Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

sabato 20 luglio 2013

Sciopero di 200 mila minatori scuote la Colombia

In queste ore 200.000 minatori artigianali in diciotto dipartimenti della Colombia sono scesi per le strade del paese contro la politica neoliberista del governo, che consegna le collettive risorse minerarie a grandi gruppi multinazionali mediante concessioni per lo sfruttamento di aree strategiche.

Parallelamente, vengono impiegati polizia antisommossa ed esercito per “liberare” la strada della locomotiva minerario-energetica, asse portante della politica economica filoimperialista del governo, dalle “ingombranti”comunità locali.

Vengono implementate una serie di norme legislative repressive che rendono formalmente illegali le tradizionali pratiche estrattive. La legislazione nega la possibilità di sostentamento dei piccoli minatori artigianali, dichiarandoli fuori legge e per questa via tratta i lavoratori come sovversivi, aprendo la strada all'impiego di mezzi militari nella soluzione delle contraddizioni sociali.

La mobilitazione del settore minerario si va a sommare alla lotta mantenuta dalle comunità del Catatumbo (altra regione già svenduta sotto banco alle multinazionali), a cui il governo continua a negare il diritto alla costruzione della propria Zona di Riserva Contadina.

Come sempre, in piena continuità con il narco-paramilitare Uribe e coerentemente con il discorso fascista del governo Santos, la mobilitazione popolare è stata nuovamente indicata come infiltrata o diretta dalla guerriglia. Sembra un disco rotto, il governo sa impiegare sempre e solo le stesse quattro parole in tutte le situazioni in cui la sua stessa politica si scontra con la propria insostenibilità e si trova costretto a fare i conti con la rabbia popolare.

Le politiche del governo aprono fronti di lotta sociopolitica praticamente in ogni settore della società colombiana e se questi fossero invariabilmente orientati dalla guerriglia, la logica conseguenza sarebbe che il movimento guerrigliero è egemone presso la stragrande maggioranza della popolazione colombiana. Cadrebbe così, sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, un altro dei miti governativi spacciato per anni in Colombia e all'estero nel tentativo di ingannare l'opinione pubblica intorno alla realtà del conflitto: c he la guerriglia sia decimata e isolata dal popolo.

Nella misura in cui la ricerca di una soluzione politica e dialogata al conflitto sociale e armato colombiano passa per la soluzione delle cause che lo hanno generato, le politiche del governo devono cambiare e muoversi in modo coerente e concorde con il supremo obiettivo della costruzione della Pace. La militarizzazione del territorio, la repressione poliziesca dei movimenti sociali e politici, la svendita delle risorse strategiche del paese a interessi esteri per attrarre “investimenti” a detrimento della vita dei colombiani e della sovranità e indipendenza del paese, non fanno altro che muoversi nella direzione opposta a quella della Pace e manifestano l'inadeguatezza di Santos di fronte all’opportunità storica rappresentata dai dialoghi dell'Avana.


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