sabato 31 luglio 2010
domenica 25 luglio 2010
Acqua ad Albano: ancora arsenico e deroghe
Rendiamo noti alla popolazione dei Castelli Romani (e non) delle analisi a campione della zona di Albano e dintorni (Cecchina, Pavona, Ardea) sui valori di arsenico riscontrati.
Come si puo' notare ci sono svariati sforamenti nei limiti stabiliti dalle leggi. Limiti superati in modo ripetuto da anni. Limiti che ne' Acea ne' il Comune hanno ritenuto oppurtuno comunicare alla popolazione residente che utilizza l'acqua pubblica per cucinare e lavare.
Ricordiamo che l'arsenico e' un elemento particolare, molto tossico anche a bassissime concentrazioni. Il suo "consumo" prolungato puo' dare origine a malattie di vario tipo: malattie neuodegenerative (Alzahaimer, Parkinson, etc.), neoplasie, diabete, asma.
E intanto le deroghe regionali sugli inquinanti nelle nostre acque sono scadute dal 31 dicembre 2009. Si e' in attesa di un'ulteriore deroga-farsa che non fara' altro che richiamare altre deroghe infischiandosene della salute della gente.
Come si puo' notare ci sono svariati sforamenti nei limiti stabiliti dalle leggi. Limiti superati in modo ripetuto da anni. Limiti che ne' Acea ne' il Comune hanno ritenuto oppurtuno comunicare alla popolazione residente che utilizza l'acqua pubblica per cucinare e lavare.
Ricordiamo che l'arsenico e' un elemento particolare, molto tossico anche a bassissime concentrazioni. Il suo "consumo" prolungato puo' dare origine a malattie di vario tipo: malattie neuodegenerative (Alzahaimer, Parkinson, etc.), neoplasie, diabete, asma.
E intanto le deroghe regionali sugli inquinanti nelle nostre acque sono scadute dal 31 dicembre 2009. Si e' in attesa di un'ulteriore deroga-farsa che non fara' altro che richiamare altre deroghe infischiandosene della salute della gente.
venerdì 23 luglio 2010
La rivoluzione dell'Acqua
Un milione e quattrocentomila donne e uomini che sottoscrivono i tre referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua rappresentano una piccola grande rivoluzione.
Come tale, provoca immediato spavento nei poteri forti e in un quadro politico-istituzionale non avvezzo all’idea che possa esistere una soggettività sociale capace di prendere parola e di progettazione autonoma.
Un primo tratto di questa rivoluzione risiede nel fatto che sul tema dell’acqua si è ormai costituito, per la prima volta dopo decenni, un vero e proprio movimento nazionale di massa.
L’Italia, come ciascuno può intuire anche ad un’ osservazione superficiale, è un Paese tutt’altro che pacificato : decine di conflitti attraversano il mondo del lavoro, la società e le realtà territoriali.
Sono esperienze dotate spesso di una fortissima radicalità ma al contempo di altrettanta frammentazione.
Dentro questo contesto, il movimento per l’acqua si colloca come una fertile anomalia : estremamente reticolare e radicato nei territori, su questo humus ha saputo costruire e vivificare nel tempo –dalla legge d’iniziativa popolare alla campagna referendaria, passando per due grandi manifestazioni nazionali- una forte vertenza nazionale, capace di incidere sull’agenda politica del Paese.
Il secondo tratto risiede nel non negoziabile contrasto con il pensiero unico del mercato : dopo due decenni di egemonia della cultura dell’impresa sulla società e la vita delle persone, il movimento per l’acqua costruisce una mobilitazione densa non per ottenere qualche riduzione del danno, bensì per affermare la totale fuoriuscita dell’acqua e dei beni comuni –essenziali alla vita- dal gorgo delle Società per Azioni comunque delineate. E per affermarne la riappropriazione sociale e una gestione pubblica e partecipata dalle comunità locali.
O la Borsa o la vita, per dirla senza perifrasi.
Il terzo tratto nasce dalla straordinaria domanda di democrazia e di protagonismo sociale che questo movimento ha messo in campo e ha saputo intercettare : le donne e gli uomini che hanno profuso energie, in ogni comitato nato nella più grande metropoli così come nel più piccolo paese di montagna, e i cittadini corsi a frotte a firmare affermano la straordinaria volontà di decidere tutte e tutti in prima persona su ciò che a tutti appartiene. Per la qualità della vita nel presente oggi e una possibilità di futuro per le future generazioni.
Da questo punto di vista, il referendum è uno strumento ma anche un fine in sé, in quanto afferma il principio che su beni essenziali alla vita come l’acqua nessuna delega è autorizzata e la decisione deve appartenere a tutte e tutti.
Da ultimo, ma non per importanza, emerge il tratto di laboratorio di democrazia e partecipazione che il movimento per l’acqua ha saputo costruire in quasi un decennio di esperienza. Il costante rapporto fra locale e globale, l’approccio inclusivo verso le più diverse culture e provenienze, il metodo del consenso come elemento costitutivo di tutti processi decisionali fondamentali, hanno fatto di questa esperienza un interessante laboratorio di formazione collettiva, di saperi condivisi, di redistribuzione della conoscenza.
Un laboratorio perfettibile, ma sufficientemente attrezzato da consentire al movimento dell’acqua, a differenza di altri luoghi di costruzione dell’opposizione sociale e politica, di evitare una delle conseguenze più nefaste del degrado della politica : la nascita dei populismi, che, anche nelle loro versioni più avanzate, costruiscono appartenenza sull’elemento simbolico della personalizzazione.
Al contrario, nel movimento per l’acqua l’appartenenza nasce dalla condivisione del tema e di una piattaforma valoriale, culturale e politica che si fonda su obiettivi di radicale trasformazione della democrazia nel senso della partecipazione sociale.
Sono queste alcune delle caratteristiche che, nel determinare il successo della campagna di raccolta firme, mettono in campo un potenziale di cambiamento di grande fertilità sociale.
Un popolo che riprende collettivamente parola è molto più pericoloso di un popolo che cerca di volta in volta qualcuno a cui affidarsi.
Sarà un autunno caldo per la battaglia dell’acqua.
Sapremo rinfrescarci in primavera con una marea di SI alla riappropriazione sociale dell’acqua.
Marco Bersani
Attac Italia
Come tale, provoca immediato spavento nei poteri forti e in un quadro politico-istituzionale non avvezzo all’idea che possa esistere una soggettività sociale capace di prendere parola e di progettazione autonoma.
Un primo tratto di questa rivoluzione risiede nel fatto che sul tema dell’acqua si è ormai costituito, per la prima volta dopo decenni, un vero e proprio movimento nazionale di massa.
L’Italia, come ciascuno può intuire anche ad un’ osservazione superficiale, è un Paese tutt’altro che pacificato : decine di conflitti attraversano il mondo del lavoro, la società e le realtà territoriali.
Sono esperienze dotate spesso di una fortissima radicalità ma al contempo di altrettanta frammentazione.
Dentro questo contesto, il movimento per l’acqua si colloca come una fertile anomalia : estremamente reticolare e radicato nei territori, su questo humus ha saputo costruire e vivificare nel tempo –dalla legge d’iniziativa popolare alla campagna referendaria, passando per due grandi manifestazioni nazionali- una forte vertenza nazionale, capace di incidere sull’agenda politica del Paese.
Il secondo tratto risiede nel non negoziabile contrasto con il pensiero unico del mercato : dopo due decenni di egemonia della cultura dell’impresa sulla società e la vita delle persone, il movimento per l’acqua costruisce una mobilitazione densa non per ottenere qualche riduzione del danno, bensì per affermare la totale fuoriuscita dell’acqua e dei beni comuni –essenziali alla vita- dal gorgo delle Società per Azioni comunque delineate. E per affermarne la riappropriazione sociale e una gestione pubblica e partecipata dalle comunità locali.
O la Borsa o la vita, per dirla senza perifrasi.
Il terzo tratto nasce dalla straordinaria domanda di democrazia e di protagonismo sociale che questo movimento ha messo in campo e ha saputo intercettare : le donne e gli uomini che hanno profuso energie, in ogni comitato nato nella più grande metropoli così come nel più piccolo paese di montagna, e i cittadini corsi a frotte a firmare affermano la straordinaria volontà di decidere tutte e tutti in prima persona su ciò che a tutti appartiene. Per la qualità della vita nel presente oggi e una possibilità di futuro per le future generazioni.
Da questo punto di vista, il referendum è uno strumento ma anche un fine in sé, in quanto afferma il principio che su beni essenziali alla vita come l’acqua nessuna delega è autorizzata e la decisione deve appartenere a tutte e tutti.
Da ultimo, ma non per importanza, emerge il tratto di laboratorio di democrazia e partecipazione che il movimento per l’acqua ha saputo costruire in quasi un decennio di esperienza. Il costante rapporto fra locale e globale, l’approccio inclusivo verso le più diverse culture e provenienze, il metodo del consenso come elemento costitutivo di tutti processi decisionali fondamentali, hanno fatto di questa esperienza un interessante laboratorio di formazione collettiva, di saperi condivisi, di redistribuzione della conoscenza.
Un laboratorio perfettibile, ma sufficientemente attrezzato da consentire al movimento dell’acqua, a differenza di altri luoghi di costruzione dell’opposizione sociale e politica, di evitare una delle conseguenze più nefaste del degrado della politica : la nascita dei populismi, che, anche nelle loro versioni più avanzate, costruiscono appartenenza sull’elemento simbolico della personalizzazione.
Al contrario, nel movimento per l’acqua l’appartenenza nasce dalla condivisione del tema e di una piattaforma valoriale, culturale e politica che si fonda su obiettivi di radicale trasformazione della democrazia nel senso della partecipazione sociale.
Sono queste alcune delle caratteristiche che, nel determinare il successo della campagna di raccolta firme, mettono in campo un potenziale di cambiamento di grande fertilità sociale.
Un popolo che riprende collettivamente parola è molto più pericoloso di un popolo che cerca di volta in volta qualcuno a cui affidarsi.
Sarà un autunno caldo per la battaglia dell’acqua.
Sapremo rinfrescarci in primavera con una marea di SI alla riappropriazione sociale dell’acqua.
Marco Bersani
Attac Italia
mercoledì 21 luglio 2010
Lazio: riciclo, questo sconosciuto!
Sono arrivati i risultati del XV rapporto sulla raccolta differenziata di carta e cartone diffusi da COMIECO, il Consorzio nazionale per il recupero ed il riciclo degli imballaggi a base cellulosica.
Negli ultimi dieci anni il progresso è sostanziale. “Dal 1999 al 2009” osserva Piero Attoma, presidente del consorzio, “la differenziata di carta e cartone è cresciuta da 250mila a oltre tre milioni di tonnellate”. La qual cosa significa che “in valori assoluti, sono state avviate a riciclo 23,3 milioni di tonnellate di materiale”.
Il tema del riciclaggio dei materiali di consumo sta acquisendo una sempre crescente importanza nelle agende politiche, soprattutto in periodi, come quello attuale, in cui si tenta, a fronte di una crisi globale, di limitare le inefficienze economiche. In effetti, ragionando concretamente su alcuni dati che la COMIECO mette a disposizione, veniamo a sapere che ogni cittadino italiano consuma oltre 540 kg di rifiuti urbani. Se consideriamo che la raccolta e lo smaltimento di un kg di questi rifiuti può arrivare a costare alla collettività qualcosa come 25 centesimi al Kg, giungiamo facilmente ad intuirne un gravoso impatto sulle casse dello Stato. Si tratta dunque di avviare necessarie politiche di trasformazione che comportino un cambiamento radicale nel paradigma del consumo. In termini pratici ciò significa, da una parte insegnare al cittadino i giusti stili di consumo, in una battaglia palingenetica che deve raggruppare gli sforzi anche degli altri consorzi di packging (come la CONAI). D’altra parte bisogna diffondere il più possibile l’utilizzo di materiali riciclati , in maniera da renderli preponderanti nella realizzazione degli imballaggi.
Passi in avanti se ne stanno compiendo. La raccolta differenziata di carta e cartone è cresciuta nel 2009 del 5.2%. Sono state raccolte oltre 3 milioni di tonnellate di cellulosici (500mila in più del 2008) pari a 52,6 chilogrammi di media pro capite (2,7 kg in più rispetto al 2008). E, sebbene si debba tener conto che la crisi ha ridotto i consumi, non va dimenticato che il tasso di riutilizzo ha superato l’80%. In definitiva siamo già a buon punto se consideriamo che quattro imballaggi di cellulosa su cinque sono stati avviati al riciclo.
E tuttavia stiamo ancora parlando di uno sviluppo che si realizza a macchia di leopardo. “Il dato relativo alla carta e al cartone” spiega il d.g. COMIECO Carlo Montalbetti, “conferma il trend di crescita generale della raccolta differenziata (+4 per cento), anche se alcune realtà come Calabria e Sicilia non solo non registrano aumenti, ma anzi palesano un evidente arretramento”.
A destare preoccupazione è inoltre la condizione della nostra regione che, con un aumento del riciclo di cellulosici inferiore al 2%, ha registrato una crescita pari a “meno della metà del balzo registrato su scala nazionale. Vuol dire che forniremo ai romani un decalogo” precisa sempre il d.g. Montalbetti, “ma bisognerà lavorare anche sulla logistica, in modo da tenere il servizio in ordine”.
Se tutto procederà secondo le intenzioni, si produrrà un vantaggio sensibile anche per le casse municipali, negli ultimi tempi sempre più colpite dai tagli in finanziaria. La COMIECO ha infatti versato, nello scorso anno, quasi 100 milioni di euro ai comuni italiani. Ma ha fatto anche di meglio: “grazie ai risultati sulla raccolta differenziata” si legge in un comunicato del consorzio “si è evitata la costruzione di ben 196 nuove discariche, 26 solo nel 2009 con un beneficio complessivo in termini economici pari a 300 milioni di euro. Complessivamente, tra il 1999 al 2009 si parla di 3 miliardi risparmiati in costi evitati di discarica, nuovi posti di lavoro e benefit ambientali dovuti alle minori emissioni”.
Un motivo in più per proseguire la giovane, ma efficace pratica della raccolta differenziata. (fonte articolo qui)
Negli ultimi dieci anni il progresso è sostanziale. “Dal 1999 al 2009” osserva Piero Attoma, presidente del consorzio, “la differenziata di carta e cartone è cresciuta da 250mila a oltre tre milioni di tonnellate”. La qual cosa significa che “in valori assoluti, sono state avviate a riciclo 23,3 milioni di tonnellate di materiale”.
Il tema del riciclaggio dei materiali di consumo sta acquisendo una sempre crescente importanza nelle agende politiche, soprattutto in periodi, come quello attuale, in cui si tenta, a fronte di una crisi globale, di limitare le inefficienze economiche. In effetti, ragionando concretamente su alcuni dati che la COMIECO mette a disposizione, veniamo a sapere che ogni cittadino italiano consuma oltre 540 kg di rifiuti urbani. Se consideriamo che la raccolta e lo smaltimento di un kg di questi rifiuti può arrivare a costare alla collettività qualcosa come 25 centesimi al Kg, giungiamo facilmente ad intuirne un gravoso impatto sulle casse dello Stato. Si tratta dunque di avviare necessarie politiche di trasformazione che comportino un cambiamento radicale nel paradigma del consumo. In termini pratici ciò significa, da una parte insegnare al cittadino i giusti stili di consumo, in una battaglia palingenetica che deve raggruppare gli sforzi anche degli altri consorzi di packging (come la CONAI). D’altra parte bisogna diffondere il più possibile l’utilizzo di materiali riciclati , in maniera da renderli preponderanti nella realizzazione degli imballaggi.
Passi in avanti se ne stanno compiendo. La raccolta differenziata di carta e cartone è cresciuta nel 2009 del 5.2%. Sono state raccolte oltre 3 milioni di tonnellate di cellulosici (500mila in più del 2008) pari a 52,6 chilogrammi di media pro capite (2,7 kg in più rispetto al 2008). E, sebbene si debba tener conto che la crisi ha ridotto i consumi, non va dimenticato che il tasso di riutilizzo ha superato l’80%. In definitiva siamo già a buon punto se consideriamo che quattro imballaggi di cellulosa su cinque sono stati avviati al riciclo.
E tuttavia stiamo ancora parlando di uno sviluppo che si realizza a macchia di leopardo. “Il dato relativo alla carta e al cartone” spiega il d.g. COMIECO Carlo Montalbetti, “conferma il trend di crescita generale della raccolta differenziata (+4 per cento), anche se alcune realtà come Calabria e Sicilia non solo non registrano aumenti, ma anzi palesano un evidente arretramento”.
A destare preoccupazione è inoltre la condizione della nostra regione che, con un aumento del riciclo di cellulosici inferiore al 2%, ha registrato una crescita pari a “meno della metà del balzo registrato su scala nazionale. Vuol dire che forniremo ai romani un decalogo” precisa sempre il d.g. Montalbetti, “ma bisognerà lavorare anche sulla logistica, in modo da tenere il servizio in ordine”.
Se tutto procederà secondo le intenzioni, si produrrà un vantaggio sensibile anche per le casse municipali, negli ultimi tempi sempre più colpite dai tagli in finanziaria. La COMIECO ha infatti versato, nello scorso anno, quasi 100 milioni di euro ai comuni italiani. Ma ha fatto anche di meglio: “grazie ai risultati sulla raccolta differenziata” si legge in un comunicato del consorzio “si è evitata la costruzione di ben 196 nuove discariche, 26 solo nel 2009 con un beneficio complessivo in termini economici pari a 300 milioni di euro. Complessivamente, tra il 1999 al 2009 si parla di 3 miliardi risparmiati in costi evitati di discarica, nuovi posti di lavoro e benefit ambientali dovuti alle minori emissioni”.
Un motivo in più per proseguire la giovane, ma efficace pratica della raccolta differenziata. (fonte articolo qui)
Trattato ACTA finalmente pubblico, una prima vittoria ma molte le questioni aperte
Posted Mer, 21/04/2010 -
Da circa un'ora è stato messo online dalla Commissione Europea un draft (qui il PDF) dell'Anti-Counterfeiting Trade, il temuto accordo internazionale (fino ad ora mai pubblicato ufficialmente) che rischia di restringere ulteriormente le libertà in Rete e per rendere pubblico il quale anche Agorà Digitale era intevenuta con una interrogazione presentata dal Senatore Marco Perduca. Leggendo il draft ci si accorge che sono ancora aperte numerosissime possibilità (identificate con delle parentesi quadre), e questo renderà complessa l'analisi del documento, a cui si può prendere parte in questo workspace.
Per ora ci si può associale alle affermazioni di Jérémie Zimmermann, co-fondatore di La Quadrature du Net, "questa pubblicazione mostra quanto efficacie può essere una forte mobilitazione di cittadini in tutto il mondo. Le indiscrezioni avevano mostrato che ACTA poteva ostacolare la libertà d'espressione, l'accesso alle medicine e l'innovazione nella società della conoscenza globale.
Questa pubblicazione ufficiale ci indica che in effetti è così. Dobbiamo fermamente rifiutare che dei rappresentanti non eletti possano per conto loro ideare delle politiche che hanno un impatto così critico su elementi così fondamentali per la società"
Agorà Digitale inizi una campagna di Pirateria della Trasparenza e Civil Hacking
[dal blog di Luca Nicotra, segretario di Agorà Digitale]
Se l'obiettivo è quello di passare dal supplicare trasparenza all'imporre trasparenza, la “pirateria della conoscenza” è possibile con tre strumenti: posta elettronica certifica, firma digitale, e richieste di accesso agli atti.
Questa la proposta che ho appena proposto per una futura iniziativa comune tra Agorà Digitale e Radicali Italiani su radicali.ideascale.com, il forum digitale dove dirigenti e attivisti stanno iniziando a discutendo strategie e prospettive.
La potete anche votare all'indirizzo http://radicali.ideascale.com/a/dtd/43777-9024
Il mio ragionamento parte dagli scogli su cui si è incagliata l'iniziativa radicale sull'anagrafe pubblica degli eletti che hanno reso ancora più evidente la difficoltà radicale di coinvolgere i cittadini senza accesso prolungato all'informazione e poi di fronte agli attriti e all'impenetrabilità stupida del potere.
Sono segretario di Agorà Digitale, associazione che lotta per affermare libertà individuali attraverso le nuove tecnologie. Ma sono anche un radicale. Quindi so bene che anche la trasformazione tecnologica è soggetta ai meccanismi del potere. Inutile girarci attorno: l'era digitale ci ha promesso una rivoluzione di trasparenza e di partecipazione che non sta arrivando. La Rete ha rivoluzionato i nostri rapporti sociali, il nostro modo di lavorare, il nostro modo di cercare notizie e informazioni. Ma appena si passa dagli individui ai sistemi di potere, la trasparenza, la disintermediazione, la semplicità dei rapporti tipici del mondo digitale, scompaiono, o, se ci sono, sono estremamente selettivi, disinnescati nel loro potere dirompente.
Il nuovo non passera quindi da un potere salvifico di Internet. Passerà forse dall'intelligenza di usare gli strumenti giusti, facendo lotte possibili, con le energie e il tempo che ciascuno di noi ha. Ed è con queste forze reali che possiamo cominciare a strappare documenti e informazioni importantissime dai cassetti degli amministratori e dalle mani dei nominati. Riversandoli nella Rete. Questa sarà la nostra pirateria.
È la ragionevolezza ad imporcelo. È con un atto di pirateria che Rita Bernardini, attraverso uno sciopero della fame faticosissimo, ha permesso di rendere pubbliche le spese segrete del parlamento, svelando a giornali e una parte di opinione pubblica dati sconosciuti e in molti casi “criminali” come li definì Pannella (vedi su: http://servizi.radicalparty.org/freshinstall/cameraspese/tutte )
In concreto gli strumenti che propongo sono tre.
A quali informazioni possiamo accedere?
Solo per fare qualche esempio.
Sembra complesso, come si può fare?
La gestione dei riferimenti di legge è ostica anche per i radicali di maggiore esperienza. Per questo è necessario che Radicali Italiani e Agorà Digitale forniscano delle procedure facilitate che permettano a chiunque di procurarsi con poche decine di euro posta elettronica certificata e firma digitale, e di realizzare in pochi click i documenti per le nostre visite “virtuali” agli uffici comunali.
Come valorizzare questa lotta?
Le strade possibili sono limitate solo dalla fantasia. Si chiama civil hacking la capacità di utilizzare le tecnologie per rendere i dati intuitivi e fruibili. Starà ai cittadini, agli attivisti, ad Agorà Digitale e Radicali Italiani saperli utilizzare in modo efficace.
Se l'obiettivo è quello di passare dal supplicare trasparenza all'imporre trasparenza, la “pirateria della conoscenza” è possibile con tre strumenti: posta elettronica certifica, firma digitale, e richieste di accesso agli atti.
Questa la proposta che ho appena proposto per una futura iniziativa comune tra Agorà Digitale e Radicali Italiani su radicali.ideascale.com, il forum digitale dove dirigenti e attivisti stanno iniziando a discutendo strategie e prospettive.
La potete anche votare all'indirizzo http://radicali.ideascale.com/a/dtd/43777-9024
Il mio ragionamento parte dagli scogli su cui si è incagliata l'iniziativa radicale sull'anagrafe pubblica degli eletti che hanno reso ancora più evidente la difficoltà radicale di coinvolgere i cittadini senza accesso prolungato all'informazione e poi di fronte agli attriti e all'impenetrabilità stupida del potere.
Sono segretario di Agorà Digitale, associazione che lotta per affermare libertà individuali attraverso le nuove tecnologie. Ma sono anche un radicale. Quindi so bene che anche la trasformazione tecnologica è soggetta ai meccanismi del potere. Inutile girarci attorno: l'era digitale ci ha promesso una rivoluzione di trasparenza e di partecipazione che non sta arrivando. La Rete ha rivoluzionato i nostri rapporti sociali, il nostro modo di lavorare, il nostro modo di cercare notizie e informazioni. Ma appena si passa dagli individui ai sistemi di potere, la trasparenza, la disintermediazione, la semplicità dei rapporti tipici del mondo digitale, scompaiono, o, se ci sono, sono estremamente selettivi, disinnescati nel loro potere dirompente.
Il nuovo non passera quindi da un potere salvifico di Internet. Passerà forse dall'intelligenza di usare gli strumenti giusti, facendo lotte possibili, con le energie e il tempo che ciascuno di noi ha. Ed è con queste forze reali che possiamo cominciare a strappare documenti e informazioni importantissime dai cassetti degli amministratori e dalle mani dei nominati. Riversandoli nella Rete. Questa sarà la nostra pirateria.
È la ragionevolezza ad imporcelo. È con un atto di pirateria che Rita Bernardini, attraverso uno sciopero della fame faticosissimo, ha permesso di rendere pubbliche le spese segrete del parlamento, svelando a giornali e una parte di opinione pubblica dati sconosciuti e in molti casi “criminali” come li definì Pannella (vedi su: http://servizi.radicalparty.org/freshinstall/cameraspese/tutte )
In concreto gli strumenti che propongo sono tre.
- Posta elettronica certificata. Dietro questo nome terribile e tecnicista, c'è la possibilità di trasformare ogni email in una visita agli sportelli delle amministrazioni locali. Di comprimere in pochi istanti, click, le ore passate in fila o rimbalzato da un ufficio all'altro e a inseguire orari impossibili. Uno strumento pensato dall'amministrazione soprattutto per rendere la macchina burocratica più leggera (speriamo), ma che, quasi involontariamente, diventa il luogo dove ci possiamo infilare per esigere trasparenza e legalità.
- Sono numerosi i fogli da firmare quando ci si reca allo sportello. Perciò il secondo strumento di cui ci dobbiamo dotare è quello della firma digitale. Un apparecchio che collegato ad un computer permette di sottoscrivere documenti con pochi passi, alla velocità di un “Mi piace”, per quanti conoscono Facebook. Ma con un valore del tutto equivalente a quello di una firma autografa. La posta elettronica certificata, e ancora di più la firma digitale sono poco diffusi e di difficile reperimento. Ma con poche decine di euro, a meno della metà del costo di mercato, Radicali Italiani e Agorà Digitale hanno la possibilità di fornire ad ogni attivista questo piccolo ma sostanziale equipaggiamento tecnologico.
- L'“accesso agli atti”, lo strumento legale tramite il quale è possibile per un cittadino richiedere all'amministrazione pubblica documenti che legittimamente ritiene di essere interessato a conoscere. Strumento quasi inutilizzato per la burocrazia e la non conoscenza che lo circonda.
A quali informazioni possiamo accedere?
Solo per fare qualche esempio.
- A tutte le informazioni ambientali e con quelle documentare gli scempi sul territorio.
- Alle spese patrimoniali, ai redditi e alle spese elettorali dei consiglieri comunali, provinciali e regionali.
- A tutti gli iscritti alle liste elettorali, cioè dei cittadini che hanno diritto al voto.
Sembra complesso, come si può fare?
La gestione dei riferimenti di legge è ostica anche per i radicali di maggiore esperienza. Per questo è necessario che Radicali Italiani e Agorà Digitale forniscano delle procedure facilitate che permettano a chiunque di procurarsi con poche decine di euro posta elettronica certificata e firma digitale, e di realizzare in pochi click i documenti per le nostre visite “virtuali” agli uffici comunali.
Come valorizzare questa lotta?
Le strade possibili sono limitate solo dalla fantasia. Si chiama civil hacking la capacità di utilizzare le tecnologie per rendere i dati intuitivi e fruibili. Starà ai cittadini, agli attivisti, ad Agorà Digitale e Radicali Italiani saperli utilizzare in modo efficace.
martedì 20 luglio 2010
MARAZZO TORNA: farà inchieste per RAI TRE ..
| 19 luglio 2010 at 22:49 | Tag: Piero Marrazzo | Categories: Inceneritore Albano, Rassegna Stampa | |
Può sempre condurre inchieste su finte emergenze rifiuti e inceneritori autorizzati a ferragosto nella Regione Lazio.
Dovrebbe saperne qualcosa.
Piero Marrazzo vuole tornare a fare il giornalista. E presto, il desiderio dell'ex governatore del Lazio, costretto alle dimissioni dopo lo scandalo su droga e trans, diverrà realtà.
Lo rivela Nino Rizzo Nervo intervenendo nel programma televisivo di Klaus Davi in onda su YouTube. «Marrazzo tornerà a realizzare documentari e inchieste, ma la sua intenzione non è quella di tornare a condurre» ha precisato il membro della Commissione di Vigilanza della Rai. «Ho incontrato Marrazzo, credo tre volte, negli ultimi mesi - racconta Rizzo Nervo -. Conoscevo ed ero amico anche di suo padre insieme al quale ho più volte lavorato sulle inchieste di mafia quando vivevo a Palermo. Piero è un bravissimo giornalista. Quando ero direttore del TG3, unificato con la TGR, lo nominai caporedattore regionale a Firenze e risolse una situazione difficile. No, non tornerà a condurre. La sua vicenda personale lo ha molto provato, ma vuole giustamente tornare a fare il giornalista. Ha delle ottime idee sulla realizzazione di alcune inchieste e pensa anche alla realizzazione di alcuni documentari e ne ha già parlato con il direttore di Raitre». (Fonte articolo, clicca qui)
sabato 17 luglio 2010
LA DIOSSINA UCCIDE ! .. bloccato l'inceneritore di Lecce
Con una disposizione del 18 giugno, numero di protocollo 53205, la Provincia di Lecce, tramite il Servizio Ambiente e Polizia Provinciale ha immediatamente diffidato e sospeso dall’autorizzazione all’esercizio l’impianto di termodistruzione di rifiuti speciali e sanitari di proprietà della Biosud srl, sito in Contrada Mazzarella, a cinque chilometri da Surbo e venti da Lecce, gestore di un business che si aggira intorno ai due milioni e mezzo di euro.
Il motivo di questo provvedimento drastico sta nella lettura dei dati allarmanti che l’Arpa ha rilevato in un controllo a bocca di camino del 27 novembre 2009: una concentrazione di diossine totali pari a 13,70 ng TE/Nmc (nanogrammi per metro cubo), ben centotrenta volte superiore al limite di nanogrammi previsto per metro cubo, cioè 0,1. La Biosud deve rispettare questo limite perché soggetta al Decreto legislativo 133 del 2005, che recepisce le norme europee riguardo ai valori limite delle emissioni in atmosfera per gli inceneritori.
Il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’ Asl di Lecce ha inoltre trasmesso al servizio della provincia un provvedimento del 17 giugno nel quale è sottolineato l’evidente pericolo per la salute pubblica e si richiede la sospensione immediata fino a quando l’azienda non avrà disposto il necessario adeguamento di impianti per rientrare nella normalità.
Preso atto di tali provvedimenti, la Provincia si è appellata al decreto legislativo 152 del 2003 che prevede appunto la diffida e la sospensione da parte dell’autorità competente.
Cancerogeno: questo è il simbolo associato a sostanze che, come la diossina, sono sicuramente cancerogene per l’uomo.
In attesa di ascoltare la dirigenza della Biosud, che avrebbe dovuto consegnare memorie e osservazioni entro il 28 giugno, si sa che l’Arpa è stata formalmente invitata proprio nei giorni scorsi a effettuare nuove analisi.
Ma sorge una domanda, cui speriamo di ricevere risposta.
E (sper)giuriamo di essere davvero sorpresi. Consideriamo un fatto: la Biosud esiste ormai da anni sul territorio vanta di avere un servizio efficientissimo di rilevamenti e analisi, fornito dal Consorzio interuniversitario nazionale “La chimica per l’ambiente”, meglio noto come Inca, un consorzio fondato da cinque poli universitari, quello del Salento,quello veneziano della Ca’ Foscari, quello della Tuscia di Viterbo, quello di Milano e quello di Firenze.
Un consorzio in cui confluiscono finanziamenti pubblici, ministeriali, destinati anche alle attività di ricerca. Come mai c’è stato bisogno dell’intervento dell’Arpa per segnalare questa pesante infrazione?
Se è vero che l’azienda provvede ora che è stata tirata per il bavero a rimodernare e adeguare gli impianti, come possiamo continuare a dar credito e fiducia a chi ci rassicura di non avere la testa fra le nuvole di diossina? (Andrea Aufieri, Peacelink) . Fonte articolo, clicca qui.
DIFFERENZIA-TI
mercoledì 14 luglio 2010
Lazio in ritardo (sempre di più!) sulla raccolta differenziata
Un bando di gara pubblico per individuare il sito alternativo alla discarica di Malagrotta: è questa una delle ipotesi allo studio della Regione Lazio, che in autunno porterà in commissione Ambiente il nuovo piano dei rifiuti. «Abbiamo anche pensato alla possibilità di mettere a bando pubblico l’individuazione del sito alternativo a Malagrotta», ha annunciato il presidente Renata Polverini, che ha subito precisato: «Stiamo valutando se questo crea un allungamento dei tempi che non potremmo sostenere anche perché Malagrotta è satura e noi abbiamo il dovere di individuare un sito alternativo». Intanto, sulla scelta dell’area che dovrà ospitare la nuova discarica si dovrà pronunciare il Campidoglio. «Il Comune di Roma deve indicare un sito e poi fare le valutazioni con noi», ha ribadito il presidente che ha negato che la scelta sia già caduta su Allumiere. «Per ora la Regione non ha avuto comunicazioni formali da parte del Comune – ha spiegato -. Non appena il Comune ce lo comunicherà, valuteremo».
L’unica cosa certa al momento sembra la costruzione di un nuovo termovalorizzatore, che si andrà ad aggiungere a quelli di Colleferro, San Vittore, Malagrotta e Albano Laziale. «Allo stato delle cose – ha affermato Polverini – stiamo lavorando al quinto impianto. Naturalmente il progetto si inserisce nel piano più generale dei rifiuti quindi bisogna anche tener presenti le percentuali imposte dalla normativa nazionale rispetto alla raccolta differenziata. Percentuali che per la nostra regione è impossibile raggiungere nei tempi e con le modalità imposte e che comunque rimetterebbero in discussione gli impianti della nostra regione».
Per la costruzione dell’impianto di Albano, tuttavia, si dovrà attendere la decisione del Tar che si pronuncerà a ottobre. E nel caso in cui dovesse arrivare il via libera, i lavori dovrebbero essere portati a termine entro il 2013. Il presidente della Regione ha poi ricordato che sono «in corso l’ampliamento di San Vittore che si completerà entro la metà del 2011 e la realizzazione della seconda linea del gassificatore di Malagrotta, prevista in funzione per la stessa data».
Diverso il caso dell’impianto di Colleferro. «Il Consorzio pubblico che gestiva gli impianti è stato posto in amministrazione controllata – ha affermato la presidente -. Il commissario, dopo aver avviato una prima gara per l’individuazione dell’assuntore, andata deserta, sta oggi provvedendo alla dismissione dei beni, inclusi gli impianti di termovalorizzazione».
Per quanto riguarda invece la raccolta differenziata la Polverini ha tenuto a precisare che «i paramentri previsti dalla normativa nazionale (60 per cento) per il Lazio oggi sono assolutamente irraggiungibili». A chi le chiedeva, poi, se il nuovo piano dei rifiuti rivedrà al ribasso la percentuale della differenziata ha risposto: «Questo non dipende da noi. C’è una normativa nazionale. In queste ore stiamo lavorando anche in conferenza Stato regioni con il ministro dell’ambiente. Comunque già ieri la città di Roma ha detto che raggiungerà il 25 per cento e non quello che prevede la normativa nazionale». Fonte articolo qui
L’unica cosa certa al momento sembra la costruzione di un nuovo termovalorizzatore, che si andrà ad aggiungere a quelli di Colleferro, San Vittore, Malagrotta e Albano Laziale. «Allo stato delle cose – ha affermato Polverini – stiamo lavorando al quinto impianto. Naturalmente il progetto si inserisce nel piano più generale dei rifiuti quindi bisogna anche tener presenti le percentuali imposte dalla normativa nazionale rispetto alla raccolta differenziata. Percentuali che per la nostra regione è impossibile raggiungere nei tempi e con le modalità imposte e che comunque rimetterebbero in discussione gli impianti della nostra regione».
Per la costruzione dell’impianto di Albano, tuttavia, si dovrà attendere la decisione del Tar che si pronuncerà a ottobre. E nel caso in cui dovesse arrivare il via libera, i lavori dovrebbero essere portati a termine entro il 2013. Il presidente della Regione ha poi ricordato che sono «in corso l’ampliamento di San Vittore che si completerà entro la metà del 2011 e la realizzazione della seconda linea del gassificatore di Malagrotta, prevista in funzione per la stessa data».
Diverso il caso dell’impianto di Colleferro. «Il Consorzio pubblico che gestiva gli impianti è stato posto in amministrazione controllata – ha affermato la presidente -. Il commissario, dopo aver avviato una prima gara per l’individuazione dell’assuntore, andata deserta, sta oggi provvedendo alla dismissione dei beni, inclusi gli impianti di termovalorizzazione».
Per quanto riguarda invece la raccolta differenziata la Polverini ha tenuto a precisare che «i paramentri previsti dalla normativa nazionale (60 per cento) per il Lazio oggi sono assolutamente irraggiungibili». A chi le chiedeva, poi, se il nuovo piano dei rifiuti rivedrà al ribasso la percentuale della differenziata ha risposto: «Questo non dipende da noi. C’è una normativa nazionale. In queste ore stiamo lavorando anche in conferenza Stato regioni con il ministro dell’ambiente. Comunque già ieri la città di Roma ha detto che raggiungerà il 25 per cento e non quello che prevede la normativa nazionale». Fonte articolo qui
martedì 13 luglio 2010
Rifiuti, Noe sequestra discarica nel frusinate: 14 fermati
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I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (Noe) della capitale stanno sequestrando la discarica di Cerreto nel comune di Roccasecca (Frosinone) e eseguendo 14 misure cautelari emesse dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere per reati che vanno dal traffico illecito di rifiuti, al falso ideologico, alla truffa. Lo riferiscono una fonte del Noe e una fonte della procura di Santa Maria Capua Vetere, aggiungendo che la società che gestisce la discarica, oggetto d’indagine, ha smaltito rifiuti speciali, e in alcuni casi tossici, in impianti del centro-sud autorizzati ad accogliere rifiuti, ma non speciali né tossici, grazie alla falsificazione di documenti. Il Noe, che ha operato in sette regioni (Lazio, Campania, Marche, Umbria, Toscana, Puglia e Abruzzo), ha eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare di cui quattro in carcere. (Fonte, clicca qui)
Una vasta operazione ambientale è in corso nel frusinate ed in altre regioni italiane. I carabinieri del Nucleo operativo ecologico della capitale stanno sequestrando la discarica di Cerreto nel comune di Roccasecca, utilizzata per stoccare i rifiuti dei 91 comuni che compongono la provincia di Frosinone. L’inchiesta vede coinvolte decine di persone. Quattordici gli arresti eseguiti dal Noe dei carabinieri in tutta Italia, per concorso in traffico illegale di rifiuti speciali e tossici e falso. Il blitz dei militari, coordinati dal capitano Ultimo Sergio Di Caprio è scattato in 7 regione (Lazio, Campania, Marche, Umbria, Toscana, Puglia e Abruzzo. Quattro gli arresti nel Lazio, tre a Frosinone e una a Viterbo. A coordinare le indagini la Procura di Santa Maria Capua Vetere con il pm Guarriello e il gip Baldassarre. (Fonte: La Repubblica)
I fanghi dei rifiuti che avrebbero dovuti essere trattati secondo le norme di legge, venivano sparsi nei terreni delle campagne del Casertano. E’ quanto emerge dall’indagine dei carabinieri del Noe in 7 regioni con 14 arresti. In particolare, un’impresa di Gricignano d’Aversa (Caserta) aveva l’incarico di ritirare i liquami presso le abitazioni prive di collegamenti alle fogne. Gli stessi liquami avrebbero dovuti essere trattati e inertizzati ma i fanghi, secondo quanto emerge dall’indagine, venivano gettati nelle campagne del Casertano. (Fonte: Ansa)
Lazio/rifiuti: FDS chiede di verificare le scorie inquinanti a Malagrotta
Il Gruppo della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio ha presentato questa mattina un’interrogazione urgente all’Assessorato regionale all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile per verificare la presenza di scorie inquinanti all’interno del perimetro della discarica di Malagrotta.
Ivano Peduzzi e Fabio Nobile, capogruppo e consigliere Fds, segnalando la denuncia dei comitati cittadini delle zone confinanti con la discarica, chiedono all’Assessore regionale Mattei di ”conoscere dove siano state sinora smaltite le scorie dell’impianto romano e dove ne e’ previsto il futuro smaltimento, se la caratterizzazione di tali scorie viene effettuata da un laboratorio ‘terzo’ e quali siano i risultati delle analisi”. Chiedono inoltre ‘’se in considerazione della pericolosita’ per la salute dei cittadini non sia necessario procedere alla chiusura dell’impianto”. (Fonte articolo, clicca qui)
lunedì 5 luglio 2010
Chi pagherà le Follie del signor Cerroni?
Il giorno 15 giungo 2010 la Commissione Parlamentare sulle attività illecite nella gestione dei rifiuti ha invitato in audizione il signor Cerroni.
Il signor Cerroni ha riportato, alla Commissione parlamentare, una notizia importantissima e riservatissima: “Io dico che ho una sorella che cucina bene le fettuccine: se non le do la farina doppio zero e le uova buone, ma il mais, lei non può prepararmele. Questo è il punto. È tutto qui”. Va sottolineato che, terminata l’audizione, la Commissione parlamentare ha sentitamente ringraziato il signor Cerroni. Oltre alle fettuccine della sorella, il signor Cerroni ha deliziato la Commissione con gli spaghetti (“quando facevamo tutto noi, si mangiavano spaghetti la mattina sulle strade di Roma”).
Abbiamo poi potuto ammirare le competenze tecniche del signor Cerroni, competenze che gli permettono di eludere qualsiasi gara di appalto e di andare direttamente a trattativa rigorosamente privata.
Di seguito riportiamo il Cerroni pensiero sugli inceneritori; “Ma non dimenticate che avevamo dodici inceneritori del tal quale a Rocca Cencia e a Ponte Malnome. Quando allora c’era la scafatura, da febbraio ad aprile, cioè quando i piselli e le fave le donne li facevano in casa, noi, per far funzionare i forni, dovevamo dare olio combustibile, petrolio, perché il potere calorifico di quei rifiuti non consentiva la combustione”. Chiusa la lezione culinaria su fettuccine, spaghetti, fave e piselli, la Commissione parlamentare si è interrogata sulla mancanza di CDR nel Lazio e sulla effettiva necessità di tanti inceneritori (Colleferro, San Vittore, Malagrotta ed Albano).
Il signor CERRONI ha così risposto: “Quando il cerchio sarà chiuso e, probabilmente, si farà la raccolta differenziata, non al 50/60 per cento, come dicono, ma solo al 35 per cento, noi dovremo importare i rifiuti, perché non ce li abbiamo”.
E se manca il CDR, cosa ci faremo dell’inceneritore di Albano?
Il signor CERRONI ha così risposto: “Funzionerebbe anche con il rifiuto talquale, che però non produce energia, e si dovrà cambiare l’autorizzazione”.
Questo si ripercuoterà sul costo dei rifiuti ai cittadini?
Il signor CERRONI ha così risposto: “Con l’incenerimento tal quale, i costi sono da 200 a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti”.
Il tutto è semplicemente folle: per far funzionare 12 linee di inceneritori, la regione Lazio dovrà importare rifiuti dalle altre regioni e, forse, anche dall’estero !!!
Le follie del signor Cerroni e del suo immenso impero, garantito dall’assoluto monopolio e da una classe politica completamente asservita, ci costano già oggi molto care: dal rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) risulta che il Lazio ha i costi e le tariffe più alte d’Italia (163 euro è il costo totale per abitante), di gran lunga superiore alle altre regioni (Campania 127 euro, Veneto 109 euro, Lombardia 100 euro, Friuli 94 euro).
Considerato che nel Lazio già manca il CDR da bruciare, gli inceneritori dovranno bruciare il tal quale e i costi esploderanno a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti !!! Chi pagherà le follie del signor Cerroni?
Sulla base del federalismo fiscale saranno i cittadini del Lazio a pagare a piè di lista le spese folli del signor Cerroni e della banda dei Cerroni Boys (Marrazzo, Alemanno, ACEA, AMA, Di Carlo, Robilotta, Mattei, Zaratti, ecc.).
Il Ministro Tremonti ha iniziato la Relazione del Governo alle Camere sul Federalismo Fiscale con il seguente pensiero: “come e perché l’albero della finanza pubblica è diventato un albero storto”.
Nella Regione Lazio, purtroppo, non c’è più alcun albero della finanza pubblica, ci sono solo le “idrovore” e la fallimentare gestione della sanità e dei rifiuti nel Lazio sono solo la punta di un iceberg.
Leggi tutto il testo dell’audizione.
Abbiamo poi potuto ammirare le competenze tecniche del signor Cerroni, competenze che gli permettono di eludere qualsiasi gara di appalto e di andare direttamente a trattativa rigorosamente privata.
Di seguito riportiamo il Cerroni pensiero sugli inceneritori; “Ma non dimenticate che avevamo dodici inceneritori del tal quale a Rocca Cencia e a Ponte Malnome. Quando allora c’era la scafatura, da febbraio ad aprile, cioè quando i piselli e le fave le donne li facevano in casa, noi, per far funzionare i forni, dovevamo dare olio combustibile, petrolio, perché il potere calorifico di quei rifiuti non consentiva la combustione”. Chiusa la lezione culinaria su fettuccine, spaghetti, fave e piselli, la Commissione parlamentare si è interrogata sulla mancanza di CDR nel Lazio e sulla effettiva necessità di tanti inceneritori (Colleferro, San Vittore, Malagrotta ed Albano).
Il signor CERRONI ha così risposto: “Quando il cerchio sarà chiuso e, probabilmente, si farà la raccolta differenziata, non al 50/60 per cento, come dicono, ma solo al 35 per cento, noi dovremo importare i rifiuti, perché non ce li abbiamo”.
E se manca il CDR, cosa ci faremo dell’inceneritore di Albano?
Il signor CERRONI ha così risposto: “Funzionerebbe anche con il rifiuto talquale, che però non produce energia, e si dovrà cambiare l’autorizzazione”.
Questo si ripercuoterà sul costo dei rifiuti ai cittadini?
Il signor CERRONI ha così risposto: “Con l’incenerimento tal quale, i costi sono da 200 a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti”.
Il tutto è semplicemente folle: per far funzionare 12 linee di inceneritori, la regione Lazio dovrà importare rifiuti dalle altre regioni e, forse, anche dall’estero !!!
Le follie del signor Cerroni e del suo immenso impero, garantito dall’assoluto monopolio e da una classe politica completamente asservita, ci costano già oggi molto care: dal rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) risulta che il Lazio ha i costi e le tariffe più alte d’Italia (163 euro è il costo totale per abitante), di gran lunga superiore alle altre regioni (Campania 127 euro, Veneto 109 euro, Lombardia 100 euro, Friuli 94 euro).
Considerato che nel Lazio già manca il CDR da bruciare, gli inceneritori dovranno bruciare il tal quale e i costi esploderanno a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti !!! Chi pagherà le follie del signor Cerroni?
Sulla base del federalismo fiscale saranno i cittadini del Lazio a pagare a piè di lista le spese folli del signor Cerroni e della banda dei Cerroni Boys (Marrazzo, Alemanno, ACEA, AMA, Di Carlo, Robilotta, Mattei, Zaratti, ecc.).
Il Ministro Tremonti ha iniziato la Relazione del Governo alle Camere sul Federalismo Fiscale con il seguente pensiero: “come e perché l’albero della finanza pubblica è diventato un albero storto”.
Nella Regione Lazio, purtroppo, non c’è più alcun albero della finanza pubblica, ci sono solo le “idrovore” e la fallimentare gestione della sanità e dei rifiuti nel Lazio sono solo la punta di un iceberg.
Leggi tutto il testo dell’audizione.
sabato 3 luglio 2010
Cerroni ed il Paese dei Balocchi
Mentre l’Italia è alle prese con una pesantissima crisi economica e il Governo ha preparato una delle più pesanti manovre finanziarie degli ultimi anni, la potentissima lobby romana dei rifiuti (i Cerroni Boys) stanno cercando disperatamente di accaparrarsi altri soldi dalle istituzioni e dalle tasche dei cittadini.
In una recente intervista rilasciata a “Il sole 24 ore”, Bruno Landi, responsabile ambiente Federlazio, già Presidente della Regione Lazio (come Marrazzo), alle dipendenze del signor Cerroni, ha sentenziato in pieno delirio: «La tariffa di Roma è la più bassa d'Italia. Perciò abbiamo chiesto alla Regione una revisione tariffaria».
Nulla ha avuto da obiettare il giornalista del più autorevole (?) giornale economico del Paese dei Balocchi.
Abbiamo voluto verificare le farneticanti dichiarazioni dell’autorevole esponente dei Cerroni Boys.
Il costo a tonnellata della discarica di Malagrotta è pari a 68 euro.
Nella “Relazione annuale sullo stato dei servizi idrici, di gestione dei rifiuti urbani e sull’attività svolta - Anno 2009” predisposta dall’Autorità regionale per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti urbani della Regione Emilia Romagna emerge che, in Italia, la tariffa minima dello smaltimento in discarica è pari a 51,60 euro.
Quindi, la tariffa di Roma non è la più bassa in Italia.
Ma perché il signor Cerroni, che si vanta di aver realizzato impianti di trattamento dei rifiuti anche in Europa, in America e in Australia, non applica, per esempio, le tariffe europee?
Sempre nella relazione della Regione Emilia Romagna sono riportate le tariffe medie europee basate sulla indagine Cewep (dati riferiti al 2007 ed attualizzati al 2009).
La tariffa della discarica di Malagrotta (68 euro per tonnellata) è nettamente più alta delle tariffe medie del Belgio (50-60 euro), della Danimarca (20-60 euro), dell’Olanda (20-40 euro), della Spagna (20-50 euro) e della Svezia (30-50 euro).
Ma l’Italia è veramente il Paese dei Balocchi?
Dal “Rapporto Rifiuti 2008” predisposto dall’ISPRA è confermato anche per il 2008 che il Lazio è la regione con i costi totali medi pro capite annui di gestione dei rifiuti più alti d’Italia (e forse del mondo).
Tutto questo grazie al monopolio del signor Cerroni.
In una recente intervista rilasciata a “Il sole 24 ore”, Bruno Landi, responsabile ambiente Federlazio, già Presidente della Regione Lazio (come Marrazzo), alle dipendenze del signor Cerroni, ha sentenziato in pieno delirio: «La tariffa di Roma è la più bassa d'Italia. Perciò abbiamo chiesto alla Regione una revisione tariffaria».
Nulla ha avuto da obiettare il giornalista del più autorevole (?) giornale economico del Paese dei Balocchi.
Abbiamo voluto verificare le farneticanti dichiarazioni dell’autorevole esponente dei Cerroni Boys.
Il costo a tonnellata della discarica di Malagrotta è pari a 68 euro.
Nella “Relazione annuale sullo stato dei servizi idrici, di gestione dei rifiuti urbani e sull’attività svolta - Anno 2009” predisposta dall’Autorità regionale per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti urbani della Regione Emilia Romagna emerge che, in Italia, la tariffa minima dello smaltimento in discarica è pari a 51,60 euro.
Quindi, la tariffa di Roma non è la più bassa in Italia.
Ma perché il signor Cerroni, che si vanta di aver realizzato impianti di trattamento dei rifiuti anche in Europa, in America e in Australia, non applica, per esempio, le tariffe europee?
Sempre nella relazione della Regione Emilia Romagna sono riportate le tariffe medie europee basate sulla indagine Cewep (dati riferiti al 2007 ed attualizzati al 2009).
La tariffa della discarica di Malagrotta (68 euro per tonnellata) è nettamente più alta delle tariffe medie del Belgio (50-60 euro), della Danimarca (20-60 euro), dell’Olanda (20-40 euro), della Spagna (20-50 euro) e della Svezia (30-50 euro).
Ma l’Italia è veramente il Paese dei Balocchi?
Dal “Rapporto Rifiuti 2008” predisposto dall’ISPRA è confermato anche per il 2008 che il Lazio è la regione con i costi totali medi pro capite annui di gestione dei rifiuti più alti d’Italia (e forse del mondo).
Tutto questo grazie al monopolio del signor Cerroni.
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