Comunicato di pubblica resistenza al DDL intercettazioni

Gentile Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, in questi giorni, in queste ore, il Parlamento della Repubblica Italiana è impegnato in una corsa contro il tempo per una più che rapida approvazione del disegno di legge firmato dall'Onorevole Ministro della Giustizia Angelino Alfano e noto come "ddl intercettazioni".

Il provvedimento rappresenta una delle più drastiche limitazioni al potere d'indagine che compete ai magistrati inquirenti del nostro paese e, al contempo, la più dura, feroce e devastante limitazione al diritto costituzionale di informazione; il diritto di farla e il diritto di riceverla.

Il progetto di legge, per mezzo dei suoi punti fondanti, impedisce il racconto giornalistico su fatti giudiziari di pubblico dominio e privi di segreto, stabilisce pene detentive e pecuniarie pesantissime verso chiunque osi divulgare verità giudiziarie, introduce nuovi obblighi di rettifica per i blog minandone la sopravvivenza, trasforma in crimine il diritto dei cittadini vittime di crimini di raccogliere prove audio e video a dimostrazione del reato e stabilisce odiose discriminazioni tra forme di giornalismo, all'interno di una drammatica limitazione del diritto ad effettuare inchieste giornalistiche.

Il diritto all'informazione nelle sue forme più elementari, il principio di legalità e la ricerca della giustizia vengono totalmente smantellati da tale provvedimento.

Pertanto questo sito internet dichiara sin da adesso che, per imprescindibili motivi etici e in ragione della difesa del diritto alla libertà di parola e di stampa, solennemente sancito dalla Costituzione italiana e dalle leggi vigenti, in caso di approvazione in via definitiva e di conversione in legge, non potrà attenersi in alcun modo alle norme che compongono il disegno di legge sulle intercettazioni.

Questo sito si dichiara altresì .. per imprescindibili motivi sia etici che politici .. deberlusconizzato .. demontizzato .. degrillizzato

domenica 30 settembre 2012

Lo scandalo della discarica di Pianura

ATTENZIONE, AVVISI PER TUTTA LA CITTADINANZA:

29-30 settembre, DISCAMPING AL VILLAGGIO ARDEATINO, via Ardeatina km 24,500. Per info clicca qui.
(Fonte articolo, clicca qui

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. 

E qualcosa di diabolico certamente c’è in tutta la vicenda che riguarda i rifiuti soprattutto quando la monnezza resta un «affare» per i «soliti», quelli che hanno devastato il territorio campano ma che come per un sortilegio, riescono sempre a farla franca in barba ad anni di inchieste, proteste, promesse, impegni, rabbia e dolore. 

Dolore si, come quello tatuato sulla faccia dei tanti abitanti di Pianura le cui famiglie sono state sterminata dal cancro e che vivono a pochi passi dalla discarica di Contrada Pisani, la collina dei veleni d’Italia. 
Nella videoinchiesta mostriamo dei documenti dai quali risulta che la pubblica amministrazione e in particolare la Provincia di Napoli guidata da Luigi Cesaro, ha continuato ad affidare la gestione dei rifiuti agli stessi gruppi imprenditoriali che avevano contribuito ad avvelenare Pianura.

Come? La Sapna, società soggetta al coordinamento e al controllo dell’amministrazione provinciale di Napoli e tenuta alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti ha affidato una serie di servizi per lo smaltimento dell’immondizia alla Cosmer con contratti milionari. Cosa è la Cosmer? Basta fare una visura camerale o semplicemente collegarsi al suo sito internet per scoprire che i soci sono Salvatore, Giorgio, Luigi e Palma Di Francia. Gli stessi Di Francia che per vent’anni hanno gestito la discarica di Pianura con la Di. Fra. Bi. e successivamente con la Elekrica. 

Non solo ma nella loro società entra per fusione anche la Imas, una società che ha tra i proprietari la famiglia Gaeta, anche lei presente nel gruppo che con i Di Francia gestì la discarica di Pianura. «E’ assurdo che ci si continui ad affidare a soggetti che per vent’anni hanno pensato solo i loro interessi e hanno avvelenato la nostra terra facendole inghiottire rifiuti tossici dalle industrie del nord Italia che per risparmiare smaltivano illecitamente quì i loro liquami»– sbotta Giovanni Copertino, legale dell’associazione ambientalista Oceanus e di molti cittadini di Pianura, che assiste gratuitamente nel processo per disastro ambientale ed epidemia colposa in cui sono costituiti parte civile. 

Inoltre la Di.Fra.Bi e la Elektrica, sono società colpite da interdittive antimafia perché a rischio di infiltrazioni camorristiche. Provvedimenti disposti dal gruppo interforze antimafia della Prefettura con ricorsi a volte contrari altre volte favorevoli di Tar e Consiglio di Stato. Società che quindi non potrebbero e non dovrebbero avere a che fare con la pubblica amministrazione, soprattutto nel settore dei rifiuti. Quanto meno per una questione di opportunità visto che i loro soci hanno contribuito a scrivere una delle pagine più nere della storia napoletana degli ultimi anni avvelenando o lasciando avvelenare dalle industrie del nord Italia la collina di Contrada Pisani dove ora, ogni giorno, si piangono morti per cancro e linfomi. Il direttore tecnico della Sapna Giovanni Perillo però, ci spiega che non esistono questioni di opportunità: «Noi applichiamo le norme, se la prefettura ci segnala titolari di ditte con requisiti di non onorabilità allora provvediamo ad escluderle altrimenti abbiamo il dovere di tutelare anche i nostri contraenti». Da una perizia disposta dalla procura di Napoli risulta che la Cosmer è stata addirittura preferita ad altre ditte che, nella manifestazione di interesse, avevano fatto offerte più vantaggiose. 

Chi sono i Di Francia? Sono una famiglia dell’oligopolio che di fatto esiste nel sistema rifiuti e che gestisce il business attraverso il possesso di quote societarie, o un sistema di scatole cinesi nella maggior parte delle aziende che si occupano di gestione, trasporto smaltimento e controllo dell’immondizia. Il dato emerge dalle relazioni delle varie commissioni parlamentari sul ciclo dei rifiuti ed in maniera frastagliata, nelle tantissime inchieste della dda di Napoli attraverso le dichiarazioni dei nuovi «imprenditori» pentiti. In particolare nel rapporto della commissione Scalia, molto utilizzato (anche recentemente) per gli accertamenti antimafia, viene evidenziata l’esistenza di una holding attiva sul territorio nazionale sul ciclo dei rifiuti, solidi urbani e speciali, che agirebbe in regime di monopolio. «Secondo la mia esperienza – spiega Salvatore Carli, consulente di varie procure, autore di saggi e membro dell’autorità anticorruzione voluta dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris – posso dire che molte delle ditte che operano nel conferimento, smaltimento e trasporto dei rifiuti sono le stesse di vent’anni fa, o meglio sono le stesse compagini societarie che però nel frattempo hanno cambiato nome o ragione sociale o hanno lasciato spazio ai nuovi rampolli di famiglia». 

Tra le varie società in cui è possibile rintracciare questo cognome c’è la Sistemi Ambientali di cui Giorgio Di Francia è stato amministratore delegato. La Sistemi Ambientali Srl è la società che ha gestito per anni e fino al 1993 la tristemente nota discarica di Pitelli di La Spezia, protagonista di inchieste, polemiche e un travagliato processo durato 15 anni per disastro ambientale doloso, chiuso con una sentenza di assoluzione per tutti per insufficienza di prove. Il pm di Asti, Luciano Tarditi, durante una audizione davanti a una delle tante commissioni parlamentari che hanno indagato sulla morte dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e sul traffico di rifiuti, ipotizzò un collegamento tra la discarica di Pitelli, il traffico di rifiuti pericolosi, le scorie belliche e la sparizione di alcune navi. Tornando alla Cosmer, i fascicoli giudiziari ci raccontano che i Di Francia hanno sempre avuto un rapporto fortunato con le istituzioni e invece più di un debito con i napoletani: il commissariato per l’emergenza rifiuti stanziò ben 2 miliardi e mezzo di vecchie lire per bonificare e mettere in sicurezza l’area della discarica di Pianura ma l’operazione non è mai stata effettuata. Anzi tutt’ora dalla discarica fuoriesce biogas e percolato in quantità così elevate da determinare esplosioni con parametri che i periti della procura definiscono «non compatibili con la vita umana». 

Ma non si tratta solo di spreco di denaro pubblico: 
al danno si aggiunge una amarissima beffa perché i responsabili di questo scempio non possono più essere perseguiti: i reati di truffa aggravata ai danni dallo Stato per il denaro percepito, illecita erogazione di soldi pubblici e falso in relazione alla chiusura della discarica e al collaudo ormai si sono prescritti. Sono passati troppi anni (parliamo del 1995) e il pm titolare dell’inchiesta, è stata obbligata a chiedere l’archiviazione per i tre indagati, il direttore dei lavori e i collaudatori che hanno curato la chiusura della discarica. 

E i cittadini di Pianura non avranno mai più giustizia. L’inchiesta è quella scaturita dall’esposto di centinaia di cittadini residenti nell’area contaminata dai veleni scaricato per vent’anni nella discarica di Contrada Pisani, diventata la pattumiera illegale di molte aziende del nord, in seguito al diffondersi di malattie oncologiche e respiratorie. Cosa è stato sversato a Pianura e da dove provenivano i rifiuti oggi lo sappiamo. Le tabelle che pubblichiamo nella videoinchiesta sono allegate al fascicolo della procura di Napoli relativo alle indagini del procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e del pm Stefania Buda che riguarda il periodo fino al 1996 e individua le ipotesi di reato di disastro colposo ed epidemia colposa per il presunto incremento di tumori e malformazioni negli ultimi vent’anni nel quartiere di Pianura. 

Si tratta di un elenco di aziende del nord che in maniera illecita hanno smaltito polveri di amianto, rifiuti speciali, residui di vernici e collanti, fusti, resine, stucchi, scorie di alluminio, fanghi di vario tipo, ceneri di centrale elettrica. L’altro reato su cui la procura ha indagato riguarda il disastro colposo, in relazione a un possibile inquinamento di falde acquifere e terreni. Per verificare quest’ultimo reato sono stati fatti prelievi delle acque sia all’interno della discarica sequestrata che nelle aree limitrofe. In un pozzo adiacente allo sversatoio di Contrada Pisani è risultata la presenza di solventi e olii con codice di rischio R45, l’indicatore cioè dei livelli delle sostanze che possono provocare il cancro. Nella discarica invece, secondo i dati dell’Arpac, i livelli non raggiungerebbero il codice di rischio. Sul disastro ambientale le parole più allarmanti arrivano dal provvedimento del gip Alessandro Buccino Grimaldi che dopo aver esaminato le analisi dei consulenti tenici rileva intanto che nella discarica Di.Fra.Bi. sono presenti 30 milioni di metri cubi di rifiuti inquinanti e che dal cratere Senga fino alla fascia costiera di Pozzuoli non si evidenzia solo una criticità ma un reale rischio per i cittadini connesso alla dispersione incontrollata del biogas e del percolato. 

Addirittura non è stato possibile prolungare alcuni rilievi perché i parametri delle sostanze prese in esame sono risultati disomogenei e diversamente alterati fino a mille volte superiori ai valori limite consentiti. In alcuni la quantità di ossigeno e degli idrocarburi è risultata non compatibile con la vita umana. «Il pericolo accertato all’esterno della discarica integra una situazione di disastro ambientale – si legge nel provvedimento del Gip – in quanto è un fenomeno con una vasta ricaduta sull’ambiente naturale e non che si configura come potenzialmente catastrofico per il numero di persone che abitano nella zona che possono essere coinvolte, la gravità degli effetti potenziali sulle persone, la vastità del territorio interessato. La situazione di disastro ambientale è chiaramente stata causata dalla non adeguata gestione della discarica Di.Fra.Bi». Sul fronte dell’indagine “sanitaria” (epidemia colposa), il pm ha dovuto a malincuore chiedere, ottenendola, l’archiviazione. 

Nel corso delle indagini era stato effettuato uno studio preliminare da un consulente tecnico, specialista in epidemiologia, dal quale è emerso che i dati disponibili raccolti (numerose cartelle cliniche di residenti ed ex lavoratori della discarica, dati Istat, Asl e ospedalieri) non sono sufficienti per valutare i rischi per la salute derivanti dalla trascorsa ed attuale esposizione delle persone residenti a fattori ambientali di rischio. 

Perchè? 

Semplicemente perché per ottenere delle «prove» che reggano in un processo bisogna avere anche una serie di dati circoscritti all’area della discarica, (dati che invece non esistono) oltre ad una serie di casi-controllo su soggetti sani (naturalmente ci sarebbe bisogno di volontari). Solo così potrebbe essere dimostrato il nesso causa – effetto tra lo sversamento dei rifiuti tossici e l’aumento dei tumori. 

Inoltre in Campania non esiste un registro tumori e chissà se mai sarà avviato: il governo proprio alcuni giorni fa ha detto che «costa troppo» e quindi i campani non possono permetterselo ma dopo le proteste della gente il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro ha annunciato che il registro si farà.

Nessun commento:

Posta un commento