Acqua, arriva la tariffa sociale. Ecco come fare per presentare la domanda
Il Comitato acqua pubblica di Velletri aveva chiesto l’applicazione della tariffa sociale per il servizio idrico a favore delle famiglie di basso reddito fin dal 2008. Ci sono voluti tre anni, centinaia di contestazioni, diverse lettere di messa in mora e un movimento che oggi si è allargato ai Castelli romani per convincere l’Ato 2 ad approvare una riduzione tariffaria per chi riceve bassi salari.
Eppure la tariffa sociale era già prevista dalla legge Galli del 1994, e mai applicata, fino al 2011, nella provincia di Roma.
L’assemblea dei Sindaci del 2010 ha finalmente approvato questo passaggio importante, anche se con un regolamento farraginoso e complicato.
Per questo il Comitato acqua pubblica di Velletri si mette a disposizione – gratuitamente, come abbiamo sempre fatto – di tutti i cittadini per richiedere lo sgravio, pari a circa 30 euro a persona l’anno.
E’ obbligatorio presentare la domanda per il 2011 entro il 30 settembre prossimo.
Ha diritto alla tariffa sociale per l’acqua chi:
ha un ISEE familiare con un reddito inferiore a 11.160 euro (cifra che sale a 13.920 per i nuclei con almeno 5 persone o per le famiglie con un familiare che necessita per motivi medici di alte quantità d’acqua) non possiede una casa lussuosa (casa signorile, villino, villa, castelli o palazzi di pregio artistico)
è residente nell’indirizzo d’intestazione della fattura Acea
Tutte le famiglie che hanno bisogno di assistenza per preparare la documentazione da inviare ad Acea chiedendo l’applicazione della tariffa sociale per il 2011 possono rivolgersi allo sportello del Comitato acqua pubblica di Velletri, ogni mercoledì, dalle ore 17 alle ore 19, presso il dopo lavoro ferroviario.
Per velocizzare la pratica occorre portare con se:
dichiarazione ISEE dell’intestatario della bolletta, certificato di residenza in carta semplice (specificare all’anagrafe che si tratta di un certificato richiesto da Acea, concessionario pubblico, per l’applicazione della tariffa sociale)
fotocopia documento d’identità dell’intestatario della bolletta
Pubblicato da Comitato Acqua Pubblica Velletri
mercoledì 31 agosto 2011
Comitato Acqua Pubblica Velletri: Lettera aperta del Forum dei Movimenti per l’Acqua al Presidente della Repubblica e forze politiche
MANOVRA ECONOMICA E PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI:
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E A TUTTE LE FORZE POLITICHE
Il 12 e 13 giugno il voto referendario di ben 28 milioni di cittadine e cittadini italiani di ogni espressione politica ha chiaramente indicato la voglia di partecipazione attiva alle decisioni importanti per il Paese: servizi pubblici locali, beni comuni, energia, giustizia.
Chiara è stata la risposta dei cittadini: NO alla privatizzazione dei servizi pubblici locali d’interesse generale, a partire dalla gestione dell’acqua ma non solo, NO ai profitti del mercato sui beni comuni essenziali.
Le persone hanno chiaramente indicato alla rappresentanza politica una nuova stagione che metta al centro l’essere umano e i beni comuni e non le agenzie di rating e la speculazione finanziaria.
Purtroppo il governo non solo non ha ancora attuato le indicazioni referendarie retrocedendo sulle privatizzazioni già attuate e abolendo i profitti sull’acqua ma, con la manovra economica in fase di discussione parlamentare e già approvata con Decreto Legge n. 138 del 13 agosto scorso, ha riproposto (negli articoli raggruppati sotto il Titolo II) in altra forma la sostanza delle norme abrogate con volontà popolare.
Infatti, l’articolo 4 ripresenta il vecchio Decreto Ronchi e persino nuove date di scadenza per le prossime privatizzazioni dei servizi pubblici locali. Addirittura l’articolo 5 arriva a dare un premio in denaro agli enti locali pur di convincerli a lasciare al mercato delle privatizzazioni i propri servizi essenziali per le comunità. Un premio che dovrebbe servire per fantomatici investimenti infrastrutturali quando invece ai Comuni vengono sottratti trasferimenti essenziali per le loro funzioni.
Tutto ciò – oltre a non rispettare la volontà di partecipazione e le decisioni che i cittadini impongono ai rappresentanti politici – è una chiara violazione della Costituzione poiché il popolo italiano si è pronunciato con referendum contro l’affidamento al mercato di tutti i servizi pubblici locali previsti dal Decreto Ronchi, e tale decisione è vincolante per almeno cinque anni (come affermato dalla giurisprudenza costante della Corte Costituzionale).
Purtroppo ciò sta avvenendo in un colpevole silenzio politico generalizzato che non rispetta il voto dei cittadini (di qualsiasi colore politico).
Ci rivolgiamo a tutte le forze politiche affinché non deformino l’esito referendario e rispettino l’indirizzo chiaro della volontà popolare.
Ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica affinché, in aderenza al Suo ruolo di garante della Costituzione, non permetta che siano riproposte leggi che violano l’esito dei referendum popolari.
FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA
Pubblicato da Comitato Acqua Pubblica Velletri
E Beppe Grillo come fa? Il video di Tony Troja fatto censurare dal campi...
SATIRE WILL NEVER DIE !! Grillo (comico) farebbe spezzare le mani anche a Tony Troia. è vergognoso ora è lecito chiedersi: Chi lo paga? nun basta che strilli ai quattro venti che chi denuncia le scie chimiche altro nun è che un complottista .. evidentemente no .. vaffanculo Grillo !!
lunedì 29 agosto 2011
VIK -: PALESTINA NEWS - 29 Agosto 2011
(clicca sul Titolo per avere accesso al Blog ed alle news che Silvana ci da tutti i sacrosanti giorni, grazie Silvana per proseguire il lavoro di Vik, per sempre nel Cuore assieme a Tutto il Popolo Palestinese .. VINCEREMO !!)
Escalation delle aggressione israeliane contro i bambini palestinesi:
decine di minorenni arrestati
Ramallah - InfoPal.
"Nella prima metà di agosto 2011, le autorità d'occupazione israeliane hanno arrestato decine di minori palestinesi.Altrettanti bambini palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da militari e coloni di Israele".
E' quanto afferma un rapporto ufficiale rilasciato dall'ufficio del ministero dell'Informazione palestinese, che aggiunge:
"Con l'intento di spargere terrore tra i bambini palestinesi, a decine vengono arrestati con il pretesto di aver lanciato pietre contro militari e coloni israeliani".
Nel rapporto si prendono in esame gli arresti ai danni di palestinesi d'età inferiore ai 18 anni.
"15 bambini palestinesi sono stati sequestrati nel periodo di riferimento.
Tra di essi anche un bimbo di 18 mesi arrestato insieme alla madre mentre era in visita al marito detenuto da Israele".
In questi contesti, cinque minori palestinesi - tra i 9 e i 14 anni - sono rimasti feriti in Cisgiordania perché aggrediti da militari e coloni israeliani.
Escalation delle aggressione israeliane contro i bambini palestinesi:
decine di minorenni arrestati
Ramallah - InfoPal.
"Nella prima metà di agosto 2011, le autorità d'occupazione israeliane hanno arrestato decine di minori palestinesi.Altrettanti bambini palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da militari e coloni di Israele".
E' quanto afferma un rapporto ufficiale rilasciato dall'ufficio del ministero dell'Informazione palestinese, che aggiunge:
"Con l'intento di spargere terrore tra i bambini palestinesi, a decine vengono arrestati con il pretesto di aver lanciato pietre contro militari e coloni israeliani".
Nel rapporto si prendono in esame gli arresti ai danni di palestinesi d'età inferiore ai 18 anni.
"15 bambini palestinesi sono stati sequestrati nel periodo di riferimento.
Tra di essi anche un bimbo di 18 mesi arrestato insieme alla madre mentre era in visita al marito detenuto da Israele".
In questi contesti, cinque minori palestinesi - tra i 9 e i 14 anni - sono rimasti feriti in Cisgiordania perché aggrediti da militari e coloni israeliani.
domenica 28 agosto 2011
Ali Ferzat e i Ladroni della Libertà che non hanno ali
Un amico disegnatore conosciuto su Facebook e che si chiama Pin Theon , ha uno spazio che si chiama Kontrapunkte dove ha appena messo l’ultima sua vignetta,La Satira non si spezza mai, scrivendo: ” Dedico questo disegno al celebre vignettista siriano Ali Ferzat. Avranno pure spezzato le sue mani, ma non la sua Satira. (PIN)”
E allora vi propongo anche una serie di video, partendo da questo dove lo vedete, con i figli, ampiamente vivo malgrado tutto:
Perchè se non lo sapeste o non aveste capito bene, ieri si è appreso che: “Gli hanno tagliato le mani perchè erano il mezzo che utilizzava per fare satira contro il regime del Presidente siriano Assad. E’ la tragica sorte capitata al vignettista Ali Ferzat, celebre disegnatore e fondatore di un giornale satirico chiuso dopo numerosi attacchi e censure.A dare lui l’”avvertimento”, come loro stessi hanno detto, sono stati gli agenti dei servizi di sicurezza di Damasco dopo che Ali aveva disegnato Assad mentre faceva l’autostop con Gheddafi. Gli aggressori lo hanno fermato e dopo averlo fatto salire su un pulmino, hanno cominciato a pestarlo, urlandogli contro, così come ha fatto sapere il figlio dell’artista, “questo è perchè disegni per la libertà e contro i tuoi signori”.
Ferzat ha lasciato l’ospedale dove era stato ricoverato per timore di subire ulteriori aggressioni. Ora il ministro degli Interni ha avviato un’inchiesta. In Siria, nel corso del 2011 sono scoppiate numerose sommosse popolari alle quali è seguita una sanguinosa repressione contro i ribelli che, alla vigilia del Ramadan, è degenerata in una vera e propria guerra condotta dall’esercito siriano contro il suo stesso popolo. La notte scorsa le forze siriane vicine al presidente Bashar al-Assad hanno ucciso otto persone colpevoli di aver partecipato alle manifestazioni che si susseguono numerose con lo scopo di chiedere la fine degli oltre quarant’anni di regime della famiglia Assad. Solo lo scorso venerdì le manifestazioni che hanno preso il via dopo la tradizionale preghiera nelle moschee sono costate la vita a quattordici civili, tra cui anche due bambini, dopo che la polizia siriana ha aperto il fuoco sui dimostranti a Damasco, nei quartieri di Qadam, Zahra e Qabuun. Intervenuto per la quarta volta dinanzi alla tv di Stato dall’inizio delle proteste anti-regime e della conseguente repressione che ha causato almeno duemila morti, il Presidente Assad non si è detto per nulla preoccupato, anzi, per lui la situazione volge al miglioramento. Poi ha annunciato un ulteriore ciclo di riforme e l’arrivo, entro marzo 2012, delle elezioni legislative, ignorando così le richieste degli occidentali, Usa ed Ue in primis, che gli hanno chiesto le dimissioni.”
L’amica Baruda scrive: “E’ (fortunatamente non dobbiamo parlare al passato) un vignettista molto famoso, un 61enne dotato di mani d’oro e intelligenza fine …
Ed ecco le sue mani e il suo volto, dopo il pestaggio Ali Ferzat, questo il suo nome, è nato nella città di Hama in Siria (che passa alla storia per il massacro del 1982 e poi quello dei primi giorni del Ramadan di quest’anno) ed ha una lunga storia da caricaturista politico, espulso dal partito Baath qualche decennio fa. Una matita che non ha mai smesso di esser arma: il primo periodico indipendente (al-Domari) della storia della siria baathista, da lui fondato, è riuscito a sopravvivere meno di tre anni … chiuso con la forza nel 2003, sotto l’attuale presidente.Ieri, dalla piazza della Moschea Omayyade di Damasco è stato catturato da alcuni uomini armati. Oggi, come un Victor Jara mediorientale, è stato ritrovato: il suo corpo pestato a sangue è stato lanciato da una macchina in corsa, sull’autostrada che unisce Damasco al suo aereoporto (una trentina di km d’asfalto che tagliano l’oasi della Ghuta).Ha il cranio fratturato e le braccia rotto: l’accanimento sulle sue mani e le sue braccia rivela senza troppi giri di parole le intenzioni dei suoi picchiatori. Almeno è vivo … e presto le sue mani saranno di nuovo in grado di schiaffeggiare il regime.Questa è la Siria di Bashar, quella che qualcuno crede baluardo antimperialista e antisionista…Il suo sito continua ad essere oscurato.”
Riportavo il 31 luglio scorso in La Mecca per chi?
Donne uomini e assalti in Medio Oriente da Persepolis:
“Tutti hanno sempre una scelta.”
Alla fine del cartone di Marjane Satrapi, la nonna dice Vergognati!
C’è qualche “nonno” o “nipote” che si vergogna di manipolare così l’informazione? Le mie maledizioni hanno spiccato il volo.
di Doriana Goracci .. http://www.Reset.italia.net
mercoledì 24 agosto 2011
lunedì 22 agosto 2011
Ritorna "Piombo fuso".....I BAMBINI "TERRORISTI" DI GAZA
domenica 21 agosto 2011 - by Silvana: "What's more deafening than silence"
Conosci il silenzio?
Conosci il silenzio assoluto?
Quel silenzio che giunge da Gaza....lo conosci?
Il silenzio di Gaza.....toglie il respiro e frantuma l'anima....
Il silenzio di Gaza toglie la parola, blocca i movimenti e stronca il sonno.
Il silenzio di Gaza è profondo e denso come un incubo
Il silenzio di Gaza va oltre l'esistere ....
Il silenzio di Gaza, stanotte mi guardava,
contava i miei respiri e i miei battiti...
in un'attesa che avrei voluto fermare....
per paura dell'oltre........
Il silenzio di Gaza occupa l'anima e paralizza il corpo.
Il silenzio di Gaza si chiama Ferocia umana.
Il silenzio di Gaza si chiama Indifferenza
Silvana Parlagreco
Conosci il silenzio?
Conosci il silenzio assoluto?
Quel silenzio che giunge da Gaza....lo conosci?
Il silenzio di Gaza.....toglie il respiro e frantuma l'anima....
Il silenzio di Gaza toglie la parola, blocca i movimenti e stronca il sonno.
Il silenzio di Gaza è profondo e denso come un incubo
Il silenzio di Gaza va oltre l'esistere ....
Il silenzio di Gaza, stanotte mi guardava,
contava i miei respiri e i miei battiti...
in un'attesa che avrei voluto fermare....
per paura dell'oltre........
Il silenzio di Gaza occupa l'anima e paralizza il corpo.
Il silenzio di Gaza si chiama Ferocia umana.
Il silenzio di Gaza si chiama Indifferenza
Silvana Parlagreco
domenica 21 agosto 2011
venerdì 19 agosto 2011
Albano, acqua tossica e discarica fuorilegge
Le analisi dell’Arpa rivelano la contaminazione delle acque limitrofe al sito di smaltimento alle porte di Roma. Ammoniaca, arsenico e cloroformio: un mix micidiale. La protesta dei cittadini.
I segni della contaminazione sono lampanti. La discarica di Albano inquina le acque limitrofe e sottostanti. Nel 1999 erano fuori limite ammonica e nitriti, nel 2004 ferro e zinco, nel 2010 cloroformio e arsenico. È quanto emerge dai prelievi dell’Arpa Lazio che, ad un attenta analisi dicono molto di più: nelle acque dei pozzi spia è stata rinvenuta una miriade di composti organici, un mix di sostanze tossiche che non essendo presente nelle falde per natura conferma l’ipotesi che la contaminazione sia riconducibile alla discarica. Il percolato, un liquido altamente tossico prodotto dalla decomposizione dei rifiuti, è fuoriuscito dagli invasi e ha contaminato le acque. «Nel 2005 ci sono stati due picchi di concentrazione organica inquinante, superiore ad altri anni, che non possono essere attribuiti a cause naturali ma molto realisticamente a un abbondante penetrazione di percolato proveniente dalla discarica» spiega Aldo Garofalo, chimico del Coordinamento cittadino per la chiusura del sito di smaltimento rifiuti, in un resoconto dettagliato.
I dati dei prelievi effettuati dall’Arpa non danno adito a dubbi: «la discarica inquina in modo discontinuo ma significativo le vicine falde acquifere, specialmente quelle più prossime agli invasi compromessi». La tenuta dei teli isolanti non è eterna: dopo circa vent’anni gli invasi cedono e il percolato penetra nel terreno contaminando le acque. Le istituzioni competenti ne sono al corrente ma fanno finta di niente. «Gli sforamenti registrati non hanno avuto alcuna conseguenza sull’attività della discarica e sono stati archiviati da tutti come accidenti occasionali, compreso l’ultimo del 2010, quando è stata trovata una quantità di cloroformio sei volte sopra il limite in uno dei pozzi e percentuali di arsenico superiori a quella consentite in tutte le fonti» denuncia il chimico. Nonostante la concentrazione delle sostanze tossiche ecceda frequentemente il limite stabilito dalla legge, il fenomeno viene inquadrato come un insieme disordinato di casi fortuiti.
«La stessa Arpa, forse timorosa per aver osato troppo, si è affrettata a dichiarare che un dato da solo non dice niente, che c’è una variabilità statistica e via dicendo». La discarica di Albano è satura e malandata. Da trent’anni ormai è la pattumiera dell’intero bacino dei Castelli romani e di gran parte dei Comuni del litorale. E invaso dopo invaso continua a crescere e a mangiare squisite porzioni di territorio, destinato per tradizione alla produzione di vini doc e cibi biologici. Il proprietario del sito è lo stesso della discarica di Malagrotta, dell’invaso di Monti dell’ortaccio e dell’area di Testa di Cane. È il monopolista della gestione dei rifiuti nel Lazio Manlio Cerroni che ha fatto in modo di acquistare in zona quanti più appezzamenti di terreno fosse possibile.
All’ennesima richiesta di ampliamento la Asl-Rm H ha bocciato il progetto ribadendo l’urgenza di bonificare l’intera area, la Conferenza dei servizi ha ribadito il no ma dal dipartimento territorio della Regione Lazio è inspiegabilmente arrivato il placet. I comitati hanno fatto ricorso al Tar denunciando errori progettuali e rischi ambientali. Ora arrivano i prelievi dell’Arpa, analisi che dopo l’emergenza arsenico avrebbero dovuto essere più frequenti e che invece si sono diradate nel tempo passando da una cadenza trimestrale a quella annuale. «Ma il tempo che la verità venga a galla è arrivato - ripetono dal comitato di Albano - la salute dei cittadini non deve essere subordinata al business dei privati».
scritto da Rossella Anitori per Terra news
I segni della contaminazione sono lampanti. La discarica di Albano inquina le acque limitrofe e sottostanti. Nel 1999 erano fuori limite ammonica e nitriti, nel 2004 ferro e zinco, nel 2010 cloroformio e arsenico. È quanto emerge dai prelievi dell’Arpa Lazio che, ad un attenta analisi dicono molto di più: nelle acque dei pozzi spia è stata rinvenuta una miriade di composti organici, un mix di sostanze tossiche che non essendo presente nelle falde per natura conferma l’ipotesi che la contaminazione sia riconducibile alla discarica. Il percolato, un liquido altamente tossico prodotto dalla decomposizione dei rifiuti, è fuoriuscito dagli invasi e ha contaminato le acque. «Nel 2005 ci sono stati due picchi di concentrazione organica inquinante, superiore ad altri anni, che non possono essere attribuiti a cause naturali ma molto realisticamente a un abbondante penetrazione di percolato proveniente dalla discarica» spiega Aldo Garofalo, chimico del Coordinamento cittadino per la chiusura del sito di smaltimento rifiuti, in un resoconto dettagliato.
I dati dei prelievi effettuati dall’Arpa non danno adito a dubbi: «la discarica inquina in modo discontinuo ma significativo le vicine falde acquifere, specialmente quelle più prossime agli invasi compromessi». La tenuta dei teli isolanti non è eterna: dopo circa vent’anni gli invasi cedono e il percolato penetra nel terreno contaminando le acque. Le istituzioni competenti ne sono al corrente ma fanno finta di niente. «Gli sforamenti registrati non hanno avuto alcuna conseguenza sull’attività della discarica e sono stati archiviati da tutti come accidenti occasionali, compreso l’ultimo del 2010, quando è stata trovata una quantità di cloroformio sei volte sopra il limite in uno dei pozzi e percentuali di arsenico superiori a quella consentite in tutte le fonti» denuncia il chimico. Nonostante la concentrazione delle sostanze tossiche ecceda frequentemente il limite stabilito dalla legge, il fenomeno viene inquadrato come un insieme disordinato di casi fortuiti.
«La stessa Arpa, forse timorosa per aver osato troppo, si è affrettata a dichiarare che un dato da solo non dice niente, che c’è una variabilità statistica e via dicendo». La discarica di Albano è satura e malandata. Da trent’anni ormai è la pattumiera dell’intero bacino dei Castelli romani e di gran parte dei Comuni del litorale. E invaso dopo invaso continua a crescere e a mangiare squisite porzioni di territorio, destinato per tradizione alla produzione di vini doc e cibi biologici. Il proprietario del sito è lo stesso della discarica di Malagrotta, dell’invaso di Monti dell’ortaccio e dell’area di Testa di Cane. È il monopolista della gestione dei rifiuti nel Lazio Manlio Cerroni che ha fatto in modo di acquistare in zona quanti più appezzamenti di terreno fosse possibile.
All’ennesima richiesta di ampliamento la Asl-Rm H ha bocciato il progetto ribadendo l’urgenza di bonificare l’intera area, la Conferenza dei servizi ha ribadito il no ma dal dipartimento territorio della Regione Lazio è inspiegabilmente arrivato il placet. I comitati hanno fatto ricorso al Tar denunciando errori progettuali e rischi ambientali. Ora arrivano i prelievi dell’Arpa, analisi che dopo l’emergenza arsenico avrebbero dovuto essere più frequenti e che invece si sono diradate nel tempo passando da una cadenza trimestrale a quella annuale. «Ma il tempo che la verità venga a galla è arrivato - ripetono dal comitato di Albano - la salute dei cittadini non deve essere subordinata al business dei privati».
scritto da Rossella Anitori per Terra news
domenica 14 agosto 2011
Quanto ci costano i ns. parlamentari
Rispediamoli tutti a casa, nessuno escluso, ed avremmo in buona parte fermato il debito pubblico. Seppoi leviamo anche tutte le spese per le "missioni di pace" direi che siamo a cavallo .. poi ci sono i soldi per le opere inutili e/o dannose (NO-TAV e NO-INC)
sabato 13 agosto 2011
Basta con gli sperperi della casta! Basta con i finanziamenti agli inceneritori!
L’Italia è in un momento di gravissima crisi economica e finanziaria.
Il Governo, le opposizioni e la Confindustria, tutta la classe dirigente del Paese (meglio nota come la casta) è in confusione totale e non riesce a spiegarsi i motivi della situazione di disastro in cui hanno ridotto il Paese.
Grazie alla casta, l’Italia è l’unico Paese al mondo che “brucia” ingenti risorse pubbliche negli inceneritori tramite i CIP6.
Questo gigantesco sperpero di risorse pubbliche viene mascherato da finanziamento alle fonti energetiche rinnovabili.
Vista la clamorosa falsità, la Commissione europea ha già avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile".
Grazie alla casta, chi gestisce l'inceneritore (in primis la Mercegaglia, Presidente di Confindustria) può vendere al GSE (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone.
Ma chi paga le scelte scellerate della casta in tema di inceneritori???
I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti.
I prezzi dell’energia elettrica in Italia sono i più alti d’Europa.
A pagare sono le famiglie (che vedono contrarsi i propri consumi) e le imprese (che sono sempre più deboli e meno competitive).
Bruciare ingenti risorse negli inceneritori è un errore disastroso, in quanto determina la contrazione dei consumi delle nostre famiglie e rende meno competitive le nostre imprese.
Il risultato delle scelte scellerate della casta in tema di inceneritori sono gravissime sul piano economico:
• un freno allo sviluppo del Paese;
• un regalo alle lobby degli inceneritori.
Un’intera classe dirigente (il Governo, l’opposizione, la Confindustria) ha fallito e ha portato il Paese nel baratro.
Vanno affrontati, con estrema urgenza, i nodi che hanno bloccato lo sviluppo economico del Paese e che hanno determinato uno sperpero di immense risorse pubbliche, a cominciare dagli inceneritori.
Basta con gli sperperi della casta!
Basta con i finanziamenti (CIP6) agli inceneritori!
Comitato sotto terra il treno
Il Governo, le opposizioni e la Confindustria, tutta la classe dirigente del Paese (meglio nota come la casta) è in confusione totale e non riesce a spiegarsi i motivi della situazione di disastro in cui hanno ridotto il Paese.
Grazie alla casta, l’Italia è l’unico Paese al mondo che “brucia” ingenti risorse pubbliche negli inceneritori tramite i CIP6.
Questo gigantesco sperpero di risorse pubbliche viene mascherato da finanziamento alle fonti energetiche rinnovabili.
Vista la clamorosa falsità, la Commissione europea ha già avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile".
Grazie alla casta, chi gestisce l'inceneritore (in primis la Mercegaglia, Presidente di Confindustria) può vendere al GSE (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone.
Ma chi paga le scelte scellerate della casta in tema di inceneritori???
I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti.
I prezzi dell’energia elettrica in Italia sono i più alti d’Europa.
A pagare sono le famiglie (che vedono contrarsi i propri consumi) e le imprese (che sono sempre più deboli e meno competitive).
Bruciare ingenti risorse negli inceneritori è un errore disastroso, in quanto determina la contrazione dei consumi delle nostre famiglie e rende meno competitive le nostre imprese.
Il risultato delle scelte scellerate della casta in tema di inceneritori sono gravissime sul piano economico:
• un freno allo sviluppo del Paese;
• un regalo alle lobby degli inceneritori.
Un’intera classe dirigente (il Governo, l’opposizione, la Confindustria) ha fallito e ha portato il Paese nel baratro.
Vanno affrontati, con estrema urgenza, i nodi che hanno bloccato lo sviluppo economico del Paese e che hanno determinato uno sperpero di immense risorse pubbliche, a cominciare dagli inceneritori.
Basta con gli sperperi della casta!
Basta con i finanziamenti (CIP6) agli inceneritori!
Comitato sotto terra il treno
la Fine di un mito
Che pena e che tristezza vederlo così strafatto .. Vasco .. ci hai dato molto ma ora è ora che ti ritiri in silenzio, è un insulto quasi per chi è cresciuto con la tua musica nel cuore e nell'anima vederti strafatto di eroina .. povero Vasco che pena che mi fai
mercoledì 10 agosto 2011
Rifiuti campani, inceneritori rumeni
Secondo alcune indiscrezioni l’idea sarebbe quella di spedire l’immondizia tritata dagli Stir negli inceneritori della Romania. Ma non c’è certezza sul contenuto di quelle scorie, che potrebbero essere contaminate
Da giorni se ne parla in riunioni di vertice riservate, vero motore del mondo che gira attorno ai rifiuti. Sul tavolo delle trattative c’è – ancora una volta – l’eterna emergenza campana, complessa e delicata. Il tema è chiaro per tutti i soggetti, dalle imprese private in grado di portare i contatti giusti, ai politici regionali che devono fare i conti con un sistema imploso, farraginoso, che appare senza speranza. Il cuore della filiera, gli Stir (Stabilimenti di tritovagliatura) che devono trattare la monnezza che arriva da Napoli, sono saturi. E aspettano con urgenza una soluzione. C’è da far sparire quella robaccia che chiamano sottovagliatura che dal 2007 tutti cercano di piazzare, ma che nessuno vuole. Ci hanno provato in tanti, chiedendo in tutta Europa un aiuto che non è mai arrivato. «Perché non portiamo tutto in Romania?», qualcuno ha azzardato. Un’idea che piace tanto al centrodestra, che sembra avere i contatti giusti per avviare questa nuova rotta, partendo dal porto di Napoli, per sbarcare nella città che si affaccia sul Mar Nero. Un sistema che già in passato ha dato non pochi problemi.
Nel 2002 per circa un mese una nave rimase ferma davanti al porto campano, in attesa di permessi e di accordi tra autorità portuale, comune e aziende. La Romania – Paese comunitario che gode di un regime particolare per il traffico transfrontaliero di rifiuti – potrebbe accettare legalmente lo scarto della produzione delle ecoballe proveniente dalla Campania. Ma solo per avviarlo al recupero energetico. Gran parte degli inceneritori romeni può infatti bruciare esclusivamente un materiale che rientri pienamente nel codice Cer 191212. In pratica, rifiuto speciale assolutamente inerte, senza nessun grado di pericolosità, come spiega la normativa ambientale.
Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Terra, parte del materiale che intasa gli Stir non sarebbe però classificabile come inerte. Molti impianti sono oggi militarizzati, blindati e inaccessibili per i giornalisti. Le aziende che hanno avuto a che fare con gli Stir – costruiti tra il 2001 e il 2003 dalla Fibe – evitano accuratamente di mostrare i numeri, soprattutto quelli relativi agli idrocarburi. Qualche indizio però conferma l’indiscrezione. Come già raccontato nei giorni scorsi, la Junta de Andalucia, ad esempio, ha contestato lo scorso marzo l’assenza del parametro Toc nelle analisi dei rifiuti di Caivano, inviate in Spagna dalla Partenope Ambiente per ottenere l’autorizzazione al trasporto transfrontaliero, poi negato.
Quel parametro serve, tra l’altro, per capire se la presenza di idrocarburi superi o meno i livelli massimi tollerabili. Quella parte dei rifiuti degli Stir, forse contaminati da idrocarburi, non potrebbe – legalmente – finire negli inceneritori romeni, ma dovrebbe essere trattato negli impianti specializzati in rifiuti pericolosi in Germania. La differenza sostanziale, dal punto di vista imprenditoriale, è nei costi: per smaltire una tonnellata in Romania bastano circa 60-70 euro, mentre per la stessa operazione realizzata negli impianti tedeschi servono almeno 300 euro a tonnellata. Una cifra molto più alta, assolutamente giustificata, vista la complessità del trattamento dei rifiuti pericolosi. Sull’operazione c’è un riserbo assoluto. L’assessorato all’Ambiente della Regione Campania smentisce, al momento, la possibile destinazione romena, spiegando che nessuna richiesta è giunta negli uffici fino ad oggi.
È però ormai noto che la Romania da diverso tempo è divenuta la metà preferita per i rifiuti campani. Secondo un’inchiesta de L’Espresso dello scorso anno, in Romania da tempo starebbero proliferando società specializzate nel trattamento dei rifiuti, con capitale di origine campana. Un’informazione che ha già allarmato l’Interpol, preoccupata per la possibile infiltrazione nella zona del porto di Costanza dei capitali della camorra. Già tre anni fa vi era stato un tentativo da parte di società di origine mafiosa di entrare nel principale inceneritore del Paese, a Ploiesti, città facilmente raggiungibile proprio dal porto di Costanza, il principale scalo che si affaccia sul Mar Nero. L’allarme sul traffico dei rifiuti via mare dall’Italia in realtà in Romania è già scattato lo scorso anno. Il trasporto è coperto dalla discrezione che regna nei porti, dove arrivano i container dall’Italia, che superano molto spesso i controlli doganali senza grandi problemi.
Come nel resto d’Europa la sola idea dell’arrivo della monnezza napoletana spaventa la popolazione, che bene conosce quella fitta rete di capitali mafiosi in grado di invadere l’economia romena. Il business dei rifiuti, d’altra parte, sotto i Carpazi sta diventando fiorente, soprattutto dopo l’ingresso nell’Unione Europea. Se fino al 2006 gli inceneritori in tutto il Paese erano solo due, diversi impianti sono stati avviati negli anni scorsi. Nella città di Costanza, porto strategico, nel 2007 è stata chiusa una gara europea per realizzare un impianto in grado di bruciare diverse tonnellate di rifiuti, includendo le scorie tossiche. E sempre Costanza può vantare la presenza di impianti per l’incenerimento dei rifiuti ospedalieri, vero incubo per chi tratta i residui.
http://www.terranews.it/
Da giorni se ne parla in riunioni di vertice riservate, vero motore del mondo che gira attorno ai rifiuti. Sul tavolo delle trattative c’è – ancora una volta – l’eterna emergenza campana, complessa e delicata. Il tema è chiaro per tutti i soggetti, dalle imprese private in grado di portare i contatti giusti, ai politici regionali che devono fare i conti con un sistema imploso, farraginoso, che appare senza speranza. Il cuore della filiera, gli Stir (Stabilimenti di tritovagliatura) che devono trattare la monnezza che arriva da Napoli, sono saturi. E aspettano con urgenza una soluzione. C’è da far sparire quella robaccia che chiamano sottovagliatura che dal 2007 tutti cercano di piazzare, ma che nessuno vuole. Ci hanno provato in tanti, chiedendo in tutta Europa un aiuto che non è mai arrivato. «Perché non portiamo tutto in Romania?», qualcuno ha azzardato. Un’idea che piace tanto al centrodestra, che sembra avere i contatti giusti per avviare questa nuova rotta, partendo dal porto di Napoli, per sbarcare nella città che si affaccia sul Mar Nero. Un sistema che già in passato ha dato non pochi problemi.
Nel 2002 per circa un mese una nave rimase ferma davanti al porto campano, in attesa di permessi e di accordi tra autorità portuale, comune e aziende. La Romania – Paese comunitario che gode di un regime particolare per il traffico transfrontaliero di rifiuti – potrebbe accettare legalmente lo scarto della produzione delle ecoballe proveniente dalla Campania. Ma solo per avviarlo al recupero energetico. Gran parte degli inceneritori romeni può infatti bruciare esclusivamente un materiale che rientri pienamente nel codice Cer 191212. In pratica, rifiuto speciale assolutamente inerte, senza nessun grado di pericolosità, come spiega la normativa ambientale.
Secondo alcune indiscrezioni raccolte da Terra, parte del materiale che intasa gli Stir non sarebbe però classificabile come inerte. Molti impianti sono oggi militarizzati, blindati e inaccessibili per i giornalisti. Le aziende che hanno avuto a che fare con gli Stir – costruiti tra il 2001 e il 2003 dalla Fibe – evitano accuratamente di mostrare i numeri, soprattutto quelli relativi agli idrocarburi. Qualche indizio però conferma l’indiscrezione. Come già raccontato nei giorni scorsi, la Junta de Andalucia, ad esempio, ha contestato lo scorso marzo l’assenza del parametro Toc nelle analisi dei rifiuti di Caivano, inviate in Spagna dalla Partenope Ambiente per ottenere l’autorizzazione al trasporto transfrontaliero, poi negato.
Quel parametro serve, tra l’altro, per capire se la presenza di idrocarburi superi o meno i livelli massimi tollerabili. Quella parte dei rifiuti degli Stir, forse contaminati da idrocarburi, non potrebbe – legalmente – finire negli inceneritori romeni, ma dovrebbe essere trattato negli impianti specializzati in rifiuti pericolosi in Germania. La differenza sostanziale, dal punto di vista imprenditoriale, è nei costi: per smaltire una tonnellata in Romania bastano circa 60-70 euro, mentre per la stessa operazione realizzata negli impianti tedeschi servono almeno 300 euro a tonnellata. Una cifra molto più alta, assolutamente giustificata, vista la complessità del trattamento dei rifiuti pericolosi. Sull’operazione c’è un riserbo assoluto. L’assessorato all’Ambiente della Regione Campania smentisce, al momento, la possibile destinazione romena, spiegando che nessuna richiesta è giunta negli uffici fino ad oggi.
È però ormai noto che la Romania da diverso tempo è divenuta la metà preferita per i rifiuti campani. Secondo un’inchiesta de L’Espresso dello scorso anno, in Romania da tempo starebbero proliferando società specializzate nel trattamento dei rifiuti, con capitale di origine campana. Un’informazione che ha già allarmato l’Interpol, preoccupata per la possibile infiltrazione nella zona del porto di Costanza dei capitali della camorra. Già tre anni fa vi era stato un tentativo da parte di società di origine mafiosa di entrare nel principale inceneritore del Paese, a Ploiesti, città facilmente raggiungibile proprio dal porto di Costanza, il principale scalo che si affaccia sul Mar Nero. L’allarme sul traffico dei rifiuti via mare dall’Italia in realtà in Romania è già scattato lo scorso anno. Il trasporto è coperto dalla discrezione che regna nei porti, dove arrivano i container dall’Italia, che superano molto spesso i controlli doganali senza grandi problemi.
Come nel resto d’Europa la sola idea dell’arrivo della monnezza napoletana spaventa la popolazione, che bene conosce quella fitta rete di capitali mafiosi in grado di invadere l’economia romena. Il business dei rifiuti, d’altra parte, sotto i Carpazi sta diventando fiorente, soprattutto dopo l’ingresso nell’Unione Europea. Se fino al 2006 gli inceneritori in tutto il Paese erano solo due, diversi impianti sono stati avviati negli anni scorsi. Nella città di Costanza, porto strategico, nel 2007 è stata chiusa una gara europea per realizzare un impianto in grado di bruciare diverse tonnellate di rifiuti, includendo le scorie tossiche. E sempre Costanza può vantare la presenza di impianti per l’incenerimento dei rifiuti ospedalieri, vero incubo per chi tratta i residui.
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Firmate da Qua Subito la petizione
APRITE IL VALICO DI RAFAH PERMANENTEMENTE E SENZA CONDIZIONI
L'articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dice chiaramente:
(1) Ognuno ha il diritto alla libertà di movimento e residenza entro i confini di ogni stato.
(2) Ognuno ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di farvi ritorno.
I bulldozer israeliani hanno distrutto la connessione Jawwal a Gaza distruggendo cavi, e tagliata OGNI COMUNICAZIONE da Gaza: cellulari, linee fisse, internet.
http://maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=412015
L'articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dice chiaramente:
(1) Ognuno ha il diritto alla libertà di movimento e residenza entro i confini di ogni stato.
(2) Ognuno ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di farvi ritorno.
I bulldozer israeliani hanno distrutto la connessione Jawwal a Gaza distruggendo cavi, e tagliata OGNI COMUNICAZIONE da Gaza: cellulari, linee fisse, internet.
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lunedì 8 agosto 2011
Repubblica: Acea, arriva la stangata sull´acqua Chiesto un aumento del 10 per cento
L´Acea chiede gli aumenti: "Tredici centesimi in più al metro cubo". Il presidente Cremonesi: "Serviranno per ristrutturare la rete idrica". Con la semestrale crollo dell´utile netto della società. Il rincaro dovrebbe servire per ristrutturare la disastrata rete idrica
Batte cassa il presidente di Acea. Insoddisfatto per una semestrale che ha registrato il crollo dell´utile netto (-24% a 55 milioni) e del Mol (-7%), anche a causa della flessione dei consumi elettrici, Giancarlo Cremonesi tira fuori dal cilindro una proposta destinata a pesare esclusivamente sulle tasche dei cittadini: aumentare il prezzo dell´acqua. Un piccolo ritocco, 13 centesimi al metro cubo, necessario per ristrutturare la disastrata rete idrica.
Il sasso è stato lanciato lunedì scorso dal palco di CortinaIncontra, la manifestazione che mixa economia e mondanità organizzata dai coniugi Cisnetto nel cuore della valle ampezzana. «L´acqua in Italia è più a buon mercato che in tutto l´Occidente», ha premesso l´ex leader dei costruttori romani, aggiungendo poi che tutto il mondo delle «multiutility sta impostando un lavoro sulla rete idrica senza costi per lo Stato». E siccome è ora che «vengano riconosciute nelle tariffe gli investimenti che siamo pronti a fare, chiediamo un aumento da 1,30 euro a 1,43 euro a metro cubo, 13 centesimi di cui una famiglia neanche si accorgerebbe». Qualcosa più di un´idea, dal momento che già «a settembre, con questo piccolo aumento, si potrebbero aprire cantieri per ammodernare la rete idrica per alcuni miliardi di euro», ha concluso Cremonesi.
Una proposta che non trova ostacoli da parte del governo. «Cremonesi ha ragione», ha infatti subito replicato il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. «Il tema ha degli aspetti sociali molto forti per cui l´acqua da noi ha sempre avuto un prezzo "politico". Tutto ciò però ci è costato molto perché abbiamo un sistema degli acquedotti obsoleto che ci fa perdere il 42% dell´acqua».
Contrarissimo il Pd. «Invece di mettere le mani nelle tasche dei cittadini Cremonesi farebbe bene a fare mea culpa per capire come sia stato possibile, in soli sei mesi di gestione, far scendere l´utile netto della semestrale del 24,2% sebbene abbia ereditato dalla gestione Mangoni un utile di 186mln di euro», attacca il vicepresidente della commissione Bilancio, Alfredo Ferrari. «Prima di cercare all´esterno soluzioni, sarebbe meglio fare autocritica e chiarire quali siano le politiche aziendali».
di Giovanna Vitale (07 agosto 2009)
Fonte: http://roma.repubblica.it/dettaglio/acea-arriva-la-stangata-sull%C2%B4acqua-chiesto-un-aumento-del-10-per-cento/1690776
Comitato Acqua Pubblica Velletri
Batte cassa il presidente di Acea. Insoddisfatto per una semestrale che ha registrato il crollo dell´utile netto (-24% a 55 milioni) e del Mol (-7%), anche a causa della flessione dei consumi elettrici, Giancarlo Cremonesi tira fuori dal cilindro una proposta destinata a pesare esclusivamente sulle tasche dei cittadini: aumentare il prezzo dell´acqua. Un piccolo ritocco, 13 centesimi al metro cubo, necessario per ristrutturare la disastrata rete idrica.
Il sasso è stato lanciato lunedì scorso dal palco di CortinaIncontra, la manifestazione che mixa economia e mondanità organizzata dai coniugi Cisnetto nel cuore della valle ampezzana. «L´acqua in Italia è più a buon mercato che in tutto l´Occidente», ha premesso l´ex leader dei costruttori romani, aggiungendo poi che tutto il mondo delle «multiutility sta impostando un lavoro sulla rete idrica senza costi per lo Stato». E siccome è ora che «vengano riconosciute nelle tariffe gli investimenti che siamo pronti a fare, chiediamo un aumento da 1,30 euro a 1,43 euro a metro cubo, 13 centesimi di cui una famiglia neanche si accorgerebbe». Qualcosa più di un´idea, dal momento che già «a settembre, con questo piccolo aumento, si potrebbero aprire cantieri per ammodernare la rete idrica per alcuni miliardi di euro», ha concluso Cremonesi.
Una proposta che non trova ostacoli da parte del governo. «Cremonesi ha ragione», ha infatti subito replicato il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. «Il tema ha degli aspetti sociali molto forti per cui l´acqua da noi ha sempre avuto un prezzo "politico". Tutto ciò però ci è costato molto perché abbiamo un sistema degli acquedotti obsoleto che ci fa perdere il 42% dell´acqua».
Contrarissimo il Pd. «Invece di mettere le mani nelle tasche dei cittadini Cremonesi farebbe bene a fare mea culpa per capire come sia stato possibile, in soli sei mesi di gestione, far scendere l´utile netto della semestrale del 24,2% sebbene abbia ereditato dalla gestione Mangoni un utile di 186mln di euro», attacca il vicepresidente della commissione Bilancio, Alfredo Ferrari. «Prima di cercare all´esterno soluzioni, sarebbe meglio fare autocritica e chiarire quali siano le politiche aziendali».
di Giovanna Vitale (07 agosto 2009)
Fonte: http://roma.repubblica.it/dettaglio/acea-arriva-la-stangata-sull%C2%B4acqua-chiesto-un-aumento-del-10-per-cento/1690776
Comitato Acqua Pubblica Velletri
Comitato Acqua Pubblica Velletri: COMUNICATO STAMPA
Sono passati quattro giorni dalla bocciatura da parte del consiglio comunale di Velletri della nostra proposta per una gestione del servizio idrico basata su principi di equità, di conservazione della risorsa e di giustizia. In quattro giorni abbiamo ricevuto numerose segnalazioni su intere zone di Velletri senza acqua, su bollette con cifre stratosferiche per famiglie con redditi bassi, sul continuare dei tanti disservizi del gestore, a dimostrazione dell'aggravarsi della situazione. E proprio oggi l'autorità d'ambito – composta da tutti i Sindaci della provincia di Roma – ha deciso di rinviare la conferenza che doveva discutere il nuovo piano degli investimenti. Nessuno ha spiegato ai cittadini il perché del rinvio, ma, forse, qualche Sindaco avrà chiesto spiegazioni sui molti punti oscuri della gestione dell'acqua. O forse avranno saputo che il Comitato dell'acqua pubblica di Velletri e il Forum nazionale dei movimenti per l'acqua sarebbero stati presenti, chiedendo di discutere i problemi concreti e quotidiani dei cittadini, che ormai in tanti fanno finta d'ignorare. Quando, lo scorso dicembre, si trattava di votare gli aumenti tariffari, la conferenza dei Sindaci si è tenuta nonostante le richieste di molti Sindaci di rinviare la decisione, per poter ascoltare i consigli comunali. Quando, però, si tratta di parlare di soldi da spendere per gli investimenti, la convocazione arriva con mesi di ritardo e basta un pretesto qualsiasi per rinviarla, avvisando i Sindaci il giorno prima.
Per ultimo abbiamo poi letto l'intervento dell'ex Sindaco di Velletri Valerio Ciafrei, che, in sostanza, ha confessato l'incapacità dei passati amministratori della città nella gestione dell'acqua, immaginiamo includendosi nella lista. A chi non crede nella capacità di governare con equità, competenza e coraggio la cosa pubblica consigliamo di occuparsi d'altro, rinunciando a qualsiasi ruolo nella pubblica amministrazione. Magari può entrare in una impresa privata e diventare un ottimo manager...
In ogni caso ci sembra che la nostra proposta di delibera non sia stata letta dal Pd, oppure non è stata capita, il che può accadere ovviamente. Dire, infatti, che la delibera d'iniziativa popolare va contro la costituzione degli Ato è un falso. Pretendere di gestire 113 comuni estremamente differenti dal punto di vista idrico con un unico gestore è evidentemente una forzatura nata per motivi squisitamente economici e politici, non certo per una gestione ottimale. Tutti sanno che è così, tutti sanno che alla fine degli anni '90 un patto trasversale tra il centrodestra (Moffa) e il centrosinistra (Veltroni) condizionò pesantemente – anche attraverso la redazione della legge regionale sugli Ato, scritta da Michele Meta e Raimondo Besson – il disegno della gestione dell'acqua nel Lazio. Per questo, ricordiamo, che la proposta chiedeva di avviare un progetto per la costituzione di un gestore pubblico per i Castelli romani e non l'uscita dall'Ato. E' infatti assolutamente possibile avere più gestori all'interno dello stesso ambito idrico. Chi, invece, chiede la costituzione di un nuovo Ato è il Pd, nella mozione d'indirizzo votata dalla maggioranza.
Per quanto riguarda la “fattibilità” della nostra proposta vogliamo ricordare i comuni che già hanno inserito nello statuto il principio dell'acqua come bene senza rilevanza economica: Comune di Anghiari (AR), Comune di Anguillara Sabazia (RM), Comune di Caserta (CE), Comune di Corchiano (VT), Comune di Cormons (GO), Comune di Fiorano Modenese (MO), Comune di Fumane (VR), Comune di Genova (GE), Comune di Gubbio (PG), Comune di Licodia Eubea (CT), Comune di Mineo (CT), Comune di Pietra Ligure (SV), Comune di Povegliano Veronese (VR), Comune di Prevalle (BS), Comune di Sommacampagna (VR). La stessa proposta è poi in discussione nei comuni di Ferrara e di Torino, mentre nei giorni scorsi si sono incontrati un centinaio di municipi siciliani per discutere proprio di gestione pubblica dell'acqua. I comuni che, infine, hanno avviato un percorso per la ripubblicizzazione dell'acqua, aderendo al Forum nazionale dei movimenti per l'acqua, sono quasi un centinaio. La lunga lista è disponibile sul sito www.acquabenecomune.org.
E' ora necessaria una riflessione tranquilla e, soprattutto, è indispensabile spiegare ai cittadini che la nostra battaglia per l'acqua pubblica, basata su principi di equità e giustizia sociale continuerà, più solida di prima. Sono loro i nostri unici referenti, i mandanti della nostra lotta, e gli unici ai quali rispondiamo.
Il nostro impegno per ora si raddoppia. Aiuteremo tutti i cittadini di Velletri a presentare reclami formali ad Acea, aprendo uno sportello due volte a settimana, presso il dopolavoro ferroviario: il mercoledì e il venerdì, dalle 17.30 alle 20.00. Contesteremo anche l'inerzia del Comune di Velletri, quando, ad esempio, il Sindaco non risponde ai cittadini che chiedono informazioni sulla qualità dell'acqua. O quando assisteremo a possibili conflitti d'interesse tra chi ricopre cariche pubbliche, occupandosi di investimenti e – contemporaneamente – gestisce da amministratore delegato aziende che eseguono appalti per Acea Ato 2. In questo senso il Comitato e il Forum nazionale hanno chiesto all'Autorità d'ambito (il presidente della provincia di Roma), alla STO e al Coviri di valutare con attenzione la posizione di Fausto Servadio. Abbiamo infatti appreso che la società Micor srl, di proprietà del Sindaco, avrebbe in corso un appalto con Acea Ato 2. Abbiamo dunque chiesto al presidente Zingaretti di valutare se sussista l'obbligo di astensione per Fausto Servadio, avendo la doppia veste di amministratore delegato della Micor e di componente della Conferenza dei Sindaci. Attendiamo ora una risposta, sicuri che lo stesso Sindaco saprà valutare la situazione.
Denunceremo, infine, tutte le politiche del gestore privato – ma anche le possibili connivenze delle amministrazioni locali – che mettono a rischio le falde acquifere, perforando nuovi pozzi e non affrontando il disastro ambientale dei tantissimi scarichi non a norma nella nostra città. Valuteremo, in questo senso, se quanto pagato negli anni passati dai cittadini per scarichi non collegati al depuratore possa essere richiesto a titolo di rimborso, sia ad Acea (per il 2007 e 2008) sia al Comune di Velletri.
Per ultimo abbiamo poi letto l'intervento dell'ex Sindaco di Velletri Valerio Ciafrei, che, in sostanza, ha confessato l'incapacità dei passati amministratori della città nella gestione dell'acqua, immaginiamo includendosi nella lista. A chi non crede nella capacità di governare con equità, competenza e coraggio la cosa pubblica consigliamo di occuparsi d'altro, rinunciando a qualsiasi ruolo nella pubblica amministrazione. Magari può entrare in una impresa privata e diventare un ottimo manager...
In ogni caso ci sembra che la nostra proposta di delibera non sia stata letta dal Pd, oppure non è stata capita, il che può accadere ovviamente. Dire, infatti, che la delibera d'iniziativa popolare va contro la costituzione degli Ato è un falso. Pretendere di gestire 113 comuni estremamente differenti dal punto di vista idrico con un unico gestore è evidentemente una forzatura nata per motivi squisitamente economici e politici, non certo per una gestione ottimale. Tutti sanno che è così, tutti sanno che alla fine degli anni '90 un patto trasversale tra il centrodestra (Moffa) e il centrosinistra (Veltroni) condizionò pesantemente – anche attraverso la redazione della legge regionale sugli Ato, scritta da Michele Meta e Raimondo Besson – il disegno della gestione dell'acqua nel Lazio. Per questo, ricordiamo, che la proposta chiedeva di avviare un progetto per la costituzione di un gestore pubblico per i Castelli romani e non l'uscita dall'Ato. E' infatti assolutamente possibile avere più gestori all'interno dello stesso ambito idrico. Chi, invece, chiede la costituzione di un nuovo Ato è il Pd, nella mozione d'indirizzo votata dalla maggioranza.
Per quanto riguarda la “fattibilità” della nostra proposta vogliamo ricordare i comuni che già hanno inserito nello statuto il principio dell'acqua come bene senza rilevanza economica: Comune di Anghiari (AR), Comune di Anguillara Sabazia (RM), Comune di Caserta (CE), Comune di Corchiano (VT), Comune di Cormons (GO), Comune di Fiorano Modenese (MO), Comune di Fumane (VR), Comune di Genova (GE), Comune di Gubbio (PG), Comune di Licodia Eubea (CT), Comune di Mineo (CT), Comune di Pietra Ligure (SV), Comune di Povegliano Veronese (VR), Comune di Prevalle (BS), Comune di Sommacampagna (VR). La stessa proposta è poi in discussione nei comuni di Ferrara e di Torino, mentre nei giorni scorsi si sono incontrati un centinaio di municipi siciliani per discutere proprio di gestione pubblica dell'acqua. I comuni che, infine, hanno avviato un percorso per la ripubblicizzazione dell'acqua, aderendo al Forum nazionale dei movimenti per l'acqua, sono quasi un centinaio. La lunga lista è disponibile sul sito www.acquabenecomune.org.
E' ora necessaria una riflessione tranquilla e, soprattutto, è indispensabile spiegare ai cittadini che la nostra battaglia per l'acqua pubblica, basata su principi di equità e giustizia sociale continuerà, più solida di prima. Sono loro i nostri unici referenti, i mandanti della nostra lotta, e gli unici ai quali rispondiamo.
Il nostro impegno per ora si raddoppia. Aiuteremo tutti i cittadini di Velletri a presentare reclami formali ad Acea, aprendo uno sportello due volte a settimana, presso il dopolavoro ferroviario: il mercoledì e il venerdì, dalle 17.30 alle 20.00. Contesteremo anche l'inerzia del Comune di Velletri, quando, ad esempio, il Sindaco non risponde ai cittadini che chiedono informazioni sulla qualità dell'acqua. O quando assisteremo a possibili conflitti d'interesse tra chi ricopre cariche pubbliche, occupandosi di investimenti e – contemporaneamente – gestisce da amministratore delegato aziende che eseguono appalti per Acea Ato 2. In questo senso il Comitato e il Forum nazionale hanno chiesto all'Autorità d'ambito (il presidente della provincia di Roma), alla STO e al Coviri di valutare con attenzione la posizione di Fausto Servadio. Abbiamo infatti appreso che la società Micor srl, di proprietà del Sindaco, avrebbe in corso un appalto con Acea Ato 2. Abbiamo dunque chiesto al presidente Zingaretti di valutare se sussista l'obbligo di astensione per Fausto Servadio, avendo la doppia veste di amministratore delegato della Micor e di componente della Conferenza dei Sindaci. Attendiamo ora una risposta, sicuri che lo stesso Sindaco saprà valutare la situazione.
Denunceremo, infine, tutte le politiche del gestore privato – ma anche le possibili connivenze delle amministrazioni locali – che mettono a rischio le falde acquifere, perforando nuovi pozzi e non affrontando il disastro ambientale dei tantissimi scarichi non a norma nella nostra città. Valuteremo, in questo senso, se quanto pagato negli anni passati dai cittadini per scarichi non collegati al depuratore possa essere richiesto a titolo di rimborso, sia ad Acea (per il 2007 e 2008) sia al Comune di Velletri.
PD e IDV bocciano la delibera di iniziativa popolare
Ora sappiamo. Sappiamo che i cittadini di Velletri non hanno il loro Comune pronto a difenderli. Sappiamo che il partito democratico di Velletri, guidato dal sindaco imprenditore Servadio, preferisce difendere le multinazionali che stanno assetando la nostra città. Sappiamo che il Pdl preferisce astenersi, perché non si sa mai. Sappiamo dove andremo a bussare, quando non avremo acqua in casa, quando non potremo dare da bere ai nostri figli, per l'alto contenuto d'arsenico della nostra acqua. Sappiamo che chi sta in consiglio comunale esprime tutta l'ipocrisia della politica che noi cittadini non vogliamo più.
Un grazie a Sergio Andreozzi, Massimo Andolfi, Marilena Ciarcia e Gianluca Trivelloni per il loro coraggio, e per il loro si all'acqua bene comune, pubblica, equa e giusta per tutti.
Domani, come sempre, riceviamo i cittadini per le contestazioni delle bollette. Spiegheremo loro la decisione di questa giunta, che ha dato carta bianca ad Acea, mentendo a tutti.
Due notazioni: la prima che Luigi Crocetta che dice di aver aderito all'IDV - partito che sta portando avanti la battaglia per l'acqua pubblica in tutta Italia - ha tradito il suo partito e i cittadini. La seconda che i giovani consiglieri del Pd(Ciafrei e D'Andrea) hanno votato secondo i canoni della politica più vecchia e triste che ha distrutto questa città in passato. Di questa gente, sinceramente, ne possiamo fare a meno. Non è onesto predicare rinnovamento e idealità della politica e poi comportarsi come i vecchi e navigati volponi e parrucconi.
Questa città meriterebbe altro.
Comitato Acqua Pubblica Velletri
Un grazie a Sergio Andreozzi, Massimo Andolfi, Marilena Ciarcia e Gianluca Trivelloni per il loro coraggio, e per il loro si all'acqua bene comune, pubblica, equa e giusta per tutti.
Domani, come sempre, riceviamo i cittadini per le contestazioni delle bollette. Spiegheremo loro la decisione di questa giunta, che ha dato carta bianca ad Acea, mentendo a tutti.
Due notazioni: la prima che Luigi Crocetta che dice di aver aderito all'IDV - partito che sta portando avanti la battaglia per l'acqua pubblica in tutta Italia - ha tradito il suo partito e i cittadini. La seconda che i giovani consiglieri del Pd(Ciafrei e D'Andrea) hanno votato secondo i canoni della politica più vecchia e triste che ha distrutto questa città in passato. Di questa gente, sinceramente, ne possiamo fare a meno. Non è onesto predicare rinnovamento e idealità della politica e poi comportarsi come i vecchi e navigati volponi e parrucconi.
Questa città meriterebbe altro.
Comitato Acqua Pubblica Velletri
sabato 6 agosto 2011
In consiglio comunale la votazione della delibera di iniziativa popolare
La delibera di iniziativa popolare chiede l'inserimento, nello statuto comunale del seguente articolo:
1. Il Comune di Velletri riconosce il diritto umano all’acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto universale, inalienabile e indivisibile. Il Comune riconosce quindi lo status del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. La gestione del servizio idrico integrato dovrà avvenire attraverso la costituzione enti consortili di bacino idrico esclusivamente pubblici, garantendo la partecipazione e il controllo da parte della comunità.
Inoltre:
2. Il consiglio afferma di conseguenza il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico nonché quello della solidarietà da attuarsi attraverso una modulazione tariffaria che garantisca il minimo gratuito di 50 litri al giorno per ogni persona come stabilito dall’ONU, disincentivando lo spreco con aumenti progressivi per fasce di consumo e vietando l’abuso della quantità fruibile per ogni persona, ancorché pagata, in base al principio che lo spreco della risorsa non può essere compensato monetariamente, poiché l’acqua non è un bene commerciale, ma un diritto da salvaguardare per il presente e per il futuro;
3. Viene dato mandato alla giunta di promuovere nel territorio comunale azioni coerenti con i principi esposti e finalizzate ad una gestione democratica, responsabile, sostenibile ed equa del servizio idrico, attraverso:
L'informazione puntuale della cittadinanza sulla qualità dell’acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche in ogni quartiere e contrada;
L'uso prioritario delle acque non inquinate per uso domestico;
La predisposizione di un piano tecnico per il rifacimento della struttura idrica della città, individuando priorità, tempi di attuazione e modalità di finanziamento;
La promozione di una campagna di sensibilizzazione sul risparmio idrico con incentivazione all'uso di riduttori di flusso;
L'introduzione in campo edilizio ed urbanistico della doppia conduttura e riciclo delle acque piovane;
L'avviamento di progetti di riuso delle acque reflue dei depuratori per usi agricoli ed industriali;
l controllo e la repressione dei prelievi abusivi;
4. Viene dato mandato alla giunta di presentare entro 90 giorni a questo Consiglio un progetto per la realizzazione di un consorzio dei Castelli romani per la gestione pubblica del servizio idrico integrato e la predisposizione di un bilancio idrico di bacino nel rispetto dell’equilibrio ambientale;
5. Il consiglio in tal senso indica la buona pratica del bilancio partecipato come principio guida del futuro consorzio pubblico per la gestione del Sistema Idrico Integrato nei Castelli romani.
6. Il Comune di Velletri aderisce al coordinamento degli enti locali per l'acqua pubblica, promosso dal Forum Nazionale dei movimenti per l'acqua pubblica.
7. L'Assessorato con delega ai rapporti con Acea Ato 2 istituisce un apposito servizio per raccogliere ed elaborare tutte le segnalazioni sulle violazioni delle norme previste dalla Convenzione di gestione, dai sui allegati (a titolo esemplificativo: Disciplinare tecnico, Piano d'ambito, etc.) , delle norme nazionali e regionali sul Sistema idrico integrato e delle norme ambientali da parte dell'attuale gestore del SII. Le segnalazioni potranno essere inviate dai cittadini, dai comitati spontanei e dai consiglieri comunali.
Comitato Acqua Pubblica Velletri
1. Il Comune di Velletri riconosce il diritto umano all’acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto universale, inalienabile e indivisibile. Il Comune riconosce quindi lo status del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. La gestione del servizio idrico integrato dovrà avvenire attraverso la costituzione enti consortili di bacino idrico esclusivamente pubblici, garantendo la partecipazione e il controllo da parte della comunità.
Inoltre:
2. Il consiglio afferma di conseguenza il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico nonché quello della solidarietà da attuarsi attraverso una modulazione tariffaria che garantisca il minimo gratuito di 50 litri al giorno per ogni persona come stabilito dall’ONU, disincentivando lo spreco con aumenti progressivi per fasce di consumo e vietando l’abuso della quantità fruibile per ogni persona, ancorché pagata, in base al principio che lo spreco della risorsa non può essere compensato monetariamente, poiché l’acqua non è un bene commerciale, ma un diritto da salvaguardare per il presente e per il futuro;
3. Viene dato mandato alla giunta di promuovere nel territorio comunale azioni coerenti con i principi esposti e finalizzate ad una gestione democratica, responsabile, sostenibile ed equa del servizio idrico, attraverso:
L'informazione puntuale della cittadinanza sulla qualità dell’acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche in ogni quartiere e contrada;
L'uso prioritario delle acque non inquinate per uso domestico;
La predisposizione di un piano tecnico per il rifacimento della struttura idrica della città, individuando priorità, tempi di attuazione e modalità di finanziamento;
La promozione di una campagna di sensibilizzazione sul risparmio idrico con incentivazione all'uso di riduttori di flusso;
L'introduzione in campo edilizio ed urbanistico della doppia conduttura e riciclo delle acque piovane;
L'avviamento di progetti di riuso delle acque reflue dei depuratori per usi agricoli ed industriali;
l controllo e la repressione dei prelievi abusivi;
4. Viene dato mandato alla giunta di presentare entro 90 giorni a questo Consiglio un progetto per la realizzazione di un consorzio dei Castelli romani per la gestione pubblica del servizio idrico integrato e la predisposizione di un bilancio idrico di bacino nel rispetto dell’equilibrio ambientale;
5. Il consiglio in tal senso indica la buona pratica del bilancio partecipato come principio guida del futuro consorzio pubblico per la gestione del Sistema Idrico Integrato nei Castelli romani.
6. Il Comune di Velletri aderisce al coordinamento degli enti locali per l'acqua pubblica, promosso dal Forum Nazionale dei movimenti per l'acqua pubblica.
7. L'Assessorato con delega ai rapporti con Acea Ato 2 istituisce un apposito servizio per raccogliere ed elaborare tutte le segnalazioni sulle violazioni delle norme previste dalla Convenzione di gestione, dai sui allegati (a titolo esemplificativo: Disciplinare tecnico, Piano d'ambito, etc.) , delle norme nazionali e regionali sul Sistema idrico integrato e delle norme ambientali da parte dell'attuale gestore del SII. Le segnalazioni potranno essere inviate dai cittadini, dai comitati spontanei e dai consiglieri comunali.
Comitato Acqua Pubblica Velletri
venerdì 5 agosto 2011
giovedì 4 agosto 2011
mercoledì 3 agosto 2011
modello Vedelago = Reuse Reduce Recicle
La Società Centro Riciclo Vedelago srl gestisce dal 1999 a Treviso un impianto di stoccaggio e selezione meccanica di rifiuti ai fini del recupero di materiali.
Uno dei limiti dei primi impianti di trattamento meccanico biologico era quello di produrre comunque un 20-30% (rispetto a quanto entrato inizialmente nell’impianto) di rifiuto da conferire in discarica o da portare all’incenerimento; questo problema poneva alcuni dubbi sulla reale opportunità di costruire questi impianti al posto di altri sistemi già conosciuti ed utilizzati come i dannosissimi inceneritori.
Questo problema è stato recentemente risolto grazie all’iniziativa della dott.sa Carla Poli del Centro Riciclo Vedelago in provincia di Treviso. L’impianto di Vedelago (che non gestisce la frazione umida e che quindi utilizza solo sistemi meccanici), grazie all’accoppiamento di diversi impianti che lavorano in serie, è in grado di rendere riutilizzabile circa il 99% del rifiuto conferito derivante sia dalla raccolta differenziata residenziale porta a porta (proveniente dai Comuni del circondario) sia rifiuti industriali di commercianti ed artigiani;
grazie a questi impianti il centro è in grado di portare all’industria una materia prima-seconda riutilizzabile in ulteriori cicli di produzione. La percentuale di rifiuto non differenziabile (principalmente plastiche), e quindi solitamente non riutilizzabile, viene prima estruso e poi tritato finemente fino ad ottenere un granulato a matrice prevalentemente plastica utilizzato principalmente dall’industria come alleggerito nei manufatti edili (mattoni, pali, ecc…) in sostituzione della sabbia di cava (20-30% del materiale necessario alla creazione del manufatto); questo materiale conferisce caratteristiche migliorative ai manufatti ottenuti che rispondono regolarmente alle norme UNI vigenti.
La sabbia sintetica ottenuta viene utilizzata anche per la creazione di sedie, panchine, bancali ed altri manufatti vari. Gli stessi creatori del Centro Riciclo Vedelago dichiarano che i costi globali per la costruzione di un impianto di questo tipo si aggirano attorno ai 5 milioni di euro in un arco temporale di circa 3 anni.
Impianti gemelli come quello di Vedelago sono in costruzione in Sardegna grazie all’iniziativa di 14 Comuni locali, con a capo il Comune di Tergu, e a Colleferro a seguito di un’iniziativa di imprenditori privati.
Dettagli:
L’attività consiste nel ricevere le frazioni secche riciclabili dei rifiuti urbani e assimilati, selezionare i materiali in base alla composizione merceologica, compiere le operazioni necessarie per la riduzione volumetrica, gestire la fase di destinazione in uscita delle singole tipologie di materiali che, in relazione alla possibilità di riutilizzo, vengono consegnati a impianti di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi.
Il Centro Riciclo Vedelago ha una sua politica ambientale, che si concretizza nel:
- Soddisfare le recenti tendenze pianificatorie ambientali in tema di recupero di materiali dai rifiuti.
- Assicurare alti livelli di garanzie ambientali sia per le tipologie dei rifiuti trattati che per le caratteristiche proprie dell’impianto: infatti non è previsto il trattamento di rifiuti putrescibili o con contaminanti particolari, bensì rifiuti secchi riciclabili provenienti da raccolte differenziate ben definite.
- Annullare quasi totalmente la produzione di rifiuti residuali in quanto è prevista la collocazione sul mercato di tutte le tipologie trattate e conferite solo in presenza di sicura utilizzazione in uscita.
- Garantire ai Comuni, in presenza di conferimento di qualità, il massimo realizzo di ricavi rapportati ai contributi previsti per la raccolta differenziata e assicurare alle aziende il maggior contenimento dei costi di conferimento dei residui prodotti.
- Recuperare effettivamente, destinandoli al reinserimento in idonei cicli produttivi, rifiuti altrimenti destinati allo smaltimento in discarica.
I materiali in entrata consistono nelle raccolte differenziate provenienti dai Comuni della Provincia di Treviso, dai Comuni della Provincia di Belluno e da altri Comuni, per un bacino di utenza servito di circa 1.150.000 abitanti. I conferimenti da aziende private, invece, provengono quasi totalmente da attività produttive della Provincia di Treviso. I materiali in uscita dal Centro invece hanno diverse destinazioni, in quanto il Centro è piattaforma convenzionata dei seguenti Consorzi Nazionali di filiera: CO.RE.PLA. per la plastica, C.N.A. per l’acciaio e i ferrosi, C.I.AL. per l’alluminio, CO.RE.VE. per il vetro, COMIECO per la carta e RILEGNO per il legno.
“Io non voglio più nemmeno chiamarli rifiuti, per me sono materiali”.
Queste parole sintetizzano meglio di qualunque altra il pensiero di Carla Poli, titolare del Centro Riciclo Vedelago, situato in provincia di Treviso.
“Noi riceviamo le raccolte differenziate dei comuni e delle aziende, escludendo solo la parte umida e provvediamo a fare dapprima una selezione per ricavare i materiali che hanno già un mercato, i materiali che non hanno un mercato immediato, invece, vengono riciclati, ne facciamo una materia prima-seconda, che ha un suo mercato di riferimento”.
“Tutto questo a partire dai materiali di scarto che non hanno un utilizzo immediato, mentre le bottiglie e i flaconi trovano collocazione in un mercato di vendita nelle fabbriche per fare altri flaconi o pile, queste sarebbero tutte le plastiche miste anche con un po’ di carta, con tutti i materiali di scarto che si portavano una volta a discarica o inceneritore”. Carla Poli non vuole sentir parlare di rifiuti nemmeno per il cosiddetto residuo secco, quello cioè che avanza una volta separato l’umido dalla plastica, dal metallo, dall’alluminio e dalla carta. Per lei il rifiuto non esiste. Al suo posto una straordinaria risorsa.
“Noi veniamo dopo le iniziative dei comuni a rifiuti zero”, afferma ancora Carla Poli. “Cioè diciamo, se c’è il modo di risparmiare, di non produrre, di fare meno… va tutto bene; io non ho paura di rimanere senza lavoro perché, per quanto uno risparmi, ci sarà sempre qualcosa da riciclare. Questo qualcosa, questa frazione residua che viene conferita nel servizio pubblico, non si deve né bruciare, né seppellire, ma è tutta riciclabile. Ecco noi ci poniamo lì”. La ditta Centro Riciclo Vedelago srl sta portando anche a compimento lo studio e la sperimentazione dell’utilizzo delle plastiche nei calcestruzzi: si tratta di una linea di produzione di granulati derivanti da plastiche eterogenee da raccolta differenziata (Secco non riciclabile e/o scarti plastici non reimpiegabili in cicli produttivi da raccolta differenziata) da addizionare nei calcestruzzi al posto della sabbia. Grazie alla norma Uniplast specifica (10667/14) è possibile produrre una mescola (sostituto della sabbia) costituita da plastiche eterogenee di riciclo provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani e industriali, da impiegarsi in miscele con malte cementizie e calcestruzzi per ottenere manufatti e prodotti tipici dell’edilizia. Rispetto alla produzione di granuli per stampaggio o di prodotti finiti (vedi panchine, recinzioni ecc), la norma 10667/14 consente di intraprendere una forma alternativa di riciclo, quale l’utilizzo anche di tutte quelle plastiche che sono, per caratteristiche oggettive, di difficile riciclo e pertanto smaltite senza possibilità di riutilizzo: con questo processo si può avviare un riciclo integrale del rifiuto plastico altrimenti non recuperabile. La mescola di plastiche eterogenee prodotta viene macinata per ottenere granuli di materiale plastico, la Sabbia Sintetica.
Gli utilizzi di questo prodotto sono molteplici: dal semplice sostituto della sabbia nei calcestruzzi, ad aggregato alleggerente nelle malte cementizie e a legante per manufatti in cemento.
Dalle sperimentazioni fatte risulta che questo nuovo prodotto migliora le caratteristiche e le prestazioni di alcuni conglomerati cementizi, in termini di fonoisolazione e termoisolazione.
Fonte Wikipedia e Ok-ambiente.com
Uno dei limiti dei primi impianti di trattamento meccanico biologico era quello di produrre comunque un 20-30% (rispetto a quanto entrato inizialmente nell’impianto) di rifiuto da conferire in discarica o da portare all’incenerimento; questo problema poneva alcuni dubbi sulla reale opportunità di costruire questi impianti al posto di altri sistemi già conosciuti ed utilizzati come i dannosissimi inceneritori.
Questo problema è stato recentemente risolto grazie all’iniziativa della dott.sa Carla Poli del Centro Riciclo Vedelago in provincia di Treviso. L’impianto di Vedelago (che non gestisce la frazione umida e che quindi utilizza solo sistemi meccanici), grazie all’accoppiamento di diversi impianti che lavorano in serie, è in grado di rendere riutilizzabile circa il 99% del rifiuto conferito derivante sia dalla raccolta differenziata residenziale porta a porta (proveniente dai Comuni del circondario) sia rifiuti industriali di commercianti ed artigiani;
grazie a questi impianti il centro è in grado di portare all’industria una materia prima-seconda riutilizzabile in ulteriori cicli di produzione. La percentuale di rifiuto non differenziabile (principalmente plastiche), e quindi solitamente non riutilizzabile, viene prima estruso e poi tritato finemente fino ad ottenere un granulato a matrice prevalentemente plastica utilizzato principalmente dall’industria come alleggerito nei manufatti edili (mattoni, pali, ecc…) in sostituzione della sabbia di cava (20-30% del materiale necessario alla creazione del manufatto); questo materiale conferisce caratteristiche migliorative ai manufatti ottenuti che rispondono regolarmente alle norme UNI vigenti.
La sabbia sintetica ottenuta viene utilizzata anche per la creazione di sedie, panchine, bancali ed altri manufatti vari. Gli stessi creatori del Centro Riciclo Vedelago dichiarano che i costi globali per la costruzione di un impianto di questo tipo si aggirano attorno ai 5 milioni di euro in un arco temporale di circa 3 anni.
Impianti gemelli come quello di Vedelago sono in costruzione in Sardegna grazie all’iniziativa di 14 Comuni locali, con a capo il Comune di Tergu, e a Colleferro a seguito di un’iniziativa di imprenditori privati.
Dettagli:
L’attività consiste nel ricevere le frazioni secche riciclabili dei rifiuti urbani e assimilati, selezionare i materiali in base alla composizione merceologica, compiere le operazioni necessarie per la riduzione volumetrica, gestire la fase di destinazione in uscita delle singole tipologie di materiali che, in relazione alla possibilità di riutilizzo, vengono consegnati a impianti di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi.
Il Centro Riciclo Vedelago ha una sua politica ambientale, che si concretizza nel:
- Soddisfare le recenti tendenze pianificatorie ambientali in tema di recupero di materiali dai rifiuti.
- Assicurare alti livelli di garanzie ambientali sia per le tipologie dei rifiuti trattati che per le caratteristiche proprie dell’impianto: infatti non è previsto il trattamento di rifiuti putrescibili o con contaminanti particolari, bensì rifiuti secchi riciclabili provenienti da raccolte differenziate ben definite.
- Annullare quasi totalmente la produzione di rifiuti residuali in quanto è prevista la collocazione sul mercato di tutte le tipologie trattate e conferite solo in presenza di sicura utilizzazione in uscita.
- Garantire ai Comuni, in presenza di conferimento di qualità, il massimo realizzo di ricavi rapportati ai contributi previsti per la raccolta differenziata e assicurare alle aziende il maggior contenimento dei costi di conferimento dei residui prodotti.
- Recuperare effettivamente, destinandoli al reinserimento in idonei cicli produttivi, rifiuti altrimenti destinati allo smaltimento in discarica.
I materiali in entrata consistono nelle raccolte differenziate provenienti dai Comuni della Provincia di Treviso, dai Comuni della Provincia di Belluno e da altri Comuni, per un bacino di utenza servito di circa 1.150.000 abitanti. I conferimenti da aziende private, invece, provengono quasi totalmente da attività produttive della Provincia di Treviso. I materiali in uscita dal Centro invece hanno diverse destinazioni, in quanto il Centro è piattaforma convenzionata dei seguenti Consorzi Nazionali di filiera: CO.RE.PLA. per la plastica, C.N.A. per l’acciaio e i ferrosi, C.I.AL. per l’alluminio, CO.RE.VE. per il vetro, COMIECO per la carta e RILEGNO per il legno.
“Io non voglio più nemmeno chiamarli rifiuti, per me sono materiali”.
Queste parole sintetizzano meglio di qualunque altra il pensiero di Carla Poli, titolare del Centro Riciclo Vedelago, situato in provincia di Treviso.
“Noi riceviamo le raccolte differenziate dei comuni e delle aziende, escludendo solo la parte umida e provvediamo a fare dapprima una selezione per ricavare i materiali che hanno già un mercato, i materiali che non hanno un mercato immediato, invece, vengono riciclati, ne facciamo una materia prima-seconda, che ha un suo mercato di riferimento”.
“Tutto questo a partire dai materiali di scarto che non hanno un utilizzo immediato, mentre le bottiglie e i flaconi trovano collocazione in un mercato di vendita nelle fabbriche per fare altri flaconi o pile, queste sarebbero tutte le plastiche miste anche con un po’ di carta, con tutti i materiali di scarto che si portavano una volta a discarica o inceneritore”. Carla Poli non vuole sentir parlare di rifiuti nemmeno per il cosiddetto residuo secco, quello cioè che avanza una volta separato l’umido dalla plastica, dal metallo, dall’alluminio e dalla carta. Per lei il rifiuto non esiste. Al suo posto una straordinaria risorsa.
“Noi veniamo dopo le iniziative dei comuni a rifiuti zero”, afferma ancora Carla Poli. “Cioè diciamo, se c’è il modo di risparmiare, di non produrre, di fare meno… va tutto bene; io non ho paura di rimanere senza lavoro perché, per quanto uno risparmi, ci sarà sempre qualcosa da riciclare. Questo qualcosa, questa frazione residua che viene conferita nel servizio pubblico, non si deve né bruciare, né seppellire, ma è tutta riciclabile. Ecco noi ci poniamo lì”. La ditta Centro Riciclo Vedelago srl sta portando anche a compimento lo studio e la sperimentazione dell’utilizzo delle plastiche nei calcestruzzi: si tratta di una linea di produzione di granulati derivanti da plastiche eterogenee da raccolta differenziata (Secco non riciclabile e/o scarti plastici non reimpiegabili in cicli produttivi da raccolta differenziata) da addizionare nei calcestruzzi al posto della sabbia. Grazie alla norma Uniplast specifica (10667/14) è possibile produrre una mescola (sostituto della sabbia) costituita da plastiche eterogenee di riciclo provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani e industriali, da impiegarsi in miscele con malte cementizie e calcestruzzi per ottenere manufatti e prodotti tipici dell’edilizia. Rispetto alla produzione di granuli per stampaggio o di prodotti finiti (vedi panchine, recinzioni ecc), la norma 10667/14 consente di intraprendere una forma alternativa di riciclo, quale l’utilizzo anche di tutte quelle plastiche che sono, per caratteristiche oggettive, di difficile riciclo e pertanto smaltite senza possibilità di riutilizzo: con questo processo si può avviare un riciclo integrale del rifiuto plastico altrimenti non recuperabile. La mescola di plastiche eterogenee prodotta viene macinata per ottenere granuli di materiale plastico, la Sabbia Sintetica.
Gli utilizzi di questo prodotto sono molteplici: dal semplice sostituto della sabbia nei calcestruzzi, ad aggregato alleggerente nelle malte cementizie e a legante per manufatti in cemento.
Dalle sperimentazioni fatte risulta che questo nuovo prodotto migliora le caratteristiche e le prestazioni di alcuni conglomerati cementizi, in termini di fonoisolazione e termoisolazione.
Fonte Wikipedia e Ok-ambiente.com
Carla Poli: "I rifiuti di Napoli? Un ben di Dio"
(Fonte: http://www.oggitreviso.it/rifiuti-di-napoli-un-ben-di-dio-38044)
Miracolo? No. Riciclo. In provincia di Treviso si trasformano le scoazze secche negli oggetti più disparati e utili. Con un nastro trasportatore, un impianto che il mondo ci invidia. E – ovvio – l’educazione.
«Sono stufa! Non vado più ai convegni in Italia a spiegare come risolvere il problema dei rifiuti! In giro non capiscono niente!». Carla Poli, direttrice del Centro Riciclo di Vedelago, sbotta. Quando le chiediamo perché avendo vicino a Treviso un gioiellino d’impianto di riciclo come il suo, ci sono ancora tante discariche e la città non ha ancora avviato la differenziata porta a porta, la Poli sbuffa..
- Mi chiamano perfino i cinesi per capire come muoversi! – dice.
E’ arrabbiata e infastidita dai politici la tenace direttrice che ha trovato una soluzione per far ritornare a vivere i nostri rifiuti, dopo oltre 25 anni di ricerche, studi, investimenti. Treviso come la gran parte dell’Italia non vuole capire e non vuole risparmiare, «manca soprattutto la volontà politica e l’informazione» – dice – «dall’estero mi cercano per capire e acquisire le nostre tecnologie, qui criticano e basta. Treviso ha lo stesso problema di Napoli, anche se in forma diversa, non vedo collaborazione da parte del comune e dell’amministrazione, perché probabilmente non vuole risparmiare e far risparmiare i suoi cittadini».
Alla base ci deve essere una buona raccolta differenziata per poter ricavare la materia prima secondaria, viene chiamata così la materia prima da riciclo, «bisogna informare e insegnare a fare una raccolta corretta, io non tratto materiale raccolto alla rinfusa in sacchi neri, a monte deve esserci un’educazione ecologica, quella che spiego ai bambini quando vengono in visita qui». E’ quello che ci ripete più volte Carla Poli, mentre spiega che il suo centro accoglie i rifiuti (non umidi) differenziati, di vari comuni del territorio e di grandi aziende private come Nestlè e Benetton, perché a loro conviene, risparmiano molto. Qui, dove lavorano 68 dipendenti, l’indifferenziato o frazione secca, quello che solitamente non sappiamo classificare, è riciclabile: «abbiamo solo uno scarto del 5% rappresentato dai pannolini, ma stiamo cercando il modo di recuperare anche quello» – sottolinea – «il resto se ci guardiamo bene dentro, è fatto per lo più da imballaggi, plastiche e gomme (75%), come giocattoli rotti, attaccapanni, carta patinata».
A Vedelago arrivano ogni giorno 100 tonnellate di rifiuti, il 35% viene subito messo sul mercato e venduto ad altre aziende che lo riciclano, mentre il 65% passa al processo di trattamento. La frazione residua secca viene messa su un nastro trasportatore, controllata e separata dagli elementi non compatibili come vetro, legno, oggetti tecnologici, scarti industriali. Poi vengono selezionati i materiali che hanno valore di mercato, come il ferro e l’alluminio che vengono venduti ad aziende di tutta Europa che li riciclano. Il resto finisce nell’impianto di trattamento che lavora gli scarti: il materiale che si forma dall’estrusione in cui le varie parti della frazione secca si amalgamano sfregandosi a 180 gradi senza combustione, è la materia prima secondaria, un composto che una volta raffreddato viene sminuzzato diventando un granulato, che rispetta tutte le normative dell’Unione europea. Il granulato plastico viene usato nel settore edile per pavimentazioni, costruzioni e arredi urbani come giochi per bambini, tavoli e panchine più resistenti del legno, meno pesanti del cemento e più economici. Si possono creare piste ciclabili e staccionate, «a Pescara abbiamo fatto una pista ciclabile di 12 chilometri», «un materiale che da performance superiori, non si usura come il legno, costa meno e si ricicla nuovamente», rimarca Poli
Si pensi che il prodotto finito che solo quattro anni fa veniva venduto 25 euro a tonnellata ora ha un valore di circa 240 euro, la richiesta è esorbitante e in continua crescita: «Treviso non ha ancora capito che deve fare la raccolta porta a porta e portarmela qui, eliminando i cassonetti sulle strade, abbattendo i costi a medio lungo termine, riducendo fortemente la produzione di rifiuto non riciclabile», ripete questa ingegnosa donna, che ha proposto all’amministrazione di raccogliere i rifiuti differenziati delle scuole di Treviso a costo zero, ma l’amministrazione dopo due anni non ha ancora dato il via alla sperimentazione.
Da poco Carla Poli è stata in visita a Napoli definendo i loro rifiuti «un ben di dio!», ci spiga che a Napoli gli impianti privati per la raccolta differenziata ci sono, ma non sono mai stati attivati: «il popolo napoletano, non è stupido, ma i politici, le amministrazioni, non spingono per una raccolta differenziata, perché politicamente non paga». La Campania è piena di rifiuti tossici che vengono dal nord «anche noi abbiamo le discariche abusive, le nascondiamo, ma ci sono anche nella Marca, non siamo migliori». Oltre alla possibilità di diminuire il rifiuto portato in discarica dal 50% attuale al 5%, c’è da aggiungere che il Centro di Riciclo di Vedelago, mette in moto anche la macchina dell’economia, perché Carla Poli è prima di tutto un’imprenditrice, dando lavoro ad altre industrie che comprano la materia prima secondaria e costruiscono manufatti richiesti in tutto il mondo. «Vado ai convegni nelle città, spiego, informo, e soprattutto dimostro che ci sono solo vantaggi. Quando i politici sono informati e non si attivano con un progetto serio, non hanno più scusanti».
MA QUALE FINANZIARIA .. MA QUALE TREMONTI:
NO ai privilegi in parlamento .. NO alle spese di Guerra
SI all'Occupazione .. SI alla Differenziata
Miracolo? No. Riciclo. In provincia di Treviso si trasformano le scoazze secche negli oggetti più disparati e utili. Con un nastro trasportatore, un impianto che il mondo ci invidia. E – ovvio – l’educazione.
«Sono stufa! Non vado più ai convegni in Italia a spiegare come risolvere il problema dei rifiuti! In giro non capiscono niente!». Carla Poli, direttrice del Centro Riciclo di Vedelago, sbotta. Quando le chiediamo perché avendo vicino a Treviso un gioiellino d’impianto di riciclo come il suo, ci sono ancora tante discariche e la città non ha ancora avviato la differenziata porta a porta, la Poli sbuffa..
- Mi chiamano perfino i cinesi per capire come muoversi! – dice.
E’ arrabbiata e infastidita dai politici la tenace direttrice che ha trovato una soluzione per far ritornare a vivere i nostri rifiuti, dopo oltre 25 anni di ricerche, studi, investimenti. Treviso come la gran parte dell’Italia non vuole capire e non vuole risparmiare, «manca soprattutto la volontà politica e l’informazione» – dice – «dall’estero mi cercano per capire e acquisire le nostre tecnologie, qui criticano e basta. Treviso ha lo stesso problema di Napoli, anche se in forma diversa, non vedo collaborazione da parte del comune e dell’amministrazione, perché probabilmente non vuole risparmiare e far risparmiare i suoi cittadini».
Alla base ci deve essere una buona raccolta differenziata per poter ricavare la materia prima secondaria, viene chiamata così la materia prima da riciclo, «bisogna informare e insegnare a fare una raccolta corretta, io non tratto materiale raccolto alla rinfusa in sacchi neri, a monte deve esserci un’educazione ecologica, quella che spiego ai bambini quando vengono in visita qui». E’ quello che ci ripete più volte Carla Poli, mentre spiega che il suo centro accoglie i rifiuti (non umidi) differenziati, di vari comuni del territorio e di grandi aziende private come Nestlè e Benetton, perché a loro conviene, risparmiano molto. Qui, dove lavorano 68 dipendenti, l’indifferenziato o frazione secca, quello che solitamente non sappiamo classificare, è riciclabile: «abbiamo solo uno scarto del 5% rappresentato dai pannolini, ma stiamo cercando il modo di recuperare anche quello» – sottolinea – «il resto se ci guardiamo bene dentro, è fatto per lo più da imballaggi, plastiche e gomme (75%), come giocattoli rotti, attaccapanni, carta patinata».
A Vedelago arrivano ogni giorno 100 tonnellate di rifiuti, il 35% viene subito messo sul mercato e venduto ad altre aziende che lo riciclano, mentre il 65% passa al processo di trattamento. La frazione residua secca viene messa su un nastro trasportatore, controllata e separata dagli elementi non compatibili come vetro, legno, oggetti tecnologici, scarti industriali. Poi vengono selezionati i materiali che hanno valore di mercato, come il ferro e l’alluminio che vengono venduti ad aziende di tutta Europa che li riciclano. Il resto finisce nell’impianto di trattamento che lavora gli scarti: il materiale che si forma dall’estrusione in cui le varie parti della frazione secca si amalgamano sfregandosi a 180 gradi senza combustione, è la materia prima secondaria, un composto che una volta raffreddato viene sminuzzato diventando un granulato, che rispetta tutte le normative dell’Unione europea. Il granulato plastico viene usato nel settore edile per pavimentazioni, costruzioni e arredi urbani come giochi per bambini, tavoli e panchine più resistenti del legno, meno pesanti del cemento e più economici. Si possono creare piste ciclabili e staccionate, «a Pescara abbiamo fatto una pista ciclabile di 12 chilometri», «un materiale che da performance superiori, non si usura come il legno, costa meno e si ricicla nuovamente», rimarca Poli
Si pensi che il prodotto finito che solo quattro anni fa veniva venduto 25 euro a tonnellata ora ha un valore di circa 240 euro, la richiesta è esorbitante e in continua crescita: «Treviso non ha ancora capito che deve fare la raccolta porta a porta e portarmela qui, eliminando i cassonetti sulle strade, abbattendo i costi a medio lungo termine, riducendo fortemente la produzione di rifiuto non riciclabile», ripete questa ingegnosa donna, che ha proposto all’amministrazione di raccogliere i rifiuti differenziati delle scuole di Treviso a costo zero, ma l’amministrazione dopo due anni non ha ancora dato il via alla sperimentazione.
Da poco Carla Poli è stata in visita a Napoli definendo i loro rifiuti «un ben di dio!», ci spiga che a Napoli gli impianti privati per la raccolta differenziata ci sono, ma non sono mai stati attivati: «il popolo napoletano, non è stupido, ma i politici, le amministrazioni, non spingono per una raccolta differenziata, perché politicamente non paga». La Campania è piena di rifiuti tossici che vengono dal nord «anche noi abbiamo le discariche abusive, le nascondiamo, ma ci sono anche nella Marca, non siamo migliori». Oltre alla possibilità di diminuire il rifiuto portato in discarica dal 50% attuale al 5%, c’è da aggiungere che il Centro di Riciclo di Vedelago, mette in moto anche la macchina dell’economia, perché Carla Poli è prima di tutto un’imprenditrice, dando lavoro ad altre industrie che comprano la materia prima secondaria e costruiscono manufatti richiesti in tutto il mondo. «Vado ai convegni nelle città, spiego, informo, e soprattutto dimostro che ci sono solo vantaggi. Quando i politici sono informati e non si attivano con un progetto serio, non hanno più scusanti».
MA QUALE FINANZIARIA .. MA QUALE TREMONTI:
NO ai privilegi in parlamento .. NO alle spese di Guerra
SI all'Occupazione .. SI alla Differenziata
martedì 2 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Sit in di protesta a Roncigliano contro il VII invaso
Segnaliamo questo bellissimo articolo (come sempre) di Maria Lanciotti.
Molti cittadini ancora dormono e pensano con grave errore che la battaglia contro discarica ed inceneritore sia un problema di altri o, magari, una questione ideologica (niente di più sbagliato), di alcuni svariati politici non ne parliamo neppure, sicuramente però, più di qualcuno un giorno ci dirà grazie per quello che stiamo facendo verso questo territorio e le sue persone (anche quelle che continuano vergognosamente a curare il proprio orticello o a disinteressarsi della vertenza).
(Fonte: http://www.castellinews.it/?act=v&id=18312)
Chiamata a raccolta, sabato mattina alle 8, per il presidio davanti alla discarica di Roncigliano, dove sorge il settimo invaso pronto per entrare in azione. «È un progetto folle, avvelena aria e acqua». «Dobbiamo fare l’impossibile perché questo tipo di manufatti mostruosi non possano andare in porto». «Riconquistare millimetro per millimetro, centimetro per centimetro come è stato fatto per l’inceneritore».
Queste le voci dal palco, nel susseguirsi di interventi da parte di alcuni rappresentanti del Coordinamento contro l’inceneritore di Albano che hanno fornito aggiornamenti tecnici e legali sulla situazione della discarica della Pontina Ambiente di Cerroni.
Date nomi cifre responsabilità omissioni errori accertamenti e ordinanze parlano chiaro: il settimo invaso, che fronteggia spudoratamente le abitazioni del Villaggio Ardeatino incombente come una minaccia infernale, è un prodotto dell’illegalità perpetrata si può dire alla luce del sole, senza nemmeno un tentativo di mascheramento.
La discarica di Roncigliano, da più di trenta anni in funzione e sottoposta al vaglio della magistratura, presenta questa nuova macrobuca di 500mila tonnellate in cui si comincerà a sversare nei prossimi giorni – per la soddisfazione di Cerroni, Guidobaldi e Regione – senza che un sindaco, un vice, un assessore, un portaborse, un attacchino dei comuni interessati (dieci o più?) si sia fatto vivo a conforto della popolazione. Che ci è parsa non proprio depressa, ma effettivamente provata.
Ed ecco i commenti raccolti fra le persone che come pigmei si misurano con il gigantesco invaso, un altro micidiale nemico da tenere a bada. Si poteva fermare questo scempio? Giovanni dei NoInc: «Non è solo questo il mostro, è un mostro il padrone, che fa tutto quello che vuole. Si spera, si spera in bene, andiamo avanti».
Carolina di Pavona: «In famiglia siamo quattro fratelli e tre sono malati di tiroide, e mia figlia di 29 anni ha un nodulo alla tiroide. C’è assolutamente una concausa». Salvatore del Villaggio Ardeatino: «Si parla tanto di differenziata e nessuno la fa. Si deve fare del tutto per sospendere questa situazione. È un progetto scellerato, quando lo Stato vuole colpire, colpisce!». Ramiraz del Villaggio Ardeatino: «Invece di salvaguardare la vita hanno salvaguardato il portafoglio. L’unica cosa è lottare per non mandare avanti l’invaso, la nostra amministrazione ci tratta come animali». Cinzia di Ariccia: «Più di quello che stiamo facendo non si poteva fare. Ci stiamo muovendo legalmente, è che gli interessi sono grossi». Mario di Cecchina: «Decisamente si poteva fare di più per evitare il settimo invaso. Vengo da Roma dove mi ero trasferito da Cesano per inquinamento, qui mi sembrava un’oasi… anche se vedo tutta questa gente, coinvolta in primissima persona, non credo riusciremo ad ottenere niente: i soldi mandano l’acqua in salita!». E così via, in una sorta di rosario propiziatorio contro il disgusto e il senso d’impotenza che non deve attecchire.
Daniele Castri non si lascia abbindolare da quello che sembra già un fatto compiuto: guarda avanti e prevede a breve il fermo dell’invaso, e sembra che abbia le sue buone ragioni.
Intanto si è fatto mezzogiorno e passa, Beppe Grillo che doveva arrivare alle nove da Sabaudia pare che abbia sbagliato strada, si trova sulla Nettunense, poi pare sia finito al Lido dei Pini, e intanto i Grillini informano sul Movimento 5 Stelle, danno incoraggiamento e consigli, fanno insomma quello che possono.
E quando Grillo arriva, verso le 13, non trova ad accoglierlo la folla che probabilmente si aspettava, dice la sua, prevedibile, figura anch’egli di quello che sembra un gioco delle parti.
L’aspetto che più colpisce di questa trista vicenda, è la fermezza con cui il Coordinamento NoInc da anni sta portando avanti questa battaglia nel pieno rispetto delle regole, fidando nella Giustizia che non può non fare il suo corso.
Uno schiaffo morale a chi la morale non sa nemmeno dove sta di casa.
fonte: Associazione Differenziati Wordpress
**personalmente un grazie sincero a Maria Lanciotti che sul giornale dei Castelli denuncia da anni il non far nulla delle istituzioni interessate .. ed la vivacità e puntualità delle lotte del Coordinamento capaci di mobilitare la cittadinanza con valide alternative e denunce al Tribunale .. ormai non si contano ..!
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