Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

martedì 5 marzo 2013

Sulla strada di Port Said .. l'Egitto si infiamma!


Sono sempre di più i lavoratori in sciopero nell'Egitto in transizione, e sempre di più le proteste e gli scontri che si registrano nel paese.  Esperienze che non sempre riescono a divenire lotte unitarie contro il sistema, ma che mostrano una ritrovata capacità di lotta e di direzione da parte dei lavoratori.

Nella città di Port Said, mentre continua l'esperienza di autogestione, ieri è stata ancora giornata di lotta e di scontro. Mentre il raìs Morsi cerca di sedare la rivolta con concessioni, tra le quali la promessa di rendere nuovamente la città un porto franco, ieri in centinaia hanno marciato nelle strade della città.  Una stazione di polizia è stata data alle fiamme in risposta ai molti arresti e alle violenze perpetuate dalle forze dell'ordine nelle scorse giornate;  gli scontri sono andati avanti fino a questa mattina provocando più di 300 feriti.  Durante la manifestazione centinaia di residenti hanno chiesto a gran voce ai pochi lavoratori ancora non in sciopero di unirsi alla protesta.
Intanto, anche in altre città sono in molti ad appellarsi alla disobbedienza civile e molte sono le realtà in cui lavoratori e movimento anti-Morsi stanno cercando di realizzare un'esperienza come quella di Port Said.  Nel frattempo, in questi giorni, in tante altre città è esplosa la rabbia di chi non accetta di veder sottratti presente e futuro da Morsi e dai Fratelli Musulmani. 
Non solo al Cairo, anche in altri luoghi emerge in queste giornate la stessa rabbia mostrata nelle innumerevoli manifestazioni contro il vecchio regime, ma con una componente in più:  un forte ruolo della classe operaia. 
Uno di questi luoghi è Mahalla, città industriale che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé per la forza del movimento operaio, gli innumerevoli scioperi dei lavoratori;  fucina di quelle lotte che hanno fortemente contribuito non solo alla rivolta del 25 gennaio, ma anche alla nascita di quella coscienza di classe che sta prendendo forza in queste giornate.  A Mahalla ieri in centinaia sono scesi per le strade per appellarsi allo sciopero generale e alla disobbedienza civile. 
Ma è a Mansoura che in queste giornate si sono verificate le maggiori mobilitazioni.  In questa città, da circa una settimana, ogni notte si susseguono scontri che si sono intensificati dopo che i manifestanti hanno dato fuoco, lo scorso mercoledì, al quartier generale del governatorato.  Scontri culminati ieri con il ferimento di oltre 40 manifestanti e l'uccisione di uno di loro.

Mentre in tutto il paese si sono svolte manifestazioni di solidarietà, a Mansoura i funerali del giovane manifestante ucciso si sono trasformati in protesta di massa in cui migliaia hanno marciato contro il sistema di potere dei Fratelli Musulmani.  Anche qui ci sono stati forti scontri che sono andati avanti fino alle due della notte scorsa.  

Dunque sono tanti gli spazi che si aprono nella battaglia egiziana e molte sono le potenzialità di una ritrovata classe operaia.  Mahalla, Mansoura, ma anche le molte fabbriche in sciopero al Cairo, a Suez, ad Alessandria a Sokhna:  esperienze in cui si cerca di riprodurre l'esempio di Port Said. 
Ancora in queste città il conflitto non è generalizzato:  i lavoratori non scioperano - come avviene a Port Said - per la caduta del sistema, ma per aumenti salariali e giustizia sociale, per adesso limitata alla fabbrica. 
Ma, come Port Said sta dimostrando, come le 18 giornate di rivolta di Piazza Tahrir hanno mostrato, non può esserci giustizia sociale senza caduta del regime.  E non può esserci lotta operaia o studentesca che possa vincere, se non generalizzata e mirata all'abbattimento del sistema. 
Di questo il regime è consapevole:  se ancora non ha attaccato Port Said è perché lì la lotta è forte ed unitaria;  ad essere represse sono state, invece, le realtà in cui la lotta non si è generalizzata.  Tra queste una fabbrica occupata di Alessandria, la Portland che produce cemento;  qui, la scorsa settimana, le forze di polizia sono entrate arrestando molti lavoratori e perpetrando atroci violenze su di loro con l'utilizzo di cani-poliziotto. 
Vedremo se tutte queste città che si stanno infiammando riusciranno a percorrere la strada di Port Said, per adesso quello che cogliamo in queste dinamiche è sicuramente la forza della classe operaia e una possibilità tangibile di rifiuto generalizzato e dal basso del sistema.


La corrispondente di Infoaut dall'area mediorientale

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