Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

domenica 30 maggio 2010

Non è bastato ..

Non è bastato...

_Cari cittadini di Albano Laziale e dei Castelli romani, è arrivato il momento. Parliamo del cantiere “utile” a costruire il gassificatore nell’area di Roncigliano, ovvero nel bel mezzo delle vigne del beneamato vino castellano e a ridosso dei noti paesi dei colli albani, ricchi di storia, cultura, non di meno di gastronomia apprezzata in tutto il paese. Già questo farebbe saltare dalla sedia tutte le persone aventi cittadinanza di un Paese civile, ma da noi sembra essere diverso, sembra non bastare. Perchè?
L’imminente avvio del cantiere ci fa pensare alla solita italica prevalenza degli interessi particolari, in barba a quelli generali, quindi l’esatto contrario di quanto viene raccomandato dalla nostra  Costituzione, quale fondante aspetto recentemente ricordato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Ebbene sì, non sono bastate l’ammirevole contrarietà al folle progetto della popolazione e dei movimenti territoriali, e nemmeno quella istituzionale della ASL territorialmente competente (Roma H), che si espresse negativamente sull’impianto a causa della crisi idrica dell’area interessata e sulla preventivata polluzione, non in grado di sopportare a livello sanitario l’impatto di un impianto di termocombustione di rifiuti.
L’ente sanitario tenne conto che il Comune di Albano vanta la percentuale più alta di ricoveri, di mortalità, di incidenza tumorale in ambito regionale, nonché della scadente qualità dell’aria causata dal trittico viario  appio-nettunense-ardeatina e in ultimo della presenza di gas radon.
La Asl RM H espresse ben quattro pareri negativi nel corso dell’iter autorizzativo dell’impianto, l’ultimo addirittura posteriore a livello cronologico rispetto alla Conferenza dei Servizi tenutasi in data 20 aprile 2009.
Non è bastata nemmeno l’evidente connotazione geografica. Badate bene che quest’ultima considerazione, pur non avendo delle dettagliate basi scientifiche, richiama al semplice buon senso, poiché chiunque può ben immaginare che un camino fumante diossine (derivate dalla combustione dei rifiuti quali la plastica o più generalmente materiali contenenti Cloro) posto alla base del declivio delle colline castellane, sparerebbe i suoi fumi tossici all’altezza dei centri abitati e sull’intero comprensorio.
In questa nostra Italia, sempre più dilaniata nei suoi territori da ecomafie, indifferenze mediatiche e carenze legislative non sono nemmeno bastate le evidenti forzature istituzionali attinenti l’iter autorizzativo, adottate nel corso della gestione commissariale rifiuti e, quindi, dopo la definitiva presentazione del “Piano Rifiuti Marrazzo”. Appare evidente che la programmata installazione/costruzione di un impianto dedicato alla termocombustione di rifiuti (Cdr), con capacità stimata di 160.000 ton/anno, mal si concilia con il territorio dei Castelli Romani.
Forse non tutti sanno che per la costruzione del quarto impianto di incenerimento del Lazio si annovera la totale assenza di una qualsiasi gara d’appalto che riguardi sia la costruzione del gassificatore sia la stessa costituzione del consorzio incaricato, essendo questo costituito da un mix pubblico/privato e che la stessa proposta dell’impianto nasce su iniziativa di un privato. Si è proceduto invece con un decreto di pubblica utilità firmato dall’ex Presidente della Regione, decreto che desta ancora dubbi sulla volontà di quest’ultimo di ergersi a supremo garante della salute pubblica e dell’ambiente. Ed ormai è anche chiaro un altro aspetto, cristallino: se il cantiere dell’impianto partirà soltanto a giugno 2010, sarà soprattutto perché le popolazioni continuano a battersi a livello legale e a livello di mobilitazione territoriale.
Al riguardo, però, ripercorriamo le principali tappe amministrative degli ultimi due anni:
Marzo 2008. Gli uffici della Regione Lazio rilasciano la prima V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) attinente il gassificatore dei Castelli Romani-Albano Laziale. La V.I.A. è negativa. A seguito di tale diniego il consorzio costruttore muta drasticamente la struttura tecnica dell’impianto. La repentina modifica progettuale attiene in particolar modo al sistema di raffreddamento che passa dalla tipologia ad acqua (necessaria nel processo di gassificazione per l’immediato abbassamento della temperatura dei fumi e permettere nel minor tempo possibile
la vetrificazione di gran parte delle sostanze nocive derivanti dalla termocombustione del Cdr) ad un sistema di raffreddamento ad aria. Tale sostanziale cambiamento tecnico imporrebbe al Consorzio di dover brevettare un impianto di cui al momento non ne esistono altri al mondo, cui far seguire un’adeguata sperimentazione. Ciò rappresenta infatti, ancora ad oggi, un prototipo industriale di gassificazione mai progettato e mai costruito con quella precisa tecnologia/brevetto di termocombustione.
Novembre 2008. Gli uffici della Regione Lazio rilasciano la seconda V.I.A. La valutazione d’impatto ambientale questa volta è positiva. L’Ente Regione rilascia il primo nulla osta all’impianto sebbene il Consorzio incaricato non abbia consegnato loro le schede di modifica progettuale della centrale elettrica, alimentata a gas di sintesi derivato da Cdr. Modifiche attinenti la strutturale variazione del sistema di raffreddamento passato, appunto, da acqua ad aria.
28 dicembre 2008. Il consorzio presenta una D.I.A. di inizio lavori soltanto tre giorni prima della scadenza ultima della contribuzione pubblica per questo genere di impianti industriali. Aspetto questo che desta estreme perplessità visto che, di fatto, i lavori non hanno mai avuto avvio mentre i contributi pubblici CIP 6 (nell’ordine di 400 mln di Euro circa) sono già stati assicurati da tempo alle casse del consorzio. Infatti il principale vincolo in capo a quest’ultimo era quello di poter usufruire dell’ammontare di contributi pubblici (malvisti anche in chiave comunitaria in quanto rientranti nella sfera illegittima dell’aiuto di Stato e oggetto di generale indagine UE) solo mediante il concreto avvio del cantiere attinente il gassificatore ed entro la data sopra illustrata. Questa procedura cantieristica, sebbene risulti a livello formale mediante appunto una D.I.A, trova ampie lacune a livello pratico. Questo perché l’avvio del cantiere sul sito non è mai avvenuto per nessuna opera che riguardi direttamente l’impianto di gassificazione o per opere ad esso realmente affini.
A questo punto, come già detto, la Asl RM-H, competente per territorio sull’area Castelli Romani, si pronuncia negativamente sul possibile impianto di incenerimento di Albano Laziale. Le motivazioni avanzate nei successivi dinieghi risiedono nella crisi idrica dell’area e all’elevato numero di patologie riscontrate nella popolazione locale a seguito di uno studio epidemiologico condotto dalla stessa Asl risalente al 2006.
L’Ente Regione Lazio affida quindi l’elaborazione di uno studio epidemiologico dell’area di Roncigliano e di Albano Laziale all’Asl RM-E in quanto organo competente su base regionale per le indagini epidemiologiche. L’elaborato prende a riferimento lo stesso studio disponibile sull’area del 2006 arrivando però a conclusioni diametralmente opposte.
Lo studio elaborato prevede di fatto un impatto minimo dell’impianto a livello sanitario su territorio e cittadini e, quindi, un via libera implicito allo stesso dal punto di vista sanitario.
Nel frattempo i consigli comunali di Albano, Ariccia, Ardea, Castel Gandolfo, Lanuvio e Pomezia
si pronunciano ufficialmente in maniera negativa (e all’unanimità) circa l’impianto di termocombustione di rifiuti da edificare nel comune di Albano Laziale.
20 aprile 2009. In sede di Conferenza dei Servizi, la Regione Lazio approva l’impianto di gassificazione voluto dal Consorzio e previsto dal “piano rifiuti regionale”.
13 agosto 2009. Gli uffici della Regione Lazio rilasciano l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale),al Consorzio costruttore viene così concesso l’ultimo atto amministrativo per l’avvio del cantiere inerente l’impianto. Questa autorizzazione si scontra con l’invito al dialogo fatto dall’ex Presidente della Regione a cittadini, comitati ed associazioni coinvolti più direttamente dagli effetti territoriali del possibile gassificatore e ancora “al tavolo” durante il rilascio dell’AIA ferragostana. Singolare la pressoché simultanea concessione il 18 agosto 2009 della relativa AIA al gassificatore di Malagrotta, addirittura quest’ultimo già edificato ed in fase di collaudo.
Novembre 2009. Accanto alle azioni di natura legale intraprese dai cittadini è ad oggi pendenti e in corso di definizione, viene avanzata una richiesta di sospensiva della stessa AIA promossa appunto da cittadini e associazioni dell’area Castelli Romani. La Regione Lazio, in quanto promotore mediato del quarto impianto, ha offerto nel tempo risposte vaghe alle richieste dirette, mediate, o indirette avanzate dai cittadini.
Le loro preoccupazioni riguardano in particolare:
  • L’utilizzo di carbon coke;
  • Elementi chimici di risulta post combustione/Emissione di nanopolveri cancerogene, furani, diossine, ceneri, lave, ossidi di azoto, zolfo, carbonio e affini;
  • Compatibilità dell’impianto con la crisi idrica dell’area Castelli Romani;
Emissioni del futuro impianto che per l’andamento dei venti investiranno principalmente i paesi a monte della discarica e del gassificatore di Roncigliano con effetti su migliaia di cittadini;
  • Roncigliano, area agricola di pregio;
  • Impianto non sottoposto a gara d’appalto;
  • Inquinamento dell’area, con particolare accento sulle falde idriche, imputabile alla preesistente discarica, oggi come ieri oggetto di una gestione tutta da verificare e vista con sospetto non solo dai cittadini e movimenti che si battono per la sua chiusura.
I laghi vulcanici della zona testimoniano l’evidenza del sovrasfruttamento delle falde, acuita dall’edilizia speculativa. Questo ha prodotto effetti di duplice natura, un primo effetto diretto ed un secondo indiretto: carenza di fatto della risorsa idrica in più periodi dell’anno – con emergenza nei mesi primaverili ed estivi - e compromessa potabilità delle acque erogate ai cittadini con deroghe ormai reiterate. La presenza infatti di metalli pesanti come Manganese, Arsenico o di elementi chimici come il Fluoro, porta la concentrazione di tali elementi oltre la soglia di potabilità per l’intera area, da Marino a Velletri. I livelli di Arsenico in alcuni comuni come Albano Laziale sono particolarmente preoccupanti soprattutto nell’area della discarica Rsu di Roncigliano.
Infine, l’impianto superfluo (già perché la Bicamerale sui rifiuti ci dice che nel Lazio il Cdr neppure c’è e questo impianto nei fatti neppure servirebbe) non tiene praticamene conto del suo potenziale dislocamento nel bel mezzo dell’area agricola di pregio dei Castelli Romani. Ciò è ampiamente testimoniato dalla presenza delle varie realtà aziendali a carattere locale e internazionale che occupano in particolar modo il settore vitivinicolo e non solo.
Ebbene, cari lettori, tutto questo finora non è bastato a fermare il possibile impianto.
Le tecnologie oggi a disposizione consentirebbero delle alternative validissime, come la costruzione di impianti d’avanguardia nel trattamento rifiuti e con principi di lavorazione diametralmente opposti rispetto alla termocombustione. Queste infrastrutture hanno in genere un costo stimato/indicativo attorno ai 10 mln di Euro e permetterebbero il recupero di materia con sistemi di lavorazione a freddo (totale assenza di combustione) dai rifiuti solidi urbani. Tale metodiche di smaltimento renderebbero quindi chiaramente non competitivo a livello economico
qualsivoglia impianto fondato sulla termocombustione del Cdr.
Di rilievo, infine e non a caso, la composizione dello stesso Cdr destinato alla gassificazione e composto per legge da plastica, carta, legno e derivati. In sostanza il 35% del monte Rifiuti Solidi Urbani, e sempre in sostanza materie riciclabili al 100% a ciclo infinito.
La raccolta differenziata porta a porta, il riciclo e riuso di questi materiali azzererebbero la necessità di inceneritori e discariche pertinenziali, ma evidentemente anche gli interessi di qualcuno,visto che, ancor prima dell’inizio dei lavori erano già stati assicurati da tempo alle casse
del consorzio incaricato i contributi pubblici CIP 6.
In questo Paese tutto questo ancora non basta.
Concludendo, ci piace citare lo scrittore Roberto Saviano il quale, riguardo al trattamento del ciclo dei rifiuti, scrive nel suo ultimo libro La Bellezza e l’Inferno:
E’ un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave ,perché divengono straordinari i diritti più semplici: disporre di una strada accessibile, respirare aria non marcia, avere speranza di vita nella media di un paese europeo. E’ una notte cupa quella che cala su queste terre, perché essere divorati dal cancro diviene qualcosa che assomiglia a un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale e chi è all’opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari, piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi. Gli ultimi dati pubblicati dall’organizzazione mondiale della sanità, mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un incremento vertiginoso delle patologie di cancro (pancreas, polmoni, dotti biliari), più del 12% rispetto alla media nazionale. Quando si getta qualcosa nell’immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero, bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti. In queste terre martoriate si riscontra l’80% in più di malformazioni fetali rispetto alla media nazionale. Varrebbe la pena di ricordare la lezione di Beowulf, l’eroe epico che strappa le braccia all’orco che appestava la Danimarca: “il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla”. Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla.
Così mentre l’ISDE Italia, l’autorevole Associazione dei Medici per l’Ambiente, segnala che grazie soprattutto agli inceneritori in Italia si ammala di cancro una percentuale spaventosa di bambini (il 3,2% contro una media Usa dell’1,1%) e di donne, considerate da sempre sentinelle dell’ambiente perché tendono nei luoghi inquinati ad ammalarsi prima dell’uomo, sarebbe auspicabile tornare al caro vecchio detto di un tempo, con accenti però completamente opposti: prima donne e bambini, poi tutti gli altri.

1 commento:

  1. DIFFERENZIA TI
    DIFFERENZIAMO LI
    DIFFERENZIAMO CI

    meglio DifferenziaTi che indifferenTi ..

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