelievo del 7% di ogni nostra bolletta ENEL che invece di essere destinata alle forme rinnovabili viene dirottata agli inceneritori) che spetterebbero al consorzio CO.E.MA (Cerroni, Ama, Acea) previo avvio del cantiere entro il 31/12/2008 sono stati accaparrati con 200 (miseri) metri di recinzione metallica maldestramente innalzati il 28/12/2008 come finto avvio cantiere dell’impianto. Fate attenzione alle date!
- Perchè il Lazio non dispone di CDR da bruciare nelle quantità descritte dal vergognoso piano Marrazzo e quindi l’impianto rischia di bruciare rifiuti tossici come accaduto a Colleferro o addirittura "tal quale"
L’impianto, dati i valori di CDR regionale descritti invece dal capitano del NOE, Pietro Rajola Pescarini alla Commissione parlamenteare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, sarebbe soltanto un impianto speculativo
- Perchè l’impianto sarà a conduzione privata ma costruito con la truffa di stato CIP 6 (da molti definita: strumento per la diossina di stato), soldi pubblici per costruire l’impianto di un privato e consentire a questi di rivendere i miseri 20 Mw di energia prodotta a prezzi tre volte maggiori rispetto a quelli di mercato (alla faccia dell’energia libera e gratuita)
- Perchè il sistema CIP 6 più bruci più guadagni espone i cittadini a rischi incalcolabili come è accaduto a Colleferro, tutto ciò che si può bruciare si brucia, quanto accaduto al consorzio GAIA insegna
- Perchè l’impianto consumerà quantità di acqua non compatibili con la crisi idrica dei Castelli Romani se non con un ulteriore impatto sulla residua potabilità delle acque
- Perchè i Castelli Romani vivono da cinque anni in regime di deroga sulla potabilità di inquinanti disciolti nelle acque erogate ai cittadini
- Perchè l’impianto sfrutta la tecnologia fallimentare Thermoselect
- Perchè a fronte dei dati di CDR si inizia a dire che l’impianto brucerà tal quale indifferenziato, di tutto
- Perchè utilizzerà ammoniaca
- Perchè insieme al tal quale verrà bruciato carbone per tenere alte le temperature di combustione (carbone che ricordiamo essere radioattivo)
- Perchè l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), in pratica l’ultimo atto per far partire il cantiere dell’impianto, è stata firmata da Piero Marrazzo in pieno "inverno lavorativo", il 13 agosto 2009 con cittadini e comitati ancora al tavolo. Questo nonostante ci fossero state rassicurazioni volte a fermare temporaneamente l’iter autorizzativo dell’impianto e, invece, guardacaso la firma giunge poche settimane prima che esplodesse lo scandalo che ha travolto l’ex governatore
- Perchè poggia su un sito (discarica) di tal quale trentennale ed esaurita che ha provocato distorsioni sanitarie gravissime a tutti i Castelli Romani in quanto in alcuni invasi non si conosce neanche cosa sia stato interrato. Nonostante ciò i comuni del bacino propendono comunque per l’ampliamento della discarica ormai entrata dentro abitazioni e vigneti doc
- Perchè l’incenerimento dei rifiuti ha bisogno di nuove discariche: una per la restante parte di rifiuti non bruciati ed una per le ceneri, classificate come rifiuti pericolosi di primo tipo
- Perchè le emissioni dell’impianto per l’andamento comprovato dei venti riguarderebbero tutti i paesi a monte, circa 250.000 persone coinvolte direttamente
- Perchè l’impianto verrebbe collocato nel mezzo dell’area di pregio DOC dei vini dei Castelli Romani a neppure 50 metri da interi vigneti
- Perchè l’Unione Europea dispone il principio di interferenza per impianti di categoria insalubre come gli inceneritori se collocati all’interno di contesti agroalimentari di pregio come il nostro: Doc, Dop, Igp, Igt
- Perchè esistono alternative ad impatto zero e con costi sostanzialmente inferiori come: raccolta differenziata porta a porta, Tmb, compostaggio, trattamento rifiuti a freddo, politiche volte alla riduzione e al riuso dei rifiuti
- Perchè la direttiva 2001/77/CE non considera i rifiuti come fonte meritevoli di contributi pubblici come avviene invece in Italia, così da mettere il nostro Paese sotto osservazione proprio perchè ELARGISCE CONTRIBUTI PUBBLICI (CIP 6) AGLI IMPIANTI DI INCENERIMENTO RIFIUTI contro le disposizioni UE
- Perchè l’impianto consumerà più energia di quella che produrrà (20 Mw) e anche per tale motivo non rientrerebbe neppure nella procedura truffa CIP 6

La Regione Lazio, in quanto promotore mediato del quarto impianto di incenerimento/smaltimento rifiuti nella Regione e terzo termocombustore nella sola provincia di Roma, ha offerto nel tempo risposte seriamente lacunose alle richieste dirette, mediate, o indirette avanzate da cittadini, comitati e associazioni direttamente coinvolti dalle esternalità negative di qualsivoglia natura derivanti dall’impianto di gassificazione.

In particolare:

- Utilizzo di carbon coke:

Regione Lazio e Co.E.Ma parlano di un possibile utilizzo di metano al posto di carbon coke, non suffragando tale risposta con documentazione tecnica e citando paradossalmente come esempio l’impianto di termovalorizzazione di Colleferro (ad oggi con tutta probabilità ancora sotto sequestro).

- Elementi chimici di risulta post combustione/Emissione di nanopolveri cancerogene, furani, diossine, ceneri, lave, ossidi di azoto, zolfo, carbonio e affini:

La Regione Lazio ed il Co.E.Ma non offrono risposte adeguate citando i valori di emissione del simile gassificatore di Malagrotta e non riportando le criticità tecnologiche e di emissione presenti in altri impianti europei con medesima tecnologia e già soggetti a chiusura. La Regione Lazio ed il consorzio Co.E.Ma non offrono risposte circa le diossine, sostanze bioaccumulabili per le quali non valgono riferimenti e soglie.

- Compatibilità dell’impianto con la crisi idrica dell’area Castelli Romani:

Regione Lazio e Co.E.Ma non rispondono in alcun modo al merito della problematica sollevata asserendo che l’impianto di gassificazione sarà mutato progettualmente con apposito raffreddamento ad aria. Regione Lazio e Co.E.Ma ignorano e non spiegano nessun aspetto o dato che tale modifica può comportare a livello di emissioni inquinanti. Il consorzio deputato alla costruzione dell’impianto inoltre, ignora e non menziona l’aspetto che un tale cambio progettuale potrebbe comportare la non legittima assegnazione dei fondi pubblici CIP 6 originariamente previsti per un altro tipo di impianto (ad acqua). Regione Lazio e Co.E.Ma non citano che tale tecnologia/impianto in virtù della nuova metodica di raffreddamento non risulta brevettato ed è quindi di chiara natura sperimentale/prototipale.

- Tecnologia Thermoselect:

L’ente Regione e consorzio incaricato con decreto di pubblica utilità sostengono che l’impianto non utilizza la tecnologia di combustione Thermoselect (con passate criticità) ma citano una non meglio precisata tecnologia di combustione giapponese. L’Ente Regione non illustra e non spiega l’eventuale legame azionario o di cessione/acquisto di brevetti e/o partecipazione di controllo incrociate tra le varie società del settore al fine di dipanare qualsiasi dubbio sull’origine e sugli effettivi passaggi proprietari della tecnologia di combustione.

- Emissioni del futuro impianto che per l’andamento dei venti investiranno principalmente i paesi a monte della discarica e del gassificatore di Roncigliano con effetti su migliaia di cittadini:

Regione e consorzio eletto non rispondono nel merito e citano semplicemente/paradossalmente le distanze regionali previste (dato con tutta probabilità non veritiero e non aderente al tipo di richiesta formulata) tra discarica e centro abitato. La Regione Lazio, l’Arpa e lo studio epidemiologico del dott. Perucci non citano in modo compiuto gli effetti del particolato ultrafine.

- Roncigliano, area agricola di pregio come da P.R.G. Comunale e non area industriale:

La Regione non risponde nel merito e cita l’assenza del vincolo paesaggistico nell’area.

- L’impianto produce una quantità irrisoria di energia:

Regione Lazio e Co.E.Ma rispondono, paradossalmente, che la nomenclata "Centrale Elettrica alimentata a gas di sintesi derivato da CDR" non verrebbe edificata per produrre energia elettrica. Tale affermazione dovrebbe comportare ovvie ricadute sulla procedura di assegnazione dei CIP 6.

- Impianto non sottoposto a gara d’appalto:

La Regione Lazio risponde candidamente che l’impianto è stato infatti proposto da un privato unilateralmente e non menziona neppure il decreto di pubblica utilità di Piero Marrazzo.

- Forzature molteplici nell’iter autorizzativo dell’impianto:

La Regione Lazio sostiene in sintesi che non risultano forzature nonostante, in primis, le date delle autorizzazioni suonino piuttosto atipiche. La Regione Lazio non fornisce spiegazioni sulla compatibilità di tale infrastruttura invasiva con il vicino e futuro centro ospedaliero dei Castelli Romani.

- Inquinamento dell’area, con particolare accento alle falde idriche, imputabile alla discarica gestita dalla Pontina Ambiente S.r.l. e precedenti condanne:

Regione e consorzio eletto rispondono paradossalmente che l’inquinamento non riguarda il possibile gassificatore ed eludono in ogni ambito il merito di quanto posto.

- La Regione Lazio ignora ogni dato circa la criticità ambientale dell’aria e dell’acqua pur di autorizzare l’impianto e cita dati ARPA non veritieri e in contrasto con le deroghe di potabilità che la stessa regione autorizza.

- Mutazione del sistema di raffreddamento dell’impianto:

Regione Lazio e Co.E.Ma sostengono con piglio che l’acqua può essere sostituita dall’aria senza creare alcun problema.

Circa l’aspetto concernente il profilo economico e la completa non economicità per le tasche dei cittadini di un tale impianto, Regione e Consorzio Co.E.Ma rispondo che l’intera filiera dei rifiuti è a carico del cittadino ed evitano così ogni merito di confronto economico soprattutto con altre realtà.

Sotto altri aspetti sollevati da cittadini e associazioni e qui non menzionati l’Ente Regione Lazio ed il Co.E.Ma non forniscono garanzia alcuna e risposte degne di attenzione nei meriti sopra esposti in più punti.


Associazione Differenziati

lunedì 17 ottobre 2011

Il Debito è Vostro e noi Non lo paghiamo

Alcune considerazioni a caldo sulla manifestazione del 15 ottobre

Com’era prevedibile con la mobilitazione ancora in corso è subito iniziato il rituale delle condanne e della caccia all’estremista o all’infiltrato, a seconda delle preferenze, che avrebbe rovinato le ragioni stesse della manifestazione del 15 ottobre.

Diciamo subito che contro questa ennesima criminalizzazione accompagnata dal solito richiamo all’unità delle persone di “buona volontà” è necessario reagire subito ed energicamente senza accettare un terreno difensivo, e questo a prescindere dalla valutazione sulla opportunità o meno delle azioni conflittuali messe in atto da una parte consistente del corteo, su cui torneremo più avanti.

Occorre rispedire al mittente questa giaculatoria perché non si può nemmeno accettare il dialogo o la necessità di giustificarsi, con chi finge di scandalizzarsi per qualche vetrina sfondata e qualche macchina bruciata, mentre contemporaneamente manda i propri eserciti a bombardare popolazioni inermi come avviene in Libia ed in Afghanistan. Non stiamo parlando di violenza figurata quindi, ma di quella concreta che ha fatto migliaia di vittime “vere”; e continua a farne tutti i giorni anche se con il plauso delle massime istituzioni che ci spiegano ogni giorno la necessità di portare la pace e la difesa ai deboli. Violenza vera è quella esercita nelle carceri e nei CIE quotidianamente o quella praticata per conto dei nostri governanti dagli ascari pagati dall’altra parte del mediterraneo. Se passiamo a quella indiretta o indotta, potremmo citare le migliaia di infortuni sul lavoro, i licenziamenti di massa che spesso spingono al suicidio o a patologie croniche che ti segnano per tutta la vita e se ti va bene diventi solo un morto di fame. O alla condizione di estrema precarietà cui sono costretti proprio una parte di coloro che si sono resi protagonisti degli scontri in piazza. Una condizione su cui pure si finge di versare qualche lacrimuccia di comprensione, salvo descriverli come bamboccioni, poiché non accettano di andare a lavorare per meno di 500 € al mese, o criminalizzarli se decidono di manifestare, quando se ne presenta la possibilità, tutta la rabbia accumulata che non possono normalmente esprimere per la condizione atomizzata e ricattatoria cui li costringono quelle leggi emanate dagli stessi che fanno finta di commuoversi per la loro situazione. Per stare al tema più attinente alla manifestazione del 15 potremmo ricordare il randello rappresentato dal “giudizio dei mercati” e dal debito pubblico in nome dei quali si sta sferrando un attacco inaudito alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari, nel mentre la concentrazione della ricchezza diventa sempre più polarizzata.

Ma l’elenco delle violenze quotidiane di cui si rende responsabile la borghesia ed il suo stato sarebbe interminabile e davvero sorprende che la questione dirimente dovrebbe essere quella di condannare o isolare chi ha rotto qualche vetrina. Non vediamo in giro cori di indignazione o di dissociazione di fronte a questa violenza concentrata rappresentata dalla stato, dalle sue istituzioni e dai suoi apparati repressivi.

Per tale motivo chiunque affronti il tema degli scontri sostenendo che in assoluto e per principio bisogna condannare l’uso della violenza da parte dei movimenti, dimenticandosi di denunciare l’uso mostruosamente più consistente che ne fa lo stato e chiamando la polizia per “isolare i facinorosi” per noi non è in buona fede ma mesta nel fango sapendo di farlo e lo lasciamo quindi alle proprie giaculatorie.

Vi sono poi coloro che esprimono le critiche dall’interno della mobilitazione sostenendo che le azioni conflittuali stravolgono il senso della manifestazione annullando il suo effetto comunicativo e di chi è sceso in piazza per manifestare pacificamente.

Qui il crinale si fa più sottile ed è difficile distinguere tra quel settore di ceto politico che si sente investito di non si sa quale rappresentanza del movimento e va in paranoia se questo suo ruolo risulta messo in discussione da un ondata che sente di non poter controllare, e coloro sinceramente preoccupati che la degenerazione della manifestazione sia controproducente, anche se strabicamente ne addossano la responsabilità non all’intervento poliziesco ma a chi ha deciso di esprimere in maniera incisiva la propria rabbia.

Ancora una volta, però, e non importa se in buona o cattiva fede, si decide di ignorare come si è arrivati a quella mobilitazione. In primo luogo il divieto delle istituzioni di consentire un percorso che permettesse di esprimere il proprio dissenso intorno ai palazzi delle istituzioni. Così mentre i nostri media ci fanno vedere le mobilitazioni nelle altre capitali mondiali dove i manifestanti arrivano direttamente sotto la borsa e i palazzi del governo, strizzando l’occhio come segno di comprensione verso quei movimenti, quando si tratta dell’Italia il fatto che ciò non sia più possibile lo si assume quasi come un dato scontato. Questa però non viene considerata violenza ma ordinaria amministrazione che sia pure a malincuore non si può fare altro che accettare.

Inoltre questa manifestazione, almeno in Italia, non ha mai avuto padrini e copyright. Essa è nata su di un appello inizialmente lanciato dalle piazze spagnole e fatto proprio dalle più disparate realtà di movimento e non. Vero è che ci sono stati vari tentativi di costituire comitati promotori, ma questi sono stati da subito in concorrenza/competizione tra di loro, sia per i contenuti politici che intendevano mettere al centro della mobilitazione ma soprattutto per questioni di “bottega” per chi doveva candidarsi a rappresentare tale movimento. Specialmente quei settori che intendevano replicare fuori tempo massimo il defunto social forum, hanno messo in atto un tentativo, nemmeno tanto implicito, di trasformarlo, in una manifestazione che desse la spallata decisiva al governo Berlusconi, e spianasse la strada ad un nuovo governo di centro sinistra. Un governo di quelle forze che non esitano a candidare Profumo come nuovo leader governativo (quello della manovra da 440 miliardi di €), che si affrettano a ribadire di voler dare immediata operatività alle richieste della BCE e della Banca d’Italia non appena prenderanno possesso dell’esecutivo, che criticano ogni giorno il governo Berlusconi perché non si dà una smossa seria nell’attaccare le pensioni e nel tagliare in maniera consistente la spesa pubblica.

Per tali ragioni non si è mai arrivati ad un vero coordinamento di tutte le realtà che intendevano partecipare alla manifestazione. Ma era di pubblico dominio che settori significativi di movimento intendevano esprimere in maniera incisiva la propria protesta contro il divieto al corteo di raggiungere i palazzi delle istituzioni, così come era esplicito l’intento di sanzionare sedi e simboli del potere economico/finanziario e politico.

Quindi non vi è stata espropriazione di un presunto programma della manifestazione da parte di nessuno ed ognuno si assumeva la responsabilità della propria scelta di stare in piazza e del come starci.

Venendo poi allo svolgimento della manifestazione va ribadito che questa è degenerata quando la polizia ha cominciato a caricare brutalmente il corteo con lancio di lacrimogeni per spezzarlo e successivamente ha usato gli idranti e lanciato autoblindo a folle velocità sulla folla. Tale atteggiamento ha fatto montare la rabbia anche in settori che non erano scesi in piazza con l’intenzione di scontrarsi. A noi non è parso di vedere questa maggioranza del corteo che prendeva le distanze da chi si scontrava con la polizia, ma anzi molta solidarietà e comprensione quando non proprio il coinvolgimento negli stessi scontri per le provocazioni poliziesche. Una verità che si è lasciato sfuggire lo stesso cronista di Rai News da Piazza S. Giovanni quando, con rammarico, ha dovuto comunicare nel corso della diretta che i protagonisti dello scontro non erano affatto isolati dal resto dei manifestanti, molti dei quali tifavano apertamente, prima che la versione “ufficiale” confezionasse la narrazione dello sparuto gruppo di provocatori isolato e contestato dalla gran massa del corteo. Non si spiega altrimenti come un “ridotto” gruppetto abbia potuto resistere per ore alle cariche di polizia riuscendo persino, ad un certo punto, a respingerla dalla piazza. In verità uno degli aspetti che maggiormente ha fatto inferocire i rappresentanti istituzionali tanto di destra quanto di sinistra è stata proprio la determinazione dimostrata da chi era in piazza insieme al fatto che nonostante le notizie sulle rabbiose cariche in corso il corteo non si è disperso e non ha nemmeno smobilitato.

Questo scenario rompe con le rituali sfilate in cui al popolo viene consentito ogni tanto di esprimere il proprio dissenso a condizione che lo faccia molto educatamente e garbatamente tornandosene poi a casa con il dubbio se sia servito a qualcosa e se qualcuno se ne sia accorto. Questo, infatti, è l’argomento assolutamente infondato che viene brandito contro le manifestazioni che finiscono come il 15: le violenze avrebbero oscurato le ragioni della mobilitazione annullando l’effetto che ci si prefiggeva con essa di raggiungere. Forse abbiamo vissuto in un altro paese negli ultimi anni ma a noi risulta che le rituali sfilate, anche numerose come quella di ieri, se va bene si meritano una citazione nei titoli di apertura o di coda, soprattutto se non sono promosse dalle organizzazioni sindacali o politiche concertative. Cosa per la quale, però, non abbiamo mai visto in passato cori di indignazione per questa vera e propria espropriazione violenta del diritto all’informazione e alla comunicazione da parte dei media tanto statali quanto privati.

Della manifestazione di ieri, oltre ai partecipanti e gli amici e conoscenti non se ne sarebbe accorto proprio nessuno se non ci fossero stati gli scontri di piazza. Questo non vuol dire che programmaticamente vanno pianificate sempre azioni di forte impatto conflittuale in ogni manifestazione, ma almeno la si smetta con questa infondata argomentazione dello stravolgimento delle ragioni della protesta.

Piaccia o non piaccia il messaggio che è arrivato il 15 a tutta la popolazione, nonostante la rabbiosa schiuma di tutti i commentatori, è che c’è stata una grandissima manifestazione all’interno della quale c’era una componente consistente che ha deciso di esprimere in maniera combattiva la propria rabbia e la propria opposizione alle politiche che colpiscono tutti.

Che la sfida in atto, con la crisi sistemica in corso e le politiche messe in atto dalle istituzioni nazionali ed internazionali, richieda una estensione della mobilitazione ed un livello di radicalità ancora maggiore, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi e l’indipendenza politica dalle istituzioni e dai soccorritori del capitalismo, è un altro conto.

Chi si illude che mobilitazioni pur significative, come quella del 15 ottobre, possano essere sufficienti ad ottenere modifiche sostanziali delle politiche in atto da parte delle istituzioni si adagia in una logica autorereferenziale ed illusoria.

La critica che ci sentiamo di fare da parte nostra a chi ha scelto di stare in piazza in forma fortemente conflittuale è proprio questa. Le dimensioni della manifestazione e la partecipazione anche al confronto con la polizia dimostrano che non si è trattato di un’iniziativa che ha coinvolto solo il circuito degli attivisti ma è riuscita ad attrarre significativi settori, soprattutto giovanili, che hanno visto in essa un’occasione per esprimere la propria insofferenza ed il proprio malessere. Nonostante ciò bisogna essere consapevoli che siamo ancora ben lontani dal coinvolgimento massiccio di quell’universo variegato che si nasconde dietro il termine di precarietà e meno ancora dei lavoratori che formalmente hanno ancora un posto di lavoro stabile.

Troppo spesso tra gli attivisti si riproduce la semplificazione di identificare la propria soggettività politica con i settori sociali di classe che si pensa di coinvolgere nella lotta. O peggio, si parte dal proprio sacrosanto antagonismo verso le istituzioni e contro questo sistema sociale fondato sullo sfruttamento, per esprimerlo in tutte le occasioni anche con le forme di lotta più radicali. Il rischio è quello di cadere in un circolo vizioso finalizzato allo scontro e per lo scontro, che appunto può diventare autoreferenziale e non riuscire a creare le condizioni per l’estensione della lotta con il coinvolgimento dei veri soggetti che possono essere insieme a noi gli artefici di un cambiamento radicale degli attuali rapporti sociali. Come si vede si tratta di una critica ben diversa da quella messa in campo dal pensiero mainstream tanto di destra quanto di sinistra.

Non è pensabile infatti procedere solo per scadenze di mobilitazioni che si succedono, sia pure in forma fortemente conflittuale, senza pensare a forme di collegamento e di azione quotidiana che diano radicamento e spessore al movimento.

Ma soprattutto non è pensabile che ci si possa differenziare da chi intende riproporci tanto utopisticamente quanto riformisticamente un “capitalismo dal volto umano” solo esprimendo una maggiore radicalità nelle forme di lotta.

L’altro dato che ci ha colpito, infatti, nella fase preparatoria della manifestazione del 15 ottobre è stato proprio il concentrarsi quasi unicamente sulla necessità di dare vita a forme di conflitto radicali più che sui contenuti, quasi dando per scontato che gli obiettivi fossero gli stessi per tutti coloro che erano in piazza.

Non è così purtroppo, e dietro i discorsi e le parole d’ordine di diversi organismi che pure hanno dato vita alla manifestazione si intravedono proposte fuorvianti che invece di affrontare il male alla radice pensano di poter rimediare con i pannicelli caldi.

Certo le forme di lotta radicali sono un primo spartiacque con chi pensa di utilizzare il movimento per propri fini elettorali e per rivendicare un capitalismo buono contro quello degenerato e cattivo creato dalla finanza e dai cattivi politici, ma ciò non basta. Se non separiamo le nostre prospettive in maniera netta da tali tendenze anche sui contenuti e sulle rivendicazioni che vogliamo sostenere rischiamo di trovarci ancora una volta espropriati ed utilizzati nonostante tutta la nostra conflittualità espressa nelle mobilitazioni di piazza.

Ma questa voleva essere solo una valutazione a caldo della mobilitazione del 15 ci sarà tempo e modo per tornare su tali questioni che impongono un salto di qualità complessivo all’intero movimento se vogliamo essere all’altezza della sfida cui siamo di fronte.

giovedì 13 ottobre 2011

spot 22 ottobre

MANIFESTO di Propaganda per il CORTEO del 22 Ottobre 2011

VENERDì 14 OTTOBRE, ORE 17.00, ASSEMBLEA PUBBLICA P.ZZA S.PIETRO, ALBANO LAZIALE

Sono passati più di due mesi da quando il settimo invaso della discarica di Roncigliano è entrato in funzione. Sono diversi mesi che i rifiuti di dieci comuni dei castelli romani vengono scaricati in una buca dalla superficie di 4-5 campi da calcio e profonda più di trenta metri e lì vengono sotterrati, dimenticati per sempre. Nessun tipo di riciclaggio o differenziata viene fatta alla base della filiera così i rifiuti che finiscono sotto terra sono i rifiuti "tal quale", ovvero tutto l'indifferenziato possibile. Questo nuovo invaso è stato aperto tra mille illeciti amministrativi e legali, senza rispettare vincoli archeologici o paesaggistici, senza rispettare la normativa in materia di discariche nemmeno quando si tratta di tener conto delle distanze minime consentite dalle prime abitazioni.
Per queste ragioni gli abitanti della zona, sostenuti dal coordinamento contro l'inceneritore e da i suoi legali, hanno presentato un ricorso al TAR del Lazio che si esprimerà sul merito della faccenda - e quindi sulla legalità dell'apertura di questa nuova buca - il prossimo 27 ottobre.

Ma il settimo invaso è solo l'ottava buca (si comincia a contare dall'invaso zero) di una discarica che è aperta da più di trent'anni. Trent'anni di sversamenti di immondizia tal quale sotterrata senza scrupoli in invasi dove per alcuni manca anche la coibentazione necessaria per evitare che si inquini il terreno e le falde acquifere circostanti. Le ultime analisi dell'acqua presa dai pozzi spia presenti sulla discarica (costruiti anche per monitorare lo stato delle falde acquifere) riportano infatti dati a dir poco sconvolgenti. Le acque delle falde acquifere presentano concentrazioni di ARSENICO, CLOROFORMIO e FERRO molto superiori ai limiti consentiti per legge. In poche parole l'acqua di quelle zone è contaminata da veleni e sostanze cancerogene ! Di conseguenza non è potabile e non si può usare neanche per cucinare la pasta o sciacquare le verdure!

Come se non bastasse dall'inizio di agosto la puzza che proviene dalla discarica è diventata insopportabile e diverse persone hanno riportato gravi malori (documentati con referti medici) tra cui conati, allergie, infammazioni cutanee e agli occhi dovute alle esalazioni inquinanti che provengono dal settimo invaso. Vivere a villaggio Ardeatino, villaggio Valle Gaia, Montagnano, Cecchina è diventato impossibile al punto che gli abitanti di quelle zone sono costretti a tenere le finestre di casa perennemente chiuse per fuggire alla puzza e alle sostanze nocive che si diffondono nell'aria.

Ad aggravare la situazione l'evento di mercoledì 12 ottobre: del materiale grigiastro schiumoso, denso e compatto è fuoriuscito in prossimità del pozzo F della discarica diffondendosi a raggiera per circa 10 mt costringendo alla fuga gli operai che stavano lavorando sulla zona e finendo per inquinare ulteriormente il terreno. Per questo ed altri motivi, proprio mercoledì stesso il coordinamento ha avuto un incontro con il direttore del dipartimento prevenzione ASL RM H sig. Messineo per sollecitare controlli sanitari su una zona che sembra dimenticata da politici ed amministratori.

Qualcuno si chiederà "ma l'inceneritore ?" Ci dicevano che l'avrebbero fatto lo stesso, che non ce l'avremmo mai fatta invece grazie alle lotte nelle piazze e nelle aule dei tribunali il TAR del Lazio ha accolto i nostri 3 ricorsi presentati durante questi anni e ha sancito la vittoria degli abitanti dei castelli romani sul monopolista dei rifiuti Cerroni: il bruciatore è "formalmente bloccato". Ma non possiamo ancora cantar vittoria definitiva nemmeno su questo: Cerroni sta cercando di invalidare il parere del TAR a nostro favore e per questo ha presentato ricorso al Consiglio di Stato. L'udienza dovrebbe tenersi tra ottobre e novembre e solo allora sapremo se avremo vinto o se si riaprirà una nuova stagione di lotte anche su questo!

Sappiamo tutti che la filiera dei rifiuti può essere gestita attraverso riduzione, riuso, riciclaggio porta a porta e compostaggio. Inceneritori e discariche fanno gli interessi delle aziende e finiscono per ammalare intere popolazioni e contaminare interi territori.

E' ora di mettere un punto a tutto questo: all'inceneritore e anche alla discarica di Roncigliano. FARLA CHIUDERE E BONIFICARLA! Trent'anni di inquinamento posso bastare crediamo! E' ora di rendere l'aria respirabile e l'acqua potabile! E' ora di restituire un territorio martoriato agli/alle abitanti dei castelli romani!

Non abbiamo da delegare a nessuno il nostro futuro, sappiamo di poter contare sulle nostre forze , sulla partecipazione attiva di tutti/e e sulla sollevazione popolare come abbiamo sempre fatto. Così continueremo a fare.


SCENDIAMO IN PIAZZA IL 22 OTTOBRE, ORE 16.00, P.ZZA MAZZINI ALBANO

NON LASCEREMO CHE QUESTO SCEMPIO VADA AVANTI ANCORA!


COORDINAMENTO CONTRO L'INCENERITORE DI ALBANO

mercoledì 12 ottobre 2011

Melfi .. è "disastro ambientale".. arrestati 2 dirigenti Arpab

Brucia il 50% dei rifiuti pericolosi provenienti da tutta Italia e le indagini dell'agenzia di protezione ambientale hanno rilevato nei pozzi dell'impianto livelli di metalli pesanti spesso superiori ai livelli di norma.

E' l'inceneritore della Fenice, del gruppo francese Edf.

E a meno di sei km, gli abitanti del piccolo comune di Lavello sono in rivolta.


Leggi sopra su: inchieste.repubblica.it/

Non bruciamo il nostro futuro e quello dei nostri figli

'Don Cerroni' comanda e ordina .. ..

SABATO 22 OTTOBRE CORTEO CITTADINO IN CONCOMITANZA CON IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR LAZIO SULL’INCENERITORE DI CERRONI-AMA-ACEA. ORE 15:00 PIAZZA MAZZINI ALBANO LAZIALE. LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE MASSICCIA.

Come volevasi dimostrare. Altro che Prefetto, altro che Marrazzo o Polverini che a Don Cerroni possono al più portare l’ombrello. Il nostro ridicolizza Alemanno e sorride all’ampliamento di Malagrotta a Testa di Cane o Massimina. Mentre il Prefetto mostra il manganello contro i cittadini, dicendosi pronto, appunto, a fare il Prefetto, nel Lazio chi comanda è Cerroni.Ci fregiamo di opporci a simile imprenditoria e con validi risultati, ai Castelli Romani la battaglia prosegue.


ASSOCIAZIONE DIFFERENZIATI

Emergenza rifiuti Roma, Cerroni contro Alemanno

martedì 11 ottobre 2011

CORTEO CITTADINO NO INCENERITORE CASTELLI ROMANI NO DISCARICA

Inceneritori:

se non ti informi non saprai mai che sono nocivi e che esistono delle alternative




La lotta contro l' inceneritore è una lotta che non fa spalla a nessun partito politico, istituzione, o simili.

E' una lotta autorganizzata che rifiuta ogni delega,
quindi se vogliamo vincerla dobbiamo partecipare tutti/e direttamente !!

SABATO 22 OTTOBRE - ALBANO ore 15.00 - CORTEO CITTADINO - PARTECIPIAMO IN MASSA

Rifiuti Lazio: il governo gela la Polverini


ATTENZIONE, PROSSIMI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA RIGUARDANTI LA VERTENZA INCENERITORE E DISCARICA, LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE.


- Venerdì 14 Ottobre ore 17 assemblea cittadina ad Albano, Piazza san Pietro

- Domenica 16 Ottobre ore 10.30 assemblea pubblica a Montagnano, loc casette rosse

- SABATO 22 OTTOBRE CORTEO CITTADINO IN CONCOMITANZA CON IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR LAZIO SULL’INCENERITORE DI CERRONI-AMA-ACEA. ORE 15:00 PIAZZA MAZZINI ALBANO LAZIALE. LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE MASSICCIA.


Fonte articolo, L’espresso: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/rifiuti-il-governo-gela-la-polverini/2163568

La futura discarica di Roma, individuata dalla Regione Lazio,
sorgerà su una necropoli etrusca e sui resti di un castello medievale.

Oppure non nascerà mai.

Perché dal ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan è arrivata una dura mazzata ai progetti della governatrice Renata Polverini. Il sito della discordia si chiama Pizzo del Prete. E’ in aperta campagna, si trova nel comune di Fiumicino a pochi chilometri da Cerveteri, famosa per le sue necropoli di epoca etrusca patrimonio dell’umanità dal 2004.

In un’ordinanza del 30 giugno scorso la Regione Lazio ha scelto questa zona come “preferenziale” per sostituire la gigantesca Malagrotta, che dopo 30 anni di attività chiuderà entro gennaio-febbraio 2012.

Da quell’ordinanza la Polverini non è mai tornata indietro.
Appena Pizzo del Prete sarà pronto verranno chiusi i due siti provvisori annunciati dal prefetto Giuseppe Pecoraro: Riano e San Vittorino.
Dove si sta già scatenando la rivolta.

Ma la lettera con la quale Galan ha risposto all’interrogazione del deputato Pdl Mario Baccini potrebbe cambiare le carte in tavola anche per il lungo periodo.

Il tono della missiva è severo: «La Regione Lazio non ha in alcun modo coinvolto la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio», che hanno saputo tutto «dagli organi di stampa e da segnalazioni di privati cittadini».

E dire che i motivi per coinvolgere gli archeologi sono piuttosto fondati, visto che l’area è disseminata di vincoli. Ci sono le rovine di Castel Campanile, un importante insediamento medievale, ma anche tombe di epoca etrusca, più altre presenze archeologiche non vincolate «ma in parte evidenziate nel corso di campagne di scavi», come scrive Galan.

In tre mesi e mezzo la Regione guidata da Renata Polverini non ha avuto il tempo di informare la Soprintendenza.

Secondo Galan l’occasione c’era: la conferenza dei servizi che si è tenuta negli uffici della Regione pochi giorni prima della delibera di fine giugno.

Ma il verbale parla chiaro: nel corso di quell’incontro non si è mai parlato di Pizzo del Prete né di siti alternativi a Malagrotta. Ad oggi, infatti, l’unica base sulla quale poggia l’ordinanza Polverini è un’analisi realizzata dai tecnici della regione su sette aree ‘papabili’ per ospitare la nuova discarica. Uno studio preliminare e nulla più.

Per i residenti e gli imprenditori agricoli della zona le parole di Galan non sono una novità. Da luglio si sgolano contro la delibera regionale, che giudicano illegittima. Hanno anche presentato un ricorso al Tar del Lazio per chiederne l’annullamento.

E non sono gli unici: anche il proprietario di Malagrotta Manlio Cerroni si è rivolto alla giustizia amministrativa per impugnare la scelta di Pizzo del Prete.

Ma per motivi differenti: secondo il re della monnezza romana sarebbe molto più adeguata l’area di Monti dell’Ortaccio. Che è di sua proprietà.

Per Renata Polverini si preannuncia un autunno complicato. ( :D )

Alle proteste dei cittadini di Riano e San Vittorino, ai tentennamenti del sindaco di Roma Gianni Alemanno adesso si è aggiunto anche lo scontro con il ministro Galan. E stavolta la governatrice non può contare sulla coperta di Linus dello stato di emergenza. Il prefetto Pecoraro le ha mandato un messaggio chiaro:
«Io decido i siti provvisori. La futura discarica non è di mia competenza».

Per Pizzo del Prete niente deroghe né commissari-parafulmine.


ASSOCIAZIONE DIFFERENZIATI

Roma rifiuti zero?

ATTENZIONE, PROSSIMI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA RIGUARDANTI LA VERTENZA INCENERITORE E DISCARICA, LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE.


- Venerdì 14 Ottobre ore 17 assemblea cittadina ad Albano, Piazza san Pietro

- Domenica 16 Ottobre ore 10.30 assemblea pubblica a Montagnano, loc. casette rosse

- SABATO 22 OTTOBRE CORTEO CITTADINO IN CONCOMITANZA CON IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR LAZIO SULL’INCENERITORE DI CERRONI-AMA-ACEA. ORE 15:00 PIAZZA MAZZINI ALBANO LAZIALE. LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE MASSICCIA.


Domani si terrà un Convegno che vedrà come protagonisti alcuni esponenti politici appartenenti all’attuale maggioranza comunale (Roma) e Regionale, fin qui dediti alla solita, vecchia e anti economica politica fatta di scavi, buche, discariche e .. Manlio Cerroni.

Basti vedere la recente individuazione di Riano quale nuovo sito, sostitutivo dell’ormai devastata Malagrotta. Tristissima vicenda culminata in questi giorni con manifestazioni di contestazione delle popolazioni locali e, udite udite, con la partecipazione di Piero Marrazzo, ormai arrivato a manifestare persino contro se stesso e la sua scellerata gestione rifiuti, promossa in qualità di Presidente della Regione.

Non ci credete? Ecco qua: http://tv.repubblica.it/edizione/roma/riano-anche-marrazzo-al-corteo-anti-discarica/77788?video&ref=HRER2-1.

Si può andare avanti con certa gente? Crediamo proprio di no.

Tornando a bomba, domani dovrebbero spiegarci come si farà la Roma dei rifiuti zero. Ci si può credere?

Pubblichiamo affinchè la cittadinanza si mobiliti e determini un reale cambiamento su una questione che dovrebbe essere “bipartisan”, qual’è quella riguardante la salute pubblica. Nel merito sarà interessante la presenza di Jack Macy, direttamente da San Francisco, per un seria testimonianza di come si possa riciclare oltre il 70% dei rifiuti anche in una grande città, così come quella del Presidente del Comitato di Malagrotta Sergio Apollonio.

Tutti gli altri bisognerà registrarli, filmarli e memorizzarli a dovere, affinchè mantangano (si spera) una posizione coerente rispetto ai temi del Convegno, apparentemente in linea con quanto Differenziati va promuovendo da anni.

Ovviamente bisognerà capire come intendano arrivare all’obiettivo.
Unica alternativa NON accettabile, è quella dell’incenerimento.
Qui non si passa e non si passerà mai!

Per chi volesse partecipare e/o vigilare, eccone i dettagli:

Martedì 11 ottobre, alle ore 17.30 presso la Sala Quaroni nella sede di Eur SpA in via Ciro il Grande n. 16, si terrà il convegno dal titolo:

“Roma futura, un’idea di città – Obiettivo RRZ: Roma a Rifiuti Zero”.

Interverranno il Responsabile Commerciale del Progetto Zero Waste del Dipartimento Ambiente della Città e della Contea di San Francisco Jack Macy, il Deputato Pdl e componente della Commissione Cultura della Camera Fabio Rampelli, il Presidente della Commissione Ambiente e Verde Pubblico di Roma Capitale Andrea De Priamo, il Presidente di AMA Piergiorio Benvenuti, il Presidente del Comitato di Malagrotta Sergio Apollonio e Mario Caniglia del Movimento EcoItaliaSolidale

Ringraziamo: http://www.eur.roma.it/news.php?news=3370#ixzz1aPJZo9qD


ASSOCIAZIONE DIFFERENZIATI

Guidonia, la discarica dimenticata da Marazzo, contestatore a Riano

Verrebbe da dire: il solito Marrazzo. Già, perchè riteniamo ancora una volta gravi e quanto mai fuori luogo le parole (ANCORA UNA VOLTA) di Piero Marrazzo sull’inceneritore di Albano e sull’annessa discarica di Roncigliano. Marrazzo in ambito rifiuti ed a livello gestorio da governatore della Regione Lazio ha mostrato scarso spessore . Sanità, rifiuti, da un uomo prestato ai voleri di Manlio Cerroni meglio anteporre il silenzio. Questo farebbe una persona saggia. Stonature quelle di Marrazzo, che anche da privato cittadino continua a parlare dell’inceneritore dei Castelli Romani. Evidentemente la querelle e la vittoria dei cittadini di fronte al Tar del Lazio deve risultare davvero indigesta all’ex governatore. Speriamo che all’ennesimo assist offerto da mr “Mi manda Cerroni” segua un più rispettoso silenzio verso tutte le parti in causa. Soprattutto verso i cittadini che battagliano per rimediare a quanto di nefasto fatto da lui stesso.

Fonte articolo: Giorni. Giustamente in piazza a Riano contro la discarica di Malagrotta che potrebbe rendere pestilenziale anche l’aria di casa sua, oggi portabandiera della raccolta differenziata, l’ex governatore Marrazzo sembra dimentico della concessione accordata appena poche stagioni fa alla Eco Italia 87 del CO.LA.RI, il Consorzio Laziale Rifiuti del solito Manlio Cerroni, titolare della discarica dell’Inviolata a Guidonia, seconda per dimensioni nel Lazio. Nata abusivamente nel 1986 e poi, a suon di proroghe, legalizzata, regolarizzata, dista 200 metri dalle case e benché di recente sia stato realizzato il sesto invaso ormai da tempo cresce solo in altezza e ha superato i 35 metri.

Altamente inquinata secondo le valutazioni della Regione, nel 2002 Guidonia è stata inserita fra quei comuni che da direttive europee devono diventare urgente oggetto di risanamento ambientale. A giustificare tali, disattesi provvedimenti basterebbe l’impatto delle cave di travertino, che comportano il transito di migliaia di camion e la dispersione di immense quantità di polveri. E pure pompano dalle profondità del sottosuolo milioni di litri di acqua sulfurea che vengono gettati ogni giorno nell’Aniene, distruggendolo, per tacere del crollo indotto delle grotte carsiche che causa dissesti geologici mettendo a rischio le fondamenta dei palazzi.

Ma a Guidonia, al centro della città, sorge anche il mega cementificio Buzzi Unicem. Altre cave che hanno ormai eroso il territorio nel raggio di molti chilometri e poi ancora camion, polveri e soprattutto i forni.

“Qui si bruciano circa 140mila tonnellate annue di pet coke, il combustibile fossile più economico e inquinante, e con esso gli abitanti respirano a pieni polmoni nuvole di metalli pesanti, Co2, polveri ultrasottili. Fino a poco tempo fa il pet cocke, importato per mare dalla Cina, veniva stoccato all’aperto,” spiegano dal circolo locale di Legambiente protagonista di una battaglia grazie a cui il deposito è stato sequestrato ed è stata imposta la costruzione di un apposito silos, ancora non realizzato.

Legambiente Guidonia, attiva sul territorio assieme al Cra-Comitato risanamento ambientale che riunisce tutti i cittadini, all’Associazione volontari Marco Simine, Gli Umanisti, RDD, gli Amici dell’Inviolata, è pure firmataria nel 2007 di un ricorso al Tar (per cui si attende il giudizio di merito) contro il nuovo impianto richiesto dalla Eco Italia 87.

Approvato da Marrazzo e poi di buon grado sostenuto dalla Polverini, questo progetto costa diversi milioni di euro e prevede “trattamento meccanico biologico a bocca di discarica”. Una volta che sarà colmo il sesto invaso, 190mila tonnellate di rifiuti l’anno, provenienti da 47 comuni, finiranno su un nastro che recupera il 5% dei metalli e il 30-35% dei materiali combustibili.
Il rimanente 70%, indifferenziato, finirà nella discarica.

Nel 2006 l’allora presidente del Lazio ricevette sull’argomento cinquemila cartoline affrancate e intitolate “Dillo a Marrazzo” che lo pregavano di esaminare con diversa coscienza la questione, in aggiunta a una lettera firmata da 49 medici di Guidonia e dintorni preoccupati per l’insorgenza di malattie gravi legate all’inquinamento.


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Nasce a Capannori il Coordinamento nazionale Verso Rifiuti Zero

ATTENZIONE, PROSSIMI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA RIGUARDANTI LA VERTENZA INCENERITORE E DISCARICA, LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE

- Venerdì 14 Ottobre ore 17 assemblea cittadina ad Albano, Piazza san Pietro

- Domenica 16 Ottobre ore 10.30 assemblea pubblica a Montagnano, loc. casette rosse

- SABATO 22 OTTOBRE CORTEO CITTADINO IN CONCOMITANZA CON IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR LAZIO SULL’INCENERITORE DI CERRONI-AMA-ACEA. ORE 15:00 PIAZZA MAZZINI ALBANO LAZIALE.


LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE MASSICCIA


Fonte articolo: Eco della città.
Servono dieci passi per far diventare la spazzatura soltanto un ricordo.
Niente congegni complessi o progetti utopici, ma buone pratiche e impegni concreti: di questo c’è bisogno per vincere una sfida che riguarda l‘umanità intera, quella della sostenibilità ambientale. Facile a dirsi, ma non altrettanto a farsi? Il bello sta proprio qui: nel progetto Rifiuti Zero, chiunque può fare la sua piccola parte per salvare il pianeta. Ed ecco che con il poco di tutti si arriva lontano.

È questo il pensiero positivo dell’ideatore della strategia Zero Waste Paul Connett, presente a Capannori nella giornata di sabato 8 ottobre in occasione del meeting 'Giornate Internazionali: esperienze comuni verso rifiuti zero'.

Nel Comune capannorese, il primo in Italia ad adottare nel 2007 la delibera Rifiuti Zero, il docente non ha mancato di ribadire i capisaldi di un piano che ha contagiato ormai tutto il mondo.

"Zero Waste – spiega il professore – è innanzitutto un piano a 'bassa tecnologia': vale a dire che la maggior parte degli impianti necessari possono esser progettati e costruiti da aziende locali".

"Questo significa – aggiunge passando al secondo punto –assicurare al territorio più occupazione, opportunità per la sua impresa e, in generale, una maggiore ricchezza. L’intento è quello di combattere il processo di privatizzazione condotto dalle grandi multinazionali, favorendo così gli interessi delle comunità locali".

"Puntare dritto alla sostenibilità ambientale: questa è la direzione da seguire, la sfida più importante rimasta da giocare – afferma -. Se l’umanità intera consumasse come fanno attualmente gli Americani, servirebbero ben quattro pianeti come la Terra; se prendesse invece a modello gli Europei, ne servirebbero almeno due. Inutile dire che il mondo è uno solo: sta a noi cambiare qualcosa per invertire la rotta. E questo processo di rinnovamento può avere origine proprio dai rifiuti, una realtà che riguarda tutti e che può far sentire tutti protagonisti del cambiamento".

"Non c’è niente di utopico e irrealizzabile in questo progetto – dichiara Paul -: a confermarlo è il fatto che ciascuno degli ingranaggi necessari al funzionamento di Zero Waste è ora in funzione in una qualche parte del mondo. Ciò testimonia l’estrema concretezza e la credibilità del piano".

"Rifiuti Zero è democrazia – ammette: attraverso lavoro e ricerca sul residuo, vengono coinvolte tutte le componenti della società per il miglioramento del sistema".

"Tra queste ultime, ad esser chiamati in causa – specifica – sono sicuramente gli esperti più prestigiosi nell’ambito dell’educazione e istruzione, ma anche gli studenti hanno un ruolo importante".

"Il messaggio che lanciamo è positivo – sostiene -. Preferiamo non inoltrarci nella selva dei "no ad ogni costo", ma dire moltissimi sì: sì al lavoro, sì al porta a porta, sì al riuso".

"Si parte dai rifiuti per fare comunità – confessa Paul -. Zero Waste è infatti un progetto inclusivo e volto a rafforzare i legami tra le persone che lottano per la stessa causa".

"Per un mondo senza rifiuti, politici e cittadini devono camminare sulla stessa strada – sottolinea -: chi ha cariche istituzionali è chiamato a non disperdere la creatività della popolazione, ma anzi a farne tesoro".

"Con Zero Waste – conclude – si inietta ottimismo nelle vite di giovani e bambini, resi inevitabilmente cupi e tristi dall’attuale situazione in cui versa in pianeta e dalle non rosee previsioni annunciate".

Ed infine "l’undicesimo comandamento": "make love, not waste".


Un messaggio forte e chiaro per un mondo più pulito e vivibile ed una comunità meno consumista e più felice.


(Fonte articolo, Ciacci Magazine, http://www.ciaccimagazine.org/?p=6901)
Non poteva che partire da Capannori il percorso che porterà alla nascita del Coordinamento Nazionale "Verso Rifiuti Zero", organo che racchiuderà i comuni sostenitori della strategia per l’abbattimento del materiale di scarto non riciclabile né riutilizzabile ideata da Paul Connett. È infatti dove la filosofia Zero Waste ha mosso i suoi primi passi in Italia che sabato 8 ottobre, in occasione del meeting "Giornate Internazionali: esperienze comuni verso rifiuti zero", sono state poste le basi per poter unire in una forma giuridica strutturata i 56 enti locali aderenti al progetto. Già stabilita una road map di massima. Previsto entro la fine di novembre un nuovo incontro a Capannori per la redazione di una bozza di statuto, con l’obiettivo di giungere a primavera 2012 all’effettiva e ufficiale costituzione del Coordinamento.

"Serve essere uniti e coesi per vincere le grandi battaglie come quella dell’azzeramento dei rifiuti – dichiara il sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro -. Per questo è importante creare un coordinamento che permetta alle singole amministrazioni di fare sistema, così da avere maggiore voce in capitolo nei tavoli istituzionali. L’unione è la strada da seguire per giungere al traguardo che ci attende nel 2012: passare dagli attuali 56 a 100 comuni aderenti a Zero Waste". "È guardando all’esempio della sinergia tra cittadini e istituzioni che si è creata in occasione del recente referendum sull’acqua – interviene l’assessore all’ambiente del Comune di Capannori Alessio Ciacci – che possiamo intuire quanto sia vincente la strategia del "fare rete". Uniti dobbiamo far capire a chi ancora non è dei nostri che Rifiuti Zero è sinonimo di vantaggi non solo ambientali, ma anche economici e sociali". Tante le proposte già avanzate per la creazione di un’agenda comune che possa scandire il percorso da affrontare.

"Affinché il cammino insieme possa essere realmente proficuo – specifica Gianluca Fioretti, presidente dell’associazione Comuni Virtuosi – è opportuno che nello statuto del Coordinamento compaiano chiari riferimenti a quelli che sono gli obiettivi di Rifiuti Zero, vale a dire la piena sostenibilità e la tutela dei beni comuni. Avremo così fondamenta più solide per poter procedere più speditamente verso gli obiettivi stabiliti".

"È altresì importante – aggiunge Rossano Ercolini, responsabile del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori – che alla base di questo nuovo organismo vi siano i presupposti per un’interazione con le agende delle realtà europee e internazionali. Nella fase di elaborazione dello statuto sarà quindi necessario prevedere gli strumenti adatti ad una sinergia tra le realtà aderenti a Rifiuti Zero presenti a livello globale".

"Da non dimenticare è anche la rilevanza della partecipazione attiva della società civile nell’attuazione della strategia Zero Waste – prosegue Ercolini -. Gli spazi privilegiati ad essa preposti all’interno del nascente Coordinamento saranno quelli degli Osservatori, strutture in grado di monitorare e verificare il percorso delle amministrazioni verso la meta dei rifiuti zero".

A dare il proprio contributo per la costruzione di un’agenda comune anche Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze), una delle new entry di Zero Waste Italia. "La comunicazione e lo scambio tra gli attori di questo percorso – commenta Concetta Mattia, rappresentante Anpas – rappresentano elementi imprescindibili per poter giungere a buoni risultati. Per questo è più che mai auspicabile la creazione di uno spazio deputato al confronto e al dialogo all’interno del sito del Comune di Capannori".

In attesa del prossimo appuntamento previsto per il mese di novembre, saranno promossi incontri su tutta la penisola per far conoscere il percorso partito a Capannori e sostenere nuove adesioni a Rifiuti Zero.

Sarà inoltre istituito un comitato con il compito di gestire la fase di formalizzazione e istituzione del Coordinamento.

Hanno aderito alla strategia 56 Comuni di tutta la penisola, tra cui Capannori, primo in Italia ad avere aderito alla strategia "Rifiuti Zero" nel 2007, Napoli, Carrara, La Spezia, Forte dei Marmi (Lucca), Monsano (Ancona), Aviano (Pordenne) e Calatafimi (Trapani) per un totale circa 2 milioni di abitanti.


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Post-Malagrotta, discariche e inceneritori, il Lazio verso il baratro

ATTENZIONE, PROSSIMI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA RIGUARDANTI LA VERTENZA INCENERITORE E DISCARICA, LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE.

- Venerdì 14 Ottobre ore 17 assemblea cittadina ad Albano, Piazza san Pietro

- Domenica 16 Ottobre ore 10.30 assemblea pubblica a Montagnano, loc casette rosse

- SABATO 22 OTTOBRE CORTEO CITTADINO IN CONCOMITANZA CON IL PRONUNCIAMENTO DEL TAR LAZIO SULL’INCENERITORE DI CERRONI-AMA-ACEA. ORE 15:00 PIAZZA MAZZINI ALBANO LAZIALE. LA CITTADINANZA E’ CHIAMATA ALLA PARTECIPAZIONE MASSICCIA.


Politici asserviti, camerieri che a loro volta hanno delegato scelte disastrose, incapaci di governare e gestire un problema che potrebbe diventare risorsa. Un Prefetto che parla senza sapere, dietro tutto ciò, i soliti affaristi da quattro soldi. Popolazioni con fior di ragioni che sono esasperate, lottano, combattono civilmente, presentano piano alternativi quanto mai realistici e verosimili, offrono dati tumorali, valori delle acque, risulati di una malagestione che ha trascinato il Lazio nel baratro rifiuti. Tutte queste persone fanno il gioco dei soliti noti, vogliono i profitti, avranno la lotta più dura e civile.

Fonte articolo, Eco della città, http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=108618

Alla fine, il verdetto sul post Malagrotta è arrivato, e non si tratterà di una sola discarica. I siti che accoglieranno i rifiuti per tre anni, dalla chiusura dell’Ottavo Colle a quando sarà aperta la nuova discarica di Pizzo del Prete (Fiumicino), sono due: Quadro Alto, nel comune di Riano, e San Vittorino-Corcolle, a Roma, nell’VIII Municipio. L’annuncio è stato dato questa mattina dal prefetto e commissario Giuseppe Pecoraro, in una conferenza stampa affollata di giornalisti ma non di autorità (non erano presenti né la Polverini né Alemanno).

Quadro Alto è una vasta area composta da sette cave di tufo tuttora funzionanti, che, ha spiegato Pecoraro, «permetterebbero di non dover fare sbancamenti ulteriori e quindi risparmiare nella realizzazione dell’invaso». San Vittorino è un’area più piccola, dove comunque i lavori per la realizzazione dovrebbero essere anche in questo caso abbastanza brevi. «A Roma, si produrranno in tre anni circa 3,5 tonnellate di rifiuti, che tenderà a diminuire con l’aumento della differenziata, come tutti auspichiamo: 2,4 andranno a Quadro Alto, il resto a San Vittorino. Ho scelto due siti e non uno solo in base alla quantità di rifiuti trattati che andranno smaltiti, per evitare che un unico sito non fosse oberato dai rifiuti», ha spiegato il prefetto, che ci tiene a precisare che nelle discariche finiranno solo rifiuti già trattati: «Roma ha il 10-15% di differenziato e tutto il resto viene ancora oggi portato a Malagrotta come tal quale. Oggi abbiamo l’obiettivo trattare tutto il tal quale attraverso le quattro linee esistenti, due private e due dell’Ama».

Possibile altra proroga per Malagrotta

Ma quali saranno i tempi di questa rivoluzione nella gestione dei rifiuti?

«Farò in modo di chiudere Malagrotta entro il 31 dicembre. È ovvio che, se c’è una collaborazione di tutti e non ci sono ostacoli nelle procedure, si farà abbastanza presto, visto che l’ordinanza prevede anche un accorciamento nei tempi delle gare. Ma non posso escludere una mini-proroga, spero di non più di uno o due mesi», ha spiegato Pecoraro.

La realizzazione e la gestione sarà affidata tramite una gara, che avrà però tempi abbreviati: «Mi auguro di poterla fare in 15 giorni, per bandirla ed espletarla servirà in tutto un mese-un mese e mezzo. Una volta aperte le discariche provvisorie, rimarranno in funzione per 36 mesi. L’ordinanza è valida fino al 31 dicembre 2012, ma una volta realizzate le discariche e avviata la gestione, la mia opera è finita», ha continuato Pecoraro.

È giallo termovalorizzatore

Per ben due volte, salvo poi smentire, Pecoraro fa riferimento alla costruzione di un inceneritore. «I nostri obiettivi sono far funzionare le 4 linee di trattamento e selezione, istituirne se necessario una quinta, e fare in modo che in 36 mesi si chiudono le due discariche e si passi al termovalorizzatore, che è l’obiettivo finale del piano regionale».

Un errore? Un lapsus freudiano?

A nostra precisa domanda su questo il prefetto si schermisce e dice che intendeva «in generale gli impianti di trattamento». Mario Marotta, direttore generale Attività produttive e Rifiuti precisa: «Ad oggi, escludiamo la costruzione di un altro termovalorizzatore. Allo stato attuale non c’è n’è bisogno. Il Cdr che si produrrà si potrà bruciare fuori regione. Se però il Consiglio di stato boccerà l’inceneritore di Albano, non possiamo escludere un Albano-bis».

Ipotesi Cerroni-bis

Il prefetto ha anche chiarito le indiscrezioni sulle opzioni di Manlio Cerroni, titolare della società che gestisce Malagrotta, sui terreno di Riano. «Cerroni aveva avuto la possibilità, per Pian dell’Olmo e Quadro Alto, di chiedere delle autorizzazioni al proprietario per realizzare delle discariche. Ovviamente, io posso occupare d’urgenza Quadro Alto e le opzioni cadono». Ma un Cerroni-bis appare un’ipotesi realistica: «Se Cerroni vuole partecipare alla gara bene venga, nessuno glielo vieta, e in relazione all’offerta si deciderà».

La scelta dei siti fatta per esclusione: «Non potevamo scegliere altrimenti»

«Ai due siti siamo arrivati per esclusione. Ho anche chiesto alla Regione e ai vari comitati che ho ricevuto di indicarmi altri siti, ma l’unica proposta è arrivata dal sindaco di Riano. Questa mattina i tecnici della Regione hanno fatto un sopralluogo, ma il sito è vicino a centri abitati e richiederebbe sbancamenti e tempi lunghi di realizzazione», ha detto il prefetto. Problemi presenti anche nel caso di alcuni altri siti indicati dalla Regione: «Pian dell’Olmo oggi può contenere 750.000 tonnellate, e quindi era troppo piccola. L’abbiamo comunque considerata perché era ancora territorio romano e perché c’era un progetto di ampliamento, anche se non ci è sembrato fattibile in tempi brevi ed era particolarmente dispendioso: bisognava sbancare una collinetta per arrivare a una maggiore cubatura. Abbiamo escluso i due siti di Fiumicino perché in uno non c’erano cave presenti (Osteriaccia, ndr) e l’altro era vicino a un ospedale pediatrico (Castel Campanile, ndr). Per Monte degli Ortacci, invece, abbiamo ricevuto uno studio dell’Ispra secondo il quale nell’area c’è un inquinamento delle falde e quindi non si poteva utilizzare un sito già inquinato, peraltro vicino a due raffinerie e vicina alla stessa Malagrotta. Castel Romano, infine, era molto vicino a un centro commerciale e a un autodromo».

Le proteste degli amministratori

Presentando la decisione ai 17 sindaci della Valle Tiberina, il prefetto ha chiuso la porta a ogni tipo di trattativa o possibilità di ripensamento. «Come italiano e come cittadino di questa città ho chiesto ai sindaci di avere un comportamento quanto più possibile istituzionale e che ognuno si assuma la responsabilità delle proprie iniziative, perché è assurdo che ci assumiamo la responsabilità di mandare in emergenza rifiuti la nostra capitale». Pronta la replica del sindaco di Riano Marinella Ricceri: «Ho chiesto al prefetto di avere lui un comportamento istituzionale. Come si può sommergere un paese come Riano dell’immondizia di due milioni di persone?». E intanto, l’assessore all’Ambiente del Comune di Riano Fausto Cantoni annuncia un ricorso al Tar: «Aspettiamo di ricevere l’ordinanza, e poi fare ricorso».

Per domani, sabato 8 ottobre, è convocata alle 9,30, sulla via Tiberina, una manifestazione dei cittadini di Riano e dei comuni vicini. Ma Pecoraro non sente ragioni ed è pronto a usare metodi drastici: «Se i cittadini si metteranno di traverso, farò il prefetto», dice senza esitazioni.

Il presidio del Comitato Rifiuti Zero Fiumicino

Alcuni membri e il presidente del comitato Rifiuti Zero Fiumicino hanno tenuto un presidio sotto la sede della prefettura, per protestare contro la decisione del commissario: «La soluzione al disastro di Roma non è scavare altre buche.

San Vittorino e Quadro Alto saranno probabilmente le discariche definitive, anche perché nel sito di Riano si farà un impianto di trattamento da 25 milioni di euro, che difficilmente verrà abbandonato», commenta il presidente Massimo Piras.


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san francisco, capitale mondiale del riciclaggio (dei rifiuti) - YouTube

Non facciamoci fregare da chi, come molti nostri amministratori comunali e/o regionali, dice che in citta’ grandi come Roma, Milano o Napoli non si possono riclicare e/o ridurre i rifiuti. Gia’, perche’ dobbiamo sapere che esistono realta’ di pari dimensioni come San Francisco che gia’ lo fanno e che addirittura hanno l’obiettivo zero rifiuti fissato per il 2020!

Risolvere una criticita’ del genere vorrebbe dire decongestionare le nostre provincie che, inevitabilmente, rischiano sempre piu’ di diventare mero contenitore della spazzatura dei rispettivi capoluoghi. Il caso Roncigliano e’ emblematico. Pensare che in California esiste questa sensibilita’ fa una certa impressione, perche’ loro hanno a poca distanza parecchi chilometri di deserto (basta attraversare le vicine montagne rocciose) laddove eventualmente sversare/conferire rifiuti in maniera indifferenziata. Purtroppo noi, che di territorio ne abbiamo molto meno, ragioniamo in maniera autolesionisticamente contraria. Colpa anche delle ecomafie… Cio’ premesso, cerchiamo di capire bene perche’ a San Francisco la raccolta differenziata ha raggiunto il 72%, mentre l’Italia è mediamente ferma al 27%. Qui andiamo in brodo di giuggiole le rare volte che in qualche luogo la raccolta differenziata raggiunge il 40%, usiamo dire che nei piccoli centri è più facile mentre le città sono tendenzialmente refrattarie.

A San Francisco Il blog Clean Technica ospita per l’occasione un post scritto dal sindaco Gavin Newsom. Si lucida un po’ le medaglie, ovviamente: ma snocciola anche dei dati. In base a quel che scrive il sindaco di San Francisco, la raccolta differenziata è cresciuta nella sua città di un ulteriore 2% rispetto all’anno scorso.
I rifiuti organici vengono trasformati in compost usato per concimare campi e vigne dei dintorni. La plastica viene tutta riciclata – tutta! – a parte i sacchetti per la spesa e il Styrofoam. I prossimi obiettivi, scrive il sindaco, sono arrivare al 100% nel 2020. Lo sapete, forse la riduzione dei rifiuti sarebbe ancora più importante della raccolta differenziata. Ma quello che viene da San Francisco è certo un ottimo esempio. La crisi economica ha messo in crisi la raccolta differenziata (che, ad essere onesti, già prima in Italia non stava benone), ed è stato deciso il quasi raddoppio del contributo per il riciclaggio della plastica. Alla fine dei conti, secondo voi, a chi toccherà pagare?

Alla fine dei conti pagheremo tutti. E’ un motivo in più per perseguire anche il riuso e la riduzione dei rifiuti oltre al nobilissimo riciclaggio. Ed ecco il meccanismo che si è messo in moto. Dal primo luglio dello scorso anno il "contributo ambientale" sugli imballaggi in plastica e’ passato dagli attuali 105 euro a tonnellata a 195 euro a tonnellata. Lo ha deciso il Conai, Consorzio nazionale imballaggi. Il Conai non ha scopo di lucro ed è formato dai produttori e utilizzatori di imballaggi per realizzare il recupero e il riciclo dei materiali previsto dalle norme europee e nazionali.
Il "contributo ambientale" viene versato al Conai dalle aziende in proporzione alla quantità di plastica usata per imballaggi e confezioni. Quando aumentano i costi aumentano anche i prezzi, perciò prepariamoci a pagare di più i contenitori. Per i contenitori inutili paghiamo tre volte. Prima quando li compriamo con qualcosa dentro. Poi quando paghiamo la bolletta dei rifiuti affinchè qualcuno li porti via. E infine, insieme alla bolletta della luce, paghiamo il contributo Cip6 che finanzia gli inceneritori dei rifiuti.

Il quasi raddoppio del "contributo ambientale" sulla plastica è giustificato con il crollo dei prezzi dei materiali riciclati, che ha fatto diminuire le entrate del Conai. Ha pesato inoltre l’aumento della raccolta differenziata unito ad un peggioramento della qualità.
Dunque, nei bidoni per la raccolta della plastica finisce una gran quantità di roba eterogenea, che bisogna ulteriormente selezionare. E poi il materiale che si ricava per avviarlo al riuso vale solo più due spiccioli.

Per cui prepariamoci: ci toccherà pagare.

A meno che non decidiamo di uscire dalla logica assurda di produrre e comprare roba da buttare via: una logica costosa, che sottrae materie prime al pianeta e genera inquinamento.

L’alternativa? il vuoto a rendere e i prodotti alla spina.

Tornando a bomba, notiamo un paio di cose. La prima: il sindaco di San Francisco sovrappone esattamente raccolta differenziata e riciclaggio.
Qui da noi le cose sono molto diverse.
E’ obbligatoria la raccolta differenziata, non all’effettivo riciclaggio.

Significa che quanto noi abbiamo accuratamente separato può finire in discarica nel pieno rispetto delle vigenti leggi.
Credete che i materiali diligentemente inseriti negli appositi bidoni siano tutti quanti avviati al riciclo? ILLUSI !!

C’è una differenza anche notevole tra percentuali di raccolta e percentuali di effettivo riciclo del materiale. Lo riconosce ufficialmente – fatto raro come una mosca bianca – la Regione Toscana che, prima in Italia, ha sollevato nel Gennaio del 2009 il problema: la raccolta differenziata è in crisi perchè sono crollati i prezzi dei materiali di recupero. Di seguito il link per tutti i "San Tommaso" di turno: http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/ambiente_territorio/rifiuti/visualizza_asset.html_1566961984.html.

Il peccato originale sta nella legge italiana.

Prescrive che i Comuni raggiungano determinati traguardi di raccolta differenziata: nel 2008 era il 45%, nel 2009 il 50%.
Pochi Comuni riescono a rispettare la tabella di marcia fissata dalla legge, ma fosse solo questo il problema.

Avete notato?

E’ prescritto di raggiungere una determinata percentuale di raccolta differenziata.
E non una determinata percentuale di effettivo riciclaggio.
Così quello che diligentemente riponiamo nel bidone della carta, della plastica, del vetro… non sappiamo in realtà che fine faccia.

I Comuni sono prodighi di dati sulla raccolta differenziata, ma non sull’effettivo riciclaggio.
Se ce ne trovate qualcuno che lo fa, ve ne saremo gratis.

Solleva parzialmente il velo sulla questione il comunicato stampa con cui la Regione Toscana leva un grido di dolore sulla raccolta differenziata e chiede l’istituzione di un "tavolo nazionale" sulle difficoltà del settore. Il comunicato stampa non si limita a parlare di raccolta differenziata in crisi per il crollo dei prezzi dei materiali di recupero: nessuno li vuole. Chiede anche che, finalmente, le leggi nazionali non mirino semplicemente all’aumento della raccolta differenziata, ma impongano percentuali di effettivo riciclaggio. Volesse il Cielo! Sarebbe quindi opportuno lavorare parallelamente per potenziare il riciclaggio e, a monte, la raccolta differenziata che, come gia’ detto, secondo il rapporto rifiuti Ispra 2008 (con i dati del 2007), in Italia raggiunge in media il 12% al Sud, 18% al Centro e 42% al Nord.

Torino, città suppergiù delle dimensioni di San Francisco, è uno dei pochi grandi centri dove la differenziata funziona abbastanza bene, almeno rispetto al panorama nazionale. A fine 2008 a Torino la raccolta differenziata era al 40,7%. Notate la differenza rispetto a San Francisco…

Chiediamoci quindi, se a San Francisco ci riescono, perchè qui no?
Chiedetelo soprattutto ad Alemanno e alla Polverini…


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Napoli rifiuti zero


Proposta interessante...vediamo quanto divario ci sarà tra i fatti e le chiacchiere del sindaco di Napoli De Magistris:

Dal Manifesto di Martedì 4 Ottobre

TAGLIO BASSO di Adriana Pollice - NAPOLI

PROTOCOLLO INTERNAZIONALE

«Stop inceneritori e discariche» La nuova Napoli a rifiuti zero

Da ieri il comune partenopeo aderisce al network di città che, al di qua e al di là dell'Atlantico, perseguono l'abolizione degli scarti

Con la delibera di giunta siglata ieri, Napoli aderisce ufficialmente al network di città, al di qua e al di là dell'Atlantico, che applicano il protocollo «Rifiuti Zero». Sarà la città di maggiori dimensioni in Europa a strutturarsi intorno ai principi di riduzione alla fonte degli imballaggi, riciclo, riuso e compostaggio, trattamento meccanico manuale della frazione residua. Niente inceneritori quindi, ribadisce il sindaco Luigi de Magistris, né nuove discariche o ampliamento dell'invaso di Chiaiano. A ratificare l'impegno Paul Connett, professore emerito di chimica della statunitense St. Lawrence University, tra i maggiori teorici della strategia «Rifiuti Zero», già applicata in centri urbani come San Francisco, Oakland, Camberra o in regioni come la Nuova Scozia in Canada o in Galles, ma anche in Italia a Capannori, nel lucchese, e a La Spezia. Sarà lui a presiedere l'Osservatorio che avrà il compito di monitorare il percorso. All'interno della struttura rappresentanti dell'amministrazione, dell'azienda comunale Asia, addetta alla raccolta, e dei comitati di cittadini, i primi a credere e chiedere un piano alternativo per oltre sette anni, contro la politica istituzionale di destra e di sinistra e la grande stampa nazionale.
«La prima volta che ho conosciuto Connett - racconta il vicesindaco Tommaso Sodano - era il 2004, eravamo ad Acerra e la polizia caricava la popolazione che manifestava contro l'inceneritore in costruzione. Adesso è un onore averlo a Palazzo San Giacomo, sede del comune partenopeo. Già immagino l'ironia sui giornali perché con la delibera ci impegniamo ad abbattere la produzione di immondizia senza fosse e forni entro il 2020, quando il problema a Napoli non è ancora risolto. Ma noi stiamo lavorando a progettare un futuro sostenibile». In concreto, la delibera prevede: attrezzature negli esercizi commerciali per ridurre il volume degli imballaggi; prodotti alla spina nei punti vendita della grande distribuzione; l'introduzione del vuoto a rendere; incentivi all'uso di stoviglie biodegradabili, pannolini lavabili, imballaggi lavabili o biodegradabili; sistema tariffario basato sulla reale quantità di rifiuti prodotti; la realizzazione di un centro comunale per la riparazione e il riuso di beni durevoli e imballaggi. In settimana dovrebbe arrivare anche l'annuncio ufficiale della partenza della navi con i rifiuti verso l'Olanda, passo necessario per alleggerire gli impianti da riconvertire. Su tutto pesa la messa in mora da parte dell'Europa, per cui sarà necessario «lavorare con regione, provincia e governo per evitare che venga avviata la procedura d'infrazione e il blocco dei fondi», ha ribadito de Magistris. È stato lo stesso Connett ieri a spiegare che a Napoli si può applicare il modello utilizzato a San Francisco, una città con conformazione e popolazione simile. Quando si è cominciato, nel 2000, la raccolta differenziata era al 50%, quest'anno è al 77%. Come a Vedelago, in provincia di Treviso, si possono immaginare piattaforme dove separare l'immondizia (plastica, ferro, alluminio, carta, vetro...) da rivendere sul mercato di materie prime secondarie. Quello che avanza diventa un granulato plastico impiegato ad esempio in edilizia. L'umido negli Usa viene trattato in impianti di compostaggio vicini ai terreni agricoli, dove viene usato come fertilizzante. In tutta italia stanno sorgendo catene che vendono solo prodotti alla spina per la casa, per il corpo e alimenti. «Quello che non si può riusare, riciclare o compostare - conclude Connett - non dovrebbe essere prodotto. Le imprese hanno una grande responsabilità». Un modello che chiedono anche i comitati del vesuviano, invece delle continue minacce di ampliare o aprire nuove discariche nel Parco nazionale.


COORDINAMENTO CONTRO L' INCENERITORE DI ALBANO