Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

martedì 10 gennaio 2012

Riciclaggio locale contro multinazionali: ci sarà una guerra dei Rifiuti ?

- DI SOPHIE CHAPELLEBastamag.net -
 

Una quota tra il 3 e il 5 % delle emissioni mondiali di gas serra sono legate al settore dei rifiuti. Il lavoro svolto dai ricuperatori e dai riciclatori contribuisce a ridurre queste emissioni. Ma non sono le comunità locali a beneficiare dei finanziamenti internazionali per l’“ambiente”, ma le grandi imprese di incenerimento e di smaltimento dei rifiuti. Alcuni lavoratori asiatici, africani e dell’America latina sono arrivati a Durban per sentire la loro voce alla Conferenza sul clima.

 

Ha lasciato le montagne di cartoni, gli oceani di plastica e di relitti in metallo, per attraversare una buona parte dell’Africa. Arrivato da Dakar, Aliou Faye si è arrivato a Durban (in Sudafrica) per rappresentare i ricuperatori degli scarti. Originario del Senegal, Aliou lavora dall’età di 16 anni nella discarica gigante di Mbeubeuss che riceve i rifiuti scarti della capitale senegalese. È oggi responsabile dell’associazione Book-Diom, che raggruppa 1.500 recuperatovi e riciclatori che operano nella scarica. “Organizzarsi è fondamentale“, ci spiega. Per affrontare i rischi di malattie ai quali sono esposti questi lavoratori, la prima iniziativa della loro associazione è stata quella di costruire un ambulatorio e un centro sanitario, grazie al sostegno del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD). Hanno fatto anche in modo che i ragazzini non vadano più a sgobbare sulle montagne di rifiuti. Queste iniziative sono state ignorate dal governo senegalese che, senza concertazione, ha deciso di fermare la discarica e di espellere i lavoratori, ufficialmente per ragioni sanitarie e ambientali.
“Più che altro è un progetto di un’autostrada a pedaggio che passa sulla discarica che serve per sbatterci fuori”, spiega Aliou. La soluzione raccomandata dal governo? L’apertura di un centro di smaltimento su un altro campo, a Sindia. Ma questo nuovo centro utilizzerebbe solo 350 persone sulle 1.500 che lavorano in questo momento alla discarica. Su questi non c’è stata una grande riflessione. “Invece i recuperatovi sono i primi soldati dell’ambiente naturale. Si deve essere un minimo di rispetto“, s’indigna Aliou (leggere anche questo articolo). A Sindia gli abitanti si sono mobilitati contro il progetto, temendo un inquinamento delle acque e dell’ambiente naturale.
La finanza preferisce l’incenerimento al biogas
Questo centro di smaltimento è anche un affare bello proficuo. La sua costruzione è stata affidata a due società italiane, tramite la loro filiale senegalese, Gta environnement. Il costo: circa 8 miliardi di franchi Cfa, 12 milioni di euro. Il progetto gode dei finanziamenti legati alla lotta contro il cambiamento climatico: i “Meccanismi di Corretto Sviluppo ” (MDP) il cui l’obiettivo è quello di aiutare i paesi ricchi a limitare le loro emissioni di CO2 finanziando progetti a costo inferiore nei paesi del Sud. La gestione dei rifiuti rappresenta una quota tra il 3 e il 5% delle emissioni globali di gas serra, per il gas liberato dalla loro combustione o per il metano emesso per la decomposizione delle sostanze organiche gettate nel pattume.
I paesi poveri sono quindi incoraggiati a industrializzare il trattamento dei loro rifiuti, nascondendoli o installando degli inceneritori. Ma ciò genera spesso un costo sociale, ambientale e economico insostenibile. “Queste società nascondono o bruciano gli scarti organici, mentre noi possiamo fare del compost e del biogas”, afferma Aliou: “Il nostro lavoro di riciclaggio e di recupero è oggi il mezzo più efficace di ridurre le emissioni di gas nel settore dei rifiuti.” Alcuni studi dimostrano che il riciclaggio riduce più di 25 volte le emissioni, particolarmente di metano, rispetto all’incenerimento. Tuttavia gli inceneritori beneficiano di finanziamenti firmati “MDP“. E non sono né corretti, né creano lavoro.
Quindici milioni di persone vivono del riciclaggio
Questi progetti di incenerimento e di seppellimento entrano in concorrenza diretta coi riciclatori di scarti. Gli inceneritori dipendono da scarti secchi che bruciano bene – carta, plastica e cartone – per mantenere in essere la combustione. E sono precisamente queste le materie che vengono recuperate dai riciclatori e che assicurano loro un reddito. Sono quindici milioni nel mondo a vivere della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti. “Noi proteggiamo l’ambiente! Ma ci sono perSone che né rispettano, né riconoscono il nostro lavoro”, deplora Aliou: “Ridurre, riutilizzare, riciclare”, sono le loro parole d’ordine.
L’Associazione mondiale dei ricuperatori chiede che i Fondi verdi per il clima, creati un anno fa a Cancun, siano direttamente accessibili ai recuperatori e ai riciclatori dei rifiuti. E che non siano riservati solamente alle multinazionali. “Ma le condizioni di lavoro devono essere migliorate e c’è bisogno per questo di un sostegno finanziario“, riconosce Aliou. Una necessità quando si viene a conoscenza delle deplorevoli condizioni sociali e sanitarie che devono affrontare i lavoratori delle discariche. Se beneficiassero dei Fondi, questi lavoratori assicurano che ciò “rafforzerebbe l’economia locale, potrebbero creare lavoro verdi e migliorare le condizioni di vita di milioni di lavoratori.” Si augurano di essere integrati nel sistema di gestione municipale dei rifiuti e di non essere più considerati dei fuorilegge. Che siano diretti alle multinazionali o alle comunità locali, i Fondi verdi per il clima non sono comunque ancora operativi. Sui 100 miliardi di dollari di fondi previsti, non è stato versato ancora un centesimo.

Fonte: Recyclage local contre multinationales : la guerre des déchets aura-t-elle lieu ?Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

  http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=9637
 

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